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3.2 – LA REVISIONE DELLA DICIPLINA IN MATERIA DI IMPRESA SOCIALE (Legislativo 3 luglio 2017, n 112 e Legge

delega 6 giugno 2016, n.106)

Nel 2017 la Riforma del Terzo Settore, con il decreto legislativo n. 112 (a norma della legge 106 del 2016), ha apportato alcune modifiche normative che ne hanno ulteriormente ridisegnato la finalità d’interesse generale, i settori d’intervento, la composizione sociale. Il 17 luglio 2018 è stato definitivamente approvato il decreto correttivo.

Nell’ambito della generale riforma del Terzo settore, il nuovo decreto sull’impresa sociale si è posto l’obiettivo di trovare una soluzione avente ad oggetto le criticità e le lacune della precedente normativa. Uno degli obiettivi principali della riforma del Terzo settore era rappresentato dalla volontà di introdurre nel nostro ordinamento un nuovo modello di impresa sociale (come indicato all’articolo 1, comma 2, lett c), del testo13 della Legge delega)

84 maggiormente competitivo e fonte di attrazione per gli investitori. Il legislatore ha avvertito la necessità di modificare la materia dell’impresa sociale, percependo la scarsa applicazione pratica di tale istituto, nonostante fosse stato introdotto soltanto dieci anni prima. Il binomio, ricorrente in tutta la delega, “riordino” e “revisione”, è da riferirsi al testo del Decreto lgs. n.155/2006, rispetto al quale si dovranno da un lato confermare quei capisaldi della disciplina che rimarranno immutati e dall’altro modificare quei fattori che invece necessitano di essere coordinati con l’intera riforma (affinché questa sia omogenea e strutturata), individuando, inoltre, quegli elementi che siano in grado di portare ad un rilancio effettivo di questo modello del “fare impresa”.

L’articolo 6 della Legge delega 6 giugno 2016,n. 106, alla lettera a), introduce la definizione di i.s. : “...qualificazione dell’impresa

sociale quale organizzazione privata che svolge attività d’impresa per le finalità di cui all’articolo 1, comma 1, destina i propri utili prioritariamente al conseguimento dell’oggetto sociale nei limiti di cui alla lettera d), adotta modalità di gestione responsabili e trasparenti, favorisce il più ampio coinvolgimento dei dipendenti, degli utenti e di tutti i soggetti interessati alle sue attività e quindi rientra nel complesso degli enti del Terzo settore168.”

Nel complesso la nuova definizione non si discosta di molto da quella originaria (ex art 1 d.lgs. n.155/2006): si tratta sempre d’impresa privata e le attività rimangono rivolte alla produzione di beni e servizi di utilità sociale.

Di fondamentale importanza sono le finalità perseguite dall’ente, richiamate attraverso il rinvio all’articolo 1 della legge.

Con il termine “finalità civiche” indichiamo l’insieme di attività a carattere civico che ogni persona può realizzare nella sua quotidianità per il benessere di se stesso e del resto dei consociati.

85 Altra, ma non meno importate finalità è quella “solidaristica” che si aggiunge a quella di “finalità di utilità generale” che è molto ampia e omnicomprensiva.

Le imprese sociali devono produrre beni di utilità sociale di cui tutti possono usufruire e cui tutti devono poter liberamente accendere e trarre beneficio. Un richiamo indiretto, quindi, è fatto anche alla costituzione, e più precisamente all’articolo 41, in cui è espressamente previsto che l’attività economica, pur essendo libera, non possa mai svolgersi in contrasto con l’utilità sociale, andando a nuocere al benessere e agli interessi della collettività.

Tre sono dunque i fini perseguibili da parte delle i.s. e molta attenzione sarà riposta, da parte degli organismi di controllo, in merito al rispetto di tali disposizioni.

Gli utili dell’impresa sociale dovranno essere prioritariamente destinati al conseguimento dell’oggetto sociale ma, come sancito dalla successiva lettera d), è stata introdotta la possibilità di prevedere delle forme di remunerazione del capitale sociale e di ripartizione degli utili precedentemente non ammesse.

Nel fare tutto ciò l’impresa “... adotta modalità di gestione

responsabili e trasparenti, che favorisce il più ampio coinvolgimento dei dipendenti, degli utenti e di tutti i soggetti interessati alle sue attività14…”.

Alla lettera b) si propose l’ampliamento dei settori di attività della nuova i.s. scegliendoli tra quelli indicati dall’articolo 4, comma 1, lettera b), ovvero tra quelli previsti per gli ETS.

Proseguendo nella lettura dell’articolo 6 individuiamo gli altri obiettivi fissati dall’organo delegante:

86  Ridefinizione delle categorie di soggetti svantaggiati, tenendo

in considerazione le nuove forme di esclusione sociale.  La già citata acquisizione di diritto della qualifica di i.s. per le

cooperative sociali e i loro consorzi.

 Necessità per le i.s. di redigere il proprio bilancio secondo le previsioni codicistiche (art. 2423 e ss.) prevedendo obblighi di trasparenza in materia di remunerazione delle cariche sociali.

 Coordinamento della disciplina dell’i.s. con il regime delle attività d’impresa svolte dalle organizzazioni non lucrative di utilità sociale.

 Possibilità per imprese private e P.A. di assumere cariche sociali all’interno delle i.s.

 Previsione della nomina di uno o più sindaci con le funzioni di monitoraggio e controllo.

Dalla lettura complessiva dell’articolo emerge chiaro l’intento del legislatore: sostenere, aiutare la nascita di nuove i.s. come espressione del lato “imprenditoriale del Terzo settore”, in grado di coniugare diversi e molteplici obiettivi.

La nuova disciplina prevista dal d.lgs. 3 luglio 2017, n. 112 abroga completamente il precedente D.lgs. n. 155/2006 e si presenta come un corpus autonomo all’interno del macro-ambito del Terzo Settore pur tuttavia includendo l’impresa sociale tra gli “Enti del Terzo settore” previsti dall’art. 4, comma 1del Codice del Terzo settore. Risulta, a questo punto, molto importante l’individuazione delle fonti che disciplineranno d’ora in avanti l’impresa sociale.

Seppure il d.lgs. 112/2017 costituisce il testo disciplinare di riferimento in materia, il quadro normativo contempla, altresì, le disposizioni racchiuse nel Codice se, e nella misura in cui queste

87 ultime risultino compatibili con le regole della disciplina del citato d.lgs. 112/2017 e, come disciplina de residuo, le disposizioni del codice civile applicabili in ragione della forma giuridica in concreto rivestita dall’impresa sociale. È bene, quindi, sottolineare che l’impresa sociale è a tutti gli effetti, come ricordato dall’art. 4, co. 1, del d.lgs. 117/2017 un ETS.

L’art. 1, comma 1, d.lgs. 112/2017, stabilisce in modo chiaro che l’essere impresa sociale “Possono acquisire la qualifica di impresa

sociale tutti gli enti privati, inclusi quelli costituiti nelle forme di cui al libro V del codice civile, che, in conformità alle disposizioni del presente decreto, esercitano in via stabile e principale un’attività d’impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, adottando modalità di gestione responsabili e trasparenti e favorendo il più ampio coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alle loro attività”, è una “qualifica” che può essere

vantata da tutti gli enti privati a prescindere dalla forma giuridica di loro costituzione.

Più nello specifico, al fine di mantenere la qualifica di imprese sociali, le stesse sono tenute a svolgere determinate attività con le modalità e per le finalità tassativamente indicate dal legislatore15. La qualifica di i.s. può essere acquisita dagli enti privati, comprese le società di persone (s.a.s., s.n.c., ecc.) e di capitali (s.r.l., s.p.a., ecc.) purché esercitino in forma stabile e principale una o più delle attività d’interesse generale tramite delle modalità inclusive e democratiche, che tengano in debita considerazione i lavoratori, gli utenti e tutti coloro che sono interessati alle attività.

15 L’attività deve essere un’attività d’impresa di interesse generale e deve essere

svolta in via stabile e principale, nonché nel rispetto della sua particolare disciplina, ove esistente (art. 2, d.lgs. 112/2017).

88 Molti sono i punti ripresi dall’abrogata disciplina (anche se dislocati in più disposizioni articoli: 1, 2 e 3) che sono stati confermati dalla riforma. L'assenza dello scopo di lucro, in questo caso, è esplicitata immediatamente quale elemento caratterizzante l’i.s. mentre in passato costituiva la rubrica dell'articolo 3, recante la disciplina sulla destinazione degli utili e degli avanzi di gestione.

Al secondo comma troviamo il divieto, per amministrazioni pubbliche, per società costituite da unico socio persona fisica e per gli enti i cui atti costitutivi limitino ai propri soci (o associati) l'erogazione di beni e servizi, di acquisire la configurazione di i.s. Dunque, il divieto vale per tutte le amministrazioni dello Stato, incluse le aziende e le amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, per le Regioni e gli enti locali e i loro consorzi e associazioni, per tutti gli enti pubblici non economici, nazionali, regionali e locali.

Per quanto concerne le attività che le imprese sociali possono svolgere, si registra l’introduzione della possibilità di produrre beni e servizi nei seguenti ulteriori ambiti: commercio equo e solidale, servizi al lavoro finalizzati all’inserimento di lavoratori svantaggiati, alloggio sociale, agricoltura sociale e micro credito16.

L’aspetto che tuttavia ha però forse maggiormente novellato la disciplina dell’impresa sociale concerne la normativa relativa alla

16 Il legislatore, sulla falsariga del sistema delineato per le ONLUS - e nel Codice

del Terzo Settore - identifica con precisione quelli che debbano considerarsi “beni e servizi di utilità sociale” andando ad inserire una serie di settori, quali ad esempio l’assistenza sociale, l’assistenza socio-sanitaria, l’educazione, la formazione, la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, fino ai servizi strumentali alle imprese sociali. La disciplina non ha scelto di formulare una clausola generale, ma ha elencato le attività d’impresa che sono da considerarsi di interesse

generale ai fini del decreto in questione. Come si noterà, l’elenco è molto lungo (più di quello presente nell’art. 2, comma 1, dell’abrogato d.lgs. 155/2006), ma non comprende tutte le attività di cui all’art. 5, comma 1, CTS. Tale scelta non deve stupire l’interprete in quanto alcune delle attività ricomprese nell’art. 5 CTS, non potrebbero essere svolte in forma d’impresa

89 destinazione degli utili e gli avanzi di gestione allo svolgimento dell'attività statutaria o ad incremento del patrimonio.

Al fine di favorire la raccolta di capitale di rischio, tuttavia, la nuova disciplina consente forme di remunerazione dei conferimenti, seppur in misura limitata e non speculativa.

Tutte le imprese sociali costituite in forma di società, infatti, possono destinare parte degli utili (fino ad un massimo del 50%) per aumentare gratuitamente il capitale sociale o distribuire dividendi ai soci, entro limiti e modalità stabilite. Inoltre, sempre nel limite del 50%, le imprese sociali possono deliberare erogazioni gratuite finalizzate alla promozione di specifici progetti di utilità sociale, in favore di enti del Terzo settore diversi dalle imprese sociali, che non siano fondatori, associati, soci dell'impresa sociale o società controllate.

Inoltre, a fini di promozione e sviluppo dell’impresa sociale, la nuova disciplina ha istituito importanti misure di sostegno, quali la detassazione degli utili o avanzi di gestione che incrementino le riserve indivisibili dell’impresa sociale in sospensione d’imposta e che vengano effettivamente destinati allo svolgimento dell’attività statutaria o ad incremento del patrimonio. Si prevedono inoltre incentivi fiscali volti a favorire gli investimenti di capitale nelle imprese sociali.

Con la riforma vengono inoltre introdotti in capo dell’impresa sociale nuovi obblighi e adempimenti. È previsto l’obbligo:

a. di tenuta della contabilità ordinaria (libro giornale cronologico e libro inventari) e nonché di redazione e pubblicizzazione del bilancio d'esercizio, che rispetti i criteri prescritti dagli artt. 2423 e seguenti del codice civile;

90 b. b) di pubblicizzare il bilancio sociale, anche attraverso il proprio sito internet, e di procedere alla nomina di uno o più sindaci. Infine, con la nuova disciplina si intensificano anche i vincoli a beneficio degli stakeholder, aumentandone il livello minimo di coinvolgimento, prevedendo tra l’altro, per le imprese sociali di grandi dimensioni, il diritto dei lavoratori ed eventualmente anche degli utenti di nominare almeno un componente dell’organo amministrativo e di controllo.

3.3 – INTEGRAZIONI E CORREZIONI DEI DECRETI