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4. I Caetani per l’arte e per la cultura nell’Ottocento

4.2 Michelangelo II negli ateliers di Tenerani e Minardi

Michelangelo Caetani fu tra quei giovani di nobile famiglia che frequentavano gli ateliers degli artisti più celebri e alla moda per affiancare la pratica del disegno agli altri studi previsti per la completa formazione di un colto gentiluomo. L’arte era concepita come complemento educativo in un quadro

536 Notizia sempre fornita dall’ultima moglie e nella sua trascrizione delle memorie del duca.

5371810-1842; apparteneva a una nobile famiglia polacca.

538 1810-1872; figlia di John Knight of Simonsbath.

539 1831-1906; figlia del diplomatico lord Howard barone di Walden.

540 F.BARTOCCINI, Roma nell’Ottocento, cit., pp. 273-274.

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storico ancora d’ancien regime: a Roma, nei lunghi decenni in cui la città cedette man mano il suo ruolo di plurisecolare capitale artistica occidentale, le arti del disegno vengono riconosciute nel loro significato di pilastri dell’identità culturale locale541.

Al contrario di quello che accadeva per la maggior parte dei giovani aristocratici che frequentavano gli artisti e i loro studi più per gli incontri che vi si potevano fare e come una consuetudine dovuta al loro rango, la pratica artistica fu per Michelangelo II uno dei principali interessi al di fuori delle consuete conoscenze impartite dai precettori tra le mura di palazzo Caetani. Negli anni trascorsi tra le prime botteghe artistiche di Roma, tra cui quelle di Pietro Tenerani e Tommaso Minardi, egli imparò a disegnare e a lavorare i materiali con discreti risultati. Fu in questi importanti laboratori artistici che si sviluppò il suo gusto ma anche la sua abilità tecnica. I rapporti con questi artisti si mantennero poi nel corso del tempo e gli stessi Tenerani e Minardi, come testimoniato da lettere e opere d’arte, furono assidui frequentatori del palazzo Caetani e furono i promotori nel 1829 della richiesta all’Accademia di San Luca per nominare il duca come socio onorario542.

Il legame di Michelangelo Caetani con Pietro Tenerani è evidente già dalla più antica biografia del celebre scultore scritta da Oreste Raggi(1811-1882), che ben conosceva entrambi gli uomini e che dedicò proprio al Caetani il volume che raccontava la vita e l’opera del suo caro amico. Il Raggi nella sua introduzione all’opera ricorda:

“Per più ragioni io offro a Voi questo mio volume sul Tenerani, e vi prego ad accoglierlo nella vostra grazia, innanzi tutto per la lunga e schietta amicizia che vi legò a lui col quale passaste molti anni in comune e coltivaste insieme i diletti studii delle lettere e delle arti, egli giovandosi della vostra sapienza, segnatamente nelle materie dantesche nelle quali non avete chi vi pareggi, Voi dei principii e dell’esercizio dell’arte scultoria che sotto i suoi insegnamenti apprendeste e coltivaste altresì; per la qual cosa anche Voi entrate a buon diritto fra i suoi discepoli in quest’arte. Altra ragione che muove in me da riconoscente animo, si è la cortesia colla quale vi compiaceste, prima che io lo avventurassi alla stampa, di ascoltarne paziente la lettura e di soccorrermi di notizie e di consigli, […]Ho fede peraltro che… riprendano gli artisti ad operare secondo quel savio principio da Voi più volte ripetutomi: che tutto il bello è vero ma non tutto il vero è bello. Allora l’antica gloria delle arti risplenderà nuovamente sulla patria nostra, come ai beati tempi dei Canova, dei Finelli, dei Bartolini, di tutta quella onorata schiera di valenti, principalissimo il nostro Tenerani”543.

541 G.GORGONE,Il salotto delle caricature. Acquerelli di Filippo Caetani 1830-1860, Roma 1999, p. 34.

542 In Accademia di S. Luca si conservano i verbali della comunicazione della nomina e la risposta di Caetani del 30 maggio 1829.

543 O.RAGGI, Della vita e delle opere di Pietro Tenerani cit., pp. V-VI.

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Il Raggi conosceva bene anche il rapporto di amicizia e stima tra i due. Entrambi avevano qualcosa da insegnare e da apprendere l’uno dall’altro: Tenerani la scultura e il disegno, i cui principi furono la base per lo sviluppo delle qualità artistiche di Michelangelo, che affiancò per tutta la vita allo studio della letteratura quello del disegno e della lavorazione artigianale e artistica di diversi materiali. Il Caetani condivideva con il suo maestro il culto letterario dantesco che amava volentieri diffondere.

Questa relazione intellettuale tra i due fu molto intensa così come accadeva spesso quando il duca provava profonda stima e amicizia per qualcuno. Raggi descrive così il duca:

“Ma di lui come artista debbo dire in queste carte. Fino da fanciullo amò per natura non solo le scienze, ma anche le arti, onde coltivò presto e con molto affetto il disegno. Ebbe sempre per le stesse arti una specie di culto, perché le sentiva intimamente, ma le belle, e non le brutte arti, delle quali ragiona da grande maestro. Fino da giovane, fattosi intimo col Tenerani, come questi col Caetani prese a coltivare lo studio di Dante, così il Caetani con lui coltivava quello della statuaria. E, frutto di tale studio, modellò il busto di una Madonna. Ma ciò che lo fece conosciuto come artista si fu quel piccolo Amorino che tutto nudo sta colle mani dietro legate ad un tronco, calpesta il suolo con un piede e leva in alto impaziente la testa, quasi per domandare misericordia. Questo Amorino che dapprima fu riprodotto in bronzo, e se lo ebbe in bronzo il principe Alessandro Torlonia, si riprodusse poi in gesso a migliaia di copie e e si diffuse talmente che non è, si può dire, chi nol conosca e non lo ammiri, e non ami averselo come un gioiello fra le preziosità di sua casa”544.

Le brevi notizie sul Caetani offerte dal Raggi sono interessanti poiché possono essere messe in relazione con una lettera scritta dal duca di Sermoneta al Tenerani e conservata nell’Archivio Tenerani a Palazzo Braschi. Nella lettera, inedita, che ho esaminato si legge infatti:

“Io non ho frequentato il suo studio in questa sua assenza, non già perché non abbia voluto, ma soltanto perché non ho potuto attendere all’arte, per esser stato distratto da moltissime piccole faccende, alle quali vado dattorno, onde compirle in questo tempo, e ricominciare così al suo ritorno la vita artistica. Voglio fare un busto meno della metà del vero che rappresenti una Vergine, e questa io la debbo a Bernetti, che ha tanto diritto alla mia riconoscenza. Ma… senza il mio amico Tenerani non saprei far nulla.”545

544 O.RAGGI, Della vita e delle opere di Pietro Tenerani cit., p. 411.

545Museo di Roma, Archivio Tenerani, busta 6, fasc. 5, 17 ottobre 1833.

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Pietro Tenerani546 originario di Carrara dove si era formato, giunse a Roma nel 1813 dove ebbe modo di perfezionare la sua arte con Antonio Canova, di cui fu il vero erede, e con Bertel Thorwaldsen, di cui divenne l’allievo prediletto e poi collaboratore prima di rivaleggiare con lui nella maturità. Dal 1825 fu membro dell’Accademia di San Luca della quale divenne poi anche Presidente nel 1857. Nel 1842 fu uno dei firmatari, insieme a Tommaso Minardi e Johann Friedrich Overbeck, del manifesto del Purismo547. Famoso per la sua perizia tecnica scolpì numerose figure e gruppi che spaziano dalla mitologia, al ritratto, alla statuaria encomiastica e sacra. Non mancano esempi di monumenti funebri come quello di Pio VIII in S. Pietro548. A Roma, patria di adozione, insegnò per quaranta anni all’Accademia di San Luca e fu direttore dei Musei Capitolini e Vaticani. Tanti furono i suoi estimatori per uno straordinario interprete moderno del tradizionale repertorio della mitologia classica ma anche dello scultore civile549.

L’atelier di Tenerani così come quelli di molti altri non era frequentato solo dagli artisti o da coloro che intendevano fare pratica di queste discipline ma anche da letterati e da uomini di cultura che trasformavano quindi questi luoghi in dei veri e propri salotti in cui si passava il tempo e si discuteva liberamente e in maniera informale di questioni estetiche e culturali.

Michelangelo Caetani frequentava l’atelier Tenerani, non solo perché era uno dei più importanti di Roma, ma anche perché l’artista era legato alla famiglia Caetani già da tempo, i suoi servizi così come la sua amicizia affondavano le loro radici negli anni in cui il capofamiglia era don Enrico. Figura meno nota, come abbiamo avuto modo di osservare, e soprattutto meno stimata per quel che riguarda l’aspetto legato alla promozione culturale, Enrico Caetani ebbe effettivamente delle relazioni più limitate con gli artisti rispetto ad altri membri della sua famiglia ma mantenne con alcuni, come Tenerani, delle solide relazioni cercando di seguire l’esempio del padre Francesco V che lo tenne sempre al suo fianco nei suoi incontri eruditi e nelle sue aspirazioni accademiche.

I rapporti tra Enrico, Michelangelo e anche la figura meno nota di Alfonso Caetani con Pietro Tenerani sono testimoniati da alcune lettere conservate tra i documenti del fondo Tenerani oggi parte del patrimonio del Museo di Roma di Palazzo Braschi. Nel 1950, al momento della vendita da parte degli eredi del palazzo di famiglia che Carlo Tenerani (1846? - 1929) aveva fatto costruire in Via Nazionale nell’ottavo decennio dell’800 per ospitarvi degnamente le sculture del padre Pietro, tutte le opere che fino a quel momento erano state nella Galleria al piano terra passarono per legato testamentario al comune di Roma. Nulla però si seppe di quello che accadde alle carte dell’archivio

546 Carrara 1789 - Roma 1869.

547 Del purismo nelle arti, redatto da Antonio Bianchini, letterato, pittore e teorico d’arte.

548 Vedi S.GRANDESSO, Pietro Tenerani (1789-1869), Milano 2003.

549 F.MAZZOCCA, Un ritratto inedito di Tenerani, in R.M.GALLENI PELLEGRINI (a cura di), Pietro Tenerani. Centodieci lettere inedite. Archivio privato Carlo Agostino Marchetti, Massa 1998.

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che non furono ritrovate550. Le carte di famiglia, si venne a sapere successivamente, finirono in Francia poiché la figlia primogenita di Pietro Tenerani sposò un conte francese nel 1860 e tra i tre eredi di Tenerani fu l’unica ad avere a sua volta una figlia, Alix de Saisy, che quindi divenne erede universale degli zii Carlo ed Enrichetta Tenerani; Alix fece la donazione nel 1940 al Comune di Roma di tutte le sculture del nonno Pietro. Successivamente una dei nove figli di Alix, Henriette, fu attenta depositaria delle carte. Altre due generazioni di eredi hanno saputo conservare quanto tramandato, pur nella progressiva perdita delle conoscenze storiche. Le 15 scatole di cartone contenenti materiali vari, per lo più lettere sono poi arrivate a ricongiungersi al resto del fondo Tenerani nelle collezioni del Museo di Roma551.

Le lettere conservate tra le carte Tenerani dimostrano che l’artista frequentava la famiglia, non si tratta infatti di carte che testimoniano rapporti di committenza (anche se sarebbe stato interessante trovarne) ma si tratta di messaggi a carattere privato e amichevole. Le lettere firmate da Enrico Caetani sono undici e datate tra il 1824 e il 1833. In una di queste si menziona in tono scherzoso anche Minardi, anche lui parte attiva di questa cerchia di amici che condividevano insieme gite fuori porta e pratica artistica. In una lettera del 1833 è invece Michelangelo a rivolgersi al maestro Tenerani per informarlo di quello che accadeva nel suo studio:

“Vi fui dopo a fargli visita, e a vedere il lavoro di Cardelli sul marmo della Nortampton e questo, a quanto pare, è un pezzo assai difettoso, e richiederà infinito riguardo a condurlo a fine, per le molte vene cristallizzate che racchiude in se, e che s’aggirano sulle parti più delicate, e prominenti del bassorilievo. Contuttociò il diligentissimo Cardelli si adopra con ogni cura pur di farlo servire all’oggetto, ma tanto Esso, quanto il Sig. r Giuseppe aspettano anziosamente il suo ritorno per sentire il suo giudizio, e la sua risoluzione.”

Nella stessa lettera aggiunge, come già ho avuto modo di segnalare nelle pagine precedenti che intendeva realizzare il busto di una Madonna: “Così questa Vergine nascerà sotto l’ajuto tuo, come fu già dell’amore”, il duca si riferisce probabilmente ad una statuetta che aveva realizzato e che ebbe un discreto successo poiché venne riprodotta in più esemplari, episodio che viene menzionata anche nelle sue memorie: “Don Michele frequentò pure lo studio di Tenerani e scolpì egli stesso in marmo un piccolo Cupido legato, prendendo a modello una delle bimbe del principe Orsini, a cui era molto affezionato”552.

550 E.DI MAJO, Un ritrovamento fortuito: le carte di Pietro e Carlo Tenerani in Francia, in “Bollettino dei musei comunali di Roma”, n.s. VIII, 1994, p. 122.

551 Ivi, p. 123.

552 E.CAETANI, Alcuni ricordi di Michelangelo Caetani, cit., p. 111.

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Tra queste lettere se ne conserva inoltre una scritta da Alfonso Caetani già esaminata in questa tesi nel contesto dello studio del personaggio e del busto ritratto per lui realizzato dallo scultore. I rapporti di amicizia sfociarono dunque anche in delle committenze artistiche. Tenerani, come scrive Raggi, tra i ritratti “di amici, di congiunti e di celebri antichi” ricorda tra i busti di molti membri della nobiltà anche quello “del duca don Enrico Caetani, rimasto nella famiglia presso il figlio don Michelangelo duca di Sermoneta, e quello di don Alfonso, fratello di don Enrico…”553.

Il busto di Alfonso è stato oggetto di studio nel paragrafo a lui dedicato. Per quanto riguarda il busto di Enrico II non si avevano ulteriori notizie e il fatto che il modello fosse gravemente danneggiato non ne ha permesso fino a questo momento l’identificazione. Durante le mie ricerche, poiché ho esaminato con attenzione tutto il patrimonio presente in palazzo Caetani, anche grazie alla recente inventariazione554, ho notato che c’era un Ritratto virile firmato da Tenerani che non era identificato (fig. 99). Mi sembrava insolito che nelle collezioni di famiglia ci fosse un busto, chiaramente un ritratto, che non avesse un legame con la famiglia stessa ma purtroppo non avevo ulteriori informazioni a disposizione. La possibilità di una identificazione si è presentata quando, durante le ricerche relative al busto di Alfonso Caetani, ho trovato l’indicazione di Raggi che lo scultore aveva eseguito anche un busto del duca Enrico che rimase “nella famiglia, presso il figlio don Michelangelo” ovvero a palazzo Caetani. A quel punto l’ipotesi che il busto ancora esistente a palazzo potesse raffigurare Enrico II era sempre più legittima ma la certezza mi è stata data dal confronto del detto busto con un disegno conservato nell’Album Blu di Michelangelo II e descritto nel paragrafo riferito a Teresa de’ Rossi. Il disegno, incollato su una pagina dell’album, presenta un’iscrizione che indica l’effigiato come Enrico Caetani (fig. ). Il busto e il disegno sono decisamente somiglianti e non c’è dubbio che ritraggano la stessa persona. L’insieme di tutti questi dati mi porta ad affermare che il busto di Tenerani a palazzo Caetani sia il ritratto del duca Enrico e questo riconoscimento fa sì che anche il disegno possa confermarsi come un ritratto di questo personaggio che fino ad ora non aveva un volto. A differenza degli altri duchi, come Francesco V e successivamente suo figlio Michelangelo II, che vennero effigiati molte volte e da diversi artisti, come ho avuto occasione di esaminare in questo studio, di Enrico Caetani non sono al momento noti altri ritratti oltre ai due da me riconosciuti.

A parte i suoi comprovati rapporti con Tenerani non sembra infatti che il duca abbia avuto frequenti contatti con altri artisti o che abbia patrocinato imprese decorative così come aveva fatto suo padre e in seguito farà suo figlio; la carenza di interessi in campo artistico può essere una delle ragioni, accanto a quelle economiche, della mancata celebrazione di questo personaggio.

553 O.RAGGI, Della vita e delle opere di Pietro Tenerani cit., p. 325.

554 A.AGRESTI,L.GORI,Il censimento del patrimonio artistico, in “Palazzo Caetani, Bollettino della Fondazione Camillo Caetani”, 1, 2013, pp. 15-19.

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La ritrattistica fu uno dei generi più caratteristici coltivati da Tenerani, sia a destinazione privata e collezionistica che nel registro monumentale della scultura civile e funeraria, anche se lo scultore carrarese era tra tutti i contemporanei estremamente versatile nell’affrontare i vari campi della scultura con estrema perfezione formale. L’artista aveva delle capacità di rappresentare i suoi soggetti di estrema somiglianza e quindi molto apprezzate, come dimostra l’ingente numero dei busti eseguiti, almeno centoquaranta esemplari in gesso, che si conservavano nella gipsoteca Tenerani nel palazzo di via Nazionale, oltre a numerose effigi a figura intera. Come sottolinea Grandesso: “Si trattava di una straordinaria galleria di personaggi contemporanei, in grado di offrire uno spaccato sull’ambiente aristocratico, ecclesiastico e culturale dello stato pontificio, ma anche un’immagine della ricchezza delle presenze internazionali che Roma poteva vantare godendo ancora, anche grazie al prestigio dei suoi artisti, dello statuto di città cosmopolita”555.

Anche nel caso di Tommaso Minardi così come per quel che riguarda Tenerani i rapporti intessuti con Michelangelo Caetani si basano su delle relazioni già instaurate e durature all’interno della famiglia. Ma d’altra parte la relazione tra questi uomini era strettissima e lo dimostrano come abbiamo visto la rete di opere, lettere, inviti, commissioni che si intreccia tra loro. Anche Tommaso Minardi fu ritratto da Tenerani, anche se il busto non venne mai eseguito in marmo se ne conserva un modello in gesso anch’esso a Palazzo Braschi556 come gli altri sopracitati (fig. 100). Il busto fu eseguito probabilmente nel 1819, datazione avanzata sulla base del carteggio intercorso tra i due in cui in due lettere datate 1819 Tenerani fa riferimento proprio ad un ritratto che stava eseguendo per l’amico artista. La fisionomia e la psicologia del personaggio sono rese come sempre con grande efficacia.

Minardi era il protagonista del nuovo gusto del purismo. Possedeva un’innata inclinazione per il disegno e anche la sua amicizia con il gruppo dei cosiddetti Nazareni incoraggiò il suo interesse verso la grafica, fu anche per questo motivo che amava insegnare la tecnica del disegno ai giovani che aveva sotto il suo mandato557. Le relazioni tra Minardi e i giovani di nobile stirpe che volevano avvicinarsi per diletto alle arti del disegno e della pittura è testimoniata già dai suoi contemporanei, in particolare da Guglielmo De Sanctis, che era stato suo allievo, ed Ernesto Ovidi che aveva ospitato con la sia famiglia l’ormai anziano artista e gli dedicò una ampia biografia558. Per gli artisti, e anche Minardi si inserisce in queste dinamiche, avere tra gli allievi questi dilettanti aristocratici consentiva di mantenersi in una condizione signorile e soprattutto di avere accesso agli ambienti della committenza privata più illustre. Frequentare la classe aristocratica della città gli permetteva di imporre il suo stile

555 S.GRANDESSO, Pietro Tenerani, cit., p. 190.

556 Museo di Roma, Palazzo Braschi, inv. MR 43271, coll. privata Tenerani, 1819 ca., gesso, cm 58,5x28.

557 R.OLSEN, Some thoughts on quality and the drawings of Tommaso Minardi, in “Drawing”, n. 3-4, 1981, pp. 75-80.

558 E.OVIDI, Tommaso Minardi e la sua scuola, Roma 1902.

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e il suo gusto nella scena artistica romana e inoltre serviva ad incrementare le entrate559. Con il passare degli anni Minardi si affermò come una delle personalità artistiche più in vista nell’ambiente romano, ormai famoso, accademico di san Luca e pittore favorito di tanti nobili, anche grazie alla cerchia creata nei primi anni, ebbe il suo studio in grandi ambienti nel prestigioso palazzo Colonna ai SS.

Apostoli.

Tra i molti giovani rampolli che frequentarono il suo atelier anche i fratelli Filippo e Michelangelo Caetani che si dimostrarono tra i più dotati e anche tra i più condizionati dall’insegnamento minardiano. Sarà che i rapporti tra l’artista e la famiglia, in questo caso, non si limitava solamente all’insegnamento ma era un rapporto di reciproca stima e anche protezione accordata all’artista sin dalla sua giovinezza e ai suoi primi anni romani: Minardi nel 1803, appena sedicenne, viene raccomandato dal duca Francesco V che lo chiama “il ragazzo faentino” che lo invitò a realizzare un dipinto per la chiesa di Cisterna che non venne mai compiuto560. In ogni caso scarse sono le tracce del Minardi in casa Caetani, testimoniate solo da poche lettere e da alcuni disegni, tra cui il ritratto

Tra i molti giovani rampolli che frequentarono il suo atelier anche i fratelli Filippo e Michelangelo Caetani che si dimostrarono tra i più dotati e anche tra i più condizionati dall’insegnamento minardiano. Sarà che i rapporti tra l’artista e la famiglia, in questo caso, non si limitava solamente all’insegnamento ma era un rapporto di reciproca stima e anche protezione accordata all’artista sin dalla sua giovinezza e ai suoi primi anni romani: Minardi nel 1803, appena sedicenne, viene raccomandato dal duca Francesco V che lo chiama “il ragazzo faentino” che lo invitò a realizzare un dipinto per la chiesa di Cisterna che non venne mai compiuto560. In ogni caso scarse sono le tracce del Minardi in casa Caetani, testimoniate solo da poche lettere e da alcuni disegni, tra cui il ritratto