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L’Eros coniugale

1 «Non ne posso più dell’altrove»: tentativi di normalizzazione

2. L’Eros coniugale

2.1 Il corpo

Scendere a compromessi con la realtà significa incontrare la materia. Per la verità, fin da Scuola di nudo i corpi nella loro concretezza rappresentano uno dei perni di tutta la narrazione e naturalmente della rappresentazione sessuale. La differenza di questa nuova fase sta nel significato del corpo dell’amante, che smette di essere pneumatico e si fa invece aderente all’imperfezione del mondo:

Il tuo corpo è decisamente asimmetrico, nel senso che la parte anteriore (il volto da attore, il ventre piatto e ben disegnato, il pene grande e diritto, le cosce robuste) risponde alle più rigorose esigenze della norma e anche degli extra; la parte posteriore invece, dalle spalle ai talloni passando per i fianchi larghi e sfuggenti, è pateticamente difettiva, umana troppo umana. Sei uno strano animale mitologico, paradiso davanti e purgatorio dietro; accentuato dalla posizione in cui tieni gli slip, che partono proprio dal punto in cui dovrebbe incrementarsi la curvatura e quindi segnalano, sottolineandola, la scarsezza. (DN, p. 75)

Il corpo di Mimmo è un’entità difettiva, risponde a delle buone proporzioni, ma non possiede le piene «rotondità» dei culturisti: non a caso, è opinione unanime che sia un bellissimo ragazzo, salvo per Walter che ne individua delle asimmetrie fondamentali. La disparità tra la parte anteriore e quella posteriore risponde all’idea dell’inganno alla base di questa relazione: Mimmo lo ha condotto giù dal paradiso dove s’era nascosto, offrendogli un’immagine frontale altrettanto paradisiaca. A ben vedere però, Mimmo nasconde tutte le imperfezioni terrene, i suoi muscoli non sono veramente «pieni» come quelli dei nudi, né i suoi glutei riescono a evocare le curve dell’infinito. Loro erano «veri», lui è «reale». Il suo è un sedere tutto sommato scarso, che non basta di per sé. L’incompiutezza di questo essere quasi offende Walter: «quando ti giri di spalle è come se mi schiaffeggiassi» (DN, p. 75). Mimmo è la prosa del mondo e per questo i suoi muscoli non possono avere linee rotonde e perfette. Anche se obiettivamente il fisico è quello di «un colosso», rimane tuttavia «incompiuto»: quello che Walter

107 recrimina al compagno è di essere brutalmente «carne di secondo taglio», dove la prima scelta era quella sproporzionata dei culturisti. Il bisogno di curve geometriche è del resto potenza trascendente: «la rotondità è la mia indispensabile razione di nulla» (DN, p. 74), dove per nulla Walter intende qui una dimensione oltremondana che lo liberi dalle insoddisfazioni terrene, dimensione da sempre raggiungibile tramite i corpi pneumatici. Il desiderio ossessivo nei confronti dei corpi divini si scontra ora con una triste accettazione di ciò che passa il reale. Da una parte una serie di corpi, potenzialmente infiniti nel numero e evocativi di una perfezione oltremondana; dall’altra un unico corpo “troppo umano”, definito nel nome, che possiede tutte le migliori caratteristiche di un maschio standard, e per questo meschino agli occhi di Walter. Mi sembra interessante confrontare un passaggio di Un dolore normale con uno di Scuola di nudo:

Stringendo le labbra con attenzione/ taglio le ali dalle scapole [di Mimmo]. (DN, p. 80)

Massaggio le scapole [di Ruggero] dove dovrebbero esserci le ali. (SN, p. 441)

Le premure che Walter era solito riservare a Ruggero si rivelavano un atto di caritas per un uomo che non conosceva nessuna trascendenza, mentre Mimmo sembra un essere decaduto a cui Walter decide di rassegnarsi. Proprio la mancanza delle ali gli sarà fatale: quando Walter osserva il suo corpo senza vita la schiena sembra il punto «dove sua madre rimpiangeva di non avergli fatto le ali» (DN, p. 200). Per Walter il corpo di Mimmo rimane «tiepido» e incapace di fornire a Walter le caratteristiche per essere veramente desiderato. L’unica cosa apprezzabile può essere, semmai, la parte scomposta dal tutto:

Di Mimmo, anche nelle fasi meno entusiasmanti, continuano a commuovermi i dettagli: l’arcaicità delle sopracciglia, la perfezione delle labbra. (DN, p. 153)

Se Walter descriveva i nudi divini tramite i loro pettorali, tuttavia quei pezzi erano anche unità assolute, di una completezza oltremondana; l’interezza di un corpo come

108 quello di Mimmo, invece, è una categoria del reale, è un corpo che va accettato nel suo insieme, cioè nella imperfezione delle sue parti. Credo sia interessante che la riflessione di Walter sulle parti di un corpo e il suo insieme venga appena prima di un lungo dialogo che avrà con Ciro, cognato di Mimmo: i due discutono del nuovo lavoro diMimmo, trasportare organi di contrabbando. Le questioni che si pongono sono per la verità più di una. Da una parte, l’immediata approvazione di Walter nella speranza che un’azione straordinaria possa portare anche una carica erotica nella relazione. Dall’altra, è soprattutto interessante proprio la logica del pezzo. Ciro evidenzia l’ipocrisia di un mondo in cui sostanzialmente si vende tutto, ma non le parti del corpo:

La responsabilità di questo stato di cose, come dice Ciro, è dell’eccessiva rigidità della legislazione e del moralismo ipocrita della convenzione bioetica europea, per cui «le parti del corpo non possono essere in quanto tali oggetto di profitto». […] Se è normale vendere la forza lavoro, o la fica, perché non il pancreas? (DN, p. 158)

Se l’opposizione tra parti e tutto ha un valore, si potrebbe recuperare l’idea di maniera pornografica già vista nel primo capitolo. Abbiamo già detto come Donnarumma analizzi la rappresentazione sessuale: a dispetto dell’apparente umiliazione del corpo scomposto dalla totalità, alcune rappresentazioni pornografiche in letteratura connettono invece il soggetto con una dimensione assoluta proprio grazie a quella insistenza sui singoli pettorali, cosce, glutei. Allora, se in Scuola di nudo quelle parti anatomiche spesso descritte singolarmente avevano proprio un valore ascetico, paradossalmente totalizzante, in Un dolore normale invece non solo i «dettagli» di Mimmo sono l’emblema della mondanità, ma entra in gioco anche l’idea del corpo scomponibile per essere venduto. Ancora nella stessa conversazione Walter e Ciro convengono sul fatto che sempre di più in futuro i «pezzi separati» dei corpi frutteranno molto di più «dell’intero». Sarà nel capitolo finale di Troppi paradisi che vedremo come la mercificazione del corpo è diventata fondamentale e come la società contemporanea è ormai frammentata: un seno o delle labbra rifatte diventano quasi pezzi sacri, il singolo oggetto corrisponde al possesso del mondo intero. Chiaramente, il contrabbando rimane una pratica illegale a differenza della pornografia, ma è proprio su questa “ipocrisia” che si centra il passo. In più, il contrabbando implica due desideri:

109 guadagnare molti soldi (per chi vende) e sopravvivere (per chi compra). Forse, si dice Walter, le anime un giorno rideranno «di questa commedia dei pezzi scambiati» (DN, p. 165), a insinuare che la sacralità affidata alle parti del corpo non è autentica.

2.2 Il desiderio sessuale

La sensazione generale comunque è che ci sia del disgusto fisico nei confronti di

Mimmo, che il contatto sia appunto una contaminazione: «Ogni volta che mio

malgrado ti tocco rabbrividisco alla certezza che è un altro (qualsiasi altro) che vorrei toccare» (DN, p. 67). Difficile pensare alla sessualità dirompente cui ci aveva abituato

Siti in Scuola di nudo. L’inizio stesso della relazione è diverso dal solito: al primo incontro solo carezze e «baci delicati». Persino con Ruggero il sesso era arrivato subito e aveva anzi dato l’illusione di una certa passione. Con Mimmo succede qualcosa di diverso, la libido esplode più lentamente, sopravvive ad alta intensità giusto il tempo dell’incubazione del virus-amore, dopodiché si sgonfia irrimediabilmente. È proprio per questo che, paradossalmente, Walter definisce sesso “vero” solo quello che ha scoperto con Mimmo, e non quello di una volta con i culturisti:

I batticuori con i culturisti non erano sesso, questo lo è – talmente ingolfato e cieco dentro la bruta materia che la stronzata "ti sto dando l'anima" acquista una specie di plausibilità. Alle tre, alle sei, alle nove, non è normale: è una vendetta, un'ossessione, un vizio. I nudi contemplativi e ascetici erano puri. (DN, p. 18)

Una volta trovata la «materia» il sesso non si caratterizza più come una pratica ascetica, né tantomeno contemplativa dell’infinito attraverso la contemplazione del corpo stesso. Dare l’anima a Mimmo significa venderla a una realtà in cui i rapporti sono ripetitivi, nel numero e nel contenuto, perché stanno all’interno di una relazione monogamica. Solo adesso Walter sperimenta un sesso vizioso, perché è quello delle persone vere, che hanno scoperto la nudità e dunque il peccato. Quello che più è evidente in questo caso è proprio la natura “corrotta” di questo sesso, che ha abbandonato il piano della purezza trascendente. La passione iniziale che Walter registra è soltanto uno dei sintomi dell’infatuazione, destinata ad esaurirsi. Era invece inesauribile il desiderio nei confronti dei nudi perché non rispondeva né all’affetto né

110 al piano del reale, oltreché essere rivolto compulsivamente verso più soggetti. Mimmo e i nudi stanno infatti su due dimensioni diverse: lui è un «amore santo», loro sono

sacri. Abbiamo già visto come tutta la narrazione di Un dolore normale sia pervasa

dall’idea della cacciata, dunque dall’opposizione profonda tra l’“empireo” e l’ingresso nel reale: i culturisti erano sacri perché manifestazione di una dimensione altra, Mimmo rappresenta in opposizione la morale cristiana del rapporto coniugale. L’ossessione verso muscoli, pettorali e glutei riusciva a dare interezza al soggetto, mentre Mimmo è portatore del legame sociale: non manifesta Dio, sancisce l’accordo delle parti davanti a lui. Non a caso, i due amanti si scambieranno in privato una promessa definita proprio «matrimonio». Mimmo è «amore santo» perché tramite questo sentimento Walter sacrifica sé stesso per il reale, non già il reale per l’«oltrecielo»: «Come se in te scopassi tutto il mondo» (DN, p. 89). Walter stesso dice di aver rinunciato a fotografare nudo il culturista Pietro, che in un primo momento insidia la relazione con Mimmo:

Vacillavo in quello che adesso mi sembra un conflitto ma che allora, essendoci dentro, mi pareva semplicemente un'andatura - con alterne accensioni e disgusti, tra l'odore del tuo cuore (pieno di promesse) e il bisogno dei suoi glutei. (DN, p. 25)

Il «corpo sferico» di Pietro si scontra con gli arti «troppo grandi» e il «cranio oversize» di Mimmo, pezzi non di una totalità ma tenuti insieme da una «pasta vetrosa» chiamata «“tormalina, [...] l'anagramma di “normalità”». Walter, vacillante tra questi due uomini, sceglie tuttavia la stabilità con Mimmo («ti guardo e penso: “che c’è di male a sacrificargli l’infinito?”»), ma nella rettifica a cui sottopone questa decisione rinnega la resa: «non è vero, sarei morto per lui [per Pietro]». A posteriori, è stato un errore sacrificare la pur frustrante passione (non ricambiata) verso Pietro per la «dignità» di una storia vera: il bisogno di trascendenza di Walter non ha potuto sottostare fino in fondo al legame sociale e per questo tutto si è deteriorato. Interessante è infatti che il desiderio verso Pietro sia stato un “peccato” «non contro il sesto comandamento, ma contro il primo»: il culturista sostituisce la divinità, l’unico Dio che sarebbe venerabile. Non ci vuole molto perché il sesso perda l’animosità degli inizi e diventi esercizio obbligatorio di coniugalità. L’erotismo smette di essere stra-ordinario e diventa una

111 pulsione quotidiana, ripetibile e infine esauribile. La normalizzazione si compie attraverso un rapporto che durerà: «Ecco inoltrarci / come fanti male / equipaggiati, nell’inverno della durata [...]. Dacci / oggi il nostro eros quotidiano» (DN, p. 59, corsivo mio).

Amare diventa un lavoro a tempo pieno, e intanto il letto muta viceversa in luogo occasionale, unico talamo in cui ogni tanto i coniugi consumeranno. La stessa pratica sessuale è descritta in maniera assai diversa rispetto alle vivide immagini pornografiche di Scuola di nudo e anzi rimane spesso bassa nel tono, sempre legata a qualcosa di materiale:

T’accarezzo la clavicola come l’aragosta spinosa passa cautamente i tentacoli sulla corazza del partner, preludio all’accoppiamento – risalgo alla chiesetta di campagna e subito l’orizzonte s’espande. In te si entra da destra, aggirando una siepe. (DN, p. 121)

Due sono le cose interessanti di questo passo. Da una parte Walter propone una similitudine con il mondo animale, e precisamente con il rito d’accoppiamento, niente di più meccanico e soprattutto funzionale: le aragoste si accoppieranno per riprodursi. Nello specifico, Walter e Mimmo non possono produrre dei figli veri ma certamente generano l’ingresso di Walter nel reale e in qualche modo si autocondannano a un sesso funzionale solo a questa relazione coniugale. Dall’altra, potrebbe esserci un’allusione all’Infinito di Leopardi. Abbiamo ampiamente visto come l’immaginario leopardiano sia effettivamente un modello per Siti e che in Scuola di nudo esiste una corrispondenza tra il «muro» e la «siepe»: adesso Walter ha trovato il modo di aggirare questo ostacolo. L’orizzonte di un infinito possibile viene in qualche modo abbandonato in favore di un ingresso laterale, che sgonfia l’idillio leopardiano: attraverso la fessura fisica nel corpo di Mimmo è possibile essere immessi nel reale. Il rapporto monogamico, nello specifico, ha determinato il deterioramento del rapporto di Walter con «l’ignoto», inteso dunque come assoluto e come sua manifestazione tramite i numerosi culturisti sconosciuti con i quali soleva incontrarsi. A tal proposito si ricorderà «lo sfintere» di cui parlava Walter in Scuola di nudo: riuscire a penetrarlo significa possedere il mondo.

112 C’è solo un momento in cui il desiderio sessuale sembra riscoprire una vitalità antica, ed è quando l’intimità si fa violenta. Il sadomaso esplode all’improvviso, al limite del grottesco davanti al volto tumefatto di Mimmo tornato dopo una rissa. I lividi scatenano una nuova linfa sessuale, Mimmo intercetta una strana emozione in Walter e osa chiedere: «ti piacerebbe essere stato tu?» (DN, p. 78). Quello che ne segue è un rapporto sessuale spontaneamente violento:

Il fracasso a ultrasuoni che ne è seguito non assomigliava ai violini della nostra primavera; [...] non ponevi alcun limite all’accondiscendenza, anzi sembrava che non più d’accondiscendenza si trattasse ma di personale gusto d’ubbidire. [...] offrivi le mucose al padrone bianco che ti torceva le spalle fino a lussartele; secoli d’invasioni ma anche il rammarichio d’un cucciolo perduto, «non lo faccio più» gridavi, «puniscimi» ed era la tua vittoria. (DN, pp. 78-9)

La violenza si fa naturalmente surdeterminazione di un profondo rapporto signoria- servitù. Nello specifico, Siti ha definito la surdeterminazione come l’espediente narrativo attraverso cui collegare gli eventi a elementi simbolici:83 da una parte

Mimmo desidera sentirsi posseduto da un superiore, dall’altra Walter materializza nel sesso il bisogno di dominio, anche violento, nei confronti dell’altro, specie se più debole di lui. L’orgasmo ottenuto dopo il tragico scherzo che è costato la vita a una donna, o l’eccitazione davanti a un fucile puntato tornano in una forma ancora più radicale, perché finalmente non solo Walter può manifestare il suo «gusto di violentare», ma soprattutto scopre che quella violenza suscita «in un altro gratitudine» (DN, p. 80). La forza di questa nuova sessualità sta nel desiderio di riconoscimento reciproco: «Quando gridi basta per favore / e fai smorfie come per partorire / è allora che, insistendo, comincio a nascere» (DN, p. 80). Mimmo ricerca una figura che possa dominarlo, trova piacere nel dolore fisico probabilmente anche perché anestetizzante

83 W. Siti, Il realismo è l’impossibile, Roma, Nottetempo, 2013, p. 62: «Un’altra tecnica che mi accompagna da sempre è la surdeterminazione; non la “surdeterminazione funzionale delle azioni” di cui parla Genette, che è una forma di ridondanza per rendere la rappresentazione più verosimile, ma proprio la surdeterminazione definita dalla psicanalisi, che collega un dato di realtà a un elemento simbolico».

113 rispetto ai fallimenti della propria vita, in qualche modo si affida a questo padrone tremendo che lo può plasmare come vuole. Da parte sua Walter sperimenta un dominio su qualcuno più debole che per la prima volta corrisponde direttamente al piacere sessuale: «il mio piacere nasce dal tuo danno» (DN, p. 81). Solo in questo momento Walter sembra apprezzare Mimmo e la loro relazione, tutto acquista inaspettata gioia. Quella che cambia è addirittura la percezione del compagno e del suo corpo: le «rotondità» terribilmente mancanti di Mimmo vengono «resuscitate a colpi di cinghia» (DN, p. 80), la forma dei muscoli si modella sotto a colpi violenti in grado di estenderli verso la mancata interezza. Mimmo si trasforma da «nome proprio» a «nome comune», e cioè perde la determinazione di soggetto conosciuto in favore di uno status di sconosciuto, «uno dei tanti urlanti». In effetti, una delle caratteristiche dei nudi divini era proprio quella di essere delle entità che valevano come frammenti d’infinito, non come soggetti individuali. I loro nomi, quando citati, definivano la persona ma non una relazione vera tra Walter e loro. Come già chiarito, Mimmo è invece l’altra estremità di un rapporto matrimoniale “santo”, che improvvisamente potrebbe essere sacralizzato. Mi sembra infatti che questa violenza faccia in qualche modo trascendere anche il campione d’universo Mimmo: Walter sta ricercando l’assoluto perduto proprio attraverso le pratiche violente. Una volta esauritesi le pratiche sadomaso, però, a Walter davvero non resta che la brutale consapevolezza di condividere la vita con uno che non solo lo involgarisce, ma infine neppure gli piace: «non mi piaci più. Ecco la mostruosità inconfessabile nonché banale» (DN, p. 66). I muscoli di Mimmo ormai sono «inflacciditi», la forma fisica si rivela nella sua mollezza, e così Walter non può che rassegnarsi alla deludente materia: «L’amore non è un’olimpiade». Quello che più imprigiona questo soggetto è la dimensione coniugale:

«Ma anche per noi è arrivata l’epoca dei «figurati» e dei «non importa», dei «mi sono molto divertito» dopo una partita a scarabeo. L’epoca del rispetto, della tristezza cerimoniosa. [...] Al telefono con le amiche dici «è una cosa consolidata», mentre prima dicevi «alla grande». (DN, p. 123)

L’ipotesi iniziale, se il desiderio svalutato annulli il soggetto, sembra trovare conferma nella pratica di questa relazione: il desiderio finisce e Walter svaluta sé stesso in un

114 modo mai conosciuto prima. Le «forze della perversione» sono scomparse, sia intese come pratiche violente sia come ossessione compulsiva verso il consumo di corpi, di pornografia, di muscolature. Il letto è diventato una «frase concessiva». A mutare è tutta la relazione servo-padrone soprattutto quando Mimmo si avvia verso una certa indipendenza: il nuovo lavoro gli consente di essere per la prima volta un «capo branco», il suo «musetto è meno grazioso» agli occhi di Walter perché non ha più bisogno del suo padrone.

Proprio riguardo al sesso Walter si lancia in alcune delle più crudeli rettifiche, che prendono il nome di «traduzioni luciferine»:

«è carino addormentarsi» borbotti sbadigliando (trad. lucif. «stasera niente sesso, per fortuna abbiamo già dato ieri») - la sincerità dell’amore bisogna attraversarla, se si vuole ricominciare a mentire». (DN, p. 123)

Le postille sono per la verità quasi tutte appartenenti alla prima versione del romanzo, segno di una consapevolezza molto forte rispetto alla natura artefatta dell’amore. Queste “traduzioni” sono una sorta di connessione col sottosuolo infernale di Scuola

di nudo: Walter non dimentica che la retorica “matrimoniale” è fatta di formule stanche

che simbolicamente hanno un significato diverso da quello letterale, così come in generale tutta la comunicazione della cricca «dei soddisfatti» di cui pure adesso farebbe parte. Quando Mimmo dice «ah, l’abbiamo fatto proprio bene» in realtà intende «che non ti venga in mente di azzardare la seconda» (DN, p. 123). Il desiderio sessuale ne esce fortemente ridimensionato e inautentico, tanto che alla fine Walter confessa di aver spesso utilizzato una certa «Siringa», un self-injector che favorisce l’erezione tramite micro aghi. Walter brutalmente rivela a Mimmo: «i momenti più belli che abbiamo vissuto insieme, li dobbiamo a lei» (DN, p. 197). In questo caso non si tratta dell’impotenza già vista in Scuola di nudo, ma di un appiattimento radicale del desiderio, che ha bisogno di essere creato artificialmente. Inoltre la Siringa fa compiere a Walter un passo in avanti rispetto alla sua normalizzazione: nel primo romanzo dichiarava ridicolo qualsiasi strumento che potesse risolvere l’impotenza, mentre adesso accetta un primo compromesso. Come vedremo più avanti in Troppi paradisi, accettare di farsi “aiutare” da una merce a portata di mano costituisce un passaggio

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