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2 L’Eros di un mostro occidentale qualunque

2.1 Il sesso coniugale

Anche in Troppi paradisi il desiderio sessuale è ampiamente indagato, lente fondamentale per mettere a fuoco il percorso dell’Io. Potremmo definire la prima tipologia sesso coniugale. I rapporti con Sergio si dimostrano sostanzialmente tiepidi fin dall’inizio, sono cadenzati secondo intervalli regolari e in qualche modo smorzati nella passione dalla premura di Sergio verso il corpo “anziano” di Walter. Sergio si prende cura di Walter con dolcezza e persino con una certa tecnica, frutto dell’esperienza con i prediletti partner più maturi. La sequenza sessuale sembra però meccanica, in qualche modo ovattata, Sergio sembra avere una certa insensibilità: «come se l’avessi sfregato con un anestetico» (TP, p. 34). Il giovane compagno dirige l’operazione con sicurezza ma senza una particolare libido:

Dicevo della serenità: l’amore con Sergio, da quella sera in poi, è stato all’insegna della lentezza e della non-preoccupazione. «Ci penso io», e ha cominciato a trafficare con il mio corpo come se non si ponesse il problema di un’eventuale eccitazione, anzi, come se desse per scontato che non sarebbe potuto succedere nulla, fino al punto in cui dopo, tutto miracolosamente succedeva. […] massaggiava, usava la doccia calda, usava soprattutto la dolcezza del fiasco per ottenere, con strofinio consolatorio, la resurrezione e la vittoria. (TP, p. 33)

La narrazione sessuale è profondamente mutata rispetto ai racconti pornografici di un tempo, a partire dal termine chiave di tutta la nuova relazione: «serenità» (Serenelli è

144 peraltro il cognome di Sergio). L’amore con Sergio è in qualche modo innocuo, non veicola verso nessuna trascendenza, non conosce vera passione ma anzi una buona dose di «confidenza». Addirittura, l’eccitazione sembra dover arrivare lentamente e l’erezione effettiva è quasi una “consolazione” che arriva per miracolo dopo il gran industriarsi di Sergio nelle sue manovre. E del resto questo sesso non potrebbe essere altrimenti in quanto attributo di una integrazione nel reale ormai avvenuta, lontana dagli eccessi precedenti.

Abbiamo già visto come nei due romanzi precedenti il desiderio erotico, nonché la frequenza del sesso, si esaurivano al formalizzarsi della relazione. Con Ruggero c’era una radicale incompatibilità tra eros e caritas, mentre con Mimmo il primo tentativo d’integrazione aveva corrotto anche la passione sessuale. A ben vedere, il sesso tra Walter e i suoi compagni ha avuto nella trilogia un picco veramente estremo solo in

Un dolore normale, libro che dovrebbe essere allegoria del momento purgatoriale di

questa esistenza. Specifico compagni perché, come vedremo, il sesso cambierà con i prostituti. Qui, invece, manca di una vera spinta passionale: proprio questa è la caratteristica del Paradiso tiepido e del tutto terreno a cui siamo giunti. Così come guida il corpo anziano di Walter come quello di un bambino, allo stesso modo infatti è spesso Sergio a ricevere la penetrazione: «Sergio mi accoglie come una guaina, si allarga a farmi posto come se coccolasse anche tutto il resto del mio corpo» (TP, p. 37). Walter sembra finalmente guarito dall’impotenza, addirittura adesso che ha accettato il mondo per quello che è scopre persino che «penetrare» è la sua vera «vocazione» (TP, p. 35): possiede il corpo giovane del compagno senza difficoltà e accetta tutta la mediocrità sia di quel sesso che del compagno medesimo. Il sesso insomma, una volta «acme cruciale» dell’esistenza, si è semplicemente «spostato di lato», riducendosi a operazione monotona, a un momento «volgarmente medico» (TP, p. 34) che si alterna secondo i ritmi «circadiani» della vita quotidiana. A ben vedere, questa penetrazione reiterata ormai acquisita corrisponde alla logica nuova del desiderio per cui possedere qualcosa (o qualcuno) significa sostanzialmente compiere l’azione dell’acquisto. Anche il rapporto sessuale esiste sempre più come sola performance senza vero contenuto, peraltro di scarso livello, che però contribuisce a una vita regolare:

145 Sarei pazzo a non accettare un amore così… così… Ma perché ogni

tanto penso che la mia vita assomiglia a un’azienda? Così conveniente, ecco qual era l’aggettivo. Quello che posso fare con lui [Sergio] mi interessa più di lui: la trionfalità fisiologica dell’avanti e indietro (senza niente di più abissale che il problema pratico dell’angolazione), l’effetto proprietario. (TP, p. 35)

L’erotismo inteso come via all’oltremondo non è più possibile se Walter ha rinunciato all’ascesi verso l’alto in favore dell’effetto “di proprietà” sulla vita e sulle cose che Sergio può donargli. Quando era impossibile avere l’erezione Walter cercava nei culturisti un sesso mistico che lo allontanasse dalla propria inazione, una volta superata l’impotenza la vita si delinea raggiungibile, i demoni vengono progressivamente allontanati grazie alle esperienze “terrene” prima con Mimmo e soprattutto ora con Sergio. Proprio Sergio è stato colui che «ha cancellato i culturisti» (TP, p. 52): abbandonata la vecchia disobbedienza per porre fine ai tormenti, Walter ha cancellato anche la corrispondente spinta erotica e ha accolto una sessualità infinitamente più degradante. Addirittura Walter scopre che il sesso «può anche non essere il primo dei pensieri» (TP, p. 53) perché la comunione corporea con l’amante non è tanto relativa al piacere fisico, quanto al fatto che Walter sceglie Sergio come prolungamento di sé stesso, come assicurazione di sopravvivenza: «da quando ho scoperto che abbiamo il medesimo gruppo sanguigno, non ho più paura di morire: gli darò un po’ del mio sangue […] e lui continuerà a portarlo quando non ci sarò più» (TP, p 54). Il corpo in sé quasi smette di essere unico oggetto possibile di desiderio e Walter ammette di rivalutare anche «l’anima, il carattere» (TP, p. 134) dell’altro. Addirittura neppure l’aspetto di Sergio sembra determinante, o meglio non quello effettivo: il suo corpo di poche pretese si carica di un più forte appeal sessuale ogni volta che va in onda in tivù. Lo scarto con il passato sta anche in questa generale doppia dimensione: come abbiamo già visto, la realtà televisiva altera quella effettiva e ne restituisce una versione patinata. La carica erotica che Sergio non riesce ad avere nella realtà l’acquista dentro la tivù: le sue spalle sono più alte, i muscoli più pieni, gli occhi e la barbetta «più desiderabili» dopo essere stati «consacrati dal video» (TP, p. 61). Di fatto è avvenuta una traslazione dallo schermo in cui Walter guardava i vecchi porno a quello in cui vede Sergio: ora il corpo dentro la televisione è quello conosciuto

146 dell’amante, che dunque non servirà come via di fuga ma anzi rinsalderà il rapporto con la realtà nonostante la percezione alterata:

Lo osservo nella scatoletta magica ed è il contrario di quando contemplavo i culturisti nei video porno: là mi trasportavo immediatamente in un altro mondo […], ora mi sembra che Kukes [dove si trova Sergio] sia a pochi isolati da Tina Pica. [...] il mondo è fatto di relazioni e non ci sono più dèi. (TP, p. 65)

Se Walter desidera quel Sergio dello schermo allora è vero che la realtà finisce per desiderare sé stessa attraverso gli artifici della tivù, ma con l’obiettivo di superarsi. Solo dentro quello schermo in fondo esiste la carica sessuale di Sergio, il quale accorcia le distanze invece che moltiplicarle come accadeva con la pornografia: così ha sostituito di persona i culturisti che un tempo venivano a manifestare la divinità. Quello che resta, ancora una volta, è comunque soltanto un’immagine: «le apparizioni del desiderio, da giovane, mi ustionavano […]; adesso, nel mondo espresso in quella scatoletta, la realtà è ricostruita in modo che non sia priva di un suo appeal sessuale» (TP, p. 65). Peraltro tutto l’eros televisivo è sempre solo suscitato. Negli studi di uno dei programmi dello stesso Sergio le signore del pubblico gli regalano «bignè e soppressate» e qualche concorrente gli fa capire che «ci potrebbe essere dell’altro»: tutto viene costruito sul doppio senso sensuale, anche se in fondo nulla si realizza. Col tempo, tuttavia, sarà proprio la mancanza del vecchio erotismo nella realtà che porterà all’esaurimento del sesso. Ancora una volta, la natura troppo umana dell’amante finisce per corrompere la relazione: i rapporti si diradano, capita che non siano «“completi”», la flemma di Sergio si fa sempre più «disinteressata». L’eros sembra scaduto e tutto diventa talmente delicato da non consentire nessuno slancio: «tra noi, ormai, c’è affetto e stop. […] Il soffio balsamico della normalità ci sfiora i capelli e accarezza il nostro letto; poi, lì, come si viene si viene» (TP, p. 165). La mediocrità morale a cui Walter ha scelto di cedere arrendendosi alla vita si unisce insomma anche a quella sessuale: «quanto ci vuole per sto benedetto orgasmo?» (TP, p. 125).

Per esempio, così come ha abdicato a qualsiasi ruolo decisivo in università così si comporta con l’erotismo: sceglie un «necessario distacco» (TP, p. 163) dalle cose

147 perché la realtà accettata gli ha ormai rivelato tutti i trucchi. È cambiato il tipo di riconoscimento: prima Walter desiderava essere riconosciuto dagli stessi rivali dai quali rimaneva separato, adesso si è stabilizzato nel gruppo con un affetto che possa riconoscerlo come uomo (e come padre) ancora in vita, scegliendo però lui stesso di porre una certa distanza rispetto al mondo. La stessa relazione con Sergio è insomma un tentativo di vivere, ma alla giusta distanza. Martirizzarsi non serve più, per questo la fine delle sofferenze ha concluso necessariamente la ricerca estrema dell’eros. Chiarificatrici sono a questo punto le parole con cui Walter definiva fin da subito il “trasloco” dal sottosuolo delle vecchie sofferenze ai nuovi piani abitabili:

Credevo di aver confinato nei sotterranei la folla dei miei demoni; invece loro sono rimasti al primo piano e io ho dovuto traslocare, con la mia serenità, al secondo. L’erezione me la sono portata di sopra ma il desiderio è rimasto di sotto. (TP, p. 51)

Non una profezia, ma la consapevolezza costantemente presente che nessun rapporto mondano può veramente accompagnarsi col desiderio autentico, che è desiderio d’infinito. Si può conquistare l’erezione, intesa sia come capacità fisica che attributo morale, ma la penetrazione nella vita che ne consegue immette il soggetto nella realtà della performance, della mediocrità, non del piacere assoluto. Walter accetta la realtà, ma più volte dimostra di sentire che esiste ancora l’altra dimensione. Durante una vacanza a Lampedusa da Roma giunge notizia che il giovane autore è stato silurato in Rai: Sergio diventa intrattabile, perde ogni stimolo e i due sono costretti a rientrare prima. Basteranno pochi minuti perché Walter riattivi la coscienza: è questo l’amore che voleva? Oppure Sergio è veramente il contrario dell’assoluto? Quando arrivano le notizie dalla vita reale tutto appare terribilmente «relativo»: l’amore con Sergio è necessariamente legato agli accidenti della vita a cui si è costretti a tornare: «che faccio, me lo metto in valigia l’infinito, e aspetto un’altra estate per farlo respirare?» (TP, p. 104).

Tutta la relazione con Sergio insomma, nonché l’intero romanzo, devono sempre essere letti con questo doppiofondo d’insoddisfazione che infine cambierà le sorti di Walter.

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2.2 Il sesso triangolare

La fine della passione si è rivelata insomma coerente con l’integrazione, dove l’integrazione ha significato di fatto abdicare all’esercizio diretto della vita per “vedersi vivere” tramite l’altro. Nella concreta sessualità questo meccanismo si traduce non solo nella deteriorata passione della coppia, ma per la prima volta anche nel coinvolgimento di terze persone nella coppia stessa. Se è quasi impossibile tenere uniti affetto e desiderio, Walter sembra provarci così:

La soluzione che ho trovato con Sergio non è priva d’astuzia; […] lui porta nei nostri coiti affettuosi la freschezza e la curiosità dei desideri che soddisfa altrove. Non voglio dettagli, mi basta sapere che uno di noi non può lamentarsi della propria vita sessuale: all’altezza degli eterosessuali più riusciti. (TP, p. 165)

Se la relazione diretta con Sergio si è consumata per mancanza di passione, sembra che il desiderio riesca a rientrare nella coppia indirettamente, ancora una volta per interposta persona. Scoperta la prima tresca del compagno, è lo stesso Walter a voler conoscere l’altro amante, che addirittura viene inserito nella dinamica di coppia. Se all’inizio l’intento è quello di umiliare il ragazzo, un ignorantone con cui a sua volta Sergio può recitare all’«uomo maturo» (TP, p. 155), subito dopo Walter si rende conto di ricevere nuova linfa addirittura dalla presenza diretta di Sergio e Astore: «Camminavano davanti a me, l’altro giorno. [...] Io pensavo contemporaneamente “che regalo di vitalità” e “sti stronzi” [...]» (TP, p. 155). La relazione triangolare che si viene a creare si basa su una serie reciproca di riconoscimenti: Walter, il «padre iniziale», ormai nonno, ha bisogno di dominare il compagno più giovane e disoccupato, il quale a sua volta soddisfa il proprio desiderio di riconoscimento in ragazzi ancora più giovani e sprovveduti. L’atteggiamento di Sergio, però, muta anche nei confronti di Walter: è più servile, più «pulito» e «naturale», dopo ogni fuoriuscita ritorna sommesso. Infine, quindi, lo stesso Walter guadagna potere sull’altro e anzi lo avvicina a sé sempre di più. Il tipo di desiderio alla base di queste relazioni triangolari sembra recuperare ancora una volta la mediazione di Girard, nello specifico l’idea che un elemento terzo venga usato per agire sul desiderio dei soggetti. In Menzogna

149 Dostoevskji: l’ormai vedovo Pavlovic va alla ricerca degli amanti della moglie e, una volta trovato il giovane Vel’caninov si unisce a lui per qualche tempo, ammirandolo e invidiandolo insieme. Non solo, Pavlovic vuole che il giovane lo accompagni da una giovane di cui è innamorato e che con grande probabilità sarà sua sposa: arrivati davanti ai familiari, è l’avvenente Vel’caninov a venire subito apprezzato per talento e bellezza. Quello che suggerisce Girard è che la spinta che muove Pavlovic sia quella del desiderio mimetico, cioè di chi vede nell’altro ciò che vorrebbe per sé e, pur con invidia, non possa fare a meno di rimanerne avvinto. È come se Pavlovic volesse rendere partecipe anche l’altro della sua relazione amorosa. Anche Walter, insomma, coinvolge gli amanti di Sergio per poter lui stesso godere della loro passione, nonché per tenere Sergio sotto scacco:

[Sergio] mi vuole consolare, facendomi credere che con Michele anzi il sesso non funziona un granché. Ma un po’ mi dispiace perché vorrei vederlo viver in loro, l’amore sognato. (TP, p. 167)

E viceversa Sergio: «se non ci fossi tu, non potrei godermi nemmeno il rapporto con quegli altri». (TP, p. 167)

Rispetto a Girard, comunque, il paradigma è ancora diverso: in Troppi paradisi si tratta di un soggetto, Walter, che decide di avallare le relazioni dell’altro, quasi manipolandole, e anzi proietta su quelle i suoi desideri. Quello che manca rispetto ai parametri di Girard, infatti, sono la forte rivalità e invidia del soggetto verso il mediatore. Nello specifico, Walter quasi gradisce le tresche di Sergio perché può così diventare padrone di concedergliele, avere la sua riconoscenza e ricevere la migliore versione del compagno: «a Sergio garantisco una vita sessuale appagante, ma con gli altri; voglio che sia felice, sono un drogato del suo sorriso». (TP, p. 157) Interessante è come i rapporti sessuali di Sergio siano assimilati ai suoi stessi malanni: «come ti assisto nelle malattie così ti assisto nelle voglie» (TP, p. 159). Walter si dichiara premuroso verso Sergio ma tradisce in realtà la vera natura dei suoi rapporti sentimentali. Dalla malattia di Ruggero ai fallimenti economici di Mimmo e Sergio fino a queste scappatelle, Walter si offre all’amante non tanto per abnegazione ma solo narcisisticamente: in tutti i casi può esercitare un dominio sull’altro.

150 Naturalmente vivere desideri, gioie e persino dolori costantemente tramite gli altri è soltanto un «trucchetto» per sopportare una vita nella quale non si ha la forza di agire. Lo sa bene lo stesso Walter mentre riflette sulle altre relazioni di Sergio: «Quesito: ma i miei desideri, per quanto tempo potrò tenerli in naftalina, e soddisfarli per procura?» (TP, p. 165). Infine infatti, nonostante una certa vitalità ritrovata, il meccanismo triangolare finisce: i numerosi incontri extraconiugali finiscono per decentrare completamente la sessualità già precaria, finché Walter e Sergio non si accordano per una relazione senza sesso. Così come tutti gli altri amanti non erano mai stati veramente desiderati, anche stavolta il rapporto si degrada, nello specifico perché si interrompe il riconoscimento. Sergio ha conosciuto altri corpi e insieme ha trasformato il suo: «s’è inquartato, s’è tagliato i capelli alla Bruce Willis e fatto crescere i baffi» (TP, p. 202), insomma è diventato adulto. Davanti alla crescita del figlio, Walter non si riconosce più come padre («Il vecchio Narciso va a bere/ ma lo specchio del pozzo si ritrae» (TP, p. 203), né Sergio è più disposto a riconoscersi come figlio. Solo ora, infatti, Sergio sembra vedere per come è il corpo obeso e anziano di Walter.

L’altro caso interessante di sessualità triangolare riguarda proprio l’unico oggetto di vero desiderio di Walter: l’escort Marcello. Come vedremo, ormai esauritasi la relazione con Sergio, Walter comincerà a soddisfare finalmente i suoi desideri con dei prostituti e nello specifico il bellissimo Marcello si farà portatore di una rinnovata ascesi verso l’assoluto. La potenza di questo nuovo nudo infinito tuttavia è anche motivo di sofferenza per Walter, che si ritrova tormentato da un amore inevitabilmente non corrisposto. È proprio per “smitizzare”Marcello che lo stesso Sergio propone un incontro a tre. L’idea è quella di decostruire l’aura sacra che Walter ha attribuito a Marcello in qualche modo degradandolo: nel rapporto sessuale proprio Sergio dovrebbe dimostrare davanti a Walter quanto l’escort sia in fondo una merce per tutti, assai più umano di quanto sembri. Il sesso a tre tuttavia si rivela un fallimento. I tre finiscono per non avere rapporti completi, i movimenti sono goffi e sembrano quelli di un «copione raffazzonato e cerebrale» (TP, p. 308), Sergio si mostra spavaldo ma alla fine non conclude con Marcello. Walter si augurava di ridimensionare il potere di Marcello guardandolo fisicamente soggiogato da un altro padrone e pensava che Sergio lo avrebbe fatto in nome dell’affetto che li lega: «se mi amasse davvero dovrebbe amare i miei desideri e quindi amare Marcello per riflesso» (TP, p. 308).

151 Sergio avrebbe dovuto, cioè, desiderare il desiderio dell’altro, sia nell’atto fisico sia con lo scopo di procurare il bene di Walter. Il risultato invece non è soddisfacente: da una parte Marcello appare come un semplice prostituto in mezzo a due padroni, ma dall’altra la sensazione è quella di aver «infangato un amore» (TP, p. 308), cioè proprio quello tra Walter e Marcello, con una colpevole mediocrità. Il «difetto d’amore» che evidentemente esiste nella relazione con Sergio, ormai praticamente esaurita, ha compromesso e corrotto anche il desiderio ben più puro che Marcello incarna.

Ancora, un’ulteriore sorta di rapporto triangolare si svilupperà tra Walter, Marcello e un secondo cliente. Quando l’escort viene ingaggiato da un ricco politico, Walter subisce talmente la competizione da aumentare oltre ogni sua possibilità regali e denaro per Marcello. Lo stesso Marcello, però, insiste perché i due clienti si incontrino: Walter e Alfonso più volte si scambieranno opinioni sul loro prostituto e salderanno una sorta di legame. In questo caso il desiderio sessuale è chiaramente incanalato soltanto sul soggetto Marcello, ma viene vivificato e re-innescato costantemente dalla rivalità dei due, che gareggiano, ma che allo stesso tempo si conoscono reciprocamente.

Infine, un particolare rapporto triangolare si stabilirà tra Walter, Marcello e la sua fidanzata Chiara. La donna rappresenta soprattutto il definitivo terzo elemento su cui si impernia l’esistenza per procura di Walter. Non solo Walter discute con lei del loro ragazzo tormentato, ma le rivela addirittura l’omosessualità e i traffici di Marcello invitandola però a sostenerlo: «se è vero che lo amiamo dobbiamo cercare di aiutarlo» (TP, p. 395). Alla fine, comunque, i due sono reciprocamente funzionali: lei intuisce che Walter sublima il bisogno d’autorità paterna di Marcello, di contro Walter accetta il ruolo normalizzante di Chiara. Non a caso, tutti e tre insieme “faranno” un figlio, tramite cui Walter potrà vivere una qualche paternità. Poiché il concepimento dovrebbe avvenire con procreazione assistita, e in fondo non potrebbe essere altrimenti vista la natura artificiale di Marcello, Walter lo aiuta direttamente a «estrarre la materia prima» (TP, p. 396). Poi, si prepara a fare da “zio” al nascituro: «il nostro ranocchietto

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