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4. CAMPIONAMENTO

4.2. Cenni storici

4.2.1. Eruzione del 1669

CRONOLOGIA E DESCRIZIONE DELL’ERUZIONE

La seguente descrizione ed i suoi effetti si basano essenzialmente su tre recenti pubblicazioni: Pagano (1992), Corsaro et al. (1996) e Tanguy & Patanè (1996). Di questi lavori, il primo e l’ultimo, forniscono ampie citazioni provenienti da descrizioni contemporanee degli eventi relativi al 1669 e perciò sono considerati altamente accurati. Nell’articolo redatto da Corsaro et al.

(1996) vengono presentati dati vulcanologici e petrologici relativi all’eruzione. Ancora più recentemente Crisci et al. (2003). L’inizio dell’attività eruttiva fu preceduta, per circa due mesi, da un’intensa sismicità, la quale divenne particolarmente intensa a partire dall’8 Marzo 1669. l’epicentro era situato vicino il paese di Nicolosi, sul fianco meridionale del vulcano a circa 750 – 800 m s.l.m.. Durante i giorni del 10 e 11 Marzo la maggior parte delle abitazioni venivano distrutte dall’attività sismica, mentre la maggior parte delle persone abbandonava la località. L’ultimo evento di attività sismica fu accompagnato dall’apertura di una frattura lunga circa 9 km, la cui estensione partiva da Monte Frumento Supino (un cinder cone situato a circa 2 km a sud della sommità del vulcano, a 2845 metri s.l.m.) fino ad arrivare nelle vicinanze di Monte San Leo (a circa 1200 metri s.l.m.). L’attività eruttiva avviene lungo questa frattura a varie altezze, con i fuochi dell’attività che migravano verso il basso. Nel pomeriggio dell’ 11 Marzo, probabilmente intorno alle ore 16, diversi centri eruttivi, in seguito a forti esplosioni, si aprivano nell’area tra Monte Nocella e Monte Fusala, immediatamente a nord-ovest del paese di Nicolosi. Queste bocche eruttive producevano incessanti e potenti esplosioni, mentre un enorme flusso di lava emergeva da bocche eruttive situate alla base del cinder cone di Mompilieri (è il cono marrone chiaro sulla mappa di figura 1, situato a sud del cono principale dell’eruzione). Durante queste fasi iniziali e nei giorni successivi, la continua e forte attività esplosiva delle principali bocche eruttive, dà origine alla costruzione di un cono piroclastico, il quale inizialmente fu chiamato “Monte della Rovina” (ovvero monte della distruzione), ma oggi è noto come Monti Rossi (come indicato nella mappa in figura 1). Nel frattempo, il flusso lavico scendeva lungo il fianco del vulcano lungo due bracci principali, distruggendo piccoli villaggi, villaggi e città. La città di Nicolosi e i villaggi di Mompilieri e Malpasso venivano sopraffatti durante le prime 24 ore dell’eruzione (il sito di Mompilieri attualmente è ricoperto dai sobborghi di

Nicolosi, mentre il Malpasso è stato ricostruito e rinominato Belpasso). Durante i successivi tre giorni i villaggi di San Pietro Clarenza, Mascalcia, Camporotondo e San Giovanni Galermo scomparivano sotto l’enorme fiume di lava che avanzava rapidamente verso sud, colpendo i maggiori centri della regione catanese e Catania stessa. Gli abitanti delle zone più colpite fuggirono a Catania e furono ospitati in edifici sia pubblici che privati.

Figura 1: Mappa del fianco SSE del Mt. Etna, mostrante la colata del 1669 (rosa). La parte colorata in marrone in basso a sinistra e nei pressi della città di Catania e nelle zone di Acicastello –Acireale, corrisponde al basamento sedimentario dell’Etna. In questo schema è visibile anche la bocca eruttiva principale dell’eruzione del 1669, Monti Rossi (alla sommità della colata, indicato dalla freccia verde), mentre al termine della colata viene indicato con la lettera U l’ubicazione del Castello Ursino (cerchiato in rosso). (http://boris.vulcanoetna.com/gifs/image/flowmaps).

Una settimana dopo l’inizio dell’eruzione, i due bracci principali della colata raggiunsero le città di Paternò e Misterbianco, ricoprendo un certo numero di piccoli villaggi che si

trovavano lungo l’avanzata della colata. Il

braccio orientale del flusso lavico nel giorno del 25 Marzo passò attraverso Misterbianco e successivamente la lava stagnò in una piccola depressione presente ad ovest di Catania (la “Gurna di Nicito”), riempiendola e formando così un lago di lava. Una volta colmata questa depressione, la lava riprese ad avanzare, puntando direttamente verso Catania. Il flusso lavico orientale raggiunse, nei primi giorni d’Aprile, il lato occidentale delle mura che circondavano Catania, le quali inizialmente riuscirono ad opporsi alla pressione del flusso lavico, che fu costretto a deviare verso sud. Il 23 Aprile la lava, che in precedenza aveva circondato il Castello Ursino (fig. 2), raggiunse e penetrò nel mare, con un fronte lavico ampio più di 1 km e riempiendo rapidamente il porto della città. Allo stesso tempo, il livello di lava che si andava accumulando lungo la cinta muraria occidentale della città, raggiunse la cresta della struttura. Di conseguenza un piccolo flusso lavico penetrò all’interno della città provocando piccoli danni, ma il peggio doveva ancora giungere. Infatti, il 30 Aprile, una parte delle mura cedette alla pressione della colata lavica, permettendo così Figura 2: Un vecchio disegno mostrante l’Etna e Catania durante

l’eruzione del 1669. La prospettiva dell’occhio che osserva la figura è verso NNW e mostra, sullo sfondo, la sommità dell’Etna fumante, mentre una colonna eruttiva s’innalza da un cratere posto sul fianco meridionale del vulcano, oggi chiamato Monti Rossi. Questo cratere sta alimentando un flusso lavico, che ha raggiunto e parzialmente ricoperto la città di Catania (http://boris.vulcanoetna.com).

l’ingresso della medesima all’interno della città e provocando la distruzione di chiese, monasteri ed altri edifici intorno alla chiesa di San Nicolò l’Arena. Per limitare i danni venivano costruiti, sulle principali strade di Catania, dei muri di modo che rallentassero l’avanzata della lava all’interno della città. Pagnano (1992), sulla base di documenti dell’epoca, descrive queste opere come altamente funzionali e di successo. Tuttavia, durante il mese di Giugno, la maggior parte dei flussi lavici raggiunsero nuovamente la zona di Castello Ursino e il mare, generando nuovi timori e invasioni distruttive per Catania, ma la fase peggiore era terminata anche se l’eruzione continuò fino al giorno 11 Luglio, giorno in cui cessò definitivamente l’attività.

PRODOTTI EMESSI E PETROLOGIA

Durante l’eruzione del 1669 furono prodotti volumi di circa 0,5-1 km3 di lava ed emessi circa 0,25 km3 di prodotti piroclastici. Per tutta la durata del fenomeno eruttivo, la lava probabilmente fluì attraverso un esteso sistema di tubi, in modo tale da consentire al flusso stesso di coprire una distanza superiore ai 17 km a partire dalla bocca eruttiva principale. Al cessare dell’attività si ebbe così la formazione di un esteso campo di lava, il quale copriva una superficie di 37 km2. Il deposito di “fallout”, generato dai prodotti piroclastici emessi durante l’eruzione, era largamente disperso verso est. Dal punto di vista petrografico (Corsaro et al., 1996) le lave del 1669 possono essere suddivise in due distinti gruppi, i quali non mostrano relazioni di cristallizzazione frazionata a partire da un comune magma, infatti le lave emesse per prime sono più mafiche di quelle emesse più tardi. Corsaro et al. interpretano queste variazioni, come dovute alla penetrazione, da parte di un magma mafico in risalita, di un serbatoio situato a basse profondità riempito da un magma più evoluto. Il fuso magmatico mafico, essendo più ricco in volatili, era più leggero rispetto al magma più evoluto

presente nel serbatoio, così risalì attraverso esso come “una plume laminare che risaliva rapidamente”, senza fenomeni di mixing fra i due e mantenendo così le sue caratteristiche chimiche iniziali. Sempre Corsaro et al. (1996) fissano l’inizio dell’eruzione del magma più evoluto a partire dal 25 Marzo, quando si verificò il collasso del cratere sommitale a causa di un’intensa attività esplosiva, la quale si verificò a causa, probabilmente, di una caduta di pressione all’interno del condotto principale.

Figura 3: Foto che illustra le bocche eruttive formatesi durante l’eruzione del 1669, in modo particolare si possono osservare i due picchi di Monti Rossi, situati nelle vicinanze della città di Nicolosi. Il nome della bocca eruttiva è al plurale, ma si riferisce solo ai due picchi, ma il cono è uno solo.

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