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L’esclusività del regime speciale in materia di responsabilità civile nucleare: il danno, canale o filtro all’ingresso dei torts.

III. Capitolo 1 Il modello statunitense.

2. L’esclusività del regime speciale in materia di responsabilità civile nucleare: il danno, canale o filtro all’ingresso dei torts.

Il problema della azionabilità di altri rimedi oltre a quelli previsti dalle convenzioni internazionali di base, sollevato proprio dagli Stati Uniti in sede di negoziazione della Convenzione di Vienna del 1963190, accede alla questione

come fatto giuridico che si dà in capo a chi sia più in grado di sopportarne le conseguenze economiche emerge altresì da una visione della responsabilità elaborata dalla dottrina statunitense degli anni ’50 – cui possono essere ricondotte le soluzioni applicate nel Price Anderson Act – secondo cui la responsabilità assolve alla funzione di deep pocket, sicchè il responsabile viene scelto in base alla sua capacità di pagare e di sopportare i costi delle conseguenze dell’evento dannoso (F.V. Harper-James, jr., The Law of Torts, 1, 1956, 370).

189 Si noti come il PAA non contenga una definizione di danno nucleare, al pari della versione

originale della Convenzione di Parigi.

190 Osservava il delegato alla conferenza internazionale per l’adozione della Convenzione di

Vienna “... [I]f certain damage arising out of a nuclear incident, such as loss of profits, mental suffering ... was not regarded as falling within the definition of nuclear damage and, further, a Contracting Party did not bring such damages within the scope of the Convention by virtue of the optional power [in Article I.1(k)(ii)] ... a strong argument could be made to the effect that what the Convention did not deal with it did not control, and that recovery for such damage

della esclusività dei regimi delle convenzioni medesime, intesa come capacità di precludere l’utilizzo di ogni altro mezzo per la riparazione del danno lamentato, di tal che al ricorrere dei presupposti applicativi delle convenzioni (danno conseguente ad un incidente nucleare, che si assume derivante dalla radioattività e dalle proprietà radioattive di materiali presenti all’interno dell’impianto ovvero in corso di trasporto da un impianto verso un altro impianto), non sia data altra via se non quella del regime speciale di responsabilità nucleare; non sia cioè possibile percorrere la strada tracciata dalle norme generali in materia di responsabilità civile, reclamando il risarcimento del danno nei riguardi del soggetto, in ipotesi lo stesso operatore, che sulla base di queste ultime sia assunto come responsabile191.

Fermo restando, infatti, che i due sistemi, speciale e generale, corrono paralleli e sono ovviamente complementari sul terreno delle finalità di assicurare un risarcimento a chiunque subisse un danno, sul terreno dei danni nucleari la loro complementarietà dovrebbe essere esclusa, giacché il regime speciale dovrebbe tendere a ricoprire tutti i pregiudizi che siano il prodotto del c.d. rischio criticale, del rischio cioè per fissione nucleare.

L’ipotesi di concorrenza dei rimedi potrebbe verificarsi allorché il pregiudizio lamentato, pur derivando da un incidente nucleare o più precisamente dal fatto di aver esposto la persona, le cose (e l’ambiente192) alle radiazioni ionizzanti provenienti da fonti presenti in un impianto193 , tuttavia non ammonti alla nozione di danno nucleare, ad esempio in quanto non inquadrabile in nessuna

could therefore be permitted under normal tort law outside the Convention. That would clearly be inconsistent with the objectives of the Convention, as the operator and other parties involved would then be subject to liability

for damage arising from a nuclear incident without the benefits of ... limitation of liability, channelling, etc.” Si proponeva pertanto l’inserimento all’interno della Convebzione che prevedesse la possibilità di intentare azione di responsabilità contro l’operatore per il danno non “coperto” dalla definizione di “nuclear damage” (cfr. pagina 175, Civil Liability for Nuclear Damage, Official Records, International Conference, Vienna, 29 April – 19 May 1963, IAEA, Vienna).

191 In argomento cfr. W.J. Leigh, Gaps in the Current Nuclear Liability Regime with particular

regard to Transport, cit., 288 e ss.

192 Così dopo la revisione della Convenzione di Vienna del 1997 e dopo la revisione, altresì, di

quella di Parigi, nel 2004, tenendo presente che il protocollo di emendamento di quest’ultima non è ancora entrato in vigore.

193

Per maggiore conformità con l’impostazione che sembra accolta in entrambe le convenzioni e che fa ‘discendere’ la nozione di incidente da quella di danno nucleare (cfr. art. 1, lett. a), alinea i, CP vers. attualmente in vigore, antecedente alla revisione del 2004 che la conforma alla CV; cfr. art. I, par. 1, lett. l) della CV 1997 ma anche vers. 1963) e non viceversa (infatti si definisce prima il danno nucleare e poi l’incidente nucleare), inteso quest’ultimo (i.e. il danno) come pregiudizio derivante dalla esposizione alle radiazioni ionizzanti (art. 1, lett. a), alinea i nella definizione di incidente nucleare; CP, versione in vigore; art. I, par. 1, lett. k, CV 1997 e 1963), e ciò indipendentemente dal fatto che poi nella Convenzione di Parigi il danno per il quale sorge responsabilità sia identificato, circolarmente, quale danno causato da un incidente nucleare (art. 3, versione attualmente in vigore), il quale può valere la pena rilevare nella Convenzione in parola è definito anche in sé, come evento serie di eventi che potremmo definire genericamente radiologici.

delle ipotesi di danno individuate dalle convenzioni nè dalle disposizioni che, all’interno dell’uno o dell’altro ordinamento, danno a quelle attuazione194 (si fa proprio l’ipotesi del danno ambientale oppure si pensi al caso in cui si fa domanda per il risarcimento del pretium doloris, del mental suffering,del danno da stress, ma questo, che non è individuato come danno risarcibile dalle convenzioni in parola, non lo é neppure ai sensi della normativa interna che, ad esempio, non lo ricomprende nella nozione di danno alla persona195); oppure perché, pur rientrando in una delle categorie contemplate dalle convenzioni (si

194 Ai sensi della Convenzione di Parigi, vers. 1982 (quella allo stato ancora vigente), che non

contiene una definizione di “danno nucleare”, il danno per cui si dà la responsabilità dell’operatore, è “damage to or loss of life of any person; and damage to or loss of any property other than 1. the nuclear installation itself and any other nuclear installation, including nuclear installation under construction, on the site where that installation is located; and 2. any property on that same site which is used or to be used in connection with any such installation, upon proof that such damage or loss … was caused by a nuclear incident in such installation upon proof that such damage or loss (hereinafter referred to ad “damage”) was caused by nuclear incident in such installation…” (art. 3, lett. a). A tenore della Convenzione di Vienna (1997) il danno nucleare è espressamente definito come “i. loss of life, any personal injury; ii. loss of or damage to property; and each of the following to the extent determined by the law of the competent court - iii. economic loss arising from loss or damage referred to in sub-paragraph (i) or (ii), insofar as not included in those sub-paragraphs, if incurred by a person entitled to claim in respect of such loss or damage; iv. the costs of measures of reinstatement of impaired environment, unless such impairment is insignificant, if such measures are actually taken or to be taken, and insofar as not included in sub-paragraph (ii); v. loss of income deriving from an economic interest in any use or enjoyment of the environment, incurred as a result of a significant impairment of that environment, and insofar as not included in sub-paragraph (ii); vi. the costs of preventive measures, and further loss or damage caused by such measures; vii. any other economic loss, other than any caused by the impairment of the environment, if permitted by the general law on civil liability of the competent court, in the case of sub-paragraphs (i) to (v) and (vii) above, to the extent that the loss or damage arises out of or results from ionizing radiation emitted by any source of radiation inside a nuclear installation, or emitted from nuclear fuel or radioactive products or waste in, or of nuclear material coming from, originating in, or sent to, a nuclear installation, whether so arising from the radioactive properties of such matter, or from a combination of radioactive properties with toxic, explosive or other hazardous properties of such matter” (art. I, par. 1, lett. k).

195 Si veda il caso Magnohard Ltd. vs. UKAEA and The Scottish Environment Protection

Agency, 2003, che ha negato il risarcimento del danno da stress ed ansia provocati dalla contaminazione radioattiva dell’ambiente; tale danno avrebbe trovato compensazione se vi fosse stata una phisycal injury; infatti “pursuer who has suffered physical injury is usually able to recover damages reflecting any related shock, stress, anxiety or upset”; ma nella specie si disconosceva vi fosse stato alcun danno di questo tipo sulla base del fatto che la contaminazione radioattiva era di livello tale (non eccedente i 300.000 bequerel) che nessun pregiudizio poteva ritenersi essersi avverato e che “The Act of 1965 compensates for proved personal injury, not the risk of future personal injury” (così l’opinione di Lady Paton, richiamando la nota decisione resa in Merlin vs. British Nuclear Fuel plc (1990) 2 Q.B. 557, pag. 571); una richiesta di risarcimento per danno “to mental health alone, without any physical injury” avrebbe potuto essere accolta “ex delicto only where a pursuer is able to prove that he has, or had, an identifiable psychiatric or possibly psychological illness or condition caused by the wrongful act…”, a chiarire anche come alcuni tipi di pregiudizi (nella specie danno da stress, sofferenza mentale, pretium doloris) possono o meno essere risarciti come danni nucleari, i.e. conseguenti ad una contaminazione radioattiva, in dipendenza della specificazione che le categorie di danno ricomprese nella definizione di danno nucleare (nella specie, danno alla persona) ricevono all’interno dei singoli ordinamenti nazionali (secondo quanto previsto, del resto, dall’art. VIII, Conv. Vienna e dall’art. 11, Conv. Parigi).

verte, ad esempio, in tema di danno patrimoniale o di danno alla persona), tuttavia il pregiudizio non consista né derivi dalle proprietà radioattive ovvero dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti emesse da una fonte di radiazioni presente nell’impianto, sebbene sia stato cagionato dall’attività dell’impianto stesso o sia a questo riconducibile o si tratti comunque della conseguenza di un incidente nucleare che però non costituisce danno nucleare né può essere considerato tale ai sensi della normativa o della giurisprudenza nazionale; oppure perché, pur consistendo in una contaminazione, nondimeno questa sia di livello tale da non integrare la fattispecie del danno nucleare patrimoniale come intesa dal legislatore domestico. Come si è accennato, infatti, le nozioni di danno nucleare emergenti dalle convenzioni sono destinate ad intersecarsi con le categorie dei danni risarcibili di cui alle normative nazionali (ivi incluse quelle eventualmente individuate ed elaborate dalla giurisprudenza), ricevendo da queste la loro specificazione. A riguardo si rammenta che, sia a norma della Convenzione di Parigi sia a tenore di quella di Vienna, la natura, la forma e l’estensione del risarcimento è regolata dal diritto del tribunale competente (i.e.dal diritto nazionale), nel rispetto della convenzione (cfr. art. VIII Conv. Vienna 1963 e 1997; art. 11 Conv. Parigi, 1982 e 2004). In questa prospettiva viene in chiaro la figura ‘danno nucleare’ che altro non è che un danno alla persona o alle cose (per non considerare le altre categorie introdotte dai protocolli del 1997 e del 2004) che si qualifica, rispetto ad ogni altra ipotesi di danno che possa colpire l’una o le altre, in funzione della fonte che ne è all’origine (incidente nucleare o più direttamente esposizione alle radiazioni ionizzanti emesse da materiali e sostanze presenti in un impianto o dirette o provenienti da un impianto) ma che per restare individuato dovrà essere contrastato con il complesso delle regole normative e giurisprudenziali che nei singoli ordinamenti nazionali presiedono alla determinazione del danno risarcibile e dei confini della responsabilità civile sia generale che nucleare. Il problema del rapporto tra il regime speciale della responsabilità nucleare di cui alle Convenzioni di Vienna e di Parigi con le normative interne in tema di responsabilità civile non è d’altra parte di scarso momento, giacché inciderebbe, ad esempio, sulla convenienza dell’adesione ai regimi internazionali, atteso che se è vero che questi ultimi non sono né esclusivi né esaustivi dei rimedi che possono essere esperiti per far valere le responsabilità relative ai danni verificatisi a seguito di un incidente nucleare, ciò significa che l’operatore potrebbe allora divenire destinatario di ulteriori azioni di risarcimento, istruite secondo le norme generali in materia di responsabilità civile, “decadendo” per ciò solo dal beneficio della limitazione nell’ammontare della responsabilità, del quale invece si avvantaggerebbe ancora ai sensi della Convenzione di Parigi (1982) e se del caso anche del diritto nazionale di recepimento della Convenzione di Vienna. D’altra parte ben potrebbe verificarsi il caso di una sovrapposizione di azioni richieste di risarcimento, quando la causa sia intentata

anche contro quei soggetti altrimenti esclusi dal giudizio di responsabilità in virtù del principio della canalizzazione. Tanto vale allora non aderire. Le circostanze appena riferite, poi, dal punto di vista degli Stati Uniti – la cui legislazione implementa un sistema per il risarcimento del danno nucleare esclusivo ed esaustivo – rappresenterebbero persino un deterrente all’adesione alle convenzioni internazionali. Ma al di là dell’incidenza sull’appeal delle convenzioni in parola, non occorre molto per evidenziare come un tale problema, in uno del resto con la questione della specificazione, per mezzo delle norme nazionali, delle categorie di danno ‘convenzionali’, potrebbe porsi all’origine di incertezze e discrasie, da stato a stato, nell’applicazione delle convenzioni medesime (circostanza che pure, indirettamente, riflettendosi sull’efficacia e l’efficienza delle soluzioni approntate dalle stesse, le renderebbe certamente meno “attraenti”, compromettendone il successo).

Le disposizioni delle convenzioni (quando ve ne sono) che regolerebbero la questione del rapporto tra il regime speciale di responsabilità nucleare e le norme generali della responsabilità civile (o anche con quelle di altri regimi speciali di responsabilità) non sono in punto così decisive . A cominciare dalla Convenzione di Vienna - sulla portata delle cui disposizioni si erano appuntate le perplessità degli Stati Uniti -, essa invero, prima della revisione del 1997, conteneva una previsione di cui all’art. II. 6 secondo la quale “No person shall be liable for any loss or damage which is not nuclear damage pursuant to sub- paragraph (k) of paragraph 1 of Article I but which could have been included as such pursuant to subparagraph (k)(ii) of that paragraph”. La disposizione rinviava ad altra, ovvero a quella di cui all’art. I, par. 1, lett. (k) alinea i, che lasciava facoltà agli stati contraenti di decidere quali altre perdite o danni risultanti dalle proprietà radioattive di materiali presenti in un impianto potevano e dovevano considerarsi danni nucleari, sì che avrebbero potuto essere risarciti ai sensi della Convenzione medesima196.

Gli stati in questo modo, nel dare attuazione alla Convenzione, potevano determinare i presupposti al ricorrere dei quali “any other loss or damage” (diverso da loss of life, personal injury o loss or damage to property, di cui all’alinea i della lett. k del par. 1 dell’art. I) “arising or resulting (from the radioactive properties of nuclear fuel... radioactive product ...nuclear material ... in ... a nuclear installation)” potesse integrare la fattispecie del danno nucleare, restringendo o dilatando anche la sfera applicativa della Convenzione e la “misura” della responsabilità dell’esercente. La determinazione della forma,

196 È appena il caso di precisare che queste disposizioni continuano a trovare applicazione a tutti

gli stati parte della Convenzione di Vienna che tuttavia non hanno ratificato il Protocollo di emendamento del 1997. Pertanto, anche se l’esposizione che segue descrive le regole di cui alla Convenzione di Vienna del 1963 come se fossero oramai superate, e ciò in considerazione dell’entrata in vigore del Protocollo del 1997, tuttavia le stesse, come detto, hanno ancora piena valenza per i paesi che non hanno attuato le novità introdotte da tale Protocollo.

della natura e dell’estensione del risarcimento era lasciata al diritto della corte competente a decidere sulla relativa domanda nel rispetto della Convenzione (art. VIII); gli stati dunque potevano intervenire sul contenuto e sul contenente “danno nucleare”.

Qualora l’opzione così riconosciuta non fosse stata esercitata, tuttavia si sarebbe potuto verificare il caso di un danno che non era definibile come danno nucleare ai sensi della normativa interna, pur essendo conseguenza di un incidente nucleare (si fa sempre l’esempio del pretium doloris), che pertanto non era risarcibile secondo lo norme speciali in materia di responsabilità nucleare, ma il cui ristoro avrebbe potuto essere reclamato, invece, sulla base delle regole generali della responsabilità civile (esattamente come rilevato dal delegato statunitense in sede di negoziazione della Convenzione di Vienna).

A correggere il tiro, mettendo fuori quadro la possibilità di esperire un altro rimedio, e a sancire, pertanto, l’esclusività e l’esaustività del regime speciale, interveniva allora la norma di cui all’art. II. 6, secondo la quale nessuno poteva essere considerato responsabile (deve intendersi, oltre all’operatore e quindi in base alla Convenzione) per una perdita o un danno che, pur non essendo nucleare secondo la definizione accolta (dalla Convenzione e dalla legislazione nazionale di implementazione), avrebbe tuttavia potuto esserlo se e nella misura in cui la legislazione dello stato (più esattamente il diritto della corte competente) così avesse previsto in applicazione del par. 1, lett. (k) alinea ii. dell’art. I della Convenzione197.

Questa disposizione era dunque intesa a chiudere fuori dallo schema della risarcibilità sulla base della tort law ogni pregiudizio che, per ipotesi, il diritto nazionale non avesse qualificato come nucleare ma che avrebbe potuto essere considerato tale ex art. 1 par. 1 lett. k alinea ii (avrebbe potuto cioè essere definito come danno nucleare), facendolo refluire entro lo schema rimediale introdotto dalla Convenzione; di tal che se non si fosse data responsabilità

197 “No person shall be liable” (art. II.6) sta significare che nessuna altra persona diversa

dall’operatore (la norma infatti è riferita al principio di esclusività della responsabilità dell’operatore, cfr. The 1997 Vienna Convention on Civil Liability for Nuclear Damage and The 1997 Convention on Supplementary Compensation of Nuclear Damage, Explanatory Texts, IAEA International Law Series n. 3, 35, nota 101) avrebbe potuto essere ritenuta responsabile per un danno che pur non essendo nucleare avrebbe potuto essere considerato tale, se il diritto nazionale applicabile avesse così previsto, in ragione del fatto che tratta vasi di un danno “arising or resulnting.... (from radioactive properties .... of nuclear material ... in a nuclear installation), conseguente cioè ad una nuclear occurrence;e poiché solo l’operatore avrebbe potuto essere ritenuto responsabile per tale danno (in forza del principio di esclusività della sua responsabilità), e poiché, ancora, i profili della responsabilità dell’operatore per danno nucleare (o che avrebbe potuto essere considerato tale) sono governati dalla Convenzione, per il risarcimento di quel danno non si sarebbe potuto fare ricorso ad altri rimedi se non a quelli offerti dalla Convenzione stessa. D’altro canto una volta riconosciuta la natura nucleare del danno ed affermata per conseguenza la responsabilità dell’operatore e l’esclusività della disciplina applicabile, né l’operatore né altri soggetti avrebbero potuto essere ritenuti responsabili del danno nucleare o ritenuto tale sulla base della tort law. la disposizione di cui all’art. ii.6 poteva essere interpretata anche in tal senso.

(dell’operatore, esclusiva, oggettiva, eventualmente limitata) ai sensi della stessa, le corti competenti non avrebbero potuto applicare il diritto generale della responsabilità civile (o anche altri regimi speciali di responsabilità) ai fini della riparazione del danno de quo.

La Convenzione di Vienna sembrava pertanto disegnata in modo da introdurre un regime esclusivo ed esaustivo, atto a confinare i rimedi contro i danni derivanti dall’attività di un impianto nucleare a quelli resi disponibili dalla stessa198; ciò sebbene – occorre dire – la disposizione allo scopo posta (art. II.6) non fosse così decisiva ai fini dell’affermazione di tale esclusività. L’effettività di quest’ultima, infatti, era minata alla base dalla circostanza che la norma in questione postulava l’intervento interpretativo, e dunque necessariamente discrezionale (seppur vincolato ovviamente al principio di legittimità e, specie negli ordinamenti di common law, del precedente), della corte chiamata a decidere sul risarcimento, alla quale in definitiva spettava di valutare se il danno avrebbe potuto essere considerato danno nucleare oppure no. Se l’esito del giudizio della corte fosse stato negativo non si vede sulla base di quale altra