Per quel che riguarda il nostro paese ed in genere gli altri stati contraenti la Convenzione di Parigi, il regime della responsabilità civile nucleare trova, ad oggi, ancora fondamento nella versione di tale Convenzione consolidata con gli emendamenti adottati nel 1964 e nel 1982, nonché nella Convenzione di Bruxelles, supplementare a quella di Parigi, anch’essa emendata nel 1964 e nel 1982. A queste due Convenzioni, la prima elaborata in seno all’Agenzia per l’Energia Nucleare (AEN – NEA) dell’OCSE, la seconda anche, ma nata da un’iniziativa dell’Euratom, entrambe di portata regionale109, si contrappone la Convenzione di Vienna del 1963 sulla responsabilità civile per danno nucleare (di cui l’Italia non è contraente110), adottata sotto l’egida dell’AIEA – Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (una delle agenzie dell’ONU), di portata universale ed emendata nel 1997.
Pur con alcune differenze, che peraltro gli emendamenti adottati nel corso del tempo hanno contribuito in parte ad eliminare, le due Convenzioni di Vienna e di Parigi tracciano un regime internazionale della responsabilità civile nucleare basato su alcuni principi comuni che caratterizzano questa particolare figura di responsabilità.
La responsabilità civile per danno nucleare è una infatti responsabilità:
- oggettiva, e quindi svincolata dall’onere relativo alla prova della colpa, sicchè al danneggiato basterà provare l’esistenza del nesso eziologico tra il danno subito e l’evento che l’ha cagionato111;
- esclusiva e cioè ricadente esclusivamente sull’esercente (operator) nucleare in quanto canalizzata;
- assoluta, dal momento che l’esercente di un impianto nucleare è responsabile anche dei danni causati da un incidente nucleare che sia dovuto direttamente ad atti di conflitto armato, di ostilità, di guerra civile, di insurrezione o a cataclismi naturali di carattere eccezionale, salvo che il diritto interno dello stato contraente non preveda diversamente; è inoltre ridotta al minimo la possibilità di rivalsa contro altri soggetti cui l’incidente, quindi il danno, sia riconducibile112;
109 Al momento la convenzione di Parigi è essenzialmente un accordo europeo; difatti gli stati
non europei che pure sono membri dell’OCSE (ad esempio, Stati Uniti, Giappone, Canada, Corea del Sud), non ne sono parti; sulla regionalità delle Convenzioni di Parigi e Bruxelles si veda supra sub nota 50.
110 Mentre ha firmato il Protocollo di emendamento alla Convenzione di Vienna del 1997. 111 Sul punto si veda l’Exposé des motifs della Convenzione di Parigi pubblicato alla pagina web
http://www.nea.fr/html/law/nlparis_motif.html
112 Nella Convenzione di Vienna la natura assoluta della responsabilità dell’esercente è
espressamente statuita (art. IV “The liability of the operator for nuclear damage under this Convention shall be absolute”); non così nella Convenzione di Parigi, che tuttavia dopo la revisione del 2004 non accoglie più tra le cause di esonero dalla responsabilità i disastri naturali di carattere eccezionale, in questo anche uniformandosi dunque alla Convenzione di Vienna del 1997. Quanto alla rivalsa essa è concessa solo nel caso in cui sia contrattualmente pattuita
- limitata quanto all’ammontare del risarcimento che il titolare dell’impianto può esser richiesto di corrispondere, con una differenza importante, sotto questo specifico profilo, dal momento che mentre la Convenzione di Parigi, attualmente in vigore113 prevede un tetto massimo114, non così la Convenzione di Vienna, che, pur offrendo allo stato di installazione la facoltà di fissare un limite (massimo) alla responsabilità dell’operatore, prevede solo una soglia minima al di sotto della quale non è possibile scendere115. Va subito soggiunto però che il Protocollo del 2004 alla Convenzione di Parigi ha riconosciuto il principio della responsabilità illimitata dell’esercente nucleare, rimuovendo la previsione di un limite massimo, che tuttavia può essere stabilito per legge dallo stato di installazione, nel rispetto del limite minimo di cui sopra. Il primo effetto di tale innovazione è quello di consentire anche agli stati che adottino un regime di responsabilità illimitata di prendere parte alla Convenzione di Parigi sul risarcimento del danno nucleare116;
- limitata nel tempo: sia a tenore della Convenzione di Parigi che della Convenzione di Vienna, il diritto di richiedere il risarcimento si prescrive laddove la relativa azione non sia intrapresa entro un dato termine (di 10 anni, per la CP; 30 per le CV come rev., ma solo in caso di morte o di danni alla persona) dalla data in cui si è verificato l’incidente nucleare117;
ovvero solo contro la persona fisica che abbia dolosamente cagionato il danno (art, 6, lett. f) Conv. Parigi 1982 e 2004; art. X Conv. Vienna 1997).
113 Versione antecedente alla revisione del 2004. 114
Di 15 milioni di SDR. Tuttavia le parti contraenti, tenuto conto delle possibilità dell’operatore di ottenere una copertura assicurativa o altra garanzia finanziaria, possono stabilire con legge un ammontare (i.e. un limite massimo) superiore o inferiore ovvero, avuto riguardo alla natura dell’installazione nucleare o delle sostanze coinvolte ed alla probabili conseguenze di un incidente dagli stessi originante, possono stabilire un ammontare inferiore che tuttavia non potrà mai scendere al di sotto della soglia dei 5 milioni di SDR (art. 7).
115 Di 5 milioni di US dollari (art. 5), innalzata a 300 milioni di SDR dal Protocollo di emendamento alla Convenzione di Vienna del 1997, entrato in vigore il 4 ottobre 2003. Ai sensi dello stesso Protocollo lo stato di installazione, tenuto conto della natura della stessa e delle sostanze nucleari coinvolte e delle probabili conseguenze di un incidente che l’una e le altre possono provocare può fissare un limite minimo inferiore alla responsabilità dell’esercente, purché tale limite non scenda mai sotto la soglia dei 5 milioni di SDR e purché lo stato adotti le misure necessarie affinché siano allocati dei fondi pubblici che assicurino la copertura fino alla concorrenza della somma di 300 milioni di SDR (art. V della Convenzione, 7 del Protocollo).
116 Il protocollo tuttavia consente allo stato di installazione contraente la Convenzione di Parigi
di fissare un limite minimo inferiore per le installazioni a basso rischio , purché non siano superate le soglie minime di 70 milioni di Euro per dette installazioni e di 80 milioni di Euro per le attività di trasporto (art. H del Protocollo).
117 Il Protocollo di emendamento alla Convenzione di Vienna ha innalzato tale termine a trenta
anni dall’incidente in caso di morte o danni alla persona (il termine è invece rimasto di dieci per tutti gli altri danni) (art. 8 del Protocollo, art. VI della Convenzione. Stessa cosa dicasi per la Convenzione di Parigi come emendata dal Protocollo del 2004 (art. I del Protocollo, art. 8 della Convenzione). In presenza di determinate condizioni (esistenza di una copertura assicurativa o finanziaria per il risarcimento del danno dopo lo scadere del termine prescrizionale – art. VI CV, 8 Protocollo 1997; art. 8 CP, I Protocollo 2004). La Convenzione di Parigi prevede inoltre che la legge nazionale dello stato contraente possa stabilire un termine prescrizionale o decadenziale più breve ma comunque non inferiore ai due anni (tre a seguito della revisione del 2004) decorrente dal momento in cui il ricorrente ha avuto conoscenza o avrebbe dovuto avere
- limitata nello spazio: l’ambito di applicazione della Convenzione di Parigi, e dunque la sfera di operatività della responsabilità dell’esercente, incontrano un limite geografico. Ai sensi della Convenzione di Parigi, la responsabilità sussiste, infatti, solo con riferimento ad incidenti occorsi sul territorio di una parte contraente la Convenzione stessa ed ai danni sofferti su tale territorio (salvo che la legislazione dello stato contraente sul cui territorio si situa l’installazione dell’esercente responsabile – cd stato di installazione – non preveda diversamente, art. 2). A poco rileva la circostanza che le ferree conseguenze di tale regola siano state mitigate in virtù delle raccomandazioni dello Steering Committee della AEN (o NEA – Nuclear Energy Agency) del 1968 e del 1971. Queste due raccomandazioni, che peraltro non hanno natura vincolante per gli stati che ne sono destinatari, mantengono comunque inalterato il principio della risarcibilità del danno nucleare al ricorrere del fattore territoriale, inteso: a) sia “al negativo”: con la prima raccomandazione si esortavano gli stati contraenti a risarcire il danno subito in conseguenza di un incidente occorso in un “non territorio” quale è l‘alto mare, in un luogo, cioè, non appartenente a nessuno, né ad una parte contraente né ad uno stato terzo, così come doveva essere risarcito il danno ivi sofferto, fermo restando - così sembra doversi ritenere - che nel primo caso il danno non doveva essere stato subito sul territorio di uno stato non contraente, mentre nel secondo l’incidente non doveva essere accaduto sul territorio di uno stato non contraente (sicché, come è evidente, poco cambiava: la convenzione continuava, anche alla stregua della raccomandazione del 1968, a non trovare applicazione agli incidenti occorsi o ai danni sofferti sul territorio di uno stato non contraente), giacchè, diversamente opinando, non avrebbe avuto senso quanto poi ritenuto con la raccomandazione del 1971; b) sia ”al positivo”: con la seconda raccomandazione si invitavano gli stati a risarcire il danno che fosse stato subito sul territorio di uno stato contraente, laddove il territorio doveva essere inteso in senso ampio, sì da includere il danno sofferto in alto mare a bordo di una nave immatricolata in uno paese contraente, anche quando l’incidente fosse avvenuto sul territorio di uno stato non contraente118. Ad ogni modo, in tutti i casi suddetti, la risarcibilità del danno a norma delle Convenzione di Parigi scattava
conoscenza del danno. La Convenzione di Vienna, nella versione antecedente all’emendamento del 1997, conteneva una previsione analoga (con la differenza che il termine prescrizionale o decadenziale non poteva essere inferiore ai tre anni); il Protocollo di emendamento del 1997 ha modificato il testo della Convenzione prevedendo che in virtù della Convenzione stessa l’azione per il risarcimento è soggetta a prescrizione o decadenza, conformemente al diritto del tribunale competente, se non esercitata entro il termine di tre anni dal momento in cui il danneggiato ha avuto o avrebbe dovuto ragionevolmente avere conoscenza del danno.
118
Sulla territorialità della Convenzione di Parigi, cfr. O. von Busekist, A Bridge Between Two Conventions on Civil Liability fo Nuclear Damage: the Joint Protocol Relating to the Application of the Vienna Convention and the Paris Convention, International nuclear Law in the Post-Chernobyl Period, cit., 129 e ss.
purché l’impianto responsabile si fosse situato sul territorio di uno stato contraente119.
Per quel che riguarda la Convenzione di Vienna, la versione originale antecedente alla revisione del 1997 non conteneva, invero, alcuna specifica disposizione che ne definisse lo scopo geografico. Se ne accoglieva l’interpretazione alla stregua della quale la copertura territoriale poteva essere liberamente disposta o esclusa dalla normativa nazionale120. Ad ogni modo al fine di dirimere ogni dubbio circa l’estensione territoriale della Convenzione, all’atto dell’emendamento della stessa, intervenuto come detto nel 1997, è stata introdotta una disposizione in forza della quale essa trova espressamente applicazione ai danni nucleari ovunque sofferti, anche sul territorio (e nel mare territoriale) di uno stato non contraente, sempre e comunque se trattasi di uno stato non nucleare, ovvero se, trattandosi di uno stato nucleare, l’ordinamento di questo preveda benefici equivalenti su base di reciprocità, giacché altrimenti la legislazione dello stato di installazione può escludere la risarcibilità dei danni ivi sofferti (art. IA, CV, rev.). Non vi è alcun riferimento al luogo in cui l’incidente deve avvenire affinché la responsabilità sorga: può essere tanto sul territorio di uno stato contraente quanto in alto mare o sul territorio di uno stato non contraente, purché ovviamente l’installazione responsabile sia situata sul territorio di uno stato contraente parte (è evidente pertanto che i due casi testè menzionati possono verificarsi solo in ipotesi di trasporto). Ovunque l’incidente si verifichi, si applicheranno i limiti fissati ai sensi dei paragrafi 1 e 2 dell’art. V dallo stato di installazione dell’operatore responsabile; in altre parole, l’esercente l’impianto che ha dato origine all’incidente non potrà essere ritenuto responsabile oltre i limiti eventualmente stabiliti dal legislatore nazionale. Una disposizione analoga è contenuta ora anche nella Convenzione di Parigi come revisionata dal Protocollo del 2004, che tuttavia – come detto – non è ancora entrato in vigore (art. C Prot. 2004, art. 2 CP, rev.). Nel testo revisionato la CP trova applicazione anche al danno sofferto sul territorio di uno stato non contraente (nonché sul mare territoriale di quest’ultimo) ove ricorra una delle
119
Si fa notare come, conseguentemente, il caso sub b), del danno sofferto sul territorio di uno stato contraente per effetto di un incidente avvenuto sul territorio di uno stato non contraente, potesse in pratica verificarsi solo con riferimento all’ipotesi di trasporto di sostanze nucleari; ne deriva che l’estensione incoraggiata dalla raccomandazione del 1971 era tutto sommato un’ “estensione” dagli effetti piuttosto limitati. Il Beglio, la Danimarca e la Norvegia si sono adeguati alla raccomandazione del 1971. Questi due ultimi paesi, assieme alla Svezia e all’Olanda, hanno adottato una legislazione che copre anche i danni subiti sul territorio di uno stato contraente purchè derivanti da un incidente sviluppatosi sul territorio nazionale ed in goni caso il danno subito sul territorio di uno stato contraente è risarcito solo su base di reciprocità. La Germania applica la Convenzione di Parigi senza restrizioni territoriali. Francia, Italia e Regno Unito adottano normative di attuazione della Convenzione di Parigi che nulla dispongono in merito allo scopo territoriale della responsabilità dell’esercente nucleare. In argomento, O. von Busekist, A Bridge Between Two Conventions on Civil Liability fo Nuclear Damage: the Joint Protocol Relating to the Application of the Vienna Convention and the Paris Convention, International nuclear Law in the Post-Chernobyl Period, cit., 134.
seguenti condizioni: sia uno stato parte della Convenzione di Vienna e del Protocollo congiunto; oppure sia uno stato non nucleare (non abbia cioè installazioni nucleari sul proprio territorio o all’interno del mare territoriale); oppure si tratti di uno stato (non contraente né la CP né la CV ma) che disponga di una normativa in materia di responsabilità nucleare che garantisca benefici equivalenti a quelli previsti dalla Convenzione su base di reciprocità e che tale normativa sia basata sugli stessi principi che reggono il regime della responsabilità ai sensi della Convenzione, tra cui, ad esempio, la responsabilità oggettiva ed esclusiva dell’operatore. Nulla esclude che gli stati contraenti sul cui territorio sia situato l’impianto dell’operatore responsabile possano estendere, con legge, l’ambito di applicazione della Convenzione stessa121. Infine, sia a tenore della Convenzione di Parigi che della Convenzione di Vienna, l’esercente nucleare deve mantenere un’assicurazione o altra garanzia finanziaria per un ammontare corrispondente alla sua responsabilità che, come visto, nel caso della Convenzione di Vienna non può essere inferiore ad un determinato importo, mentre nel caso della Convenzione di Parigi, oltre a non poter essere inferiore ad un limite minimo, deve altresì essere contenuta in un limite massimo (è tuttavia salva la facoltà dello stato di installazione di stabilire con legge un ammontare superiore a quello previsto in Convenzione122).
In ogni caso, i due sistemi, di Parigi e di Vienna, accolgono il principio del coinvolgimento dello stato di installazione nel sistema del risarcimento del danno nucleare in ipotesi di “insufficienza” della copertura approntata dall’esercente. In particolare, alla stregua della Convenzione di Vienna, come emendata, lo Stato di installazione deve intervenire con la messa a disposizione di fondi pubblici almeno sino all’ammontare di 300 milioni di SDR nel caso in
121 La logica sottesa alle disposizioni di cui all’art. IA della Convenzione di Vienna, nel testo
emendato nel 1997, è in realtà diversa dalla logica interna alle disposizioni contenute nell’art. 2 della Convenzione di Parigi nel testo revisionato nel 2004. Queste ultime infatti non affermano la risarcibilità del danno nucleare ovunque sofferto, come invece fa la Convenzione di Vienna salvo poi concedere agli stati contraenti la facoltà di porre, con legge, delle eccezioni alla regola (art. IA, n. 2: However the legislation of the Installation State may exclude from the application of the Convention damage suffered – a. in the territory of a non-Contracting State; or b. in any maritime zones established by a non-Contracting State in accordance with the International law of the sea”), eccezioni che peraltro non possono essere prescritte in ogni caso, dal momento che non è consentito applicarle al caso degli stati non nucleari né al caso degli stati nucleari il cui ordinamento preveda una disciplina in punto di risarcimento del danno nucleare che assicuri alle vittime benefici analoghi a quelli assicurati dalla stessa Convenzione (art. IA, 3). La Convenzione di Parigi contiene disposizioni che individuano puntualmente la sfera geografica di operatività della stessa, che non coincide con “ovunque”; sono infatti espressamente individuati i “luoghi” in cui il danno deve essere sofferto perché il diritto al risarcimento sorga (cfr. art. 2,lett. a), alinea i), ii), iii), iv), CP rev. 2004). Si lascia poi la facoltà agli stati contraenti di estendere (non di restringere, come nel caso di Vienna) l’ambito di applicazione della Convenzione (art. 2, lett. b): “b) Nulla nel presente articolo pregiudica la facoltà di una Parte Contraente, sul cui territorio è situato l’impianto nucleare dell’esercente responsabile, di prevedere nella sua legislazione un campo di applicazione più ampio in relazione alla presente Convenzione”.
cui la copertura resa disponibile dall’esercente, che non può in ogni caso essere inferiore a 150 milioni di SDR, non raggiunga la soglia minima suddetta di 300 milioni di SDR (art. V, CV, rev.). Quanto al sistema Parigi, che di per sé, stante il testo della Convenzione attualmente in vigore, contempla un limite massimo addirittura inferiore alla soglia minima di cui alla Convenzione di Vienna, è la Convenzione di Bruxelles, come noto complementare alla prima, ad interpellare lo Stato di installazione, che interviene con i propri fondi allorché i mezzi dell’esercente non siano sufficienti a soddisfare le richieste di risarcimento, sino all’ammontare massimo di 175 milioni di SDR.
L’esigenza di adottare una convenzione a parte, che garantisse la messa a disposizione di risorse ulteriori rispetto a quelle rese disponibili dall’esercente, atte a far fronte alle richieste di risarcimento in caso di incidente nucleare di più severe dimensioni, si impose solo nel contesto del sistema della Convenzione di Parigi, in ragione, appunto, dell’apposizione di un limite massimo alla responsabilità dell’esercente che caratterizza tale sistema e lo differenzia, come visto, da quello di cui alla Convenzione di Vienna (che prescrive invece soltanto un limite al di sotto del quale non è possibile scendere, lasciando agli stati contraenti la facoltà di contenere la responsabilità dell’esercente entro un ammontare massimo stabilito con legge).
La Convenzione di Bruxelles, ratificata dagli stati contraenti la Convenzione di Parigi123, entrata in vigore nel 1974 ed emendata anch’essa da ultimo nel 2004124, si innesta dunque sul sistema di risarcimento del danno nucleare di cui alla Convenzione di Parigi come strumento ad esso supplementare, o complementare che dir si voglia, completandolo125. La Convenzione di Bruxelles, che al pari della convenzione principale ha un ambito di applicazione geograficamente limitato – riguardando soltanto i danni sofferti sul territorio di uno stato contraente ovvero in alto mare, quando detti danni siano causati da incidenti nucleari diversi da quelli occorsi interamente sul territorio di uno stato non contraente126-, stabilisce un meccanismo di compensazione del danno nucleare a tre livelli. Al 1° livello è l’esercente nucleare che, con la copertura
123 Fatta eccezione per Turchia, Grecia e Portogallo.
124 Nemmeno il Protocollo di emendamento alla Convenzione di Bruxelles del 2004 è stato
ratificato dall’Italia, né è entrato in vigore. Ad oggi l’hanno ratificato soltanto la Spagna (LEY 17/2007, de 4 de julio, por la que se modifica la Ley 54/1997, de 27 de noviembre, del Sector Eléctrico, para adaptarla a lo dispuesto en la Directiva 2003/54/CE, del Parlamento Europeo y del Consejo, de 26 de junio de 2003, sobre normas comunes para el mercado interior de la electricidad), la Svizzera (nel 2009), la Spagna (con Ley 17/2007) e la Francia (con Loi 2006 – 686).
125 La complementarietà tra le due Convenzioni si evidenzia che nella circostanza che
condizione perché uno stato possa divenire parte della Convenzione di Bruxelles è che sia già parte della Convenzione di Parigi. Inoltre la Convenzione di Bruxelles continuerà ad avere