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Il sistema della responsabilità civile nucleare alla ricerca di uniformità, tra territorialità ed aspirazione alla universalità.

Sebbene lo sviluppo della legislazione nel campo della sicurezza nucleare, così come i progressi della tecnica e della scienza, consentano di ridurre, via via sempre di più, i margini di probabilità che un incidente nucleare si verifichi, il rischio che un evento di tale natura si realizzi è ancora oggi inevitabilmente immanente. A ciò si aggiunga che la gestione del rischio nucleare (inteso come pericolo che si verifichi un evento tale da determinare un’esposizione alle radiazioni ionizzanti) presenta profili di particolare criticità, attese le caratteristiche del tutto peculiari di tale specie di rischio. E’ noto, infatti, come le radiazioni ionizzanti non conoscano confini di tempo e di spazio e come, di conseguenza, sia difficile (se non impossibile) non soltanto circoscrivere gli effetti dannosi potenzialmente derivanti da un incidente nucleare, ma anche determinarne a priori l’estensione e la misura. Tale “potenziale nocivo” associato agli usi pacifici dell’energia atomica ha suggerito l’idea dello sviluppo di una disciplina uniforme della responsabilità civile per il danno nucleare, mettendo in evidenza come essa dovesse “deviare” dalle tradizionali regole della responsabilità civile. Se da un lato, infatti, il carattere potenzialmente transfrontaliero degli effetti conseguenti ad un incidente atomico rendeva palese la necessità di armonizzare la normativa in tema di responsabilità, dall’altro, sembrava inevitabile (date le caratteristiche del rischio e del danno nucleare) che ciò dovesse avvenire modificando la figura tradizionale della responsabilità civile mediante la predisposizione di regole “speciali”.

L’esigenza primaria, all’origine dell’ideazione del regime internazionale della responsabilità civile nucleare, era quella di definire un set di norme atte a garantire il risarcimento alle vittime coinvolte in un eventuale incidente nucleare, ovunque queste si trovassero al momento del verificarsi dello stesso. Tale obiettivo poteva essere raggiunto attraverso la stipulazione di una convenzione internazionale e la promozione dell’adesione alla stessa da parte del più ampio numero di Stati possibile. Secondo l’impostazione originaria, infatti, solo la condivisione delle norme convenzionali avrebbe consentito ad uno stato di assicurare alle proprie eventuali vittime il diritto al risarcimento del danno conseguente ad un incidente accaduto sul territorio di un altro stato (contraente). La territorialità degli effetti e dei benefici della disciplina speciale, riguardata da questa angolazione, voleva costituire un incentivo all’adesione alle convenzioni internazionali. Ma l’aspirazione alla “universalità” del regime in tema di responsabilità civile nucleare era contraddetta dalle significative difformità che da paese a paese sussistevano in punto di sistemi, procedure e standards di sicurezza e che finivano per costituire un fattore disincentivante

alla stipula, in particolare, delle convenzioni di carattere supplementare (la Convenzione di Bruxelles) che prevedono che lo stato di installazione si faccia carico degli obblighi risarcitori cui l’operatore responsabile non riesca a fare fronte con i propri mezzi95 (v. infra). Questo ha fatto sì che in generale, come evidenziato, l’esperienza delle convenzioni internazionali si rivelasse in certa parte fallimentare. Ancora oggi molti dei più importanti paesi generatori di energia nucleare non vi aderiscono e, dato forse ancor più significativo, la maggioranza delle centrali nucleari ad oggi in esercizio nel mondo non sono “coperte” dai regimi della responsabilità e del risarcimento dalle medesime fissati96. Secondo l’AIEA (dati risalenti al giugno 2005), si contano 440 centrali nucleari in funzione in 30 diversi paesi nel mondo e altre 25 centrali in costruzione in quegli stessi paesi. Di queste 440 centrali in esercizio, 228 unità, vale a dire il 52% del totale, sono situate in paesi che non aderiscono ad alcuna delle convenzioni sulla responsabilità civile nucleare attualmente in vigore – il riferimento va a paesi quali il Canada, la Cina, l’India, il Giappone, la Corea e gli Stati Uniti97. Se a ciò si aggiunge che tra i paesi ora menzionati vi sono in pratica quelli più popolati al mondo, è agevole concludere che, ad oggi, meno della metà della popolazione mondiale può beneficiare delle garanzie e dei diritti nascenti dalle convenzioni internazionali in ipotesi di incidente nucleare98. Non è valso ad incoraggiare una più ampia adesione agli strumenti internazionali l’obiettivo che in tal modo sarebbe stato conseguito dell’abbattimento della “territorialità del danno”, la circostanza, cioè, che l’essere o meno parte di una delle convenzioni sulla responsabilità nucleare avrebbe significato, per lo stato che vi aderiva, garantire alle popolazioni abitanti sul proprio territorio il diritto ad un risarcimento in ipotesi di danno nucleare sofferto per effetto di un evento accidentale verificatosi nel territorio di un altro Stato contraente. Al contrario, si deve registrare una sorta di effetto deterrente connesso ad alcune scelte sottostanti le regole delineate dalle convenzioni in parola. Il riferimento va, in particolare, per quel che riguarda la Convenzione di Parigi, al criterio della responsabilità limitata dell’esercente che ha rappresentato un ostacolo all’adesione da parte di paesi come la Svizzera99 (che ha 5 reattori), il Giappone

95 Sul punto cfr. A. Gioia, Sviluppi recenti in tema di risarcimento dei danni derivanti da

incidenti nucleari, Riv. dir. internaz. 1998, 03, 605.

96

Cfr. Schwartz, Nuclear Civil Liability Regime in Non-Convention Countries, paper presentato all’International School of Nuclear Law (Sessione 2005), 3

97 Schwartz, ivi. I dati sono tratti dallo IAEA Power Reactor Information System (PRIS). 98 Ibidem.

99 La Svizzera solo di recente, nel marzo del 2009, ha ratificato la Convenzione di Parigi con i

suoi Protocolli aggiuntivi (ivi compreso quello del 2004) e la Convenzione di Bruxelles. Poiché la ratifica ha riguardato anche il Protocollo di emendamento nel senso che lo strumento di ratifica depositato dalla Svizzera si applica alla Convenzione di Parigi come emendate dai tre Protocolli la Convenzione di Parigi prenderà vigore all’interno dell’ordinamento nazionale elvetico solo nel momento in cui il Protocollo del 2004 entrerà esso stesso in vigore. La Svizzera, infatti, si è determinata alla condivisione del regime internazionale della responsabilità civile nucleare solo a seguito ed in ragione della adozione del Protocollo del 2004, che ha

(che ha 54 reattori), l’Austria (che fino al 1978 produceva energia da fonte nucleare100), ed ha fatto dubitare altri dell’opportunità di divenire parti della Convezioni: tra questi si ricordano la Svezia e la Germania. Quest’ultima in particolare, pur avendo aderito alla Convenzione di Parigi, nel 1985 ha tuttavia adottato una riforma della normativa nazionale in materia (Atomgesetz)101, eliminando la previsione di un limite massimo della responsabilità dell’esercente sulla base della considerazione del fatto che la stessa costituisse un inaccettabile sacrificio dell’interesse prevalente della tutela delle vittime di un incidente nucleare, tanto più ingiustificato in ragione della maturità allora già raggiunta dall’industria atomica che, dunque, non necessitava più di un “sussidio indiretto” come quello della limitazione della responsabilità per danno nucleare102. L’elisione del criterio della responsabilità limitata non ha tuttavia coinvolto il principio della limitazione della copertura assicurativa; la legge tedesca, infatti, individua la “porzione” di responsabilità che l’esercente è tenuto ad assicurare103, oltre la quale, tuttavia, questi risponde delle conseguenze del danno con tutti i propri beni.

rimosso dal sistema originario il principio della responsabilità limitata (nell’ammontare massimo) dell’operatore nucleare, riavvicinando detto regime ai criteri ed ai principi posti a fondamento della legislazione domestica svizzera in materia. A riguardo occorre infatti rammentare che prima dell’adesione alla Convenzione di Parigi, il risarcimento del danno nucleare era disciplinato dalla legge federale sulla responsabilità civile nucleare del 18 marzo 1983 (LRCN, Recueil sistématique du droit fédéral (RS) 732.44) emendato nel 1991, e dalle connesse Ordinanze di implementazione, adottate nello stesso anno (il testo del documento normativo, nella sua versione originale, è pubblicato nel Supplemento al n. 32 del Nuclear Law Bulletin del 1983, consultabile alla pagina web http://www.nea.fr/html/law/nlb/NLB-32- SUP.pdf) che prescriveva la responsabilità illimitata dell’esercente pur apponendo un limite alla copertura assicurativa della quale questi doveva dotarsi (secondo un sistema simile a quello invalso in Germania). Tale limite era stato mantenuto al fine di consentire all’operatore stesso di poter stipulare una polizza assicurativa o ottenere altra garanzia finanziaria, di potere, in altre parole, reperire sul mercato assicurativo i mezzi necessari per fare fronte all’obbligo di assicurarsi (in particolare, la legge prescriveva una copertura massima di 1 miliardo di franchi svizzeri – circa 660 milioni di euro – cui dovevano aggiungersi altri 100 milioni di franchi per coprire gli interessi e le spese legali). A seguito delle modifiche apportate alla Convenzione di Parigi nel 2004 la legge federale svizzera è stata sottoposta a revisione in vista della ratifica da parte della Svizzera alla “nuova” Convenzione cui la legislazione nazionale poteva essere ora riallacciata (sulla legislazione svizzera in materia di responsabilità civile nucleare e la revisione seguita all’adozione del Protocollo del 2004 si vedano R. Tami – S. Daina, Transposition into Swiss Law of the Paris Convention and the Brussels Supplementary Convention, as amended, NLB 74, 2004, 27-31).

100 Similmente a quanto è accaduto in Italia, anche in Austria la produzione di energia nucleare è

stata vietata con legge (Atomsperrgesetz, BGBl 1978/676) a seguito di un referendum.

101 Cfr. Gesetz über die friedliche Verwendung der Kernenergie und den Schutz gegen ihre .

Gefahren (Atomgesetz) del 23 dicembre 1959 (Bundesgesetzblatt 1959 I, 814), rev. nel 1976.

102 J. Schwartz, International Nuclear Third Party Liability Law: a response to Chernobyl,

International nuclear Law in the Post-Chernobyl Period, cit., 59. Per un commento alla riforma dell’Atomgestez del 1985 si veda A. Princigalli, La responsabilità illimitata dell’esercente nucleare nella novella tedesca del 1985, Riv. dir. civ., I, 1987, 53 e ss.

103 Anche il Protocollo del 2004, pur sancendo il principio della responsabilità illimitata,

consente agli stati contraenti di fissare un limite all’ammontare per il quale l’operatore deve assicurarsi (cfr. art. 10 lett. b) Conv. Parigi 2004).

La deroga così introdotta dalla Germania ad uno dei principi cardine del sistema della responsabilità civile nucleare di cui alla Convenzione di Parigi, stimolò all’epoca la riflessione attorno all’interpretazione che doveva essere data alle norme convenzionali, al fine di verificare se il caso della Germania, che allora era già parte contraente appunto, potesse comunque trovare legittimazione all’interno del sistema oppure no104, sollevando altresì interrogativi in merito

104 Per via della scelta di sopprimere il principio della limitazione della responsabilità la

Germania fu in un primo momento isolata all’interno del consesso degli stati contraenti la Convenzione di Parigi. V’è da dire che al tempo della firma della Convenzione, la Germania non aveva espresso alcuna riserva in merito all’applicazione del principio della responsabilità limitata. Le riserve formulate dal governo tedesco avevano riguardato la possibilità di stabilire, con legge interna, che altri soggetti diversi dall’operatore potessero essere considerati responsabili per il danno causato da un incidente nucleare a condizione che la copertura assicurativa o altra garanzia finanziaria ottenuta dall’operatore andasse a coprire anche il danno cagionato da tali soggetti (principio della canalizzazione economica, cfr. infra); di fissare un termine di decadenza dall’azione di risarcimento per danni conseguenti ad un incidente occorso in Germania superiore a dieci anni (superiore cioè al termine previsto dalla Convenzione) nel caso in cui misure siano state adottate al fine di assicurare e coprire la responsabilità dell’operatore anche con riferimento all’ipotesi di azioni intraprese dopo lo scadere del termine di dieci anni; di prevedere che l’operatore fosse ritenuto responsabile anche per il danno causato da un incidente nucleare dovuto direttamente ad atti di conflitto armato, ostilità guerra civile, insurrezione, disastri naturali di carattere eccezionale. Anche in considerazione di questo la decisione della Germania di passare ad un sistema di responsabilità illimitata fu accolta con sfavore in quanto sovvertiva l’impostazione alla base della Convenzione di Parigi. Ciò nondimeno, alle discussioni anche creative sull’argomento seguì l’accettazione dell’approccio adottato dalla Germania che fu di fatto tollerato alla stregua di “un fait accompli” che non avrebbe potuto in nessun caso essere modificato. La decisione politica che in tal modo permise alla Germania di conservare lo status di parte contraente la Convenzione di Parigi ebbe l’effetto di incrinare il dogma, sino a quel momento incontestato, della responsabilità limitata dell’operatore, schiudendo la porta all’ingresso di nuove soluzioni e di nuovi sviluppi che avrebbero poi condotto, circa vent’anni dopo, alle revisioni del 2004 (in argomento N. Pelzer, Presentation on the Occasion of the 50th Anniversary of the Nuclear Law Committee at the Colloquium on the Past, Present and Future of the Nuclear Law Committee, Paris, OECD Headquarters, Château de la Muette, 6 February 2007; sulla riforma del 1985 dell’Atomgesetz si veda A. Princigalli, La responsabilità illimitata dell’esercente nucleare nella novella tedesca del 1985, cit., 55-58). D’altra parte politica e legata a ragioni di opportunità era stata anche la scelta della limitazione: si doveva ammettere che la soluzione di fissare un limite massimo alla responsabilità dell’esercente era stata quella di contenere gli oneri risarcitori che avrebbero potuto conseguire ad un incidente nucleare (lo ricorda A. Princigalli, op. loc. cit., 56) e per agevolare la stipula delle polizze assicurative contro il rischio nucleare che la considerazione del verificarsi potenziale di incidenti di vaste dimensioni avrebbe potuto rendere difficile (cfr. Exposé des motifs del principio della limitazione consultabile alla pagina web http://www.nea.fr/html/law/nlparis_motif.html: qui si legge “In the absence of a limitation of liability, the risks could in the worst possible circumstances involve financial liabilities greater than any hitherto encountered and it would be very difficult for operators to find the necessary financial security to meet the risks”), specie di vaste dimensioni ove avessero trovato applicazione le regole tradizionali in materia di responsabilità civile (alla stregua delle quali la responsabilità è illimitata), tanto più in un contesto in cui non si aveva esperienza dell’attività nucleare, allora agli inizi, né dei rischi ad essa connessi, dinanzi alla dimensione potenziale dei quali incerte apparivano anche le prospettive di profitto. In particolare essa rappresentava la contropartita alla natura oggettiva ed esclusiva della responsabilità dell’operatore, criteri a loro volta selezionati allo scopo di realizzare un fine preciso, vale a dire quello di assicurare alle vittime di un incidente nucleare la garanzia di un risarcimento del danno eventualmente subito. Così del resto era avvenuto anche negli Stati Uniti dove si avvertiva la stessa esigenza di porre un argine alle responsabilità che in caso di incidente avrebbero potuto essere contestate sulla

alla compatibilità del nuovo regime tedesco con la Convenzione supplementare di Bruxelles, della quale pure la Germania era parte105.

Sennonché, anche un altro principio tipico del regime internazionale della responsabilità civile nucleare ha nel tempo rappresentato un freno all’ adesione agli strumenti internazionali vigenti in materia: ci si riferisce ora al criterio della canalizzazione della responsabilità sull’esercente ed alla conseguente esclusione dal giudizio sul risarcimento del danno di ogni altro soggetto che pure, direttamente o indirettamente, è coinvolto nell’esercizio delle attività nucleari oggetto delle convenzioni e che può dunque, nello svolgimento della attività che gli compete, porsi all’origine della causazione di un incidente nucleare. In particolare, la canalizzazione - che, come sarà chiarito più oltre, nelle Convenzioni di Vienna e Parigi è accolta sotto la specie della canalizzazione giuridica (legal channelling) che si differenzia dalla canalizzazione economica (economic channelling) – ha, almeno in una fase iniziale, impedito che sempre la Germania prendesse parte al sistema convenzionale. A riguardo si rammenta che la normativa tedesca in tema di responsabilità civile nucleare (Atomgesetz), adottata nel 1959, incorporava il principio della canalizzazione economica della responsabilità sull’operatore106,

base delle regole in materia di responsabilità civile vigenti nei singoli stati, ferma la realizzazione della finalità di protezione delle potenziali vittime: vale la pena ricordare quanto si legge nell’Atomic Energy Act statunitense, tra i Findings “In order to protect the public and to encourage the development of the atomic energy industry, in the interest of the general welfare and of the common defense and security, the United States may make funds available for a portion of the damages suffered by the public from nuclear incidents, and may limit the liability of those persons liable for such losses” (il principio della limitazione della responsabilità quale funzione della promozione dell’industria atomica negli anni ’50 era stato sottolineato anche dalla Corte Suprema degli Stati Uniti in Duke Power v. Carolina Environmental Study Group Inc. 438 U.S. 59 (1978)). Politica del diritto insomma, sì che non era possibile, laddove uno stato avesse inteso cambiare, come nel caso della Germania, le carte in tavola contrastarne la decisione con argomenti di dogmatica giuridica o di natura sistematica. Saltato il limite della responsabilità nell’ammontare massimo, la nuova frontiera da varcare potrebbe essere quella del superamento della “unità della giurisdizione”e della decisione, del principio, cioè, secondo il quale (ancora alla stregua della Convenzione di Parigi come emendata nel 2004, art. 13 lett. ha)) una sola corte è competente a decidere in merito alle richieste di risarcimento, al fine di evitare che l’instaurazione ed il conseguente sovrapporsi di giudizi pendenti in fori differenti possa portare alla pronuncia di condanne al risarcimento per importi che nel loro ammontare complessivo superano il limite massimo per il quale l’esercente è (ancora) responsabile (J. Schwartz, International Nuclear Third Party Liability Law, cit. 59). Così avviene già in Austria: quest’ultima, come accennato, non ha ratificato la Convenzione di Parigi; ha invece elaborato una normativa prettamente domestica in tema di risarcimento del danno nucleare accogliendo il principio della responsabilità illimitata dell’esercente e conseguentemente (coerentemente) quello del diritto del danneggiato di proporre azione di risarcimento dinanzi a corti appartenenti a diverse giurisdizioni (del luogo in cui il danno è stato sofferto o è sopravvenuto ovvero del luogo in cui l’incidente che l’ha causato si è verificato) (cfr. Atomhaftungsgesetz 1999. Art. 22).

105 R. Dussart Desart, The reform of the Paris Convention on Third Party Liability in the Field of

Nuclear Energy and of the Brussels Supplementary Convention – An Overview of the Main Features of the Modernisation of the two Conventions, cit., 227.

106 Poi trasformato in canalizzazione giuridica o legale allorché nel 1975 la Germania ratificò le

in modo del tutto analogo a quel che accadeva e tuttora accade negli Stati Uniti, dove la legge rilevante in materia, e cioè il Price-Anderson Act del 1957, implementa il criterio della economic channelling. Proprio gli Stati Uniti, difatti, restano a oggi tra i grandi assenti nell’assemblea degli stati parte dell’una o dell’altra convenzione di base. La canalizzazione ha avuto un effetto dissuasivo anche nei confronti dell’Austria, che oltre a condividere il principio della responsabilità illimitata ha rinunciato, appunto, a quello della concentrazione delle conseguenze del danno nucleare su di un unico soggetto107, in questo ponendosi all’avanguardia rispetto alle scelte comunque condivise sul punto nei vari ordinamenti che nel mondo contemplano una disciplina speciale in tema di responsabilità civile nucleare.

In questo panorama di adesioni e defezioni è d’altra parte interessante osservare come proprio quegli ordinamenti che, con i loro sistemi domestici, in origine costituirono l’esempio per l’elaborazione di un regime condiviso a livello internazionale per il risarcimento del danno derivante dall’impiego pacifico dell’energia nucleare, proponendo un modello che non solo in ragione del principio della responsabilità limitata si palesava come del tutto alternativo ed avente caratteristiche tali da distinguerlo dalla figura tradizionale di responsabilità e dai modelli rinvenienti in altri regimi speciali di responsabilità (cfr. infra), si siano mostrati nel tempo i meno disponibili all’idea di dismettere le proprie normative interne per seguire quel regime condiviso.

Sicché oggi due sembrano dover essere le vie parallele che occorre percorrere al fine di realizzare l’obiettivo unico della uniformazione (che per le ragioni che si sono dette, è auspicabile ma ancora in certa parte irrealizzato) delle regole in materia di responsabilità civile: da un lato è necessario predisporre modelli agili,

107 Il sistema austriaco è stato solo di recente riformato in tal senso. Nel gennaio del 1999 è

infatti entrata in vigore una nuova legge federale sulla responsabilità civile per i danni causati