Si è detto che la Convenzione di Bruxelles stabilisce un regime di compensazione del danno nucleare supplementare a quello di cui alla Convenzione di Parigi, prescrivendo l’intervento dello stato di installazione o di tutti gli stati contraenti la stessa Convenzione di Bruxelles nei casi in cui i fondi resi disponibili dall’esercente con assicurazione o altra garanzia finanziaria non siano sufficienti a soddisfare le richieste di risarcimento.
Poiché, dunque, le risorse approntate ai sensi della Convenzione di Bruxelles sono risorse pubbliche, si è ritenuto che le stesse dovessero essere destinate soltanto al risarcimento dei danni sofferti dalle vittime degli stati contraenti la Convenzione medesima (che sono poi tutti paesi contraenti la Convenzione di Parigi, atteso che per poter essere parte dell’una occorre essere parte dell’altra), e non anche al ristoro dei danni subiti dalle vittime sul territorio di uno stato
137 Per una overview sui regimi vigenti all’interno dei vari stati membri in tema di responsabilità
nucleare e per una constatazione dell’elevato grado di disomogeneità ancora esistente si veda Legal Study for the Accession of Euratom to The Paris Convention on Third Party Liability in the Field of Nuclear Energy, Final Report, Public Version European Commission, Legal Study for DG TREN, cit. 20 e ss.
138 Per una attenta e meticolosa analisi del Protocollo congiunto e dei suoi effetti sulla
uniformazione del regime internazionale in materia di responsabilità civile si rinvia a O. von Busekist, A Bridge Between Two Conventions on Civil Liability fo Nuclear Damage: the Joint Protocol Relating to the Application of the Vienna Convention and the Paris Convention, International nuclear Law in the Post-Chernobyl Period, cit., 129 e ss.
contraente la Convenzione di Vienna o più in generale, sul territorio di uno stato non contraente.
La logica testè descritta è stata conservata in occasione della revisione della Convenzione di Bruxelles con il Protocollo del 2004. All’inserimento, all’interno della Convenzione di Parigi, di disposizioni che hanno esteso lo scopo geografico di quest’ultima sino a racchiudere in esso i danni nucleari “ovunque sofferti” (pur nei limiti previsti dalla stessa Convenzione), non è corrisposta l’introduzione, nel testo della Convenzione di Bruxelles, di una previsione che andasse nello stesso senso. Lo scopo geografico della Convenzione complementare è stato sì rivisto, ma senza abbandonare l’aggancio alla “territorialità” del danno, che per essere risarcito deve essere stato subito “i) sul territorio di una Parte Contraente; o” quando ci si trovi per cielo o per mare “ii) nelle zone marittime situate al di là del mare territoriale di una Parte Contraente o al di sopra di tali zone, 1. a bordo di una nave, o da una nave che inalbera la bandiera di una Parte Contraente o a bordo di un aeronave, o da un aeronave immatricolata sul territorio di una Parte Contraente, oppure in o da un'isola artificiale, impianto o costruzione sotto la giurisdizione di una Parte Contraente oppure”, sempre nel caso di danni subiti nelle zone marittime ecc. ecc., “2. da un cittadino di una Parte Contraente, escluso” sia nel caso sub 1. che nel caso sub 2. “il danno subìto nel o sul mare territoriale di uno Stato non Contraente139; è altresì risarcibile il danno sofferto “… iii) nella zona economica
139 Sembra dunque incluso, nel caso sub 2., il danno subito dal cittadino di uno stato contraente a
bordo di una nave o di una aeronave immatricolata in uno Stato non contraente, purchè questa, tuttavia, non si trovi a navigare o a sorvolare il mare territoriale di uno stato non contraente (deve quindi trovarsi o nelle acque territoriali o negli spazi aerei sovrastanti di uno stato contraente ovvero in acque o in cieli internazionali). Per altro verso, è altresì incluso il danno da chiunque subito (non importa se trattasi o meno di un cittadino di uno stato contraente) a bordo di una nave o di un aereo immatricolato in uno stato contraente, purché la nave o l’aereo non si trovino, rispettivamente, a navigare o a sorvolare il mare territoriale di uno stato non contraente. Si direbbe, dunque, che quando sussiste un nesso di continuità fisica tra il danno ed il territorio di uno stato contraente (il territorio vero e proprio, la nave, l’aereo), la cittadinanza della vittima non ha alcun rilievo ai fini della risarcibilità del danno per mezzo delle risorse rese disponibili dallo stato di installazione; chiunque ha diritto al risarcimento. Diversamente, quando tale nesso non sussiste (nemmeno attraverso la finzione giuridica della nave o dell’aereo), la cittadinanza assume rilievo ai fini del risarcimento, assurgendo a criterio di collegamento tra la vittima ed il sistema, e dunque il territorio, al quale essa appartiene. Il diritto al risarcimento del danno, ai sensi della Convenzione di Bruxelles trova però sempre un limite nel “territorio dello stato non contraente”; questo infatti rappresenta sempre il confine dinanzi al quale la responsabilità dell’esercente si arresta. Sicchè il cittadino che abbia la sventura di subire un danno nucleare mentre si trova sul territorio o a bordo di una nave che naviga nelle acque territoriali di uno stato non contraente, solo a causa di tale accidentalità non avrà accesso alle risorse per il risarcimento dei danni messe a disposizione dello stato di installazione; ne avrà diritto se la nave si trova in alto mare o nelle acque territoriali di uno stato contraente, indipendentemente dalla nazionalità della nave stessa. La cittadinanza quindi come non ha rilevanza quando il danno sia subito sul territorio di una parte contraente ai fini della selezione di chi abbia o meno diritto al risarcimento (e ciò tanto nella Convenzione di Bruxelles, quanto in quella di Parigi, sia nella vers. 1982 che nella vers. 2004, quanto nella Convenzione sul risarcimento supplementare), allo stesso modo non ha alcun rilievo quando la vittima cittadino di uno stato parte si trovi al momento del danno
esclusiva di una Parte Contraente o nello spazio aereo sovrastante la zona stessa o sulla piattaforma continentale di una Parte Contraente, in connessione con lo sfruttamento o l’esplorazione delle risorse naturali di quella zona economica esclusiva o piattaforma continentale, a condizione che i tribunali della Parte Contraente siano competenti in base alla Convenzione di Parigi”. E’ scomparso invece il riferimento al luogo in cui l’incidente nucleare deve verificarsi al fine di fare scattare l’applicabilità della Convenzione di Bruxelles: non è più statuito, infatti, che la Convenzione si applica solo ai danni causati da incidenti nucleari diversi da quelli occorsi interamente sul territorio di uno stato non contraente.
Continua dunque a trovare riconoscimento il principio della territorialità del danno e la necessità che tale danno, per essere risarcibile, sia sofferto sul territorio di una parte contraente o sia a tale territorio riconducibile. Il riferimento va, in questa ultima ipotesi, non tanto al caso della nave o dell’aeromobile immatricolata/o sul territorio di uno stato contraente e che, secondo le regole del diritto internazionale, vengono considerati “come se” fossero territorio di uno stato; ma anche e soprattutto al caso del cittadino che abbia subito un danno in alto mare o negli spazi aerei sovrastanti140. E’ infatti nella Convenzione di Bruxelles che per la prima volta, all’interno del sistema del risarcimento del danno nucleare delineato dalle convenzioni internazionali, ci si imbatte nel criterio della cittadinanza (nel senso ad essa attribuito dalla stessa Convenzione di Bruxelles141) come criterio di selezione della vittima avente diritto al risarcimento.
sul territorio (non inteso come nave o aereo) di uno stato non parte, non costituendo, in dette circostanze, tale status titolo legittimante alla richiesta di risarcimento.
140 Si osserva che il criterio della cittadinanza come criterio discriminante ai fini della
individuazione del danno risarcibile ai sensi delle convenzioni internazionali in punto di responsabilità civile per danno nucleare è stato per la prima volta utilizzato nella Convenzione di Bruxelles, ove è stato mantenuto anche dopo la revisione del 2004, ed è stato adottato altresì, nel 1997, nella Convenzione sul risarcimento supplementare del danno nucleare (art. V, Convention on Supplementary Compensation of Nuclear Damage, per la quale si veda infra), che invero persegue uno scopo molto simile a quello della Convenzione di Bruxelles, vale a dire lo scopo di costituire un sistema supplementare ai sistemi di risarcimento del danno basati, come quelli internazionali di Parigi e di Vienna, ma anche come quello statunitense, interamente domestico, emergente dal Price Anderson Act, sulla responsabilità dell’esercente privato, alla stregua dei quali, dunque, si provvede al risarcimento del danno nucleare con mezzi privati che potrebbero risultare non sufficienti, specie nei casi di incidenti di maggiori dimensioni, con la conseguenza di richiedere di essere completati, appunto, da un sistema che preveda invece l’intervento pubblico, nell’ottica di assicurare una più efficace tutela delle vittime.
141 Ai sensi dell’art. 2 della CB, rev. 2004 “b) Ogni Firmatario o Governo aderente può, al
momento della firma della presente Convenzione o dell’adesione a quest’ultima, o al momento del deposito del suo strumento di ratifica, di accettazione o di approvazione, dichiarare che, ai fini dell'applicazione del paragrafo (a)(ii) 2 di cui sopra, le persone fisiche o alcune categorie fra queste persone, che in base alla legislazione nazionale sono considerate come residenti abituali sul suo territorio, sono assimilate ai propri cittadini”; inoltre “c)… cittadino di una Parte Contraente” include una Parte Contraente o qualsiasi sua suddivisione politica, o qualsiasi persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato, nonché qualsiasi ente pubblico o privato
Le Convenzioni di Parigi e di Vienna accolgono, genericamente, il principio del territorio, i.e. del luogo in cui ci si trova allorché si subisca il danno, indifferentemente da chi (cittadino o meno) sia a subirlo142. Una disposizione analoga a quella della Convenzione di Bruxelles, sopra richiamata, è invece rinvenibile all’interno della Convenzione sul risarcimento supplementare del danno nucleare (cfr. infra). Analogie e differenze che, ancora una volta, si spiegano alla luce delle finalità delle Convenzioni in parola e dei modelli dalle stesse adottati per il risarcimento del danno nucleare. Può darsi infatti che la stessa logica che ha condotto ad escludere dal campo di applicazione della Convenzione di Bruxelles i danni sofferti sul territorio degli stati non contraenti abbia orientato la scelta del criterio della cittadinanza come criterio di riconoscimento dell’avente diritto al risarcimento. Come nell’un caso si sono volute riservare al ristoro delle vittime degli stati contraenti le risorse rese disponibili dallo stato di installazione (i.e. lo stato contraente sul cui territorio si situa l’installazione responsabile) o ricavate dai contributi di tutti gli stati contraenti, in quanto risorse pubbliche, così, nel caso del cittadino di uno stato parte, è possibile che si sia ritenuto che la natura pubblica dei fondi messi a disposizione potesse dare al cittadino stesso il diritto al risarcimento, ovunque questi si collocasse nel momento in cui ha subito il danno, purché non sul territorio di uno stato non contraente né nelle acque territoriali di quest’ultimo o negli spazi aerei le medesime sovrastanti.
In realtà, proprio il criterio della cittadinanza e la sua assoluta cedevolezza dinanzi al limite costituito dal territorio (inteso come terra, mare, cielo143) dello stato non contraente, confermata dalla Convenzione di Bruxelles anche dopo la revisione del 2004, consentono di svolgere alcune riflessioni attorno alle ragioni dell’insuperabilità di tale limite, che sembrano attingere a motivazioni collegate sì, come detto, alla natura pubblica dei fondi destinati al risarcimento, ma in un senso che sembrerebbe poter essere meglio argomentato. Non basta infatti a decifrare il motivo di tale “insuperabilità” il fatto di dire che le risorse in questione sono pubbliche. Una tale argomentazione, se può servire ad interpretare la scelta di considerare risarcibile il danno subito dal cittadino quando si trovi in alto mare o in acque territoriali, pur se a bordo di una nave di uno stato non contraente, tanto per fare degli esempi, giacché - si potrebbe dire - il cittadino è anche un contribuente (partecipa, cioè, mediante il sistema di imposizione fiscale, alla collazione dei fondi che pubblici de quibus), non spiega
avente o meno una personalità giuridica, che siano stabiliti sul territorio di una Parte Contraente”.
142 La Convenzione di Parigi trova applicazione senza discriminazioni basate sulla nazionalità, il
domicilio o la residenza – art. 14, CP rev. 1982 -; parimenti, il risarcimento, i.e. la distribuzione delle risorse messe a disposizione del risarcimento del danno sotto la Convenzione di Bruxelles deve avvenire secondo criteri equi e cioè esattamente, senza alcuna discriminazione basata su nazionalità, residenza o domicilio delle vittime – art. 8, CB rev. 1982.
come mai la stessa scelta non possa essere estesa, come di fatto accade, anche al caso in cui il cittadino, vittima di un incidente nucleare, subisca il danno sul territorio (inteso come terra, acqua, cielo) di uno stato non contraente. Vi è invero all’origine di quella scelta una ragione che precede quella della natura pubblica dei fondi (e che forse è ancor più ovvia) che attiene alla natura delle convenzioni internazionali, le quali, come noto, sono frutto di precise scelte diplomatiche ed il risultato di attente misurazioni. In un contesto di questo tipo ci si deve chiedere, allora, cosa è ragionevole e giustificabile agli occhi degli stati contraenti, tanto poter essere stabilito all’interno di un accordo internazionale. Risponde a questo criterio di ragionevolezza il fatto che uno stato sia chiamato ad assumersi la responsabilità di quanto accade sul e nel proprio territorio. Parimenti, è ragionevole che tale responsabilità si estenda solo al territorio dello stato (essendo questo un’entità territoriale) e non oltre. Conseguentemente, è ragionevole e giustificato che, al contrario di quel che accade con le Convenzioni di Vienna e di Parigi, le cui norme sono destinate in ultima istanza agli operatori nucleari, in una convenzione come quella di Bruxelles – ove sono gli stati parte stessi ad assumersi l’impegno di provvedere al risarcimento del danno nucleare - lo stato non sia chiamato a rispondere del danno prodotto sul territorio di paesi non contraenti. Nei limiti appena delineati la Convenzione di Bruxelles – ma anche la Convenzione sul risarcimento supplementare del danno nucleare - fa dunque appello al senso di responsabilità dello stato di installazione. Quest’ultimo, al pari dell’esercente, viene chiamato a rispondere del rischio che immette nel territorio e a corrispondere il prezzo dei benefici che trae dal fatto di avvalersi dell’energia da fonte nucleare per il soddisfacimento dei propri bisogni, interessi, necessità. Resta così spiegato come mai il risarcimento sia assicurato a tutti coloro che subiscono il danno sul territorio dello stato, senza distinzione alcuna in base a cittadinanza, residenza o domicilio; così come resta spiegato come mai il medesimo trattamento non venga garantito anche a chi, ancorché cittadino, si trovi, al momento del danno, sul territorio di uno stato non contraente. Quando il danno si produce sul territorio di un paese non contraente, la sopportazione del rischio e delle sue conseguenze non trova più una contropartita nel soddisfacimento dei bisogni ed interessi della comunità per mezzo dei benefici tratti dall’energia nucleare. Oltre a questo, come rilevato, vi è anche il fatto che lo stato è chiamato a farsi carico solo del rischio che lo stesso consente che venga introdotto sul suo territorio, atteso che è unicamente di tale territorio che ha la responsabilità. La Convenzione di Bruxelles inoltre, sovrapponendosi al sistema di risarcimento di Parigi, rappresenta uno strumento di sostegno e garanzia delle vittime di un incidente nucleare attraverso il quale lo stato contraente rinsalda l’accettazione sociale del rischio nucleare all’interno del proprio territorio.
Sempre in ordine alla ratio delle scelte normative compendiate nella Convenzione di Bruxelles ed in quella per il risarcimento supplementare del
danno nucleare si potrebbe aggiungere altresì che ciò che legittimerebbe “l’insopportabilità” del danno prodotto sul territorio di uno stato non contraente sarebbe la circostanza di non aver risposto all’appello al “senso di responsabilità e di solidarietà” lanciato con il progetto di stipula della convenzione internazionale (nel caso, la Convenzione di Parigi in prima battuta e poi la Convenzione di Bruxelles, alla quale si può accedere solo quando si sia parte della prima) e di non aver contratto le stesse obbligazioni di cui si sono fatti carico gli stati contraenti. Questo però non spiega come mai non possa valere, anche nel caso del regime complementare della Convenzione di Bruxelles il principio della reciprocità e dei benefici equivalenti, che pure ha trovato riconoscimento tanto nella Convenzione di Vienna quanto nella nuova Convenzione di Parigi, fondando la risarcibilità del danno nucleare subito anche oltre i confini territoriali degli stati contraenti le stesse.
La logica di non voler estendere i benefici di cui alle convenzioni internazionali sul risarcimento del danno nucleare ai paesi che hanno scelto di non assumere gli stessi impegni presi dagli stati contraenti, ha invero orientato, sino alle riforme, anche le scelte operate con la Convenzione di Parigi.
Come si è avuto modo di rilevare, prima del 2004, la Convenzione di Parigi non trovava applicazione, per espressa previsione (art. 2), agli incidenti nucleari occorsi sul territorio di uno stato non contraente né ai danni sofferti su tale territorio. Bastava quindi che l’incidente avvenisse oltre i confini territoriali degli stati parte della Convenzione di Parigi per escludere tout court (salve le limitatissime eccezioni oggetto delle raccomandazioni dello Steering Committee della NEA del 1968 e del 1971144) l’applicabilità della stessa. D’altra parte, allorché un incidente si fosse verificato sul territorio di un paese contraente, comunque avrebbero avuto diritto al risarcimento soltanto coloro che avessero subito un danno sul quel territorio o sul territorio di un altro stato contraente. Né il Protocollo congiunto, pur riconoscendo una certa valenza al principio di reciprocità, è riuscito a realizzare un vero e proprio avanzamento in senso contrario, vale a dire nel senso di sganciare la risarcibilità del danno nucleare dalla circostanza di aver stipulato l’una o l’altra convenzione internazionale. In seguito tuttavia, con le riforme del 1997 e del 2004, tanto nel sistema di Parigi quanto (espressamente) in quello di Vienna si è giunti all’esito di considerare non più ammissibile che l’esercente declini ogni responsabilità con riferimento ai danni che siano stati subiti sul territorio di uno stato non nucleare, in relazione al quale perde qualunque senso il criterio dello status di paese contraente o meno, così come si è ritenuto dovesse essere risarcito il danno ovunque sofferto, indipendentemente dal luogo in cui l’incidente nucleare si fosse verificato. Ciò che ha reso possibile tale esito è stato proprio l’aver riconosciuto la valenza del principio della reciprocità e del beneficio equivalente, a prescindere dall’atto
formale di adesione all’una o all’altra convenzione internazionale. Tale riconoscimento ha consentito, nel caso della Convenzione di Parigi, di sancire la risarcibilità dei danni sofferti, oltre che sul territorio di uno stato contraente, anche sul territorio di un paese contraente la Convenzione di Vienna (ed il Protocollo congiunto, del quale anche lo stato dell’installazione responsabile deve essere parte contraente), nonché sul territorio di uno stato non contraente ma nel cui ordinamento si inscrive una disciplina, in punto di responsabilità civile per danno nucleare, che garantisce benefici equivalenti a quelli assicurati dalla Convenzione di Parigi e che è basata sugli stessi principi fissati dalla Convenzione medesima e dunque, inter alia, responsabilità oggettiva ed esclusiva dell’operatore, giurisdizione esclusiva della corte competente, parità di trattamento delle vittime. Quanto alla Convenzione di Vienna si è invece pervenuti al riconoscimento della responsabilità dell’operatore per i danni nucleari ovunque sofferti, fatte salve le esclusioni poste dalla legge nazionale dello stato di installazione, che tuttavia non possono mai riguardare i paesi che abbiano, appunto, adottato una disciplina in tema di risarcimento del danno nucleare che consente alle vittime di avvalersi di benefici equivalenti a quelli di cui alla Convenzione medesima.
Ma vi è di più. Come accennato con la revisione delle Convenzioni di Vienna e di Parigi si è infatti andati oltre la stessa reciprocità, stabilendo che l’esercente