Tutte le regioni italiane stanno lavorando per lo sviluppo e la sperimentazione di modelli innovativi per una gestione proattiva della cronicità sul territorio e una migliore presa in carico di questi pazienti. Tali modelli, ispirati ai principali della letteratura (ad es. CCM, CreG, ACG) sono più o meno strutturati nelle diverse regioni e si inseriscono nell’ambito dei processi di riorganizzazione delle reti assistenziali ed in particolare dell’area territoriale. Pur nella eterogeneità delle soluzioni regionali e locali, è possibile individuare alcuni elementi comuni:
La necessità di superare la frammentazione dell’assistenza sanitaria nel territorio.
L’adozione di modalità operative per favorire il passaggio da un’assistenza reattiva a un’assistenza proattiva da parte della medicina generale quale modalità operativa in cui le consuete attività cliniche ed assistenziali sono integrate e rafforzate da interventi programmati di follow-up sulla base del percorso previsto per una determinata patologia.
Una assistenza basata sulla popolazione, sulla stratificazione del rischio e su differenti livelli di intensità assistenziale, riprendendo anche le indicazioni sulla caratterizzazione delle cure che sono alla base dei flussi dell’assistenza territoriale e dell’assistenza socio-assistenziale.
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Il riconoscimento che l’assistenza primaria rappresenta il punto centrale (hub) dei processi assistenziali con forti collegamenti con il resto del sistema, con un ruolo cardine svolto dal distretto.
Una maggiore caratterizzazione e definizione delle funzioni delle diverse figure professionali, mediche e non, a partire dalla figura centrale del medico di medicina generale.
La possibilità di definire sedi fisiche di prossimità sul territorio per l’accesso e l’erogazione dei servizi sanitari, socio-sanitari e socio-assistenziali rivolti alla popolazione di pazienti cronici.
La presenza di sistemi informativi evoluti in grado di leggere i PDTA al fine di monitorare e valutare l’assistenza erogata al paziente cronico.
L’utilizzo di linee guida in grado di tener conto della comorbilità e della complessità assistenziale.
L’integrazione socio-sanitaria e i team multiprofessionali che puntano al miglioramento continuo, mediante l’integrazione tra MMG, infermieri, specialisti, altre professioni sanitarie e sociali in grado di prendersi carico di gruppi di popolazione e di garantire loro una continuità assistenziale integrata. L’investimento su autogestione e empowerment in modo da aiutare i pazienti e
le loro famiglie ad acquisire abilità e fiducia nella gestione della malattia, procurando gli strumenti necessari e valutando regolarmente i risultati e i problemi.
L’uniformità ed equità di assistenza ai cittadini.
La Gestione Integrata della Regione Piemonte. In Piemonte è stato realizzato a
partire dal 2008 un modello innovativo di management delle patologie croniche, di cui il diabete mellito è un esempio paradigmatico, che ha permesso il passaggio da una offerta passiva e non coordinata ad un sistema integrato, multiprofessionale e multidisciplinare, che veda il coinvolgimento attivo del paziente in prima persona, oltre a prevedere come elemento fondamentale lo scambio di informazioni tra tutti i professionisti coinvolti.
Tale modello definito “Gestione integrata del diabete mellito di tipo II” è nato all’interno del progetto IGEA, partito nel 2006, che prevede la definizione di una
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strategia complessiva di intervento che favorisca il miglioramento della qualità della cura per le persone con diabete, attraverso un modello di gestione integrata.
L’obiettivo del modello integrato è quello di ottimizzare i percorsi diagnostici e terapeutici mettendo al centro dell’organizzazione assistenziale il paziente affetto da diabete mellito. Tali percorsi si devono adattare a seconda delle esigenze e della situazione clinica del paziente e non viceversa. Il paziente, soggetto centrale ed integrato nel gruppo di lavoro assieme al suo MMG, al diabetologo e agli altri operatori coinvolti, deve poter vedere modificarsi ed adattarsi attorno a sé la composizione e gli obiettivi del gruppo di lavoro preposto alla sua assistenza: l’obiettivo è tenere il paziente al centro delle cure. Passo obbligato è quello di acquisire, attraverso un adeguato percorso formativo, la cultura e la capacità di lavorare in team, superando la tendenza ad operare in comparti separati. I nuovi modelli formativi del personale medico s’indirizzano sulle metodologie del lavoro in team, sulla raccolta di dati condivisibili, sull’identificazione degli indicatori e la verifica dei risultati attraverso l’audit. La costituzione di un gruppo di lavoro è finalizzata ad integrare le peculiarità dei professionisti incaricati per la cura del diabete con le necessità dei pazienti e delle loro famiglie all’interno di un programma condiviso di management della malattia diabetica. Il lavoro multidisciplinare è finalizzato a fornire alle persone affette da diabete mellito un trattamento continuativo per tutto l’arco della vita ed in ogni fase del ciclo vitale dell’individuo, di aiuto secondo le condizioni e le esigenze cliniche e psicologiche di ogni paziente ed aggressivo mirata all’ottenimento del miglior compenso e controllo clinico possibile. Gli obiettivi a breve e lungo termine debbono includere: miglioramento del controllo glicemico, intensificazione del follow-up secondo le linee guida condivise, riduzione del rischio per le complicanze, aumento del grado di soddisfazione e della qualità di vita del paziente, riduzione dei costi per il SSN.
La fase operativa ha visto l’avvio dopo la pubblicazione della Determinazione regionale n° 979 del 23 dicembre 2008 in cui si approva il “Protocollo operativo per la gestione integrata del diabete mellito tipo 2 dell’adulto in Piemonte” 49
. Sono stati inseriti tutti i pazienti con almeno 18 anni di età, affetti da diabete mellito tipo II, con l’esclusione dei casi di diabete secondario e di diabete gravidico. Il paziente viene inviato al Centro Diabetologico (CAD) per una valutazione complessiva, l’impostazione terapeutica e l’educazione strutturata alla gestione della terapia, e con la stesura di un piano di follow
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up condiviso con il MMG che prevede controlli clinici e laboratoristici presso lo studio del MMG (trimestrali) e visite di controllo presso il CAD (annuali o ogni 18 mesi). In caso di necessità o comunque se il MMG lo ritiene necessario può richiedere una consulenza al CAD usando dei codici di priorità concordati in una sorta di corsia preferenziale per i pazienti seguiti in Gestione Integrata.
Uno degli aspetti più innovativi del modello è l’introduzione del pay for performance, ossia il pagamento di incentivi legati al raggiungimento di standard qualitativi misurabili. Per ogni standard raggiunto viene assegnato un punteggio LAP (Livello Accettabile di Performance). È stato scelto un set di indicatori comuni per tutte le Asl della Regione e ogni Asl deve inviare i dati relativi a tali indicatori alla Regione stessa. Inizialmente l’accordo prevedeva che annualmente il MMG inviassero i dati relativi agli indicatori alla segreteria del proprio distretto per dimostrare l’attività svolta e monitorare il progetto e l’auspicato miglioramento dell’assistenza al paziente arruolato. Inoltre il referente dell’Equipe Territoriale ogni anno mandava i dati dell’Equipe Territoriale. Questi dati andavano a determinare gli incentivi a cui ha diritto il medico: una prima quota per ogni paziente arruolato per incentivare la presa in carico del paziente diabetico, una seconda quota al raggiungimento individuale del LAP e una terza quota al raggiungimento del LAP da parte dell’Equipe Territoriale di appartenenza incentivando la qualità e omogeneità dell’assistenza 50
.
Il modello piemontese di gestione integrata del diabete può essere esportato alla gestione di altre patologie croniche; richiede un passaggio dalla medicina di attesa a una medicina proattiva, multidisciplinare, multiprofessionale, con attenzione rivolta alla popolazione ed in cui il paziente riveste un ruolo centrale; permette ai professionisti di misurare la qualità dei propri interventi attraverso audit e misura degli indicatori di processo e di esito intermedio; introduce il meccanismo di riconoscimento economico legato alla prestazione erogata incentivando il singolo a una sempre più alta qualità ed al coinvolgimento dei colleghi.
I CReG della Regione Lombardia. Lo strumento implementato dalla Regione
Lombardia è il Chronic Related Group (CReG), una innovativa modalità di presa in carico dei pazienti che, a fronte della corresponsione anticipata di una quota predefinita di risorse deve garantire, senza soluzioni di continuità e cali di cure, tutti i servizi
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extraospedalieri necessari per una buona gestione clinico organizzativa delle patologie croniche 51.
Il CReG è un sistema di remunerazione innovativo, una sorta di DRG del territorio. Entrambi i sistemi si basano su tariffe forfettarie che rappresentano una sintesi predittiva del valore atteso del percorso di cura di specifiche categorie di pazienti definendone una classificazione in grado di raggruppare le casistiche omogenee sia dal punto di vista clinico che da quello del consumo di risorse. La differenza è che il DRG assegna la classe e la relativa tariffa sulla base di elaborazione delle prestazioni già erogate durante un singolo episodio di ricovero ospedaliero (criterio ex post) mentre per il CReG classe e relativa tariffa sono definite ex ante su un atteso di prestazioni da erogare ma non ancora erogate. Mentre il DRG riguarda i pazienti ospedalizzati e l’attività di ricovero al fine della cura, i CReG riguardano i pazienti cronici comprendendo tutti i servizi erogati sia territoriali che ospedalieri durante la presa in carico; per il DRG è la struttura ospedaliera erogatrice a essere remunerata mentre nel CReG è il gestore.
Il sistema CReG è un sistema di classificazione delle malattie croniche in categorie omogenee per assorbimento di risorse sanitarie, clinicamente significative, che tengono conto anche della multimorbidità. Ogni classe rappresenta la sintesi delle risorse necessarie a remunerare un organico percorso di cura, essenziale ad assicurare i bisogni fondamentali del cittadino affetto da patologia cronica.
Regione Lombardia dispone della Banca Dati Assistito (BDA), uno strumento che permette di individuare e classificare tutti i soggetti affetti da patologie croniche in quanto contiene lo storico di tutte le erogazioni di farmaci, indagini diagnostiche, visite specialistiche, ricoveri di ciascun cittadino lombardo. Essendo dati di erogazione sono correlati alla spesa reale. A partire dalla BDA è stato estrapolato il costo riferito alla specialistica e diagnostica ambulatoriale, alla farmaceutica e alla protesica minore, escludendo i costi dei ricoveri e dell’assistenza primaria. Sulla base di tali dati è stato costruito il costo medio di ciascuna associazione di patologie croniche: BPCO, scompenso cardiaco, diabete, ipertensione, cardiopatia ischemica, osteoporosi, patologie neuromuscolari a maggior livello di disabilità. Sono poi state previste diverse categorie tariffarie a seconda delle varie comorbilità. La prima classificazione risale al 2011 ma nel corso degli anni è stata revisionata periodicamente 52.
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Il razionale dell’applicazione di questo sistema di retribuzione all’approccio proattivo è che con la retribuzione di ogni step singolarmente (remunerazione a prestazione) c’è il rischio di frammentare la gestione del paziente. L’idea di sintetizzare in un’unica tariffa (remunerazione forfettaria) l’iter del paziente cronico è sinergica a un’idea di percorso di cura: viene assegnato un budget al gestore del percorso del paziente che permette un governo non solo economico del processo diagnostico-terapeutico e responsabilizza sia il gestore che il paziente e lo porta a direzionarsi verso una medicina proattiva e d’iniziativa. Il meccanismo costituisce un driver per far allineare i medici al nuovo modello assistenziale con l’obiettivo di seguire tutti i pazienti secondo PDTA validati o garantendo a tutti pacchetti di prestazioni predefinite.
Il modello migliora la presa in carico del paziente in quanto c’è un unico gestore del percorso, migliora la continuità delle cure, la compliance ai PDTA anche in caso di pluripatologia, l’appropriatezza delle prestazioni per la standardizzazione dei percorsi, comporta la personalizzazione delle cure. Inoltre migliora la previsione degli scenari di spesa in quanto ne responsabilizza il gestore al controllo, in modo da ridurre le prestazioni inappropriate e la variabilità dei consumi.
La vera innovazione del progetto è l’introduzione dell’ente gestore che è un Provider che può essere costituito da qualsiasi soggetto pubblico o privato come aggregazioni di medici, imprese private, ONLUS, ecc. In una prima fase si è cercato di riservare il ruolo di Provider ai medici di medicina generale, aprendolo alle altre categorie in caso questi non arrivassero a coprire tutta la popolazione delle aree di sperimentazione. La forma aggregativa di MMG più adatta a proporsi come Provider sembra essere la società cooperativa a responsabilità limitata. Il provider, che deve riferirsi a un bacino di almeno 200.000 abitanti, riceve dall’ASL le risorse economiche relative a farmaceutica, specialistica e protesica minore dei pazienti che assume in carico. A questi pazienti garantisce l’acquisto delle prestazioni secondo un Piano Assistenziale Individuale, oltre a un call center informativo attivo 24 ore al giorno 365 giorni l’anno, servizi di telemedicina, di first e second opinion per i medici, di informazione sanitaria, formazione, promemoria rivolti ai pazienti rispetto all’applicazione dei PDTA, richiami ai pazienti che risultino non complianti. Il Provider può concordare con ASL e erogatori le modalità di accesso ai servizi. Il paziente rimane assolutamente libero di rivolgersi per l’erogazione delle prestazioni ai soggetti accreditati di sua scelta. Chiunque assuma
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il ruolo di Provider non può svolgere la propria attività in assenza della collaborazione del MMG del paziente che dovrà verificare la classificazione del paziente nella giusta categoria CReG, sarà garante del PDTA, riceverà gli alert sulla compliance, oltre a mantenere invariati il rapporto di fiducia e la responsabilità clinica del paziente.
Per far si che il sistema venga applicato nel migliore dei modi, l’Asl ha a disposizione un attento sistema di controllo. Per prima cosa l’Asl ha come riferimento l’elenco delle prestazioni attese (EPA) su quel territorio per classe di CReG che si basa sulle prestazioni effettivamente erogate. Le Asl fanno una verifica di congruenza tra i Piani Assistenziali Individuali (PAI) emessi, i Percorsi Diagnostici Terapeutici (PDT) e gli EPA attesi e successivamente controlla le percentuali di aderenza dell’erogato ai PAI. Ci sono inoltre Tavoli di Monitoraggio che sono incontri periodici con le cooperative di MMG, durante i quali vengono discussi i dati e motivate le scelte.
Le Asl individuano i pazienti da reclutare. Le patologie interessate sono BPCO, scompenso cardiaco, diabete tipo I e tipo II, ipertensione e cardiopatia ischemica, osteoporosi, patologie neuromuscolari. Alla Asl devono essere poi comunicati per ogni singolo soggetto il tracciato degli eventi formalmente rappresentati attraverso una Scheda di Percorso territoriale.
Per quanto riguarda i risultati del progetto CReG, dai dati disponibili emerge tra gli assistiti gestiti in CReG rispetto agli altri pazienti cronici, una riduzione degli accessi in pronto soccorso e del tasso di ricovero, mentre si rileva un incremento di prestazioni farmacologiche e specialistiche. Questo significa una presa in carico migliore del paziente e probabilmente un reclutamento di pazienti che in precedenza non si curavano adeguatamente e forse una maggiore aderenza al percorso di cura.
Un’evoluzione del sistema di classificazione CReG è rappresentato dal “Poligono della Cronicità” che offre una prospettiva innovativa alla programmazione degli interventi per la cronicità, riconducibile a un approccio di Population Health Management e finaizzata a modulare l’erogazione dei servizi in base al livello di rischio e alle effettive necessità assistenziali di specifiche categorie di pazienti. Il Poligono della Cronicità rappresenta le malattie croniche secondo un modello evolutivo che tiene conto della progressione della malattia in termini di severità clinica e bisogni assistenziali.
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Ogni lato del poligono identifica le condizioni morbose a carattere cronico più rilevanti suddivise per branche specialistiche. Le tre aree colorate rappresentano una classificazione del bisogno su tre livelli crescenti di complessità assistenziale e cura e permettono una modalità di lettura unitaria dell’impegno economico-organizzativo richiesto.
Nell’area verde confluiscono le malattie croniche in stadio iniziale, non complicate, che richiedono solo supporto all’autocura, monitoraggio o interventi di promozione della salute e prevenzione; i bisogni di questi pazienti trovano risposta nell’ambito territoriale delle Cure Primarie attraverso una presa in carico proattiva.
L’area arancione riguarda malattie già complicate oppure casi con condizioni morbose concomitanti, che richiedono l’intervento dello specialista; sono pazienti con bisogni complessi che richiedono presa in carico e continuità delle cure attraverso il raccordo di professionisti del livello specialistico e territoriale.
L’area rossa è caratterizzata dalla necessità di forte integrazione tra assistenza sanitaria e sociosanitaria in quanto vi confluiscono condizioni morbose assimilabili per richieste assistenziali pur provenendo da branche diverse; sono pazienti fragili, non autosufficienti, che richiedono interventi da parte di più professionisti in diversi ambiti assistenziali e di cura.
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Da questa rappresentazione risulta evidente la necessità di adeguare le risposte sul piano clinico e organizzativo soprattutto a livello territoriale. La strategia regionale ha individuato la possibilità di affinare strumenti già in uso, come la Banca Dati Assistiti, per identificare i pazienti cronici, classificarli sulla base della severità clinica e del rischio di aggravamento, e orientare l’erogazione dei servizi alle effettive necessità assistenziali. Le proposte di riorganizzazione per la cronicità si basano sull’integrazione in rete dei servizi di presa in cura (Cooperative di MMG, Presidi Ospedalieri Territoriali, percorsi ospedalieri per i pazienti cronici, RSA aperta) che consenta di superare la frammentarietà e su strumenti indispensabili per modulare l’erogazione dei servizi nel territorio in base alle necessità assistenziali come PAI, Contact Center (centri di assistenza che facilitano con modalità proattive l’adesione al percorso di cura), remunerazione forfettaria 53.
Il sistema ACG della Regione Veneto. Un ulteriore esempio italiano riguarda la
Regione Veneto che ha scelto di adottare il sistema ACG (Adjusted Clinical Groups), un sistema di classificazione della popolazione per livello di complessità assistenziale, che si basa sulle combinazioni di diagnosi acute o croniche presenti nello stesso assistito, per le sue potenzialità di analisi della morbidità, e che permette un confronto tra popolazioni e l’individuazione di soggetti ad alto rischio (case-finding) grazie a modelli predittivi. Gli strumenti di case-finding infatti sono il punto di partenza per la medicina di iniziativa che deve essere diretta prioritariamente ai soggetti a rischio che sono individuati da un processo di screening. Una volta individuati tali soggetti possono essere sottoposti ad un intervento mirato a rimuovere o ridurre quei fattori di rischio che sono modificabili. Per il gruppo di soggetti a maggior rischio vengono applicati modelli di presa in carico integrata per rispondere alle esigenze di disease e care management del paziente con cronicità multiple. Questo modello, basato sulla partnership tra MMG, infermiere care manager e paziente/famiglia, sostiene il paziente con un sistema di cure organizzato, personalizzato e coordinato che usa l’ospedale come transitorio momento di cura, mentre sviluppa pienamente le sue competenze con la presa in carico multiprofessionale nella valorizzazione dell’autonomia funzionale e della vicinanza all’ambiente di cura domiciliare.
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Il sistema ACG, attualmente in uso in diverse nazioni del mondo tra cui Svezia, Germania, Regno Unito, Spagna, Israele, Canada, viene utilizzato anche per migliorare l’accuratezza e l’equità nel valutare la performance di diversi providers, per anticipare l’utilizzo futuro di risorse sanitarie e per determinare rimborsi più equi.
Il sistema ACG è uno strumento di aggiustamento per il case/mix (grouper) applicato a popolazioni/pazienti, sviluppato da medici e ricercatori della Johns Hopkins University. Il sistema, utilizzando dati provenienti dai flussi informativi aziendali, come ricoveri, farmaceutica, PS, esenzioni, psichiatria, specialistica, malattie rare, SI distrettuale, misura lo stato di salute di una popolazione classificando le diagnosi di malattia/multimorbilità e il consumo di risorse assistenziali in gruppi omogenei, assegnando ciascun individuo ad una singola categoria o gruppo ACG che rappresenta una misura relativa del consumo atteso di risorse sanitarie.
Punto di forza del sistema è la possibilità di fare una valutazione prognostica utile per capire quanto il paziente potrà in futuro impegnare il SSR in termini di assistenza, costi e carico assistenziale permettendo una corretta classificazione del paziente in categorie che avranno pesi diversi.
La presa in carico comprende la creazione di un piano di cura condiviso tra medico e infermiere e un piano d’azione comprensibile al paziente e al caregiver, la promozione dell’autogestione della malattia, monitoraggio mensile delle condizioni del paziente in modo proattivo, coordinamento delle iniziative di tutti gli attori coinvolti nella cura, educazione e supporto ai familiari.
Il sistema fornisce indicatori utili per valutare l’efficienza nel consumo di risorse, fornendo misure di performance degli erogatori aggiustate per il carico di malattia. Questo permette il confronto tra distretti, forme organizzate di MMG, MMG singoli, aziende USL. Si confronta la spesa osservata con la spesa attesa aggiustata per le categorie ACG, cioè tenendo conto della complessità della casistica trattata. Infatti se si