1
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA
DIPARTIMENTO DI RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE
NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva
TESI DI SPECIALIZZAZIONE:
La gestione territoriale delle patologie croniche. L’esperienza
della Zona Distretto Valle del Serchio.
Relatore:
Chiar.mo Prof. Gaetano Privitera
Correlatore:
Dott.ssa Michela Maielli
Candidata:
Dott.ssa Laura Puppa
2
3
INDICE
INTRODUZIONE………pag.4
CAPITOLO 1
LA GESTIONE DELLE PATOLOGIE CRONICHE…..………..pag.7 1.1 Prevenzione e promozione della salute………...pag. 10 1.2 Le Cure Primarie………...………..pag. 17 1.3 Il Chronic Care Model………...….pag. 21 1.4 Esempi di implementazione del CCM………..pag. 28
CAPITOLO 2 LA RIORGANIZZAZIONE DELL’ASSISTENZA………...pag. 35 2.1 Territorio e ospedale………...pag. 37 2.2 Strumenti………pag. 39 2.3 Esempi italiani………..pag. 50 CAPITOLO 3
L’ESPERIENZA DELLA ZONA DISTRETTO VALLE DEL SERCHIO………pag. 61 3.1 La Sanità d’Iniziativa in Toscana……….pag. 63 3.2 Il progetto regionale “Dalla Medicina d’Atteda alla Sanità d’Iniziativa…… ……… ………...pag. 77 3.3 Monitoraggio………pag. 92 3.4 Risultati regionali………pag. 98
CONCLUSIONI……….pag. 108
4
INTRODUZIONE
Il mondo della cronicità è un’area in progressiva crescita che comporta un notevole impegno di risorse, richiedendo continuità di assistenza per periodi di lunga durata e una forte integrazione dei servizi sanitari con quelli sociali. Negli ultimi anni l’aumento del numero dei malati cronici sta creando un’emergenza per i sistemi sanitari: cardiopatie, cancro, diabete, disturbi mentali, malattie respiratorie, dell’apparato digerente e del sistema osteoarticolare sono tra le cause più diffuse di sofferenza e morte. Il miglioramento delle condizioni sociosanitarie e l’aumento della sopravvivenza hanno portato progressivamente a una profonda modificazione degli scenari di cura in quanto, parallelamente all’invecchiamento della popolazione, si è avuto un progressivo incremento delle malattie ad andamento cronico, spesso presenti contemporaneamente nello stesso individuo.
Nell’anno 2012, nel mondo si sono verificate un totale di 56 milioni di morti di cui 38 milioni dovute alle malattie non trasmissibili; patologie cardiovascolari (46,2%), tumori (21,7%), patologie respiratorie croniche (10,7%) e diabete (4%) erano responsabili dell’82% di queste morti di cui circa tre quarti (28 milioni) sono avvenute nei paesi a basso e medio reddito 1.
Mentre il numero annuale di morti dovute a infezioni è in declino, il numero annuale totale di morti per patologie non trasmissibili tende ad aumentare. Si pensi che nel 2000 erano circa 31 milioni e, secondo le proiezioni dell’OMS, il numero totale annuo di decessi dovuti alle malattie non trasmissibili aumenterà fino a raggiungere i 52 milioni entro il 2030 2,3.
Per alleggerire questo carico l’OMS ha definito il “Piano d’Azione per la prevenzione e il controllo delle malattie non trasmissibili 2013-2020” 4, che fornisce a tutti gli Stati delle indicazioni per il raggiungimento di obiettivi volontari, incluso quello della riduzione relativa del 25% della mortalità precoce dovuta a malattie cardiovascolari, tumori, diabete e malattie respiratorie croniche entro il 2025. Il Piano sottolinea l’importanza dell’intervento di governi e amministrazioni per assicurare la prevenzione e il controllo delle malattie croniche, per far si che la popolazione raggiunga il livello più elevato possibile di salute, qualità di vita e produttività a ogni età e che tali malattie non costituiscano più un ostacolo al benessere e allo sviluppo socioeconomico. Tale
5
Piano propone un quadro che deve essere adattato da ogni Stato alla propria realtà in conformità con le normative nazionali e le situazioni specifiche.
Inoltre l’OMS ha promosso anche l’avvio di una joint action, chiamata CHRODIS-JA 5 , coordinata dalla Spagna e a cui l’Italia ha aderito, dedicata al contrasto delle malattie croniche e alla promozione dell’invecchiamento in salute nel corso della vita. L’obiettivo è quello di promuovere e facilitare un processo di scambio e trasferimento di buone pratiche tra i paesi per un’azione efficace contro le malattie croniche, con un focus specifico sulla promozione della salute e la prevenzione, sulla co-morbosità e il diabete. Il progetto prevede la realizzazione di una piattaforma web per lo scambio e la diffusione di informazioni per offrire a decisori, operatori sanitari, cittadini e ricercatori le informazioni più rilevanti sulle migliori prassi nelle malattie croniche concentrandosi principalmente su malattie cardiovascolari, ictus e diabete. L’avvio della joint action può rappresentare il primo passo per definire azioni comuni e coerenti per affrontare il tema della cronicità.
L’Italia è uno dei paesi più vecchi di Europa e del mondo con una quota di ultra 65enni sul totale della popolazione che, nel 2015, era pari al 21,7%. In un decennio l’indice di vecchiaia è passato da 138,1 anziani ogni 100 giovani tra 0-14 anni del 2005 a 157,7 del 2015 (+14,2%). Inoltre tale popolazione è destinata ancora ad aumentare: secondo le previsioni demografiche dell’Istat gli ultra65enni arriveranno al 32,6% nel 2065 e l’indice di vecchiaia aumenterà a 257,9 6
.
In tale assetto demografico risulta ampiamente probabile un incremento della prevalenza e dell’incidenza delle patologie croniche che risultano in aumento al crescere dell’età. Già nella classe 55-59 anni soffre di patologie cronico-degenerative il 51,5% della popolazione e la quota raggiunge l’85,2% negli ultra65enni. Ma considerando le fasce d’età più anziane aumenta anche la comorbidità che nel caso delle persone di 75 anni e più si attesta al 65,4% 6.
Anche la raccolta dei dati 2012-2013 di PASSI d’argento, sistema di sorveglianza sulla popolazione ultra65enne, rileva che, nel campione studiato, il 33% riferisce almeno una patologia cronica, il 19% due, l’8% tre, il 4% quattro e il 1% cinque o più. Si evidenzia che le patologie più frequenti sono le malattie cardiovascolari nel loro complesso, seguite dalle malattie respiratorie croniche, dal diabete, dai tumori, dall’insufficienza renale, dall’ictus, dalle malattie croniche di fegato. La presenza di 3 o più patologie
6
croniche sono presenti nel 13% della popolazione. Tale condizione è più frequente negli uomini e nell’età più avanzata.
Questo nuovo quadro che si è delineato fa si che la domanda di servizi sanitari per soggetti anziani con patologie croniche negli ultimi anni è diventata sempre più alta ed è cresciuto l’ammontare delle risorse sanitarie destinate a questa fascia di popolazione sia come spesa per i ricoveri ospedalieri che come spesa farmaceutica territoriale. Si calcola che la spesa pro-capite di un assistito di età >75 anni è di circa 12,5 volte superiore a quella di una persona appartenente alla fascia d’età 25-34 anni 7.
Ecco l’importanza che le politiche sanitarie siano rivolte al contenimento di tale problematica, da un lato tramite l’applicazione di interventi per la prevenzione delle malattie non trasmissibili già disponibili e dal buon rapporto costi-benefici, dall’altro tramite una efficiente gestione dei pazienti già affetti da tali patologie. Per far questo è necessaria una riorganizzazione dell’assistenza sanitaria che tenga conto dei nuovi bisogni che si sono venuti a creare nel nuovo assetto demografico.
7
CAPITOLO 1
LA GESTIONE DELLE PATOLOGIE CRONICHE
While the global disease burden has been shifting towards chronic conditions, health systems have not evolved to meet this changing demand. Care is fragmented, focused on acute and emergent symptoms, and often provided without the benefit of complete medical information. (World Health Organization, 2003)
Le malattie croniche sono definite come patologie di lunga durata, tendenzialmente quanto la vita del soggetto, con un decorso caratterizzato da periodi di remissione, in cui i sintomi migliorano o sono meglio tollerati, e periodi di riacutizzazione. Per queste loro caratteristiche richiedono un trattamento continuo che non conduce a guarigione ma può portare a un rallentamento della progressione della malattia, alla minimizzazione della sintomatologia, alla prevenzione della disabilità e a un miglioramento delle condizioni di vita grazie a una migliore convivenza con la malattia stessa. Tale trattamento può richiedere speciali forme di riabilitazione, impegna l’interessato ad osservare prescrizioni e ad apprendere un nuovo stile di vita.
L’OMS definisce le condizioni croniche come “un problema di salute che richiede un trattamento continuo durante un periodo di tempo da anni a decadi” 8
, facendo riferimento all’impegno di risorse, umane, gestionali ed economiche, in termini sia di costi diretti che indiretti, necessarie per il loro controllo. In questa definizione vengono comprese diverse patologie oltre le malattie croniche convenzionali che sono malattie cardiovascolari, diabete, asma. Si include HIV/AIDS, una patologia trasmissibile trasformata dai progressi della scienza da una patologia rapidamente progressiva in una patologia controllabile; ma anche disturbi mentali come depressione e schizofrenia, tumori.
Altri autori hanno dato differenti definizioni ma il tema comune è che queste condizioni richiedono una risposta complessa per un periodo di tempo prolungato che coinvolge azioni coordinate di un’ampia gamma di professionisti sanitari e l’accesso a sistemi di monitoraggio e a farmaci essenziali; tutto quanto necessario deve essere ben integrato in un sistema che promuove l’empowerment del paziente 9
8
Il paziente cui ci si riferisce è una persona, solitamente anziana, spesso affetta da più patologie croniche incidenti contemporaneamente, le cui esigenze assistenziali sono determinate non solo da fattori legati alle condizioni cliniche, ma anche da altri determinanti. La presenza di pluripatologie richiede l’intervento di diverse figure professionali con il rischio che i singoli professionisti intervengano in modo frammentario, focalizzando più l’intervento sul trattamento della malattia che sulla gestione del malato nella sua interezza, dando talvolta origine a soluzioni contrastanti, con possibili duplicazioni diagnostiche e terapeutiche che contribuiscono all’aumento della spesa sanitaria e rendono difficoltosa la partecipazione del paziente al processo di cura. Inoltre, la prescrizione di trattamenti farmacologici multipli, spesso di lunga durata e somministrati con schemi terapeutici complessi e di difficile gestione, può ridurre la compliance, aumentare il rischio di prescrizioni inappropriate, interazioni farmacologiche e reazioni avverse. Infine, questi pazienti hanno un rischio maggiore di outcome negativi, quali aumento della morbidità, aumentata frequenza e durata di ospedalizzazione, aumentato rischio di disabilità e non autosufficienza, peggiore qualità di vita e aumento della mortalità.
MALATTIE ACUTE MALATTIE CRONICHE Insorgenza improvvisa Insorgenza graduale nel tempo
Episodiche Continue
Eziopatogenesi specifica e ben identificabile
Eziopatogenesi multipla e non sempre identificabile
Cura specifica a intento risolutivo Cura continua, raramente risolutiva Spesso disponibile una specifica terapia
o trattamento
Terapia causale spesso non disponibile
La cura comporta il ripristino dello stato di salute
La restitutio ad integrum è impossibile e si persegue come obiettivo il miglioramento della qualità della vita
Assistenza sanitaria di breve durata Assistenza sanitaria a lungo termine (presa in carico del malato)
9
L’assistenza sanitaria, costruita attorno a un modello di cura per patologie acute, le cui caratteristiche sono molto diverse da quelle croniche (vedi tab. 1), non è adatta per soddisfare le esigenze di coloro che hanno problemi di salute cronici. Il risultato è che le patologie croniche spesso vengono mal controllate o non trattate finchè non si verificano complicanze gravi o problemi acuti. Anche quando vengono riconosciute o trattate c’è sempre un grande divario tra le linee guida e la pratica. Diversi studi dimostrano come solo piccole percentuali di pazienti ricevino la cura raccomandata 10,11. Le strategie per affrontare adeguatamente le malattie croniche quindi devono essere ben diverse da quelle attuate per le malattie acute. In risposta a questa sfida emergente, molti paesi hanno sperimentato nuovi modelli di assistenza sanitaria in grado di soddisfare le esigenze dei pazienti cronici. I nuovi modelli di cura trasformano l’approccio di tipo reattivo, tipico delle malattie acute, basato sul paradigma “dell’attesa” dell’evento su cui intervenire, ad un approccio di tipo proattivo, improntato al paradigma preventivo, mirato ad evitare o rinviare nel tempo la progressione della malattia, a promuovere l’empowerment del paziente (e della comunità) e la qualificazione del team assistenziale (sanitario e sociale). Applicare alla gestione delle malattie croniche il paradigma assistenziale delle malattie acute, significherebbe che il sistema si mobilita davvero solo quando il paziente cronico si aggrava, si scompensa, diventa finalmente un paziente acuto. Ciò comporterebbe rinunciare non solo alla prevenzione, alla rimozione dei fattori di rischio ma anche al trattamento adeguato della malattia cronica di base.
Con il termine “Sanità d’Iniziativa” si intende proprio un tipo di modello assistenziale proattivo di gestione delle malattie croniche che non aspetta che il cittadino si ammali o si aggravi (sanità di attesa o modello reattivo) ma “gli va incontro” prima dell’insorgenza o aggravamento delle patologie, garantendo quindi al paziente interventi adeguati e differenziati in rapporto al livello di rischio, puntando anche sulla prevenzione e sull’educazione. Il paradigma dell’iniziativa è quello che meglio si adatta alla gestione delle malattie croniche perché è caratterizzato da:
valutazione dei bisogni della comunità e attenzione ai determinanti di salute, propensione agli interventi di prevenzione, all’utilizzo di sistemi informativi e
alla costruzione di database, alle attività programmate e agli interventi proattivi,
10
coinvolgimento e motivazione degli utenti, attività di counselling individuale e di gruppo, interazione con le risorse della comunità 12.
1.1 PREVENZIONE E PROMOZIONE DELLA SALUTE
Prima di analizzare i modelli innovativi di gestione delle malattie croniche, non si può non fare un accenno alla prevenzione e alla promozione della salute.
Le malattie cronico-degenerative hanno in comune alcuni fattori di rischio legati, in gran parte, a comportamenti individuali non salutari modificabili ma fortemente condizionati dal contesto economico, sociale e ambientale in cui si vive e si lavora e sempre più facilitati dall’organizzazione e dal disegno urbano delle città, dall’automatizzazione, dai prezzi a volte più elevati degli alimenti più sani e dai condizionamenti del marketing. Fattori mondiali come la globalizzazione e l’urbanizzazione, associati all’invecchiamento della popolazione, interagiscono con determinanti sociali, culturali ed economici di salute (scolarità, abitazione, lavoro) nel predisporre gli individui a fattori comportamentali (uso di tabacco, errate abitudini alimentari, insufficiente attività fisica, consumo dannoso di alcol) in grado di determinare alterazioni metaboliche e biologiche (aumento della pressione arteriosa, sovrappeso e obesità, aumento della glicemia e dei grassi nel sangue) tali da scatenare nel tempo una patologia cronica.
Associata alla globalizzazione si sta diffondendo, ad esempio, la cosiddetta “transizione nutrizionale”, cioè il passaggio verso regimi alimentari ad alto contenuto energetico, fenomeno questo che viene favorito dal parallelo aumento, dal lato dell’offerta, di produzione, promozione e vendita di cibi pronti e di alimenti ricchi di grassi, sale e zucchero e dalla significativa riduzione, anche a causa dell’urbanizzazione, dei livelli di attività fisica nella popolazione.
Fumo di tabacco, abuso di alcol, alimentazione non corretta, inattività fisica sono comportamenti non salutari che si instaurano spesso già durante l’infanzia o durante l’adolescenza. Tali fattori di rischio, comuni a tutte le patologie croniche, sono responsabili del 60% della perdita di anni di vita in buona salute in Europa e in Italia per cui è evidente che la mancanza di azioni su di essi comporta un aumento di morti premature e di malattie evitabili.
11
Nel nostro paese, essi si distribuiscono con un significativo gradiente nord-sud con maggior prevalenza al sud e sono molto più diffusi tra le persone delle classi socio-economiche più basse, le quali hanno una mortalità e una morbosità molto maggiore rispetto a chi, socialmente ed economicamente, si trova in posizione più avvantaggiata. Il fumo costituisce uno dei principali fattori di rischio per lo sviluppo di patologie gravi e spesso mortali, come le patologie cardiovascolari, le BPCO e le neoplasie. Secondo i dati dello studio HBSC, realizzato in Italia su un campione di circa 70000 ragazzi nella fascia di età tra gli 11 e i 15 anni, si comincia a fumare sempre prima. Più del 20% dei ragazzi ha fumato la prima sigaretta prima dei 13 anni di età.
È in aumento, anche, il consumo di alcol da parte dei giovani, secondo modalità nuove e lontane dalla tradizione, come i consumi fuori pasto e in quantità non moderate, le ubriacature e il binge drinking che consiste nell’assunzione di quantità elevate di alcol in un’unica occasione. Secondo dati dell’Istituto Superiore di Sanità, tra i giovani di 11-25 anni, i consumi a rischio riguardano il 20.1% dei maschi e il 10.1% delle femmine. L’aumento è preoccupante soprattutto tra le donne più giovani.
Alimentazione non corretta e sedentarietà sono gli altri due importanti fattori di rischio modificabili. La rilevazione “OKKIO alla Salute” 2012 ha messo in luce la grande diffusione tra i bambini di abitudini alimentari che possono favorire l’aumento di peso, specie se concomitanti. In particolare, il 9% dei bambini salta la prima colazione e il 31% fa una colazione non adeguata, il 67% fa una merenda di metà mattina troppo abbondante e il 43% consuma abitualmente bevande zuccherate e/o gassate. Anche i valori dell’inattività fisica e dei comportamenti sedentari permangono elevati, con il 16% dei bambini che pratica sport per non più di un’ora a settimana, il 36% guarda la TV e/o gioca con i videogiochi per più di due ore al giorno e solo il 25% che si reca a scuola a piedi o in bicicletta.
Sempre i dati dell’HBSC indicano che sono frequenti, anche tra gli adolescenti, abitudini alimentari scorrette come saltare la prima colazione, consumare poca frutta o verdura, eccedere con le bevande zuccherate.
Il consumo eccessivo di sale è un altro comportamento errato essendo correlato all’insorgenza di gravi patologie dell’apparato cardiovascolare, quali l’infarto del miocardio e l’ictus, correlate all’ipertensione arteriosa ed essendo fattore predisponente per la malattia renale cronica. Nel nostro paese i dati più recenti indicano un consumo di
12
sale quotidiano pari a 11 grammi per i maschi e 9 per le donne con valori raccomandati dall’OMS pari a meno di 5 grammi.
Ci sono poi i cosiddetti fattori di rischio intermedi rappresentati da quelle condizioni che, pur non rappresentando ancora una patologia conclamata ed essendo asintomatiche o paucisintomatiche, vanno considerate patologiche, seppure ancora controllabili se diagnosticate e trattate in tempo. Questi comprendono ipercolesterolemia, ipertensione arteriosa, intolleranza ai carboidrati, sovrappeso/obesità. Tali condizioni spesso sono tra loro associate, fatto che di per sé rappresenta un fattore di moltiplicazione del rischio. Sovrappeso e obesità in particolare rappresentano una sfida rilevante per la sanità pubblica. Dai dati del sistema di sorveglianza Passi 2009-2012 emerge che due adulti su cinque (42%) sono in eccesso ponderale, con il 31% in sovrappeso e l’11% di obesi. Le regioni meridionali hanno una prevalenza del 28,7% rispetto a quelle del nord con prevalenza del 19,3%. L’eccesso ponderale è una condizione più diffusa negli adulti con basso titolo di studio e con maggiori difficoltà economiche e riguarda sia gli uomini sia le donne in qualsiasi fascia d’età.
Dato allarmante è il fenomeno dell’obesità in età pediatrica, fino a qualche decennio fa poco diffuso, in quanto evidenze scientifiche riconoscono all’obesità in età pre-adolescenziale e pre-adolescenziale una forte capacità predittiva dello stato di obesità in età adulta. Secondo i dati della sorveglianza “OKKIO alla salute” 2012, il 22.1% dei bambini di terza elementare è risultato in sovrappeso e il 10.2% in condizione di obesità. Dato confermato dallo studio HBSC 2010 per gli adolescenti in cui la prevalenza dei ragazzi sovrappeso/obesi è risultata del 25,6% nei maschi e del 12,3% nelle femmine di 15 anni.
L’ipertensione arteriosa è un fattore di rischio per l’ictus, l’infarto del miocardio, l’insufficienza cardiaca, gli aneurismi delle arterie, la malattia arteriosa periferica ed è una causa della malattia renale cronica. Secondo i dati Passi, nel periodo di rilevazione 2008-2011, la percentuale di coloro che riferiscono di aver ricevuto una diagnosi di ipertensione arteriosa è pari al 21%: il 76% degli ipertesi ha dichiarato di essere in trattamento farmacologico. La prevalenza dell’ipertensione è circa doppia nei diabetici rispetto alla popolazione generale: circa il 40% dei pazienti con diabete tipo 1 e circa il 60% di quelli con diabete tipo 2 sviluppano ipertensione nel corso della malattia.
13
Per quanto riguarda le dislipidemie, la percentuale di persone che riferiscono di aver ricevuto una diagnosi di ipercolesterolemia, nel periodo di rilevazione Passi 2008-2011, è pari al 24%. Di questi, il 29% ha dichiarato di essere in trattamento farmacologico. Le anomalie dei livelli sierici di lipidi predispongono all’aterosclerosi, alle malattie ischemiche del cuore e dei grossi vasi e sono presenti nei soggetti in sovrappeso/obesi. Per quanto attiene alle variazioni della glicemia, nei soggetti che presentano valori elevati, se non trattati con la dieta e con i farmaci, aumentano significativamente i danni da aterosclerosi. Infatti, i diabetici hanno una probabilità aumentata del 50%, rispetto alla popolazione normale, di sviluppare una cardiopatia ischemica. Un efficace controllo della glicemia è uno dei principali obiettivi della prevenzione sia del diabete mellito sia delle patologie cardio-cerebrovascolari e deve essere perseguito con un adeguato regime dietetico associato all’attività fisica finalizzata alla riduzione del sovrappeso.
Questo quadro, ottenuto dal Piano Nazionale Prevenzione 2014-2018 13, ci dimostra che c’è da lavorare tanto dal punto di vista della prevenzione. Il PNP viene predisposto dal Ministero della Salute ogni tre anni per definire strategie per il contrasto di questi fattori di rischio. Ogni regione lo recepisce e lo adatta alle proprie esigenze stilando un Piano Regionale Prevenzione.
L’approccio per il contrasto all’epidemia di malattie croniche deve comprendere strategie di popolazione (di comunità) e strategie sull’individuo. Le strategie di popolazione sono finalizzate a diffondere e facilitare la scelta di stili di vita corretti, per ridurre i fattori di rischio; qualora invece si fosse in presenza di soggetti con già fattori di rischio comportamentali o intermedi, allora si lavora sull’individuo diffondendo le tecniche del counselling motivazionale e indirizzando i soggetti verso offerte derivanti dai programmi di comunità o terapeutici specifici.
Le strategie di comunità sono programmi di promozione della salute. Il concetto di promozione della salute, formalizzato dall’OMS nel 1986 con la sottoscrizione della Carta di Ottawa 14, è un processo che consente alle persone di esercitare un maggior controllo sulla propria salute e di migliorarla, diventandone protagonisti e responsabili. Per far ciò è necessaria l’adozione di stili di vita e ambienti favorevoli alla salute della popolazione, finalizzati a creare le condizioni per rendere facile l’adozione di
14
comportamenti salutari, che adottino un approccio multi componente, per ciclo di vita o setting (scuole, ambienti di lavoro, comunità locali, servizio sanitario) e intersettoriale con il coinvolgimento (empowerment di comunità) di tutti i livelli interessati, dai responsabili politici, alle comunità locali. La collaborazione intersettoriale permette lo sviluppo di azioni sui determinanti di salute secondo modalità più efficaci, efficienti o sostenibili rispetto a quelle che potrebbero essere intraprese dal solo settore sanitario.
L’approccio life-course favorisce il mantenimento di un buono stato di salute lungo tutto il corso dell’esistenza. Ciò porta all’aumento dell’aspettativa di vita in buona salute e a un bonus in termini di longevità, fattori entrambi che possono produrre benefici importanti a livello economico, sociale e individuale. In questa logica si collocano le strategie volte a garantire un invecchiamento attivo e in buona salute 15: interventi per favorire la partecipazione sociale e la solidarietà tra le generazioni, soprattutto a fine di sostenere l’anziano fragile nel contesto in cui vive, per ridurre la progressione verso la non autonomia e l’isolamento sociale ma anche cessazione del fumo, aumento dell’attività fisica e miglioramento dei livelli di educazione, insieme a individuazione precoce e trattamento di diabete, ipertensione e riduzione dei livelli di obesità che possono essere in grado di contribuire anche alla prevenzione del decadimento delle funzioni cognitive dell’anziano.
Un altro approccio è quello per setting. Il setting è il luogo o il contesto sociale in cui le persone si impegnano in attività quotidiane in cui i fattori ambientali, organizzativi e personali interagiscono tra loro per influenzare la salute e il benessere. I setting possono essere utilizzati per promuovere la salute raggiungendo le persone che vi lavorano o che li utilizzano per avere accesso ai servizi. Ad esempio, poiché i comportamenti non salutari si instaurano spesso già durante l’infanzia e l’adolescenza, è importante il forte coinvolgimento del setting scolastico, che va considerato come luogo privilegiato per la promozione della salute nella popolazione giovanile.
Ci sono poi le strategie basate sull’individuo. La prevenzione dei fattori di rischio comportamentali e intermedi può essere perseguita mediante la loro diagnosi precoce, la modificazione degli stili di vita e l’attivazione di interventi trasversali, integrati con i percorsi di presa in carico, allo scopo di prevenire o ritardare l’insorgenza delle
15
complicanze più gravi. Anche per questi fattori l’obiettivo finale è quello di mantenere il più a lungo possibile una buona qualità di vita attraverso un invecchiamento attivo e in buona salute. È fondamentale l’identificazione precoce delle persone in condizioni di rischio aumentato per malattie croniche o che, in assenza di sintomatologia evidente, ne siano già affetti, tramite programmi di popolazione che prevedano la valutazione integrata del BMI, della glicemia e della pressione arteriosa, da indirizzare verso un’adeguata presa in carico sistemica in grado di potenziare le risorse personali per l’adozione consapevole di stili di vita corretti mediante l’offerta di interventi/programmi finalizzati alla riduzione del rischio o, quando necessario, all’attivazione di procedure e percorsi terapeutico-assistenziali.
In un momento in cui il numero dei cronici aumenta continuamente, aumenta l’attesa di vita, migliorano le sopravvivenze, aumentano i costi dell’assistenza, la prospettiva è impedire che le patologie insorgano e mantenere la popolazione in buona salute cioè investire e impegnarsi in prevenzione primaria.
Per far questo l’Europa ha messo in atto la “Gaining Health”: strategia europea di contrasto alle malattie croniche 16 recepita in Italia con il programma “Guadagnare Salute: rendere facili le scelte salutari”, approvato con DPCM del 4 maggio 2007 17 e basato sulla teoria della “Health in All Policies”, cioè la salute frutto di azioni intersettoriali per il miglioramento delle condizioni sociali e dell’ambiente di vita e di lavoro.
“Guadagnare Salute” è un programma d’azione condiviso e coordinato per contrastare i quattro principali fattori di rischio di malattie croniche (fumo, alcol, sedentarietà, alimentazione scorretta). È una modalità innovativa di promozione della salute in quanto mette le persone al centro dell’agire e le rende partner attivi nella scelta se essere liberi da dipendenze e fattori di rischio che li affliggerebbero per lunghi anni.
I progetti specifici sono quattro: guadagnare salute rendendo più facile una dieta più salubre (alimentazione), guadagnare salute rendendo più facile muoversi e fare attività fisica (attività fisica), guadagnare salute rendendo più facile essere liberi dal fumo (lotta al fumo), guadagnare salute rendendo più facile evitare l’abuso di alcol (lotta all’abuso di alcol). Ogni programma è intersettoriale sviluppando sinergie per i cittadini e mettendo in atto azioni e politiche concrete per facilitare le scelte salutari e volte sia a
16
modificare i comportamenti individuali non salutari (alimentazione non corretta, sedentarietà, tabagismo, uso dannoso di alcol) sia a creare condizioni ambientali atte a favorire l’adozione di corretti stili di vita (ridefinire l’assetto urbanistico per favorire gli spostamenti a piedi o in bicicletta, migliorare l’offerta di alimenti sani, migliorare la qualità dell’aria, garantire ambienti di lavoro sicuri e sani) con un approccio di “salute in tutte le politiche”. Questo è stato possibile grazie alla collaborazione tra diversi settori mediante lo sviluppo di intese e accordi nazionali con soggetti non sanitari (scuola, agricoltura, trasporti, urbanizzazione, sport) per costruire una cultura condivisa in cui la salute diviene preoccupazione globale del paese e non solo del sistema sanitario, sviluppare azioni integrate sui fattori di rischio e sui loro determinanti, trasformare buone pratiche in interventi consolidati ed attivare nuove sinergie mettendo in rete sistemi, competenze, responsabilità in settori diversi per promuovere la salute dei cittadini.
Il programma prevede tre tipi di interventi comunicativi: i piani di comunicazione specifici per ogni intervento, una campagna informativa tresversale a tutti gli interventi, un programma specifico in collaborazione con la scuola attraverso iniziative per il target giovanile con l’obiettivo di fornire informazioni e identificare strategie per resistere alle pressioni sociali. Il programma trasversale è una campagna informativa per diffondere l’idea che esistono quattro rischi principali per la salute, che il cittadino è responsabile delle proprie scelte ma che i governi sono responsabili di creare un ambiente favorevole alle scelte per la salute. Si è visto come molti nemici della salute si possono prevenire non fumando, mangiando in modo sano ed equilibrato, non abusando dell’alcol e ricordando che l’organismo richiede movimento fisico. Il governo nazionale e quelli locali non possono condizionare le scelte individuali ma sono tenuti a rendere più facili le scelte salutari e meno facili le scelte nocive attraverso informazione che può aumentare la consapevolezza e azioni regolatorie per modificare l’ambiente di vita, con un approccio non solo agli aspetti sanitari ma anche alle implicazioni ambientali, sociali ed economiche, e prevederà la condivisione degli obiettivi da parte degli attori coinvolti.
Le iniziative di educazione alla salute dovrebbero essere affiancate da un sistema di sorveglianza sugli stili di vita, finalizzato a monitorare alcuni aspetti della salute dei
17
bambini e degli adolescenti scolarizzati. La sorveglianza di popolazione è uno strumento con un ruolo fondamentale in quanto capace di fornire dati affidabili sui problemi di salute, i loro determinanti, la percezione dei cittadini, la diffusione delle misure di prevenzione e di promozione della salute, e quindi di seguire nel tempo questi fenomeni monitorando i progressi e valutando i risultati raggiunti e quindi contribuiscono a definire e aggiornare le policy. Pertanto, insieme alla prevenzione e al trattamento delle malattie croniche, la sorveglianza è una funzione essenziale dei sistemi sanitari e come tale va espletata a tutti i livelli di governo.
Esempi di sistemi di sorveglianza specifici per età e stili di vita sono: Okkio alla salute, HBSC, Passi e Passi d’argento.
1.2 LE CURE PRIMARIE
Una volta constatato che il modello tradizionale di assistenza sanitaria, basato sull’attesa e focalizzato sull’assistenza alle patologie acute, non è in grado di affrontare con successo le sfide di una realtà in rapido cambiamento, la ricerca di strategie più efficaci e la riorganizzazione dei sevizi sanitari diventa essenziale.
Il setting delle Cure Primarie è quello più adatto per occuparsi di malattie croniche per cui per ottenere risultati decisamente migliori nella gestione di tali problematiche emergenti, è necessaria in primis una sua riorganizzazione.
“Lo status quo non è più sostenibile. Se noi vogliamo soddisfare i bisogni di salute dei nostri pazienti negli anni a venire, noi dobbiamo produrre un cambiamento radicale nella qualità dell’organizzazione e nell’erogazione dei nostri servizi”. Con queste parole si apre un documento dei medici di famiglia britannici intitolato “The future direction of general practice” del 2007 18.
Il sistema delle Cure Primarie per come è organizzato fornisce un accesso rapido ai pazienti con problemi di salute di tipo acuto: le visite sono brevi, si fa una diagnosi e si imposta il trattamento, si rimanda a indagini di laboratorio o strumentali, l’educazione al paziente è molto limitata, si programma il follow-up.
I pazienti con patologie croniche hanno necessità che non possono essere soddisfatte da questo tipo di organizzazione. Questi necessitano di visite regolari e programmate insieme ai loro care-givers con particolare attenzione alla prevenzione delle riacutizzazioni e delle complicanze. Queste visite devono includere la valutazione
18
sistematica, l’attenzione alle linee guida per il trattamento e l’educazione comportamentale al ruolo del paziente come self-manager 19. Il sistema delle Cure Primarie deve prendere in carico il paziente grazie a un team dove il medico e tutti gli operatori responsabili di fornirgli le cure siano a conoscenza della sua condizione e coinvolgano il paziente stesso nella gestione della propria malattia.
Le persone con patologie croniche e i loro caregiver devono essere al centro delle strategie e devono essere supportati da un sistema di Cure Primarie caratterizzato da tre cose fondamentali: put people first (mettere il paziente al centro), expect the best (ricercare il meglio), manage for results (gestire i risultati) 20. Le “nuove Cure Primarie” devono avere due caratteristiche fondamentali: essere centrate sui pazienti e essere basate su team multidisciplinari.
Caratteristiche come facile accessibilità, assistenza continua con visite che possono essere basate sulla persona in toto e non sulla singola malattia, visione di tutti i bisogni del paziente, instaurazione di un rapporto di fiducia con il paziente, rendono le Cure Primarie adeguate a supportare i malati cronici nel modo corretto. Le cure focalizzate sulla persona permettono di identificare precocemente le condizioni predisponenti per le malattie e di ridurre il loro impatto, e, quando la malattia è già presente, permettono di ridurre la progressione verso complicanze più serie. La gestione unificata da parte del team rende la cura più efficace e sicura e meno soggetta a coinvolgere strategie conflittuali fatte da specialisti diversi orientati alla singola patologia 21.
19
Quando il sistema sanitario sarà integrato, con medici delle Cure Primarie che coordinano la continuità delle cure con specialità e servizi della comunità, sarà focalizzato sul paziente (o sul caregiver), fornirà servizi attraverso team multiprofessionali, si unirà ad altri settori sia sanitari che sociali, sarà responsabile dei risultati, il raggiungimento degli obiettivi sarà a portata di mano.
Questo tipo di sistema di Cure Primarie rispecchia quello definito, già nel 1978, nella Conferenza Internazionale sulla Primary Health Care (PHC) indetta dall’OMS a Alma Ata, capitale del Kazakhstan 22. Gli indirizzi dati si possono così sintetizzare:
L’attenzione all’equità deve rappresentare il cuore delle strategie sanitarie, sia per ragioni di principio che di sostenibilità.
Le decisioni che riguardano i servizi sanitari devono essere fatte con il coinvolgimento della comunità, sia per motivi di giustizia che al fine di garantire servizi appropriati e accettabili.
20
Le strategie sanitarie devono incorporare un approccio preventivo, accanto a quello curativo.
L’attenzione ai determinanti della salute richiede la promozione di strategie intersettoriali più ampie del tradizionale approccio bio-medico.
Il crescente divario tra risorse disponibili e bisogni della popolazione rinforza la necessità di adottare tecnologie appropriate.
Questi indirizzi non sono mai stati presi in considerazione, sia nei paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo. Si è sempre preferito un approccio ai problemi di salute pubblica verticale cioè basato sulle malattie piuttosto che orizzontale cioè basato sulle persone e la comunità. Sono stati vari i motivi per cui questo approccio non ha preso campo, sociali, economici, di contesto storico, ma come osserva De Maeseneer “The primary health care strategy failed, to a large extent, to take the clinicians on board” (la strategia della PHC fallì, in larga misura, nel convincere i medici) 23 nonostante i tentativi che furono fatti. Primo fra tutti un medico, Hunnu Vuori, responsabile del settore ricerca e sviluppo dell’OMS, presentò al congresso del Wonca (l’organizzazione mondiale dei medici di famiglia) le ragioni della PHC 24. Vuori sostenendo che la PHC doveva essere considerata una strategia per organizzare l’assistenza sanitaria ed insieme la filosofia che avrebbe dovuto permearla, sottolineò l’importanza di un cambio di paradigma: il passaggio dalla Primary Medical Care alla Primary Health Care (tab. 2).
21
Da Medical
Verso Health
Focus Malattia
Cura
Salute
Prevenzione, assistenza, cura Contenuti
Trattamento Problemi episodici Problemi specifici
Promozione della salute Continuità delle cure Assistenza globale Organizzazione
Specialisti
Medici che lavorano da soli
Medici di famiglia
Con il supporto di altro personale Costituzione in team
Responsabilità Settore sanitario autonomo
Dominanza delle professioni Ricezione passiva dei pazienti
Collaborazione intersettoriale Partecipazione comunitaria Auto-responsabilità
Tab. 2
Negli ultimi anni ci si è resi conto che il passaggio di paradigma da medical a health è essenziale e si è cercato di elaborare modelli innovativi che danno un ruolo fondamentale alle Cure Primarie. Questi modelli, che tendono a creare un paziente attivo attraverso un’autogestione supportata da un team multidisciplinare, sono diventati l’approccio preferito a livello internazionale per la cura delle persone con patologie croniche 20. Sta inoltre emergendo un consenso generale sul fatto che per migliorare l’assistenza a queste persone è necessario un approccio più ampio cioè è necessario cambiare il punto di vista dalla malattia alla persona e alla popolazione 25.
1.3 IL CHRONIC CARE MODEL
Il Chronic Care Model (CCM), capostipite dei modelli innovativi per le Cure Primarie dei pazienti cronici, elaborato dal Prof. Ed. Wagner, direttore del MacColl Institute for Helthcare Innovation, è frutto di una revisione della letteratura e delle evidenze scientifiche effettuata da un panel di esperti 26. Il risultato è una guida per lo sviluppo di una migliore gestione delle patologie croniche. Il modello è una soluzione
22
multidimensionale a un problema complesso attraverso il ripensamento della pratica clinica delle cure primarie.
Il modello identifica sei fondamentali elementi su cui agire per lo sviluppo di una buona assistenza per i pazienti cronici.
1. Community Resources and Policies. Per migliorare l’assistenza ai pazienti cronici le organizzazioni sanitarie devono stabilire solidi collegamenti con le risorse della comunità: gruppi di volontariato, gruppi di auto aiuto, centri per anziani autogestiti. Tali collegamenti sono utili soprattutto per quelle realtà con risorse limitate.
2. Health Care Organization. Una nuova gestione delle malattie croniche dovrebbe entrare a far parte delle priorità degli erogatori e dei finanziatori dell’assistenza sanitaria. Se ciò non avviene difficilmente saranno introdotte innovazioni nei processi assistenziali e ancora più difficilmente sarà premiata la qualità dell’assistenza.
3. Self Management Support. Nelle malattie croniche il paziente diventa il protagonista attivo dei processi assistenziali. La gestione di queste malattie può essere insegnata alla maggior parte dei pazienti e una parte rilevante della gestione (dieta, esercizio fisico, monitoraggio di pressione, glicemia, peso corporeo, uso dei farmaci) può essere trasferita sotto il loro diretto controllo. Il supporto all’auto-cura significa aiutare i pazienti e le loro famiglie ad acquisire abilità e fiducia nella gestione della
23
malattia, procurando gli strumenti necessari e valutando regolarmente risultati e problemi.
4. Delivery Sistem Design. La struttura del team assistenziale (medici di famiglia, infermieri, educatori) deve essere profondamente modificata, introducendo una chiara divisione del lavoro e separando l’assistenza ai pazienti acuti dalla gestione programmata ai pazienti cronici. I medici trattano i pazienti acuti, intervengono nei casi cronici difficili e complicati, e formano il personale del team. Il personale non medico è formato per supportare l’auto-cura dei pazienti, per svolgere alcune specifiche funzioni (test di laboratorio per pazienti diabetici, esame del piede, ecc) e assicurare la programmazione e lo svolgimento del follow-up dei pazienti. Le visite programmate sono uno degli aspetti più significativi del nuovo disegno organizzativo del team.
5. Decision Support. L’adozione di linee guida basate sull’evidenza forniscono al team gli standard per fornire un’assistenza ottimale ai pazienti cronici e dovrebbero essere introdotte nella pratica quotidiana. Le linee guida sono rinforzate da un’attività di sessioni di aggiornamento per tutti i componenti del team.
6. Clinical Information Systems. I sistemi informativi computerizzati svolgono tre importanti funzioni: come sistema di allerta che aiuta i team delle cure primarie ad attenersi alle linee guida, come feedback per i medici mostrando i loro livelli di performance nei confronti degli indicatori delle malattie croniche (livelli di emoglobina glicata, di lipidi), come registri di patologia per pianificare la cura individuale dei pazienti e per amministrare un’assistenza “population based”. I registri di patologia, caratteristica fondamentale del CCM, sono liste di tutti i pazienti con una determinata condizione cronica in carico a un team di Cure Primarie.
Queste sei componenti del CCM sono interdipendenti, costruite l’una sull’altra. Le risorse della comunità, per esempio, come le attività di una palestra, aiutano i pazienti ad acquisire abilità nell’autogestione. La divisione del lavoro all’interno del team favorisce lo sviluppo delle capacità di addestramento dei pazienti all’autocura da parte degli infermieri. L’adozione di linee guida non sarebbe attivabile senza un potente sistema informativo che funziona da allerta e da feedback dei dati.
24
L’obiettivo finale del CCM vede un paziente informato che interagisce con un team preparato e proattivo, con lo scopo di ottenere cure primarie di alta qualità, un utenza soddisfatta e miglioramenti nello stato di salute della popolazione.
Tale modello è stato adottato dall’OMS e largamente introdotto nelle strategie di intervento dei sistemi sanitari di diversi paesi, dal Canada all’Olanda, dalla Germania al Regno Unito, adattandolo ai vari contesti. In tutti i casi in cui il modello è stato implementato ha portato un miglioramento della cura del paziente. Una revisione della letteratura a dieci anni dall’introduzione del modello ha dimostrato la sua efficacia nel migliorare la qualità dell’assistenza e gli outcome di salute 27
.
Il CCM è un esempio di un approccio alle malattie croniche che combina strategie su più fronti. Questo modello è basato molto sulla clinica e non comprende strategie di prevenzione e promozione della salute per cui è emersa la necessità di compiere opportune variazioni per utilizzarlo anche in questi ambiti. Anzi il cambiamento sarà meno costoso e più efficace se la prevenzione e la gestione delle malattie croniche usano le stesse strategie 28.
Un gruppo di ricercatori canadesi ha proposto una versione allargata (Expanded) del CCM, dove gli aspetti clinici sono integrati da quelli di sanità pubblica, quali la prevenzione primaria collettiva e l’attenzione ai determinanti della salute; gli outcome non riguardano solo i pazienti ma le comunità e l’intera popolazione 29
.
La proposta di inserire all’interno delle Cure Primarie metodi e contenuti della sanità pubblica la ritroviamo in un documento dell’OMS intitolato “Primary health care as a strategy for achieving equitable care” 23. Le Cure Primarie che si propongono questo scopo sono dette “community-oriented” e sono caratterizzate da: identificazione dei bisogni di salute della comunità, implementazione di interventi sistematici con il coinvolgimento di specifici gruppi di popolazione, monitoraggio dell’impatto di tali interventi per verificare i risultati raggiunti. La community-oriented primary care in questo senso integra l’approccio verso l’individuo con quello verso la popolazione, combinando le abilità cliniche del medico di famiglia con l’epidemiologia, la medicina preventiva e la promozione della salute.
25
Un’efficace sistema di salute pubblica si indirizza sulle esigenze della comunità e sviluppa strategie per soddisfare tali esigenze, andando oltre lo “stabilire rapporti con le risorse comunitarie” come raccomandato dal CCM. La sua integrazione nei modelli di gestione delle malattie croniche, ampliando il CCM, permette non solo di ridurre l’onere delle malattie croniche stesse, ma anche di sostenere le persone e le comunità a rimanere sane.
L’Expanded CCM affronta l’esigenza di sviluppare la parte comunitaria del CCM e indirizza l’azione per affrontare i determinanti di salute che influenzano la salute dell’individuo e della comunità. La sua adozione porta a un cambiamento nella comprensione di come la cura dell’individuo si inserisce all’interno dei concetti di salute della popolazione.
Dalla rappresentazione grafica dell’Expanded CCM si possono dedurre le modifiche poste al CCM. Il bordo netto del grande ovale interno nella rappresentazione del CCM, che rappresenta il sistema sanitario, viene sostituito con un bordo poroso come rappresentazione grafica del flusso di idee, risorse e persone che deve esserci tra comunità e sistema sanitario. Una seconda area di cambiamento riguarda il posizionamento delle quattro aree di intervento: sostegno all’autogestione, supporto alle decisioni, progettazione del sistema di erogazione e sistema informativo. Questi quattro
26
cerchi vengono messi a cavallo del bordo poroso, tra sistema sanitario e comunità, in quanto le quattro componenti che rappresentano possono avere un impatto su entrambi gli ambiti.
Per fondere gli obiettivi della Carta di Ottawa di Promozione della Salute (sviluppare le abilità personali, riorientare i servizi sanitari, costruire una politica pubblica per la salute, creare ambienti favorevoli e rafforzare l’azione della comunità) con il CCM, due delle aree a cavallo sono state ridefinite (self management/develop personal skills e delivery sistem design/re-oriented health services) e ulteriori aree sono state aggiunte nella parte della comunità (build healthy public policy, create supportive enviroments, strenghten community action). Questa integrazione influenza anche la metà inferiore del modello dove si vede che i suoi risultati riguardano l’ambito comunitario.
In questo modo gli elementi dell’Expanded CCM risultano sette:
1. Self Management/Develop Personal Skills: tale area si riferisce al supporto all’autogestione nel far fronte a una malattia ma anche allo sviluppo di competenze personali per la salute e il benessere in un’ottica di promozione della salute della popolazione. Questo viene fatto fornendo informazioni e migliorando le competenze degli individui aumentando le opzioni disponibili per le persone di esercitare maggior controllo sulla loro salute. Tale modalità comprende ma va oltre ai tradizionali messaggi di educazione sanitaria, come quelli che si occupano di fumo, alimentazione e attività fisica, comunque importanti ma spesso con un impatto limitato sui comportamenti a lungo termine.
2. Delivery Sistem Design/Re-Oriented Health Services: nella promozione della salute, riorientare i servizi sanitari consiste nell’incoraggiare il settore sanitario ad andare oltre l’erogazione dei servizi clinici e di comprendere il supporto agli individui e alla comunità. Tale cambiamento significa riconoscere il collegamento tra salute e condizioni economiche, sociali, politiche e ambientali e sostenere che è la salute e non la malattia che deve essere sostenuta dal sistema sanitario. Il supporto da parte del sistema sanitario sia all’assistenza sanitaria che alla promozione della salute della popolazione implica una più stretta connessione con la comunità per creare adeguate condizioni di salute. Questo ruolo da leadership nella società può essere esercitato fornendo esempi di quello che può essere fatto per ottenere un ambiente sano o supportando le politiche di salute pubblica. Se gli operatori sanitari possono
27
essere riorientati a diventare sostenitori per la salute piuttosto che semplicemente parte del sistema di cura, possono diventare potenti alleati nella promozione della salute stessa.
3. Decision Support: il supporto alle decisioni di professionisti e non è utile sia nel trattare l’impatto della malattia che a prendere decisioni che supportano la salute e il benessere. Poiché questa attività nell’Expanded CCM è a cavallo tra sistema sanitario e comunità, ora comprende la raccolta di dati non solo sulla malattia e il trattamento ma anche sulle strategie per star bene e vivere in salute. All’interno dell’organizzazione sanitaria, il lavoro di un medico di medicina generale può essere accoppiato con uno specialista. Allo stesso modo, nella comunità, lo stesso medico di medicina generale può collaborare con un professionista della promozione della salute specializzato nella conoscenza delle buone pratiche per la comunità.
4. Information Systems: l’uso di sistemi di informazione è fondamentale per sostenere i processi di cambiamento. In informatica clinica, i sistemi informativi possono essere utilizzati per inserire i nuovi programmi, valutare quelli già stabiliti e supportare nuove modalità di lavoro. Tuttavia, l’informazione non è uno strumento meno potente nell’attivazione della comunità. Nella promozione della salute, come in altri settori del sistema sanitario, le informazioni sulla demografia e la salute della popolazione e gli andamenti culturali, sociali ed economici vengono combinate con le esigenze valutate dai gruppi della comunità. Entrambi i tipi di informazione sono considerati importanti nel pianificare programmi, politiche o altre iniziative che anticipano i problemi di salute prima che abbiano la possibilità di verificarsi. Attuare i principi e le strategie di promozione della salute richiede effettivamente una buona comprensione del contesto sociale ed economico entro il quale si sta lavorando.
5. Build Healthy Public Policy: lo sviluppo e l’attuazione di politiche volte a migliorare la salute della popolazione comporta lavorare verso una maggiore equità nella società e porta a garantire servizi e ambienti più sicuri e più salutari. Questo sistema combina approcci diversi ma complementari come legislazione, misure fiscali, tassazione e cambiamenti organizzativi. L’obiettivo è rendere la scelta più sana anche quella più facile non solo per i singoli individui ma anche per le aziende, le organizzazioni e i governi.
28
6. Create Supportive Enviroments: creare ambienti favorevoli implica lavorare per generare condizioni di vita e di lavoro che siano sicuri, stimolanti, gratificanti e divertenti, basandosi sulle evidenze che ne descrivono l’impatto sulla salute e la qualità della vita. Questo va oltre l’ovvia necessità di adottare misure per proteggere e sostenere la qualità dell’ambiente naturale ma include le strategie per promuovere le condizioni per livelli ottimali di salute in ambienti sociali e comunitari.
7. Strengthen Community Action: questa componente comporta di lavorare con i gruppi della comunità per stabilirne le priorità e realizzare gli obiettivi che ne migliorano la salute. L’empowerment della comunità è la chiave per questo processo. La promozione della salute mira a sostenere le persone a trovare i modi di gestire la salute della loro comunità. Il sistema sanitario e gli altri professionisti possono svolgere un ruolo importante nel mobilitare la comunità per promuovere la salute, grazie alla loro conoscenza dei determinanti di salute e dal loro potere come leader della società.
Nel CCM i risultati ideali si hanno dall’interazione tra un team preparato e propositivo e un paziente informato e attivo. Nell’Expanded CCM questo concetto è conservato e valorizzato. Il miglioramento della salute della popolazione deriva da interazioni positive e produttive tra le organizzazioni comunitarie e gli operatori sanitari, da una parte, e gli individui e i gruppi della comunità, dall’altra. I risultati devono comprendere sia i risultati di salute della popolazione che i singoli risultati funzionali e clinici. Inoltre, un approccio di salute della popolazione più ampio ci impone di considerare altre variabili come tassi di povertà, problemi di trasporto, sicurezza alimentare e un esame dei determinanti di salute.
C’è la necessità di rivedere le malattie croniche come un problema di salute pubblica e non come semplici malattie. Questa prospettiva riconosce le questioni di equità e di una migliore qualità di vita del paziente/comunità nel contesto di fattori più ampi che influenzano l’autogestione e la cura dei pazienti.
1.4 ESEMPI DI IMPLEMENTAZIONE DEL CCM
Si riportano alcuni esempi che permettono di vedere come ogni Paese abbia applicato il CCM implementando di più quelle componenti ritenute prevalenti. Tutti i modelli
29
assistenziali elaborati, pur privilegiando aspetti diversi, hanno in comune molti elementi:
Il passaggio da un’assistenza “reattiva” a un’assistenza “proattiva”.
Un’assistenza basata sulla popolazione, sulla stratificazione del rischio e su differenti livelli di intensità assistenziale.
Il riconoscimento che le cure primarie devono essere il punto centrale dei processi assistenziali con forti collegamenti con il resto del sistema.
L’erogazione di un’assistenza focalizzata sui bisogni individuali della persona, nel suo specifico contesto sociale.
La presenza di sistemi informativi evoluti. Poter far leva sulla partecipazione comunitaria.
Investire sull’autogestione dei pazienti e dei caregivers.
Disporre di linee guida in grado di tener conto della co-morbilità.
Basarsi su team multiprofessionali che puntano al miglioramento continuo.
Kaiser Permanente’s risk stratification model 30
. Kaiser Permanente, l’organizzazione assistenziale americana, ha integrato il modello di Ed. Wagner con una particolare attenzione alla stratificazione del rischio e una differenziazione delle strategie d’intervento in relazione ai differenti livelli di rischio.
L’approccio di population management rappresenta un caposaldo della letteratura sulle patologie croniche. La sua finalità è la differenziazione della popolazione affetta in sub-popolazioni (sub-target) in quanto nell’ambito di una stessa patologia cronica i pazienti possono avere caratteristiche cliniche molto diverse. Tali sub-target vengono identificati sulla base della complessità assistenziale in relazione allo stadio di sviluppo della malattia, dell’esistenza o meno di complicanze, di specifici fabbisogni legati a coesistenza di altre patologie, necessità di device, scarsa risposta alle terapie, ecc. Il processo di stratificazione deve tener conto non solo dei criteri clinici ma anche di tutti quei fattori individuali e socio-familiari che possono incidere sulla effettiva capacità del paziente di gestire la propria patologia.
Questa differenziazione risulta indispensabile nell’ambito della programmazione degli interventi assistenziali per definire le strategie più efficaci per singolo sub-target di
30
pazienti e personalizzare l’assistenza e il piano di cura, ma è anche efficacia e efficienza attraverso la riduzione degli interventi inappropriati.
Il modello adottato da Kaiser Permanente è un esempio di modello di stratificazione dei bisogni assistenziali. Il cosiddetto “triangolo di population management” differenzia la popolazione con patologia cronica in sottogruppi sulla base dello stadio di sviluppo della stessa, definendo una percentuale di prevalenza media per tali sottoclassi. Quindi i percorsi assistenziali e le figure coinvolte devono essere differenziati a seconda dei differenti bisogni dei sottogruppi.
Il bisogno assistenziale viene stratificato su tre livelli:
Livello 1: bisogno di assistenza sanitaria relativamente basso per una condizione di cronicità facilmente controllabile fornito dal team di professionisti dell’assistenza primaria. La maggior parte della popolazione con una condizione cronica rientra in questa categoria. Molte persone con il giusto supporto possono imparare ad avere una partecipazione attiva prendendosi cura di loro stessi, convivendo e riuscendo a gestire la propria condizione.
Livello 2: bisogno di assistenza più complesso per condizioni cliniche non perfettamente compensate e stabili in cui necessita un supporto strutturato attraverso una gestione specifica della patologia. A questo livello un team multidisciplinare fornisce al paziente un’assistenza di elevata qualità, basata sulle evidenze. Questo significa una gestione proattiva dell’assistenza che segua protocolli approvati e percorsi per la gestione di specifiche patologie.
Livello 3: bisogni complessi e/o utilizzo intensivo di assistenza secondaria non pianificata che richiedono una gestione attiva attraverso un case manager. Nel momento in cui la popolazione sviluppa più di una condizione cronica (comorbidità), la loro presa in carico diventa sproporzionalmente più complessa e difficile da gestire per loro o per il sistema socio-sanitario. Questo richiede una gestione del singolo caso con un operatore chiave (spesso un infermiere) che gestisca attivamente e coordini l’assistenza. Questo è il target a maggiori costi, sia di salute che economici.
31
National Health Service Social Care and Chronic Disease Management Model. Il
Regno Unito ha adottato un approccio che riprende il CCM modificandone l’impatto grafico e integrandolo con il modello basato sulle necessità della popolazione sviluppato da Kaiser Permanente. Il modello spiega come le persone con malattie croniche devono essere riconosciute e devono ricevere cure in accordo alle loro necessità; come The Expert Patients Programme deve essere diffuso per promuovere l’autogestione; come infermieri specializzati supporteranno queste persone e come i team saranno incoraggiati a lavorare insieme ai pazienti e alle loro famiglie 31.
Le caratteristiche fondamentali del National Health Service Social Care and Chronic Disease Management Model 32 sono:
Usare un approccio sistematico che collega la salute, l’assistenza sociale, i pazienti e i loro caregivers.
32
Stratificare le persone in modo che possano ricevere le cure in base alle loro necessità.
Concentrarsi su utenti frequenti dei servizi di assistenza secondaria. Utilizzare le organizzazioni della comunità per fornire la gestione dei casi. Sviluppare modi per identificare le persone che possono diventare utenti con
elevati bisogni assistenziali.
Istituire team multidisciplinari nell’assistenza primaria, supportati da consulenze specialistiche.
Sviluppare sistemi di supporto all’autocura.
Diffondere il programma “Expert Patient” e altri programmi di self-management.
Utilizzare strumenti e tecniche già disponibili.
Patient Centered Medical Home. Il modello americano si basa sul fatto che la persona
ha un medico di riferimento che si fa carico dei suoi problemi di salute, garantendo il coordinamento, la continuità e la globalità degli interventi e che lavora all’interno di un team assistenziale interprofessionale che dispone di avanzati strumenti informativi; il
33
miglioramento della qualità del servizio e la sicurezza del paziente sono gli obiettivi chiave del team 33. Il modello, basandosi sul CCM, offre un miglioramento all’assistenza sanitaria degli Stati Uniti rafforzando e sostenendo soprattutto il rapporto medico-paziente. Il medico di riferimento può essere il medico di medicina generale ma nulla vieta che sia lo specialista per quei pazienti con particolari condizioni.
The American College of Physicians crede che il CCM possa essere applicato a tutte le condizioni cliniche e offre un quadro per la riorganizzazione del sistema di erogazione delle cure. Pertanto, il CCM viene considerato semplicemente come un “Care Model” sottolineando che il modello può essere utilizzato per tutti i pazienti e non solo per quelli con patologie croniche. Le componenti base del CM includono l’incoraggiamento del paziente a impegnarsi nella gestione della propria malattia fornendo loro risorse e competenze per ottenere un’assistenza adeguata; organizzare il sistema di cure in modo da assicurare la fornitura di un servizio efficiente ed efficace; introdurre gli strumenti a supporto delle decisioni nella pratica quotidiana; usare le tecnologie per il supporto all’educazione del paziente, pianificare le sue cure, coordinarle e monitorare le performance. Questo include l’uso delle risorse della comunità, collaboratori e organizzazioni che supportino il sistema sanitario e un’organizzazione delle cure per creare un’assistenza sicura e di alta qualità.
L’Advanced Medical Home si basa su una visione del sistema sanitario dalla prospettiva del paziente e della sua famiglia. La migliore qualità delle cure viene raggiunta non con le visite occasionali finalizzate alla malattia ma attraverso un rapporto continuo centrato sul paziente ma guidato da un medico di riferimento, economicamente efficiente. Fondamentale in questo modello è la promozione di rapporti di cura continui attraverso la fornitura delle cure in setting in base alle necessità dei pazienti e alle competenze del medico. I medici saranno i partner nel coordinare e facilitare le cure per aiutare i pazienti a muoversi nel complesso e spesso confuso sistema sanitario fornendo una guida e una consulenza in un linguaggio specifico alle esigenze del paziente.
Le caratteristiche chiave del modello sono:
Usare l’Evidenced Based Medicine come supporto alle decisioni basate sulle caratteristiche del paziente.
34
Organizzare la fornitura dei servizi di cura basandosi sui principi del CCM e sfruttare tali principi per fornire una maggiore assistenza a tutti i pazienti con o senza patologie croniche.
Creare un piano di cura integrato e coerente in accordo con il paziente e i suoi famigliari.
Fornire un più efficiente accesso alle cure non solo attraverso le visite di persona ma anche attraverso contatti telefonici mail o altri modelli di comunicazione. Identificare e misurare indicatori di qualità per dimostrare il miglioramento degli
indicatori dello stato di salute degli individui e degli andamenti della popolazione.
Adottare e implementare le tecnologie per promuovere salute sicurezza scambio di informazioni e un portale per l’accesso dei pazienti alle loro informazioni cliniche.
Utilizzare programmi che forniscono feedback sulle performance complessive delle cure e del suo medico.
35
CAPITOLO 2
LA RIORGANIZZAZIONE DELL’ASSISTENZA
Nothing about me, without me. (Delbanco 2001)
L’eterogeneità delle patologie croniche e la loro lunga storia naturale comportano esigenze differenti in pazienti con diverso grado di complessità, che hanno bisogno di prestazioni assistenziali e socio-sanitarie erogate in servizi diversi, di cui è indispensabile coordinare e integrare le attività in una visione di assistenza continuativa, multidimensionale, multidisciplinare e multilivello. Un’adeguata gestione della cronicità deve prevedere, infatti, la realizzazione di progetti di cura personalizzati a lungo termine, la razionalizzazione dell’uso delle risorse e il miglioramento della qualità di vita, prevenendo le disabilità e la non autosufficienza. Essa dovrà essere efficace, efficiente e centrata sui bisogni globali, non solo clinici, per una presa in carico complessiva del paziente.
L’Italia ha accolto l’invito dell’Unione Europea, che nel documento conclusivo del “Chronic Disease Summit”, tenutosi a Bruxelles nel 2014, identifica gli elementi chiave per una risposta complessiva contro le malattie croniche, ad avviare un processo di riflessione sulla questione per vedere come poter ottimizzare la risposta al problema. Il processo si è concluso con la predisposizione del Piano Nazionale della Cronicità 2016 34 che pone cinque grandi obiettivi per il management delle patologie croniche:
1. Assicurare collegamenti con disegni di prevenzione primaria e diagnosi precoce. 2. Ottenere e mantenere nel tempo un buon controllo della malattia.
3. Prevenire e curare le complicanze, le comorbidità e le disabilità.
4. Garantire la qualità di vita, anche attraverso modelli di welfare di comunità. 5. Ottimizzare l’uso delle risorse disponibili.
Secondo tale Piano, l’ottimale sarebbe andare verso un sistema che realizzi l’integrazione dei diversi attori, attraverso una progressiva transizione in un modello di rete, centrato sui bisogni della persona, in grado di applicare in modo omogeneo le conoscenze della Evidence Based Medicine, condividendole con gli assistiti che, adeguatamente informati ed educati, si muoveranno tra i principali nodi della rete a