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Anche la Regione Toscana, come le altre Regioni italiane, ha individuato un nuovo approccio organizzativo in grado di adeguare la capacità di risposta del sistema al mutamento del contesto epidemiologico, caratterizzato dall’aumento delle patologie croniche e dalla conseguente modifica della domanda assistenziale. Dall’analisi del profilo di salute 56 della Regione rispetto ad alcune patologie croniche di grande rilevanza emerge, infatti, che:

 oltre 150.000 pazienti sono in trattamento con farmaci antidiabetici,  circa 770.000 pazienti sono in cura con farmaci antipertensivi,

 poco meno di 70.000 pazienti ultra16enni sono affetti da scompenso cardiaco,

 circa 100.000 anziani ultrasessantacinquenni sono affetti da broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO),

 ogni anno si verificano circa 11.000 ictus cerebrali,

 circa il 9% degli anziani ultrasessantacinquenni sono affetti da almeno 3 patologie croniche.

Il Piano Sanitario Regionale 2008-2010 57 con il progetto “Dalla medicina di attesa alla Sanità d’Iniziativa”, per la prima volta individua “un nuovo modello assistenziale per la presa in carico proattiva dei cittadini e un nuovo approccio organizzativo che assume il bisogno di salute prima dell’insorgere della malattia o prima che essa si manifesti o si aggravi, prevedendo ed organizzando le risposte assistenziali adeguate”. È lo stesso documento a individuare nel CCM, che ha dimostrato a livello internazionale di essere uno strumento efficace nella gestione delle malattie croniche, prevenendo l’aggravamento delle patologie, riducendo il ricorso ai ricoveri ospedalieri e gli accessi al pronto soccorso, il modello operativo da attuare utilizzando il lavoro integrato di diversi professionisti e basandosi su:

 Adozione di corretti stili di vita, in particolare l’attività fisica e le corrette abitudini alimentari, visti non solo come prevenzione ma anche come indispensabile sussidio nella gestione della patologia.

 Implementazione delle competenze nel team multiprofessionale per far acquisire agli assistiti e ai caregivers quelle capacità che li mettano in grado di

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attuare un’adeguata autogestione della propria malattia (stili di vita, monitoraggio parametri, corretto uso dei farmaci).

 Attuazione degli interventi assistenziali presso il domicilio del malato o l’ambulatorio del MMG con l’utilizzo del “Libretto Personale di Patologia”.  Sistema informativo centrato sul paziente basato sulla gestione di liste dei

pazienti stratificate per patologia o rischio da parte dei MMG. Tale registrazione è finalizzata a tre funzioni: la tracciabilità del percorso, la gestione di un database di casi condivisa da tutti coloro che sono coinvolti nel processo di cura, ricerca attiva dei pazienti per garantire la presa in carico proattiva e la continuità del percorso in relazione ai programmi definiti e al monitoraggio.  Una stretta alleanza tra specialistica territoriale e ospedaliera e medicina

generale nella gestione delle patologie croniche con riferimento a percorsi diagnostico-terapeutico-assistenziali che assicurano standard operativi di presa in carico e erogazione delle prestazioni adattandosi alle singole realtà territoriali.

In seguito alle indicazioni del parere 37 del 2008 58 del Consiglio Sanitario Regionale, la Giunta regionale ritiene che debba essere adottata una versione evoluta del CCM, l’Expanded Chronic Care Model, in cui gli aspetti clinici della medicina di famiglia risultano integrati da quelli di sanità pubblica, quali la prevenzione primaria collettiva e l’attenzione ai determinanti di salute. Sulla base di queste indicazioni, con la delibera 894 del 2008 59, la Giunta approva gli “Indirizzi per l’attuazione della Sanità d’Iniziativa a livello territoriale e per la gestione dei percorsi territorio-ospedale- territorio” in cui vengono definite le modalità operative del nuovo modello e le competenze di tutti i professionisti coinvolti.

Il modello descritto si fonda sulla sua capacità di rispondere ad una fondamentale esigenza dei pazienti cronici, consistente nel poter confidare in uno stretto e continuo rapporto con un team di cure organizzato e capace di soddisfare i bisogni legati alla patologia. Questa evoluzione organizzativa prospetta il superamento delle criticità del preesistente sistema delle Cure Primarie tramite modalità innovative di lavoro che prevedono l’adozione di cartelle cliniche informatizzate e condivise, la pianificazione individuale delle cure, l’educazione dei pazienti al self management e la condivisione

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dei percorsi di cura, lo sviluppo di competenze gestionali e l’utilizzo continuo dell’audit nell’ambito del team, senza dimenticare l’opportunità della disponibilità di adeguate risorse ambientali.

La supervisione sulle attività spetta al MMG quale figura che, pur nell’ambito di un team, mantiene comunque una centralità connessa al rapporto di fiducia e di libera scelta che intrattiene con il cittadino e al servizio di diagnosi, cura e relazione col paziente che egli continua ad esercitare. Lo svolgimento delle attività previste presuppone comunque la valorizzazione delle competenze di tutti i professionisti sanitari. In particolare, l’infermiere viene ad assumere autonomia e responsabilità per funzioni specifiche attinenti alla gestione del paziente, individuate in maniera concordata con il MMG, consentendo a quest’ultimo l’acquisizione di maggior tempo per la diagnosi e la relazione con il paziente. L’operatore sociosanitario è un’ulteriore risorsa rilevante per lo svolgimento di funzioni di supporto alla persona. Il medico di comunità affianca il team quale figura deputata all’organizzazione dei servizi alla collettività attraverso l’analisi dei bisogni di salute, l’attivazione della rete dei professionisti, la costruzione di alleanze con le istituzioni, il monitoraggio dei risultati e la valutazione delle risorse necessarie, in una veste di vero e proprio manager del sistema, nella logica di associare una prospettiva di sanità pubblica.

Successivamente, con una serie di delibere, vengono definite dalla Regione Toscana le premesse per l’inizio del progetto Sanità d’Iniziativa; in particolare vengono stanziate le risorse economiche 60 e viene approvato l’accordo con le organizzazioni sindacali rappresentativi della medicina generale 61, in cui si definiscono gli aspetti attuativi del progetto “Dalla medicina di attesa alla Sanità d’Iniziativa” attinenti al ruolo rivestito dai medici di medicina generale.

Con la delibera 716 del 2009 62, la Regione Toscana, riproponendo i contenuti dell’Accordo Sindacale, approva il “Progetto per l’attuazione della Sanità d’Iniziativa a livello territoriale” che definisce obiettivi, soggetti e ruoli, fasi di attuazione e aspetti specifici attinenti all’organizzazione ed al finanziamento del medesimo, sulla base del modello di riferimento costituito dall’Expanded CCM. Ogni azienda Usl si è impegnata ad attuare il suddetto progetto sul proprio territorio con specifiche progettualità nelle

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quali si dovevano individuare le aggregazioni di medici di medicina generale alle quali era affidata l’implementazione del nuovo modello assistenziale.

In tale progetto viene indicato il “modulo” come la dimensione operativa in cui avviare e testare la Sanità d’Iniziativa. Con tale definizione si intende un contesto in cui i professionisti operano adottando una nuova metodologia per la gestione delle patologie croniche e nuovi meccanismi di coordinamento reciproco. Il modulo deve avere le seguenti caratteristiche:

 popolazione di riferimento di circa 10.000 assistiti,

 una sede unica o principale (tra due o più sedi) per lo svolgimento dell’attività del team,

 la presenza di un infermiere dedicato e un operatore socio sanitario in rapporto alla popolazione di riferimento (1/10.000),

 una infrastruttura informatica in grado di consentire la registrazione dei dati di attività da parte di tutti i componenti del team,

 la formazione specifica del personale sui percorsi assistenziali condivisi a livello aziendale, con la partecipazione della medicina generale,

 il supporto da parte dell’azienda di riferimento per le altre figure professionali coinvolte, secondo quanto previsto dai percorsi assistenziali.

L’organizzazione del modulo è attribuita ad un MMG coordinatore, individuato dall’azienda di riferimento, su proposta dei medici del modulo che svolge le seguenti funzioni:

 cura che tutti i MMG del modulo adempiano agli impegni,  costituisce l’interfaccia con il medico di comunità,

 indice e cura le riunioni di audit dei professionisti del modulo,  verifica che tutti i MMG effettuino la formazione obbligatoria,  gestisce i conflitti interni al modulo

 sottoscrive l’impegno verso l’azienda Usl a raggiungere gli obiettivi regionali per le diversi patologie e ad essere misurati sulla base degli indicatori concordati.

I tempi di attuazione del modello della Sanità d’Iniziativa da parte dei moduli erano articolati in due fasi:

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 Fase di avvio (dal 1 ottobre 2009 al 31 dicembre 2010), suddivisa in tre sottofasi:

1. Start up, non ripetibile, della durata di 90 giorni (fino al 31 dicembre 2009).

2. Pilota (dal 1 gennaio 2010 fino all’avvio della fase di estensione, tenendo conto delle esigenze e dei tempi possibili per il contesto aziendale) nella quale era prevista l’attivazione dei primi 50 moduli, per un totale di circa 500.000 cittadini toscani; in tale fase era prevista l’implementazione dei percorsi assistenziali per diabete e scompenso cardiaco.

3. Estensione (dalla chiusura della fase pilota fino al 31 dicembre 2010) nella quale era prevista l’attivazione di ulteriori moduli; in tale fase era possibile prevedere l’implementazione dei percorsi assistenziali per ictus, ipertensione e BPCO.

 Fase a regime (dal 1 gennaio 2011): dopo la valutazione dei risultati della fase di avvio, nella fase a regime si prevedeva di coinvolgere tutti i cittadini della Regione Toscana e di avviare l’implementazione dei percorsi assistenziali per le ulteriori patologie previste dal PSR.

Per il monitoraggio dei risultati è stato definito un primo set minimo di indicatori, con i risultati attesi, che tutte le aziende Usl hanno utilizzato per la valutazione della performance delle sperimentazioni organizzative territoriali nella fase di avvio del progetto. Tali indicatori sono finalizzati a misurare il grado di implementazione della metodologia Expanded CCM nella gestione dei pazienti affetti da diabete e scompenso cardiaco, nonché lo svolgimento di alcune attività generali. Sulla base della misurazione di tali indicatori, si valuta il raggiungimento degli obiettivi che permette alle aziende di ricevere gli incentivi per la remunerazione dei moduli.

Il flusso dei dati veniva inviato inizialmente ogni tre mesi dal coordinatore del modulo che ne garantisce la rilevazione nei tempi previsti e l’invio al medico di comunità il quale li valida e li integra con quelli rilevabili dai sistemi informativi aziendali. Le aziende trasmettono poi alle strutture regionali di gestione del progetto i rispettivi livelli iniziali insieme ai dati di prevalenza delle singole patologie definiti tenendo conto degli

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Elenchi di Patologia. Successivamente tali dati sono stati aggiornati semestralmente, entro il 31 luglio e il 31 gennaio di ogni anno.

Al fine di consentire ai moduli la raccolta e l’estrazione dei dati nonché il loro invio alle aziende di riferimento, tutti i medici dei moduli devono essere dotati di connessione internet e devono aver stilato preliminarmente gli Elenchi di Patologia cioè gli elenchi dei pazienti affetti dalle patologie croniche previste dal PSR, a partire da diabete e scompenso cardiaco. La consegna di tali elenchi alle aziende di riferimento era una condizione imprescindibile per l’accesso alla fase pilota. Altro presupposto fondamentale era la formazione di tutti i professionisti coinvolti.

La delibera 716 del 2009 è stata poi modificata da tre delibere successive: la 859 del 2009, la 355 del 2010 e la 822 del 2011. In particolare la DGRT 859 del 2009 63 rimanda al 1 gennaio 2010 la data di avvio del “Progetto per l’attuazione della Sanità d’Iniziativa a livello territoriale” mantenendo inalterata l’articolazione e la durata delle fasi del progetto stesso e ridefinisce i criteri per l’assegnazione delle risorse destinate al finanziamento dei progetti aziendali nella fase di avvio.

La DGRT 355 del 2010 64 invece va a modificare gli indicatori aggiornando quelli previsti all’avvio del progetto, generali, per il diabete e lo scompenso, e introducendo quelli per le ulteriori patologie previste dal PSR (ipertensione, ictus/TIA, BPCO). Inoltre in tale delibera si precisano le definizioni operative di caso per ciascuna delle patologie croniche considerate al fine di fornire un indirizzo condiviso per l’individuazione dei pazienti da avviare ai percorsi assistenziali.

La fase pilota della Sanità d’Iniziativa è effettivamente iniziata il 1 giugno 2010. Dal 1 ottobre 2010 sono state attivate ulteriori sperimentazioni organizzative territoriali e sono stati implementati nei moduli pilota anche i percorsi assistenziali per BPCO e ictus. La Sanità d’Iniziativa è stata avviata da parte di tutte le aziende per quattro delle cinque patologie che erano previste inizialmente: diabete, scompenso, BPCO e ictus in quanto inserire anche l’ipertensione avrebbe coinvolto un numero di pazienti insostenibile. La delibera 822 del 2011 65 stanzia ulteriori risorse per la prosecuzione dei progetti attivati nella fase pilota e per l’eventuale estensione ulteriore della sanità d’iniziativa da utilizzare da parte delle aziende per dotare i moduli della strumentazione necessaria per

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la gestione dei pazienti in carico e per l’attuazione di iniziative formative aziendali. Inoltre stabilisce che per migliorare la qualità dei percorsi assistenziali nella fase di rinvio al secondo livello, le aziende devono individuare degli specialisti di riferimento per i moduli della Sanità d’Iniziativa. Infine aggiorna ancora gli indicatori e le definizioni di caso per diabete mellito, scompenso cardiaco, BPCO e ictus adeguandoli all’avanzamento del progetto.

L’importante ruolo assunto dalla Sanità d’Iniziativa in Regione Toscana viene sottolineato nell’allegato A della delibera 1235 del 2012 “Indirizzi alle aziende sanitarie ed alle aree vaste per il riordino del SSR” 66

dove si legge “dovrà essere ulteriormente sviluppata la Sanità d’Iniziativa… Essa affida alle cure primarie l’ambizioso compito di programmare e coordinare gli interventi a favore dei malati cronici, prendendo come riferimento il modello operativo dell’ECCM, basato sulla interazione tra il paziente reso esperto da opportuni interventi di formazione e di addestramento ed il team multiprofessionale composto da MMG, infermieri e operatori sociosanitari. La sperimentazione di tale modello avviata nel 2009, estesa ad oggi a circa il 40% della popolazione toscana, ha dimostrato di produrre miglioramenti nella qualità dei servizi territoriali: il 67% dei pazienti intervistati in una recente indagine sulla soddisfazione degli utenti ha dichiarato di aver riscontrato dei benefici sul proprio stato di salute da quando è stato introdotto il nuovo modello e l’86% di essi ha rilevato un miglioramento complessivo dell’assistenza. Sul versante dei professionisti coinvolti, la sfida dell’integrazione e del lavoro per percorsi si è rivelata un’occasione di sviluppo e di rinnovamento che non può che essere consolidata. Tali positivi risultati, insieme alle evidenze di efficacia del modello riscontrabili in letteratura, costituiscono un punto di forza da valorizzare nella strategia di riassetto delle Cure Primarie. Il modello di presidio territoriale che possa ospitare i professionisti in forma integrata e nel quale possa appieno svilupparsi la Sanità d’Iniziativa si identifica con le forme di UCCP/Casa della Salute/Distretto Socio Sanitario Integrato”.

Con questi presupposti, il Consiglio Sanitario Regionale inizia a guardare oltre con il parere 73 del 2013 riguardante “Estensione della sanità d’iniziativa e ulteriore sviluppo dell’Expanded CCM” 67

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guida per le aziende sanitarie per lo sviluppo del modello della Sanità d’Iniziativa. Per prima cosa afferma che il modello dovrà essere contestualizzato alla nuova realtà organizzativa dell’assistenza territoriale che prevede la realizzazione delle AFT e delle UCCP. La compresenza dei professionisti del team in un’unica sede, sarà un elemento facilitante l’applicazione del modello. Il team assistenziale, organizzato in maniera funzionale e integrata, prenderà in carico i pazienti cronici secondo il grado di complessità, attraverso l’ottimizzazione dei percorsi individuali, che dovranno essere calibrati sulla base della stadiazione del rischio in modo da rispondere al reale bisogno di prevenzione e all’intervento terapeutico individuale del paziente, avvalendosi anche di strumenti di telemedicina. Ciò consentirà di liberare capacità assistenziali da dedicare a coloro che meno usufruiscono delle prestazioni assistenziali perché non deambulanti e/o dipendenti da un supporto d’organo o non in grado di essere trasportati negli ambulatori dei MMG ma che possono comunque trarre beneficio dall’applicazione di un modello proattivo di prevenzione delle ricadute e delle ospedalizzazioni ripetute. Per quanto riguarda il supporto informatico viene indicato il software di cartella clinica del MMG come base informatica per la raccolta dei dati. Tutti gli operatori del team dovranno inserire i dati clinici di loro competenza nella cartella che diventa patrimonio comune degli operatori. Questo permette una più reale integrazione fra gli operatori del team.

Anche il Piano Sanitario e Sociale Integrato Regionale 2012-2015 68 conferma gli obiettivi di estensione ed evoluzione della Sanità d’Iniziativa, prevedendo la copertura di tutto il territorio regionale e rimarcando come principio di base per l’organizzazione dell’assistenza la personalizzazione degli interventi in funzione del livello di rischio cardiovascolare e della complessità del soggetto. I percorsi saranno quindi revisionati in quest’ottica. Quindi la sanità d’iniziativa, incentrata sul modello operativo dell’Expanded CCM, viene pertanto ad essere confermata come modalità ottimale di presa in carico e gestione del paziente a qualsiasi livello di esposizione a rischio di cronicità, con le dovute differenziazioni in termini di operatività ed intensità dell’assistenza. Tale piano prevede di superare l’approccio iniziale mettendo al centro del sistema di attenzione e cura il “rischio cardiovascolare” in quanto vero tracciante della condizione di rischio di cronicità.

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L’obiettivo è andare verso il superamento del modello per moduli traslandolo sulle AFT, cercando di estendere la copertura a tutta la popolazione regionale coinvolgendo tutti i MMG. Il cittadino non dovrà più muoversi per prenotare, effettuare prestazioni e ritirare esami ma dovrà poter contare su una organizzazione che metta a disposizione un team multiprofessionale, sedi, ambulatori medici, attrezzature, strumenti di collegamento e informazione adeguati a questa sfida; le Case della Salute rappresentano il modello di riferimento per lo sviluppo e la diffusione territoriale della Sanità d’Iniziativa.

In attesa di una revisione del modello e alla luce dei risultati positivi raggiunti nei primi anni di attuazione, con le delibere 1105 del 2012 69, 1195 del 2013 70 e 1134 del 2014 71, è stata assicurata l’estensione sul territorio regionale arrivando a coprire nel 2015 il 54% della popolazione regionale.

La delibera 1152 del 2015 72 approva gli ottimi risultati evidenziati da ARS e MeS nell’ambito di studi di impatto del progetto e di soddisfazione di MMG e utenti e dà impulso all’ulteriore revisione del modello, in continuità con le attività già in essere, secondo le seguenti linee di sviluppo:

 Adottare il rischio cardiovascolare e la complessità come criterio base per la calibrazione degli interventi assistenziali.

 Aggiornare l’organizzazione del team assistenziale con riferimento alla nuova realtà organizzativa della Medicina Generale rivalutando anche i parametri per la dotazione di risorse umane e strumentali.

 Potenziare gli interventi di prevenzione destinati ai soggetti a basso rischio.  Aggiornare le tecniche di gestione dei pazienti a rischio medio/alto in

relazione al superamento dei percorsi di patologia.

 Estendere la metodologia di gestione dell’ECCM anche a pazienti complessi connotati da elevati consumi di farmaci e prestazioni.

 Riorganizzare l’accesso alle prestazioni di presa in carico della cronicità secondo la logica delle reti cliniche strutturando nel contempo agende dedicate alle successive fasi di follow-up organizzate al fine di garantire in regime ambulatoriale percorsi assistenziali tempestivi e completi, alternativi al ricovero ordinario/day hospital, con un modello centrato sul problema

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clinico e non sulla singola prestazione e pensati in modo da evitare accessi multipli.

 Prevedere che l’accesso alle prestazioni necessarie sia semplificato e portato vicino al paziente cronico anche attraverso il medico di medicina generale in modo da poter fornire una risposta completa, mediata ed appropriata, sia rispetto alle esigenze cliniche che rispetto alla temporalità dell’attesa.

Il nuovo modello viene finalmente definito con la delibera 650 del 2016 73, “Sanità d’Iniziativa-indirizzi per l’implementazione del nuovo modello” che, alla luce delle modificazioni del contesto di riferimento, definisce il nuovo ambito di applicazione del modello, le modalità di transizione ad esso dall’esistente, i soggetti coinvolti e gli strumenti attuativi, dando indicazioni circa le modalità di realizzazione delle attività di formazione, informazione, partecipazione, monitoraggio e valutazione.

Questo modello cerca di rispondere al mutamento dello scenario nel quale si colloca l’attuazione della Sanità d’Iniziativa, caratterizzato dalla costituzione delle Aggregazioni Funzionali Territoriali e la definizione degli indirizzi per la costituzione delle Case della Salute/Unità Complesse di Cure Primarie.

Inoltre nel procedere all’ulteriore estensione della Sanità d’Iniziativa, si tenta di superare la selezione e gestione dei pazienti cronici sulla base di percorsi specifici per le singole patologie e di passare ad una presa in carico integrata, basata sul profilo di rischio cardiovascolare e sulla complessità del singolo individuo.

Un ulteriore elemento di evoluzione del modello attiene all’ambito di applicazione dello stesso: se da un lato i risultati raggiunti confermano l’efficacia di una gestione proattiva

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