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Un esempio del rilievo del limite nel Sistema di Varsavia

3. C ONVENZIONE DI V ARSAVIA DEL 1929

3.3 Un esempio del rilievo del limite nel Sistema di Varsavia

In un articolo di commento154 alla sentenza di appello del caso Lisi contra

Alitalia - Linee Aeree Italiane155, il Rinaldi Baccelli colse l‟occasione per inquadrare

152 Ma durante i lavori preparatori fu proposto di portare la cifra a 350.000 franchi-oro(circa

24.900 $) o, addirittura, a 100.000 $.

153 Si assiste ad una modifica omogenea, nella lettera e nella logica, alla decadenza dal

beneficio del limite in caso di dolo o colpa temeraria e consapevole.

154 RINALDI BACCELLI, In tema di responsabilità del vettore aereo, in Riv. dir. navig. 1966, II, 189 155 U.S. Court of Appeals 16 dicembre 1966, Secondo Circuito, giudice Kaufman. Nel

febbraio del 1966 un DC7 dell‟Alitalia, in volo da Roma a New York, si schiantò subito dopo lo scalo irlandese di Shannon, provocando la morte o il ferimento dei passeggeri. Sull‟applicazione della Convenzione di Varsavia, al contratto di trasporto concluso, non vi erano dubbi. Discordia vi fu, invece, se la Compagnia Alitalia avesse o meno adempiuto agli obblighi previsti nell‟art. 3 della Convenzione, che imponeva al vettore di emettere un biglietto contenente tra l‟altro, l‟avviso della limitazione del debito prevista dall‟art. 22 al. 1 della Convenzione stessa. Sostenevano Lisi e altri che la prescritta menzione fosse stata fatta sul biglietto in caratteri impercettibili e illeggibili, impedendo loro in definitiva di conoscerla e prendere tempestive misure protettive (rinunciando al viaggio, stipulando un‟assicurazione integrativa, negoziando col vettore un limite superiore ex art. 23). Si rifacevano, in definitiva, gli attori alla dottrina della fair opportunity, accolta dai giudici sia in prima istanza che in appello, che interpretava l‟art. 3 della Convenzione nel senso che «il biglietto sia rilasciato al passeggero in modo da consentire a quest‟ultimo una ragionevole possibilità di adottare delle autonome misure per proteggersi contro la limitazione della responsabilità». Nella sentenza in parola, vi fu comunque l‟opinione dissenziente del giudice Moore, che sottolineò l‟incompatibilità della decisione con la disciplina internazionale della Convenzione. Per comprendere appieno le basi

la ratio delle sanzioni previste nell‟art. 3 della Convenzione di Varsavia: sosteneva l‟Autore che essa consistesse nel «garantire che il vettore emetta i documenti del traffico […] in vista di un interesse generale corrispondente ad una esigenza di certezza dei rapporti giuridici». Il nostro avviso è diverso, tenteremo di esporre le nostre ragioni, in contrapposizione a quelle dell‟Autore.

Nel commento si contrapponevano i due commi dell‟art. 3: il primo, di carattere precettivo, che indicava i requisiti del biglietto, ma apparentemente senza sanzione; il secondo, di carattere sanzionatorio, che prevedeva le conseguenze del mancato rilascio del documento156. Il Rinaldi Baccelli sosteneva che se lo scopo

dell‟impossibilità di avvalersi delle disposizioni che limitassero o escludessero la responsabilità del vettore, in caso di mancata emissione del biglietto, fosse stato quello di risarcire il passeggero in maniera integrale per la mancato avviso dell‟applicazione del limite, allora sarebbe stato più coerente disporre la decadenza dal beneficio del limite, ma non anche dalla possibilità della prova liberatoria. Logica stringente, dimentica però di un dato essenziale: il fine dell‟informazione era quello di consentire al passeggero l‟adozione di contromisure efficaci, prima fra tutte un‟assicurazione integrativa157. Ora, un‟assicurazione sulla vita, o contro gli

infortuni, avrebbe risposto per il semplice verificarsi del danno, prescindendo dall‟imputabilità o meno del fatto lesivo all‟autore; non deve stupire che, nella disciplina della Convenzione, si colpisca il vettore addossandogli praticamente la responsabilità di tenere indenne il danneggiato, mettendolo tendenzialmente nella stessa posizione (patrimoniale) di cui avrebbe goduto se si fosse assicurato.

L‟Autore individuava altresì la circostanza che, anche ammettendo che il biglietto servisse, tra l‟altro, da richiamo alla Convenzione, l‟omissione di questo non era l‟unica che prevedesse la decadenza dal beneficio della limitazione, e del resto sarebbe stato un «richiamo ai principi generali della responsabilità e non espressamente al principio specifico della limitazione della responsabilità». Anche qui non si può contestare il detto, ma appuntare il non detto: vero che si sarebbe rimandato genericamente ad una disciplina, ma della quale il limite di debito era sicuramente il carattere saliente! Ci si dovrebbe chiedere se un indistinto riferimento

della motivazione si deve ricordare che, nei sistemi di common law, a differenza di quelli continentali europei, il contratto di trasporto non prevede un obbligo di protezione in capo al vettore, e quindi l‟incolumità del passeggero costituisce oggetto di un generico dovere di diligenza, con rilevanza extracontrattuale (salvo che non sia sto oggetto di espressa pattuizione), quindi una responsabilità basata sulla colpa per la quale non è ammessa, dal sistema, nessuna limitazione; logico quindi dedurne la ritrosia della giurisprudenza americana nell‟accettare il limite risarcitorio, anzi in più occasioni essa ebbe modo di definirlo arbitrario ed unilaterale. La giurisprudenza apparve indulgere nell‟ampliare il canone di diligenza richiesta al vettore. Si permetta di sottolineare una “bizzarria”: il biglietto rilasciato era conforme allo standard I.A.T.A., lo stesso con cui milioni di viaggiatori si spostavano in aereo. Quindi perché colpirlo questa volta? Solo ai fini di giustizia, oppure per infliggere un ulteriore colpo al Sistema di Varsavia?

156 A cui comunque, nonostante i dubbi del Jouglart, è equiparata anche l‟emissione di un

documento sprovvisto di quel minimo di requisiti di determinatezza.

157 Difficile supporre una negoziazione del limite (art. 23) tra passeggero e vettore, data la

posizione dominante di quest‟ultimo, e la difficoltà di un contatto con personale autorizzato a contrattare prima dell‟imbarco.

sarebbe stato sufficiente ad integrare il requisito di una adeguata informazione al passeggero.

Le modifiche apportate all‟Aja nel 1955, depongono contro le argomentazioni del Rinaldi Baccelli: si è previsto, infatti, un richiamo specifico al principio della limitazione come causa di decadenza dal beneficio del limite, escludendo però la perdita della legittimazione a fornire la prova liberatoria. In ossequio alla tendenza ad equilibrare gli interventi si è chiarito (riguardo al contenuto obbligatorio del biglietto, mettendo una freccia in più nell‟arco del danneggiato) e si è limitato (riguardo alla sanzione, coerentemente con un‟imputazione basata sulla colpevolezza).

Se la menzione del principio della limitazione diviene condizione di opponibilità della stessa, allora si deve dedurne che lo scopo dell‟informazione non sia quello della sicurezza della documentazione del traffico aereo internazionale, bensì quello di consentire al passeggero una scelta consapevole sull‟opportunità di forme integrative di tutela. Altrimenti perché colpire solamente la mancanza di questo requisito e non quelli relativi ai punti di partenza e arrivo?

Lo scopo di tale breve analisi è riuscire a concepire pienamente l‟importanza del limite di debito nella normativa della Convenzione di Varsavia: seguire le idee del Rinaldi Baccelli significa non dare all‟istituto il ruolo di perno che gli spetta; concepire invece l‟ipotesi di decadenza ex art. 3 come condizione di opponibilità del limite, porta invece a sottolinearne la centralità nella struttura del Sistema di Varsavia.