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Il criterio dell‟ “adeguatezza” del risarcimento

4. L’ INFORMAZIONE AL PASSEGGERO NEL TRASPORTO AEREO

2.2 Il criterio dell‟ “adeguatezza” del risarcimento

Parlando di un istituto che quantifica una responsabilità, si è già più volte insistito sulla centralità del problema del quantum del limite479; escogitato un

adeguato meccanismo che consenta la certezza del risarcimento, la tutela costituzionale del diritto all‟integrità fisica della persona verrebbe sicuramente sguarnita se non venisse assicurata (in ogni senso) una cifra adeguata. Nel primo capitolo si è assistito agli spasmi derivanti dall‟insufficienza, generalmente sentita480,

del limite come previsto nel Sistema di Varsavia481.

479 Il Medina parlava di una censura che colpiva solamente il «quantum legislativamente

stabilito per la limitazione e non l‟istituto della limitazione in sé e per sé considerato», senza comunque nascondere come il problema quantitativo potesse reagire sull‟essenza stessa dell‟istituto (MEDINA, Incostituzionale la limitazione di responsabilità del vettore aereo?, in Dir. mar. 1980, 551).

Turco Bulgherini sottolineava che tanto più congruo fosse l‟ammontare del limite, tanto meno sentito sarà il divario tra la disciplina del trasporto aereo e quelle dei trasporti superficiali, ponendo così in sordina il dubbio sulla incostituzionalità del beneficio per la disparità di trattamento tra gli utenti dei diversi mezzi,ex art. 3 Cost. (TURCO BULGHERINI, op. cit., 44).

480 Nei Paesi occidentali più che in altri Stati.

Negli Stati Uniti, in particolare, vi era la tendenza a disapplicare la convenzione di Varsavia. La prassi giudiziaria si incanalava su tre grandi filoni: il primo incline a scardinare il sistema cercando, al suo interno, espedienti di carattere formale; il secondo mirava ad aggirare la Convenzione, chiamando in causa soggetti diversi dal vettore, che quindi non avrebbero beneficiato del limite di responsabilità. Il terzo orientamento giurisprudenziale respingeva i massimali di responsabilità sulla base di motivi di ordine pubblico (public policy); un esempio fu la sentenza del caso Kilberg c. North-East Airlines (1961): la Corte d‟Appello di New York affermò la propria competenza a conoscere dell‟azione di responsabilità discendente da un disastro aereo verificatosi nel Massachussetts, poiché il “death statutes” in vigore in tale Stato limitavano i risarcimenti a US $ 15.000. Dato che il divieto di limiti di responsabilità per danni alla persona era, secondo il public

policy dello Stato di New York, «strong, clear and old», la Corte ritenne di disapplicare la normativa

statale e affermare la propria giurisdizione. L‟attacco contro i c.d. “wrongful death statutes” era possibile perché questi si ponevano sul piano della normativa interna; mentre contro la Convenzione di Varsavia, che grazie alla ratifica del Senato era “supreme law of the land” al pari della Costituzione, la diffusa insofferenza era difficile da trasfondere in una questione di costituzionalità. La prima pronuncia di illegittimità delle norme internazionali fu la sentenza del caso Burdell c.

Canadian Pacific Airlines Ltd., emessa il 17 novembre del 1968 dalla Circuit Court of Cook County,

Illinois. Si assumeva l‟incostituzionalità della Convenzione di Varsavia in quanto la disciplina da questa posta violava, secondo il parere del giudice, i diritti al giusto processo e all‟uguale protezione stabiliti dalla Costituzione federale degli U.S.A., stabilendo a favore del vettore un ingiustificabile trattamento preferenziale. La dottrina vide nel caso Burdell un ulteriore attacco portato alla Convenzione di Varsavia, e cercò, d‟altro canto, di dimostrare come la disparità di trattamento fosse solo apparente, poiché la normativa internazionale trattava in modo eguale tutti i soggetti appartenenti ad una stessa categoria. Altra dottrina tentò di circoscrivere l‟area di intervento dei giudici enucleando il concetto di “non-judicial political question”: si riteneva che l‟interesse del governo federale nei confronti di una codificazione internazionale uniforme rendesse i problemi, concernenti la disciplina dettata dalla Convenzione di Varsavia, delle questioni puramente politiche. La questione non poteva dirsi, comunque, chiusa: il 24 agosto 1982, decidendo il caso Causey ed altri

c. Pan American W.A., la Corte affermò la propria competenza nel conoscere le questioni di

illegittimità della normativa, salvo poi rigettare gli argomenti (violazione del “due process of law” e del “right to travel”) proposti dagli attori, sostenendo che delle concessioni sul terreno della responsabilità vettoriale per danni alla persona erano accettabili, anzi necessarie, per raggiungere lo scopo della cooperazione internazionale. Il giudizio, comunque, non si dovrebbe fermare, sempre secondo la sentenza Causey, solamente ad analizzare le eventuali lesioni di diritti costituzionalmente

Alla Corte non sfuggì, come detto, che doveva arrivarsi ad una «soluzione normativa atta ad assicurare l‟equilibrato componimento degli interessi in giuoco»482,

un tale equilibrio presupporrebbe che il limite non variasse troppo il proprio valore intrinseco nel tempo. I giudici costituzionali, sulla scorta dell‟analisi dell‟evoluzione dei Protocolli internazionali, ma anche della propria giurisprudenza483, indicarono la

necessità, affinché il limite risarcitorio fosse costituzionalmente legittimo, di un «qualche congegno correttivo degli effetti prodotti, durante la sua vigenza, dallo slittamento del valore della moneta, per modo che la misura dell‟indennizzo possa adeguatamente accostarsi alla realtà ed attualità dei valori economici». A voler ben leggere, la sentenza ci dava due pilastri su cui potere (e dovere) fondare il concetto di adeguatezza: il primo dato dalla previsione di una cifra-limite sufficientemente capace di garantire alle vittime un ristoro congruo; il secondo parametro consisteva, conseguentemente, nella necessità di mantenere il valore (ovviamente non guardato sotto il mero profilo nominalistico) di tale cifra-limite non solo inalterato nel tempo, ma, soprattutto, aderente al valore che alla vita venisse dato in quel particolare contesto storico. Un semplice adeguamento al tasso di inflazione, infatti, potrebbe non essere sufficiente a bilanciare l‟aumento del “valore medio” della vita dovuto ad un costante miglioramento delle condizioni socio-economiche. A sostegno di tale affermazione basta scorgere le lodi tessute dalla Corte alla sensibilità del legislatore italiano che, con all‟art. 19 della l. 13 maggio 1983 n. 213, predispose un meccanismo per l‟aggiornamento dei limiti risarcitori della parte aeronautica del Codice della Navigazione; sulla farraginosità del procedimento ci si è già espressi, qui si vuole sottolineare come la Corte ebbe a individuare nella scelta dei parametri, effettuata dal legislatore, un valido punto di riferimento per l‟aggiornamento dei limiti. Si enumeravano puntualmente quattro indici da valutare: le convenzioni internazionali in materia, l‟indice generale dei prezzi di mercato, quello delle retribuzioni (entrambi forniti dall‟Istituto Centrale di Statistica, l‟ISTAT) e, infine, i

garantiti, ma spingersi oltre: scoprendo se sia possibile, con gli strumenti offerti dal diritto interno, giungere ugualmente ad una just compensation.

481 Era stata, d‟altronde, l‟insufficienza quantitativa della cifra limite ad aver provocato la

pronuncia della Corte: laddove l‟Avvocatura dello Stato lamentava che il Tribunale di Roma non avesse nemmeno motivato la rilevanza della questione sotto il profilo dell‟effettivo superamento del tetto previsto, la Corte ribadiva che la richiesta della parte attrice eccedeva il quantum risarcitorio e che, dunque, dato che la pronuncia di incostituzionalità avrebbe privato di efficacia l‟art. 22 Conv. Varsavia, sussistesse il nesso di pregiudizialità.

482 Punto 4.3 della decisione

483 Non era la prima volta che la Corte si trovava a giudicare su come un distacco temporale

potesse pregiudicare la congruità di un indennizzo. Nella sentenza si faceva espressamente richiamo alle pronunce n. 155 del 1976, n. 5 del 1980 e n. 160 del 1981, riguardanti casi di esproprio per motivi di interesse generale ex art. 42, comma 3, Cost.: si voleva evitare di mortificare eccessivamente il diritto dell‟espropriato ad un indennizzo congruo, che non fosse perciò simbolico, o comunque irrisorio. Il Mirabelli Centurione sottolineò come il parallelo non fosse «calzante», in quanto quello da esproprio è un debito di valuta, soggetto al principio nominalistico, mentre il risarcimento del danno si esprime in un debito di valore, quindi legato al potere d‟acquisto della moneta (MIRABELLI CENTURIONE, La Corte Costituzionale italiana contro Varsavia-L‟Aja, in Temi rom. 1985, 907). Oltretutto, continuava l‟Autore, limitazioni delle indennità di espropriazione erano presenti nell‟ordinamento italiano (e portava ad esempio la l. 783/12, sul risanamento della città di Napoli). Vi è da ribattere, però, che la Corte parlava non già di legittimità della limitazione, bensì più concretamente della sua congruità.

livelli assicurativi praticati nei vari Stati in materia di assicurazione civile. Sottilmente, si dava per presupposto un ragionamento certo non illogico o irragionevole, ma neppure incontestabile: era quasi sottinteso che il legislatore, avendo così recentemente (rispetto alla pronuncia della Corte) seguito determinate linee guida per quanto riguardava la disciplina dei risarcimenti del Codice, non si sarebbe potuto da queste discostare per un‟eventuale intervento di modifica dei limiti per il trasporto aereo internazionale (rectius, per quei trasporti aerei internazionali di persone retti dal Sistema di Varsavia); un‟eventuale scarto, infatti, sarebbe stato ragionevole, e costituzionalmente legittimo sotto il profilo dell‟art. 3 Cost., solo laddove si fosse riusciti a dimostrare le diversità che lo giustificassero, impresa ben ardua, tenuta presente l‟identità della materia disciplinata. Dal primo parametro, le convenzioni internazionali, si pretendeva di dimostrare come anche la normativa pattizia posteriore al Protocollo dell‟Aja dovesse essere tenuta in considerazione nel valutare l‟adeguatezza della cifra limite, in un‟ottica che inseriva l‟Italia in un sistema quanto più possibile coordinato, anche in vista dell‟internazionalità intrinseca della materia, il trasporto aereo. Ma questo carattere non doveva portare a mortificare la tutela costituzionale apprestata alla persona: ecco, quindi, altri tre criteri, staccati dalle difficoltà delle pattuizioni internazionali ad adattarsi tempestivamente alle mutate esigenze; con i riferimenti alle statistiche riguardanti l‟indice dei prezzi e delle retribuzioni si voleva sincronizzare i livelli risarcitori con il tenore di vita dei cittadini, non solo assorbire i contraccolpi dell‟inflazione484; mentre col riferimento

ai livelli assicurativi, non solo nazionali485, si è inteso dare ingresso in questa

equazione anche alla valutazione della pericolosità insita nel trasporto aereo di persone, contando, contemporaneamente, sulle stime, effettuate dagli assicuratori, di quelli che mediamente potrebbero essere i danni, non solo patrimoniali486, derivanti

da un sinistro aeronautico.

Una tale analisi della Corte non mancò, però, di sollevare dubbi, soprattutto per l‟inevitabile larghezza dei parametri indicati, peraltro solo a titolo esemplificativo, tanto da spingere alcuni, come il Medina, a sospettare un «difetto di motivazione della sentenza» per la «mancanza di concrete direttive per il legislatore»487. A tale orientamento si può, però, opporre che compito della Corte

484 Il tasso d‟inflazione, fornito dall‟ISTAT, viene calcolato sulla base di un “paniere”

predeterminato di prodotti di largo consumo (rivisto periodicamente), anche ad ammettere che l‟“indice generale dei prezzi di mercato” cui si riferisce la l. 213/83 possa essere identificato con tale dato, il correttivo costituito dall‟indice delle retribuzioni influirà sicuramente sul risultato finale. Infatti, nella determinazione delle retribuzioni il dato dell‟inflazione è solo una delle variabili, che assume maggiore rilevanza nella contrattazione nazionale, ma che può benissimo essere superato; senza tener, poi, conto di eventuali benefit e premi produzione che concorrono a formare una retribuzione.

485 Ecco un altro indice, in grado di adeguarsi molto velocemente al mutare dei tempi e

delle circostanze, legato all‟internazionalità del trasporto aereo.

486 Innegabilmente il costo della vita e il livello retributivo possono dare utili indicazioni,

ma ad essi sfuggono tutta una serie di poste di danno, di primaria importanza, che sempre assumono valori consistenti nelle liquidazioni dei danni. Per un‟esemplificazione si veda il danno biologico, quello alla vita di relazione, alla sofferenza per la perdita di un familiare.

487 Cfr. MEDINA, La dichiarazione di incostituzionalità della limitazione di responsabilità del vettore

era solamente quello di valutare la legittimità della normativa posta al suo vaglio e fornire succinte indicazioni circa l‟area di costituzionalità entro cui doveva muoversi l‟istituto in questione, tracciando concrete direttive in tale materia i giudici avrebbero rischiato di invadere il campo della discrezionalità che spettava al legislatore.

Sempre lo stesso Autore, poi, sosteneva che il diritto all‟integrità fisica venisse adeguatamente tutelato dall‟art. 25 della Convenzione di Varsavia: veniva garantito, infatti, un risarcimento integrale qualora si fosse dimostrato che il danno provenisse da dal comportamento doloso o gravemente colposo del vettore o dei suoi preposti. Il Medina leggeva una «funzione propulsiva» nel principio della colpa presunta che, nella prassi, garantiva un «risarcimento, ancorché limitato, indipendentemente dalla colpa del danneggiante»488. Non si può concordare con

l‟Autore: la stessa prassi cui si rifà mostrava anche come fosse alquanto arduo dimostrare il dolo o la colpa grave nel comportamento del vettore e dei suoi preposti, precludendo così la possibilità di oltrepassare i limiti risarcitori; il principio del limite e della colpa presunta si inserivano entrambi in un equilibrio in cui l‟insufficienza dell‟uno non poteva essere supplita dall‟altro, senza snaturarne i connotati: assegnare una “funzione propulsiva” alla colpa presunta, senza nel contempo adeguare l‟ammontare dei limiti, avrebbe comportato anche l‟allargamento delle maglie del dolo e della willful misconduct, fino a far loro abbracciare anche casistiche lontane dalle originarie intenzioni alla base dei testi del Sistema di Varsavia, al solo scopo di garantire risarcimenti adeguati.

Il punto focale da tenere sempre ben presente è l‟equilibrio di posizioni, il bilanciamento tra interessi, del danneggiato e del vettore, entrambi costituzionalmente protetti489. Anche il vettore ha diritto di esistere, di essere

protetto lui stesso in base all‟art. 2 Cost. (e quindi non solo ex art. 41 Cost., comma 1), sulla base di un‟interpretazione bidirezionale dei principi di solidarietà sociale: si deve garantire a chi intraprende, a proprio rischio, un‟attività socialmente utile (quale quella del vettore aereo) di poter sopravvivere anche in caso di gravi incidenti; l‟ambito di applicazione dell‟art. 2 Cost. dovrebbe, in definitiva, estendersi ad entrambi i soggetti del rapporto490. La Corte, facendo proprio un concetto di

adeguatezza capace di adattarsi alla situazione cogente, lasciava al legislatore la possibilità di comprimere gli interessi dell‟una o dell‟altra parte, a seconda di quale posizione considerasse meritevole di tutela in quel dato momento storico491.

Se da un lato, come i critici facevano notare, la sentenza non forniva un

vademecum al legislatore su cui basare le proprie scelte, dall‟altro non era nemmeno

vero che peccasse di motivazione: il suo maggior pregio era stato proprio il rifuggire la tentazione di una pronuncia che dichiarasse il limite incostituzionale tout court,

488 MEDINA, op. cit., 222

489 «Infatti, data la complementarietà delle istanze delle compagnie aeree da un lato e

dell‟utente dall‟altro, è ovvio che dando più spazio all‟una si restringe l‟altra.» FOGLIANI, La

limitazione della responsabilità del vettore aereo internazionale di persone nel giudizio della Corta Costituzionale, in Dir. mar. 1985, 767

490 Cfr. TURCO BULGHERINI, op. cit., 50

optando invece per una declaratoria che non sclerotizzasse il sistema permettendo, tramite l‟accoglimento delle indicazioni della Corte, di reintrodurre l‟istituto nell‟ordinamento. Il limite di responsabilità non sarebbe stato ab origine incostituzionale, ma lo sarebbe divenuto a causa del mancato adattamento della disciplina allo sviluppo tecnologico del trasporto aereo e del miglioramento dello

standard di vita; una normativa capace di garantire un ristoro certo ed adeguato al

danneggiato, in sintonia col dettato costituzionale, avrebbe tenuto l‟istituto del limite al riparo dagli interventi della Corte Costituzionale, assicurando, al contempo, un bilanciamento di interessi, tra vettore e passeggero, capace di tutelare entrambi492.