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Esonero della responsabilità del datore di lavoro

PARTE II: I GARANTI A TITOLO DERIVATIVO

ANALISI DELLA NORMATIVA E PROBLEMATICHE INERENTI ALLA DELEGA DI FUNZIONI ALLA LUCE DEL TESTO UNICO

5. Esonero della responsabilità del datore di lavoro

Altra novità fondamentale introdotta dal Decreto Correttivo del 2009 è quella relativa all’obbligo di vigilanza, in capo al datore di lavoro, sul corretto esperimento delle funzioni da parte del delegato414.

Infatti, il datore, in quanto primo titolare di una posizione di garanzia in tema di salute e sicurezza sul lavoro, è tenuto comunque a vigilare e controllare che le norme di prevenzione vengano praticate e fatte osservare dal delegato415. Il legislatore ha comunque introdotto una causa di certo esonero della responsabilità per il datore di lavoro delegante, stabilendo che: “La delega di funzioni non esclude l’obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto esperimento, da parte del delegato, delle funzioni trasferite. L’obbligo di cui al primo periodo si intende assolto in caso di adozione ed efficace attuazione del modello di verifica e controllo di cui all’art. 30, comma 4”.

Va detto che la prima parte della norma ha generato un dibattito interpretativo416 sulla sussistenza, a carico del datore di lavoro, di un obbligo di mera sorveglianza, penalmente irrilevante417, o di vera e propria garanzia418.

Mancando una norma generale incriminatrice della violazione dell’obbligo di garanzia, difatti, il problema della rilevanza penale della omessa vigilanza del

414A.RUSSO, Delega di funzioni, op. cit., pp. 343-344.

415 Sul punto, Cass., Sez. IV Pen., 28 gennaio 2009, n. 4123, in Dir Rel. Ind., 2009, con nota di Y. RUSSO.

416 Sul dibattito si v., brevemente, A. GIULIANI, Dirigenti, preposti, op. cit., pp. 130-131; P.

SCIORTINO,Sicurezza sul lavoro, op. cit., pp. 388-389; L.FANTINI, Tutela della salute, op. cit., pp.

146-147; S. CASSAR, Il regime giuridico della delega, op. cit., pp. 619-120.

417 M. LEPORE, Delegante e delegato: ingerenza e obbligo di sorveglianza, in Ambiente e Sicurezza sul Lavoro, 2005, 7-8, p. 7. Cass. pen., 30 settembre 2002, n. 32524. Conforme Cass. pen., 27 gennaio 2003, n. 3885, in Diritto e Pratica del Lavoro, 2003, 9, p. 631.

418 Cass. pen., sez. IV, 22 novembre 2006, n. 38425; Cass. pen., sez. III, 12 aprile 2005, n.

26122; Cass. pen., 3 ottobre 2007, sez. IV, n. 36121; Cass. pen., sez. IV, 29 dicembre 2008, n.

48301, in Massimario di Giurisprudenza del Lavoro. Repertorio, anno 2008, p. 92.

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soggetto delegante è, in particolare, quello di far ricadere o meno la condotta nei canoni dell’art. 40 cpv. e 110 c.p..

Il problema investe chiaramente il significato della delega stessa, dato il nodo della questione è se l’atto con il quale vengono trasferite le funzioni, validamente rilasciato, possa di per sé esonerare da responsabilità il datore oppure questi sia comunque vincolato sotto il profilo della culpa in vigilando.

Un primo indirizzo419 dottrinale e giurisprudenziale ritiene che in capo al garante vi sarebbero comunque obblighi non delegabili di controllo e vigilanza sulla organizzazione e sull’operato dei delegati che determinerebbero una responsabilità per colpa a carico del datore.

Tali obblighi comporterebbero la necessaria predisposizione di opportune attività di vigilanza420, che potrebbe evidenziare un’eccessiva ingerenza del datore sull’attività del delegato421.

Il dovere di vigilanza in questione, peraltro, si sommerebbe a quello che generalmente spetta al datore sul corretto operato dei propri collaboratori.

Un secondo orientamento è invece ostile alla tesi della culpa in vigilando422: L’esercizio di un controllo da parte del delegante vanificherebbe la funzione e la ratio stessa della delega, ossia il trasferimento di un ruolo di controllo su determinati aspetti dell’attività aziendale, rendendo quindi tale supervisione effettiva423. Ciò tenendo conto del fatto che la delega, per poter essere liberatoria, imporrebbe la non intromissione da parte del delegante nelle funzioni attribuite al soggetto delegato424.

419 T. VITARELLI, Delega di funzioni, op. cit., pp. 161-165.

420 S. CASSAR, Il regime giuridico della delega, op. cit., pp. 620-621.

421 P. SOPRANI, A regime il Testo Unico, op. cit., p. 11.

422 F. BASENGHI, La ripartizione intersoggettiva degli obblighi di sicurezza, op. cit., p. 97;A.RUSSO, Delega di funzioni, op. cit., pp. 345-346.

423 S. BERTOCCO, La delegabilità degli obblighi, op. cit., p. 239.

424 N. D’ANGELO, Infortuni sul lavoro, op. cit., pp. 285-286.

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Anzi, in quest’ottica, sarebbe compito del delegato riferire al delegante circa le situazioni sulle quali egli non abbia la concreta capacità di incidere425 con, di converso, l’obbligo del soggetto che delega solo in caso di segnalazione della persona cui la delega viene attribuita o in caso di conoscenza delle sue inadempienze o incapacità426.

Nel caso di mancato intervento a fronte della segnalazione o della incapacità manifesta del delegato, ovviamente, non si determinerebbe alcun effetto liberatorio427.

L’obbligo di vigilanza deve essere quindi contemperato con il divieto di ingerenza nella sfera del delegato428. Difatti, se il titolare della posizione di garanzia non lascia autonomia al preposto, nonostante la delega, esercitando forme di ingerenza sulla sua sfera di competenze, anche non specificamente legate alla particolare attività per cui si determini l’illecito, non viene esclusa la sua responsabilità penale.

Infatti, richiedere l’esercizio di un controllo da parte del datore vuol dire vanificare la funzione della delega429.

425 A. D’AVIRRO, I soggetti responsabili, op. cit., pp. 20 - 21;S. BERTOCCO, La delegabilità degli obblighi, op. cit., p. 239.

426 Cass. pen., sez. III, 3 aprile 1998, n. 4162, in Igiene e sicurezza del Lavoro (ISL), 1998, p. 171.

427 Cass. pen., sez. IV, 9 luglio 2002, n. 26208, con nota di P. SOPRANI, La delega di funzioni: il principio di non connivenza del delegante, in Igiene e Sicurezza del Lavoro (ISL), 2003, 8, p. 447 e ss., che, appunto, attribuisce la responsabilità al delegante. Ovviamente, a fortiori, la responsabilità del delegante sussiste se il delegato abbia chiesto al garante di intervenire ma questi non si sia adeguatamente attivato. Così, la già citata Cass. Pen., 17 gennaio 2000, Natali.

428 In tali termini, già Cass. Sez. Pen., 24 marzo 1981, Riv. Pen., 1982, 309. La giurisprudenza aveva poi modulato questo indirizzo risalente nel tempo, trasformando il requisito dimensionale come avente carattere qualitativo, ossia riferito ad imprese dall’organigramma o dalla struttura societaria complessa, anche di piccole dimensioni. Come ad es. quelle con più unità produttive, o stabilimenti, dislocati in vari luoghi. Sul punto, si v. Cass. pen., sez. IV, 15 luglio 2005, in Igiene e Sicurezza del Lavoro (ISL), 2005, 9, p. 526; Cass. pen., sez. IV, 23 giugno 2004, ivi, 2004, 12, p. 753; Cass. Pen., 3 agosto 2000, già citata, poi, stabilisce che la delega

“comporta un dovere del delegato di riferire al delegante su quelle situazioni nelle quali egli non abbia la concreta possibilità di incidere nel senso voluto.”

429 In base a tale concetto, Cass. Pen., Sez. III, 1 luglio 2002, n. 3524, già citata, ha stabilito che, una volta conferita idonea delega, non sussiste alcun obbligo di sorveglianza sul concreto esercizio dei poteri delegati.

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La dottrina e giurisprudenza prevalente hanno accolto il primo di questi indirizzi inquadrando l’obbligo di vigilanza del datore nell’ambito delle posizioni di garanzia, dirette ad impedire le condotte criminose poste in essere da parte dei terzi; in sostanza, si tratta di un obbligo di impedire l’evento che sorge ex art. 40, c. 2 c.p., sebbene con una serie di correttivi volti a limitare il controllo alle “carenze strutturali”430 derivanti dalle scelte di programmazione generale e strategiche431. Al dirigente dell’organizzazione spetta, quindi, un dovere di orientare le politiche di gestione, evitando danni ai soggetti titolari dei beni giuridici potenzialmente minacciati432.

Ne consegue che l’obbligo di sorveglianza del datore, in qualità di garante primario della sicurezza in azienda sia nell’ambito della disciplina speciale che in quella codicistica, debba coincidere, in quest’ottica, ex art. 16 comma 3 del T.U., con una verifica sulla gestione generale della sicurezza in azienda433 e non con la continua valutazione delle carenze nelle singole funzioni delegate.

Ciò in base ad un assunto molto semplice: il controllo generale della gestione rientra tra le attribuzioni indelegabili del datore di lavoro434, che lo effettua mediante redazione del Documento di Valutazione dei Rischi.

430 T. VITARELLI, Delega di funzioni, op. cit., pp. 162-163.A.RUSSO, Delega di funzioni, op. cit., pp.

346.

431 Cass. pen., sez. IV, 19 luglio 2011, n. 28779, in Diritto e Pratica del Lavoro, 2011, 32, pp. 1899-1905. In dottrina, si v. S. CASSAR, Il regime giuridico della delega, op. cit., pp. 621-622.

432Cass. Pen., Sez. III, 6 maggio 1996, CED n. 01570; Cass. Pen., Sez. III, 14 settembre 1993, n. 8538, Robba. In caso di carenze strutturali, l’opera del delegato non può essere considerata quale unico elemento di verificazione dell’illecito, ma occorrerà indagare se sussista un da parte di quest’ultimo un concorso consapevole ovvero una semplice esecuzione di direttive ricevute.

Ancor più recentemente, Cass. Pen., Sez. IV, 6 febbraio 2007, n. 12794, Chifarisi, che si riferisce in maniera esplicita alle scelte di politica aziendale e al conseguente obbligo di intervento del garante originario.

433 S. BERTOCCO, La delegabilità degli obblighi, op. cit., p. 239.

434 T. VITARELLI, La disciplina della delega, op. cit., p. 48. Idem, Delega di funzioni, op. cit., p. 162.

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Quindi, secondo l’indirizzo maggioritario, l’attività di vigilanza si limiterebbe alle scelte di vertice e di politica aziendale, tralasciando aspetti tecnici ed organizzativi, naturalmente tenendo presente la graduazione di tali controlli a seconda della complessità dell’impresa435.

Coerentemente con tale orientamento, anche la giurisprudenza più recente ha ribadito che gli “obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro”, se delegati, determinano la sussistenza di un obbligo di vigilanza del datore, che però riguarda il corretto espletamento delle funzioni in generale trasferite “e non impone il controllo, momento per momento, delle modalità di svolgimento” delle stesse436.

Ancor più dopo il Decreto del 2009, che prevede che l’obbligo di vigilanza s’intenda assolto con l’adozione e l’efficace attuazione del modello di verifica e controllo ex art. 30 comma 4 TUSL, si distingue dunque un obbligo di agire che grava in capo a determinati soggetti privi del potere di vigilanza e delle possibilità di impedire l’evento in quanto non titolari di alcun rapporto di sorveglianza, una vera e propria posizione di garanzia penalmente rilevante;

l’obbligo, infine, di sorveglianza, gravante su alcune persone, che consiste nel vigilare sullo svolgimento delle attività altrui e nell’informare il titolare del bene giuridico protetto o il garante sull’eventuale violazione delle leggi penali commesse dal controllato.

Il fatto che il legislatore abbia poi utilizzato nell’art. 16 il termine vigilanza, in più, focalizzato sul corretto espletamento delle funzioni trasferite, induce a ritenere che il delegante accerti l’effettività della delega stessa, senza entrare nel merito delle singole scelte operate dal delegato.

435 P. SOPRANI, A regime il nuovo Testo Unico, op. cit., p. 18.

436 Cass. Pen., Sez. IV, 19 marzo 2012, n. 10702, in Guida al Diritto, 17, pp. 46 e segg.

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La nuova disposizione, pertanto, regola i confini della responsabilità penale del datore che effettua la delega, evitando le critiche di indeterminatezza che già iniziavano a colpire la vecchia versione della norma437.

Ancor più, ciò accade se si pensa al fatto che per assolvere l’obbligo sia sufficiente l’efficace “attuazione del modello di verifica e controllo di cui all’art. 30, comma 4”.

L’art. 30 prevede un modello di organizzazione e gestione, idoneo ad avere efficacia esimente della responsabilità amministrativa degli enti ex D.lgs.

231/2001. Il comma 4, poi, disciplina un sistema di controllo su quel modello438.

Tutto ciò, prescindendo da un dato concreto: l’uso del termine “modello di verifica e controllo” da parte dell’art. 16 comma 3, come sinonimo di sistema è improprio, dato che il primo è concetto più ampio del secondo439.

Va ricordato che il D.lgs. n. 231 del 2001 ha regolamentato i modelli di organizzazione, per individuare le fattispecie di responsabilità delle persone giuridiche, incentivando i controlli interni all’ente per evitare la commissione di reati440.

A mio avviso, peraltro, nell’art. 16 comma 3, si ribadisce il concetto per cui l’obbligo di vigilanza non si traduce in una vera e propria posizione di garanzia, impeditiva dell’evento dannoso441. Viene usata dal legislatore la stessa

437 Sulla adozione del modello come modalità di adempimento alternativa, nella formulazione anteriore al decreto correttivo, si v. A. D’AVIRRO, I soggetti responsabili, op. cit., p. 21; T.

VITARELLI, La disciplina, op. cit., p. 49.

438 C. MANCINI, I modelli di organizzazione e di gestione, in G. SANTORO -PASSARELLI (a cura di), La nuova. Sicurezza, op. cit., pp. 173-189.

439 T. VITARELLI, La disciplina della delega, op. cit., p. 49.

440 A. GARGANI, Imputazione del reato degli enti collettivi e responsabilità penale dell’intraneo: due piani correlati?, in Dir. pen. proc., 2002, pp. 1061 e segg.

441 F. BACCHINI (a cura di), Il Testo Unico sulla Sicurezza nei Luoghi di Lavoro, op. cit., p. 48 ritiene che questa norma confermerebbe il divieto di trasferimento della posizione di garanzia del datore di lavoro con la delega di funzioni. Il legislatore, difatti, avrebbe confuso due ambiti di vigilanza, che rispondendo a esigenze e norme diverse, debbono restare fra loro autonomi.

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terminologia degli artt. 6 e 7 del Decreto Legislativo n. 231 del 2001 – con qualche imperfezione tecnica - per l’esonero della responsabilità della persona giuridica nel caso di fatto commesso da soggetto che rivesta una posizione apicale all’interno della stessa o da soggetti sottoposti alla altrui direzione o vigilanza, qualora siano adottati ed efficacemente attuati modelli di organizzazione e gestione.

Ciò si evince, a maggior ragione, dal disposto dell’art. 3, lett. d) del T.U., dove è previsto che i modelli organizzativi e gestionali sono quelli volti alla definizione e all’attuazione di una politica aziendale per la salute e sicurezza, ai sensi dell’art. 6, c. 1, lettera a) del D.Lgs. n. 231 del 2001, idonei a prevenire i reati di cui agli artt. 589 e 590 c.p., con violazione di norme antinfortunistiche.

La vigilanza, pertanto, si sostanzia nell’adozione di opportuni ed adeguati modelli organizzativi.

Quindi la delega, se correttamente conferita, determina un trasferimento della posizione di garanzia e delle relative funzioni in capo al garante derivato.

Si è pertanto chiarito che anche in caso di delega, sul delegante permangono obblighi di vigilanza "in ordine al corretto espletamento delle funzioni trasferite". Nella versione originaria della norma non vi erano, però, riferimenti puntuali rispetto al contenuto dell'obbligo se non in via generale, in relazione alla possibilità che la vigilanza potesse esplicarsi anche attraverso sistemi di verifica e controllo di cui all'art. 30 comma 4.

Con la conseguenza che, qualora il vertice aziendale abbia adottato ed efficacemente attuato il modello di organizzazione e gestione rispondente ai requisiti del D.lgs. 231/2001 e dell’art. 30 TUSL, si avrà contemporanea efficacia esimente della responsabilità per l’ente e per il datore di lavoro; diversamente, laddove l’organo dirigente dell’impresa si sia limitato ad adottare ed attuare il modello di verifica e controllo si cui all’art. 30, 4 co., t.u. sicurezza si produrrà, unicamente, la presunzione di adempimento da parte del datore di lavoro dell’obbligo di vigilanza nei confronti del delegato. Sul punto, si v. S. BERTOCCO, La delegabilità degli obblighi, op. cit., p. 240.

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Il decreto correttivo 106/2009 ha riformato l'ultima parte del terzo comma dell'art. 16 introducendo una presunzione di adempimento dell'obbligo di vigilanza.

In altre parole, sono state precisate e circoscritte le modalità attraverso le quali si soddisfa l'adempimento dell'obbligo.

In dottrina si è discusso circa la natura della presunzione introdotta, in particolare circa il suo atteggiarsi ad essere assoluta, con un'evidente violazione del principio di effettività che pare essere criterio informatore di tutta la disciplina della sicurezza fissata dal Testo Unico442. L'interpretazione più corretta, quindi, dovrebbe orientarsi verso la qualificazione della presunzione quale relativa443, in modo da potersi confutare in giudizio l'eventuale inadeguatezza dell'adempimento in parola, oltre al fatto che l’attività degli organismi di vigilanza è, a sua volta, oggetto di una verifica d’idoneità 444.

Inoltre, si deve sottolineare come il sistema di controllo di cui all'art. 30 comma 4 è a sua volta oggetto di verifica circa la sua idoneità. Questa interpretazione, però, pone un ulteriore interrogativo: dato che l'organismo di vigilanza del modello organizzativo è soggetto esterno non ricompreso tra i garanti, come può ricostruirsi la sua posizione445? Infatti, a voler ritenere che, in materia di sicurezza sul lavoro, l'organismo di vigilanza assuma il ruolo di garante, si comprometterebbe tutta la disciplina del modello ex art. 231/2001

442 P. SOPRANI, A regime il nuovo Testo Unico, op. cit., pp. 12-13.

443 L. GALANTINO, Il Testo Unico novellato, op. cit., p. 23; S.CASSAR, Il regime giuridico della delega, op. cit., p. 623, ove si da atto anche della critica secondo cui la presunzione legale (relativa) non sembrerebbe del tutto convincente, perché nei modelli di organizzazione e gestione il sistema di controllo risponde alla finalità di controllare che tale modello funzioni sia efficace nel tempo e non alla finalità antinfortunistica, ed è affidato ad un soggetto terzo indipendente dal datore di lavoro.

444 A. D’AVIRRO, I soggetti responsabili, op. cit., pp. 21-22; S. BERTOCCO, La delegabilità degli obblighi, op. cit., p. 240. E’ chiaro che comunque la prova liberatoria potrebbe essere estremamente ardua, dovendosi dimostrarsi che l’evento si sarebbe verificato nonostante l’adozione di quel tipo di controllo.

445 Con una ulteriore delega? Sul punto, si v. T. VITARELLI, La disciplina della delega, op. cit., pp.

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che espressamente descrive tale organismo in termini di autonomia e indipendenza.

Sarebbe pertanto necessario, al fine di far funzionare senza intoppi giuridici il sistema appena descritto, individuare organismi cui trasferire la funzione di vigilanza diversi dall'organismo di vigilanza ex D.lgs. n. 231/2001446.

Sul “residuo di responsabilità non delegabile”, comunque, va notato come questo faccia riferimento non solo ai doveri di vigilanza ma alla stessa colpa di organizzazione, intesa come corrispondente ad un obbligo generale di

“organizzare l’impresa in modo adeguato alla salvaguardia degli interessi di terzi, messi in gioco dallo svolgimento dell’attività di impresa”. 447

In ultima analisi, si può notare come il collegamento “normativamente realizzato tra l’assolvimento dell’obbligo di vigilanza e lo strumentario di controllo e garanzia previsto nell’ambito della responsabilità amministrativa” rappresenti una specie di pressione psicologica per il datore di lavoro “che voglia fare ricorso all’istituto della delega di funzioni, onde indurlo ad adottare tutto il sistema cautelare previsto in sede di responsabilità amministrativa per mandare l’ente esente da responsabilità”, compreso, in primo luogo, il modello di organizzazione e di gestione di cui all’art. 6 del D.lgs. n. 231 del 2001, implementato e puntualizzato dall’art. 30 del T.U. 448.

446 A. RUSSO, Delega di funzioni, op. cit., p. 347, rileva la sussistenza di una disparità tra grandi e piccole imprese, poiché quest’ultime difficilmente potranno dotarsi di simili strumenti.

447 D. PULITANO, Igiene e sicurezza, op. cit., 107 ss.; G. GRASSO, Organizzazione aziendale e responsabilità penale per omesso impedimento dell’evento, in Arch. Pen., 1982, 753.

448 Anche se in forma stringente sull’obbligo di vigilanza, ancora inteso nella vecchia versione di obbligo indelegabile, paiono esprimersi M.T. CARINCI, F. MARINELLI, Delega di funzioni, op. cit.; G. AMATO, Le novità introdotte in tema di delega di funzioni, in Cass. Pen., 2009, 5, 206.

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