con repertori digitali e banche dati Fabrizio la Manna
4. Esorcizzare la guerra. La “banalizzazione”
Il depotenziamento del volto tragico della guerra, che si realizza a giudizio di Gibelli anche attraverso lo sfruttamento dell’immaginario infantile, conduce direttamente ad un altro meccanismo analogo, ma speculare, quello della “banalizzazione”. Concetto messo a punto da Mosse, in particolar modo nel volume Le guerre mondiali. Dalla tragedia
al mito dei caduti, esso consiste nella riduzione della guerra a qualcosa
di comune e ovvio, spogliandola dell’aspetto tragico e terribile. In tal senso, la rappresentazione della guerra e del nemico, seppure vivida e impressionistica, raramente è realistica. Questo processo, che serve a controllare e mascherare la guerra, seppur senza ignorarla o trascen-derla, favorì il consolidamento del “mito dell’esperienza della guerra”, rendendola qualcosa di familiare. Anche in questo caso, le cartoline il-lustrate si prestano in maniera efficace al conseguimento dell’obiettivo:
La banalizzazione era una maniera di far fronte alla guerra non esaltandola e glorificandola, ma rendendola qualcosa di familia-re, qualcosa che la gente fosse in grado di scegliere e dominare. La
banalizzazione risulta evidente non soltanto nel kitsch o nella let-teratura-spazzatura, ma anche nelle cartoline illustrate, in giochi e giocattoli, e nel turismo dei campi di battaglia […]. Il ruolo svolto dalle cartoline di guerra umoristiche merita un’attenzione speciale. Trattando con leggerezza i più spaventosi episodi della guerra, esse permettevano di ridimensionarli, di mantenerli sotto controllo […]. L’umorismo contribuì per la sua parte a fare della guerra un feno-meno padroneggiabile. Benché presente sulle cartoline, l’umorismo non rispecchiava la corrente principale del Mito dell’Esperienza della Guerra […]. L’umorismo doveva stare alla larga dalla realtà effettiva della guerra guerreggiata, e questa è forse la ragione per cui sembra prendere a bersaglio quasi sempre il fronte interno. L’umorismo era invece pienamente legittimo – e veniva incoraggiato – quando a farne le spese era il nemico (Mosse 1998, 139-150).
Nell’analisi mossiana il processo di banalizzazione ha un signifi-cato più profondo rispetto alla semplice produzione di souvenir di vario genere (si pensi alle granate usate come fermacarte, oppure ai cuscini con l’effigie dell’imperatore Guglielmo) connessi alla guerra in corso. In questo senso, esso ha il merito di connotare un meccani-smo antipodico rispetto alla brutalizzazione, ma a questo (psicolo-gicamente) riconducibile, nel senso di una comune tendenza a dele-gittimare il nemico spogliandolo di ogni dignità (Figg. 17-19). Nelle cartoline selezionate la banalizzazione del nemico, e per estensione della guerra in generale, attraverso una sua rappresentazione cari-caturale ha l’esplicita finalità di esorcizzare la minaccia incombente. Infatti, le cartoline umoristiche hanno sempre come soggetto il ne-mico, e mai i propri soldati, che viceversa vengono glorificati per il loro sacrificio (Fig. 20) e il supremo eroismo (Fig. 21), mentre non è infrequente il caso in cui l’umorismo si rivolga al fronte interno.
Tuttavia, il meccanismo della messa in ridicolo, che produce un effetto umoristico, corrisponde specularmente al processo di brutaliz-zazione, ma con una finalità ulteriore: non solo rendere più familiare la guerra, deprivandola del suo carattere tragico, ma anche estender-la alestender-la vita quotidiana, attraverso un coinvolgimento del fronte inter-no e il recupero di situazioni ordinarie, di frequente attraverso una traslazione dei contesti. La penetrazione della guerra nel privato e nella vita domestica presuppone oltre che un’estensione della mede-sima, rendendo virtualmente indistinti i due fronti, una mobilitazio-ne che si esercita attraverso un’adesiomobilitazio-ne totalizzante da parte
dell’in-tero corpo della nazione (Menozzi, Procacci & Soldani 2010). Infatti, l’invocata solidarietà nei confronti dei soldati al fronte avviene non solo sul piano immateriale e spirituale della condivisione della tra-gedia collettiva, ma anche su quello materiale della mobilitazione e dello sforzo comune (le rigide politiche annonarie ed i razionamenti sui generi di prima necessità ne sono la prova più evidente: Dentoni 1995). In un certo senso, anche questa indistinzione tra il fronte in-terno e quello delle operazioni belliche può essere interpretata come una conseguenza del processo di banalizzazione. A questo proposito, l’immagine del bambino che goffamente e gioiosamente gioca a fare la guerra ne è una delle principali manifestazioni.
Che i due processi, di brutalizzazione e di banalizzazione, siano intimamente legati e si prefiggano obiettivi non troppo distanti è già stato evidenziato. In chiusura va rilevato anche un altro dato: numero-se cartoline illustrate, manifestando una evidente ambiguità espressiva che le rende difficilmente ascrivibili all’una o all’altra tendenza, confer-mano proprio la comune matrice. Quest’ultimo aspetto si può indivi-duare, ad esempio, in maniera esemplare in una serie di sei cartoline (Les monstres des Cathédrales) che al posto delle chimere di Notre-Dame colloca le deformi figure del nemico, immagini demoniache minaccio-samente incombenti su Parigi, ma allo stesso tempo comiche nella loro fissa mostruosità (Figg. 22-27); oppure, in maniera altrettanto icastica, in quelle cartoline dove la rappresentazione comico-caricaturale si in-scrive all’interno di scene macabre e funeree (Figg. 28-29).
Intese come potenti strumenti di propaganda, le cartoline illustra-te contribuiscono in maniera molto efficace ad orientare l’opinione pubblica, condizionando pesantemente l’immaginario collettivo. Pa-radossalmente, proprio la natura sintetica del messaggio, esplicitato linguisticamente o rappresentato in maniera figurata, l’insistenza su alcuni elementi e meccanismi reiterati, l’utilizzo di una simbologia fortemente connotata costituiscono i punti di forza di una propagan-da che per la sua semplicità sortisce invariabilmente l’effetto auspica-to. Sfruttandone l’ampia diffusione, la natura trasversale e interclassi-sta, le cartoline costituiscono, in uno scenario che non vede ancora la presenza di strumenti di comunicazione di massa alternativi rispetto alla stampa (Sangiovanni 2012), uno dei mezzi più efficaci attraverso cui le nazioni belligeranti cercano di garantire una coesione valoriale a sostegno dell’immane conflitto in corso.