formazione e aggiornamento della Società Italiana delle Storiche
2. La formazione nella storia della SIS
Impossibile rendere conto in questa sede delle molteplici iniziati-ve di formazione che la SIS ha attuato in 30 anni di attività: ci limitia-mo a segnalare le tappe più significative e rilevanti4.
Nel 1990, su iniziativa della presidente Annarita Buttafuoco, prendeva avvio, in collaborazione con l’Università di Siena (di cui era rettore Luigi Berlinguer), la scuola estiva di Storia delle donne presso la Certosa di Pontignano in provincia di Siena, un’esperien-za cruciale per l’interconnessione tra ricerca e formazione, dove «si sperimentava un modo del tutto inedito di fare scuola, forma-zione, aggiornamento e divulgazione» (Scattigno 2006, 508), de-stinata a diventare un appuntamento annuale della Società (anche dopo il trasferimento della sede a Firenze).
Proprio in questo contesto, nella prima scuola estiva, si costitu-iva la Commissione didattica della SIS: le insegnanti che ne face-vano parte proveniface-vano da varie esperienze di rinnovamento di-dattico: dal movimento MCE, fondato in Italia nel 1951 da Freinet, dal LANDIS (Laboratorio Nazionale per la Didattica della Storia) o dai corsi di Ivo Mattozzi, uno degli storici più impegnati su que-sto fronte, o ancora dalle esperienze della Libera Università delle Donne di Milano. Accanto ad esse varie docenti, ugualmente cri-tiche verso «l’irrilevanza della didattica nelle università italiane» (Baeri 1993), altrettanto impegnate a rinnovare la trasmissione del-la storia a partire da sé e dal loro essere donne (Brigadeci 1999, 34). A questo tema la SIS dedicava il seminario annuale organizzato a Orvieto dal 18 al 21 aprile 1991, i cui atti, pubblicati con il titolo
4 Si rinvia per una panoramica ai saggi di Scattigno 2006 e (per il Veneto) a Filippini 2014.
Generazioni. Trasmissione della storia e tradizione delle donne (1993),
rap-presentano il primo mattone di un’elaborazione sulla formazione e la didattica portata avanti negli anni successivi. Il lavoro della Commis-sione didattica, riportato su Agenda. Rivista della Società Italiana delle
Storiche aperta nel 1990, dava impulso ad un’intensa fase di
innova-zione didattica nel territorio, implementando una rete di insegnanti attivi nella sperimentazione e ricerca didattica, da Orvieto (con Lucia Motti), a Torino (con Graziella Bonansea), a Trieste (con Gloria Ne-mec e Anna Di Gianantonio), a Venezia (con Maria Teresa Sega), a Mantova (con Maria Bacchi), a Bologna (con Elda Guerra), a Roma (con Francesca Koch), per ricordare alcune tra le prime componenti, cui si aggiungevano negli anni successivi molte altre insegnanti. Da esse partivano proposte e progetti e anche un primo lavoro di map-patura delle attività.
Alla metà degli anni ’90, le iniziative di formazione ricevevano ul-teriori stimoli dal progetto di riforma dei programmi e rinnovamento della Didattica della Storia avviato dal ministro Giovanni Berlinguer, con il decreto 682/1996 sull’insegnamento della storia del Novecento (Guerra 1997). Lo stesso Ministero della Pubblica Istruzione promuo-veva un piano di formazione nazionale, con la creazione di équipes tu-toriali per l’insegnamento della storia (Panciera & Zannini 2013). Per la SIS l’obiettivo era quello di formare gli insegnanti sul doppio ver-sante della storia di genere e dell’età contemporanea, riconoscendo la centralità dei soggetti (discenti e docenti) nella relazione educativa. Queste le premesse di un documento inviato al ministro Berlinguer nel 19975.
Una sintonia di intenti con il LANDIS sulla necessità di introdurre nella scuola una storia di uomini e di donne e di valorizzare la sogget-tività, portava anche alla stesura di un documento unitario sull’inse-gnamento della storia del Novecento6. A questo tema venivano dedi-cati i seminari di formazione Identità e cittadinanza femminile (Orvieto, 24-25 ottobre 1997), Insegnare il Novecento: fonti, strumenti e materiali.
Uomini e donne nell’Italia contemporanea (Orvieto, 22-23 ottobre 1998).
5 Documento inviato dalla Società Italiana delle Storiche al ministro Berlinguer relativo all’insegnamento della storia del Novecento nell’ultimo anno di scuola media su-periore: Agenda, 18 (1997): 61.
Si arrivava così, in una sinergia di obiettivi, alla definizione di un protocollo d’intesa con il Ministero della Pubblica Istruzione, firmato il 7 agosto 19977, che prevedeva l’attivazione di un corso di formazione pluriennale, che prese il via nel 1998 a Bacoli. Il primo anno venne dedicato al tema Nuove parole, nuovi metodi. Soggettività
femminile, ricerca e didattica della storia (gli atti sono stati
pubbli-cati a cura del Ministero della Pubblica Istruzione e SIS, 2000); il secondo a quello del corpo e dell’identità: Il corpo e la costruzione
dell’identità di genere: ricerca didattica della storia (1999); il terzo a
quello della cittadinanza: Nuove parole, nuovi metodi. La cittadinanza
delle donne (2000).
Proprio in quell’anno, allo snodo del terzo millennio, il nuovo contratto di lavoro siglato dal governo con i sindacati scuola (con-tratto 1998/2001) riconosceva ai docenti (articoli 12 e 13) il diritto alla formazione anche con esonero dal servizio, con la conseguente neces-sità di un riconoscimento pubblico degli enti che operavano in questo campo, come previsto dal D.M. 177 (luglio 2000). Presentate le cre-denziali e superate le verifiche ministeriali, la SIS veniva riconosciuta come ente formatore, con reiterate conferme negli anni successivi.
Questo riconoscimento ha rappresentato una tappa importante nella storia della Società, aprendo ulteriori spazi e opportunità di for-mazione, anche d’intesa con le università che vedevano implementa-re in quegli anni, con la riforma delle lauimplementa-ree triennali e specialistiche (DM 509, 1999), i corsi di storia delle donne e del genere: i seminari e i convegni a questi collegati, diventavano in molti casi opportunità di formazione anche per gli/le insegnanti, così come i congressi nazio-nali: da quello veneziano, Corpi e Storia. Donne e uomini dal mondo
anti-co all’età anti-contemporanea (Venezia 2001, i cui esiti si trovano in Filippini,
Plebani, Scattigno 2002), a quello più recente di Pisa (Genere e storia.
Nuove prospettive di ricerca, febbraio 2017).
Da segnalare anche come particolarmente significativa l’iniziati-va del Ministero delle Pari Opportunità sui libri di testo: il progetto POLITE, varato nel 1996, prevedeva l’impegno da parte degli editori associati AIE a «garantire nella progettazione dei libri di testo e dei materiali didattici per la scuola un’attenzione allo sviluppo
tità di genere come fattore decisivo nell’ambito dell’educazione com-plessiva dei soggetti in formazione» (Codice di autoregolamentazione
Polite. Pari Opportunità nei libri di testo).
Purtroppo, quest’ondata di innovazione sul versante delle poli-tiche ministeriali, sia della Pubblica Istruzione che delle Pari Op-portunità, subiva un’improvvisa battuta d’arresto allo snodo degli anni 2000, con il cambiamento di governo e l’avvento della ministra della Pubblica Istruzione Letizia Moratti, che cancellava rapida-mente, nel 2001, il progetto di riforma dei curricula elaborato dalla Commissione istituita dal ministro Tullio De Mauro. I drastici tagli di personale attuati nel settore, con la riduzione dei tempi scuola, mettevano inoltre fortemente in crisi proprio le esperienze didatti-che più avanzate, i laboratori di ricerca pomeridiani spesso attuati nel tempo pieno.
Mentre in altri paesi, come in Francia, le disposizioni sui pro-grammi di storia e geografia prevedevano esplicitamente che l’inse-gnamento considerasse i soggetti sessuati, le Indicazioni ministeriali italiane per i programmi scolastici, varate nel 2004 e nel 20108, segna-vano un deciso arretramento su questo fronte, con l’abbandono di ogni riferimento alla storia delle donne e ai gender studies, derubricati a scelte formative integrative ed extracurricolari (Ellena 2013), ricon-fermando «l’assoluta in-differenza, negazione o timore verso i temi del genere», anche nella materia “Cittadinanza e Costituzione” (Val-leri 2018, 137). Un indirizzo riaffermato anche nelle indicazioni che accompagnavano il concorso a cattedre indetto il 24 settembre 2012.
Un ulteriore segnale negativo era l’abbandono del programma POLITE e del programma UNAR avviato dalla ministra Carrozza, contro le discriminazioni sull’orientamento sessuale e l’identità di genere, deciso dal sottosegretario di Stato MIUR, Gabriele Tocca-fondi. Tutto questo mentre montava nel paese, da parte di ambienti cattolici conservatori, un attacco alla cosiddetta “teoria del genere”, vista come sovversiva cancellazione delle differenze sessuali poste come ontologiche.
In questo nuovo e più complesso orizzonte riprendeva l’attività della SIS su questo fronte, con la ricostituzione di un Gruppo di
voro sulla didattica, coordinato da Liviana Gazzetta, con l’obiettivo di riaprire una riflessione, di individuare nuove strategie e strumenti di lavoro, nuovi “attrezzi” che tenessero conto delle trasformazioni in atto, alla luce del bagaglio di competenze e conoscenze acquisite.
Il tema veniva posto al centro del seminario annuale della SIS del 2012: Una storia d’altro genere. Riflessioni sul difficile rapporto tra
di-dattica, insegnamento e ricerca (Firenze, 16 giugno), con interventi di
Liviana Gazzetta, Gianna Pomata, Elda Guerra, Elvira Valleri, Anna Scattigno. Vi facevano seguito i convegni/seminari di Sesto San Gio-vanni (29 ottobre 2013, con relativi atti in Di Barbora 2014), di Lucca (Il genere a scuola: esperienze di didattica della storia in Toscana, 16 ottobre 2014) e Siena (In “genere” si parte dalla scuola, 15 marzo 2014).
Nel 2012 la SIS sottoscriveva la lettera aperta inviata al ministro Profumo dal Laboratorio di studi femministi “Anna Rita Simeone” e dall’Università La Sapienza di Roma sull’assenza degli studi di storia delle donne e di genere nelle indicazioni del concorso a cattedre.
Nell’aprile 2014 il direttivo interveniva sul dibattito intorno alla co-siddetta “teoria del genere”, inviando alla ministra Stefania Giannini una lettera in cui faceva chiarezza sull’uso e l’importanza della categoria del genere nell’interpretazione delle realtà storico-sociali del passato e del presente:
L’educazione al genere può contribuire ad una formazione civile e intellettuale più completa: essa aiuta a riflettere sugli stereotipi ses-suali, che tanto facilmente vengono riemergendo nelle nostre società, a combattere i pregiudizi, a sviluppare consapevolezza dei condizion-amenti storico-culturali ricevuti. Di qui l’aiuto che essa può dare allo sviluppo di una società più giusta e tollerante, aperta al riconoscimen-to delle differenze, nel segno di un approccio critico alle idee e ai sa-peri, di una lotta più consapevole contro le discriminazioni sessuali e l’omofobia, e di una prevenzione efficace e capillare di schemi di comportamento violenti, frutto di stereotipi del passato incapaci di di-alogare con le esigenze e le realtà dell’oggi. Privare la scuola pubblica di questo ruolo ci pare miope e ingiusto9.
Nel contempo, proseguivano nel territorio le attività e i corsi di formazione, anche con la sigla di protocolli d’intesa con enti locali e
9 Lettera del direttivo della Società Italiana delle Storiche all’on. Stefania Giannini, ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e all’on. Teresa Bellanova, sottosegretaria al Ministero del Lavoro, aprile 2014.
università, come quello definito nel 2015 con la Regione Veneto per la realizzazione di progetti formativi per le scuole del territorio. Pre-vedeva l’organizzazione, in sinergia con l’Ufficio scolastico regionale, di due iniziative sul tema delle Donne e Prima guerra mondiale (a Padova: Donne e scuola nella Grande guerra. Profili biografici e percorsi
didattici, 3 novembre 2014) e a Venezia: Donne e Prima Guerra Mondiale in area Veneta (26 febbraio 2015, con relativi atti in Filippini 2017). Altri
protocolli sono stati sottoscritti con il Dipartimento Studi Umanistici di Venezia (2009) e con quello FISPPA dell’Università di Padova, cui afferisce il Museo dell’Educazione.
Il più recente passaggio di questa storia è connesso con il varo del DM 170/2016, che ha rivisto le modalità di accreditamento degli enti formativi e fissato nuove norme e procedure per la frequenza ai corsi, con l’istituzione della piattaforma on-line SOFIA, riconoscendo ai docenti la possibilità di accedere a stanziamenti ministeriali per la formazione.