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Essere trafficante, bambini che diventano uomini.

MADRI ADOLESCENTI NELLE FAVELAS

3.2 Essere trafficante, bambini che diventano uomini.

Queste forme di isolamento e di invisibilità sociale contribuiscono alla riproduzione della povertà, creando un circolo vizioso. La situazione attuale, causata dagli scontri tra trafficanti e Polizia Pacificatrice, ha trasformato nuovamente le favelas in uno scenario di guerra. Il Department of Peace and

Conflict Research dell’Università di Uppsala definisce “guerra” o “conflitto

armato” con le seguenti parole: “si considera un incompatibilità contestata che

coinvolge il governo e/o il territorio in cui si ricorre alle forze armate tra due

parti, di cui almeno uno delle due parti è il governo di uno stato, che porti ad

almeno 25 vittime a causa degli scontri”174. Rio de Janeiro, pertanto, può essere considerato uno stato in guerra: gli scontri tra trafficanti e polizia pacificatrice rappresentano uno scontro tra criminali e stato. Gli episodi di cronaca verificatisi a Rocinha negli ultimi mesi lo possono confermare.

È stato dimostrato che la situazione della violenza nella favela produce sui bambini effetti simili a quelli causati dalla guerra.175 Nelle favelas in mano al potere del narcotraffico i bambini cominciano sin da piccolissimi ad osservare e ad interagire coi trafficanti. Il loro ingresso nel traffico di stupefacenti è in aumento negli anni.

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Definizione fornita dall’Armed Conflict Data project del Dipartimento di Ricerca su Pace e Conflitti dell’Università d Uppsala.

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Das, V. and Reynolds, P. (2003) The Child on the Wing: Children Negotiating the Everyday in the Geography of Violence. Department of Anthropology, Johns Hopkins University.

! Figura 5 - Un poliziotto della UPP e una bambina nelle strade di Rocinha. Fonte O Globo

Questo dipende da vari elementi, tra questi possiamo evidenziare: la difficoltà di riuscire a trovare altre fonti di reddito per contribuire alla sopravvivenza della famiglia, accesso ai beni di consumo che altrimenti non potrebbero possedere, raggiungimento di uno status sociale.176

Il meccanismo di reclutamento, che è possibile osservare anche attraverso film come “Città di Dio”, è molto semplice ed esplicativo di questa situazione: i più piccoli cominciano a fare i “postini”, guadagnano qualche monetina e portano da bere ai trafficanti, in seguito diventano “sentinelle” lanciando dei segnali per avvisare dell’arrivo della polizia, il gradino successivo è quello di “venditore” nella favela, oppure di “soldato armato”. Un abitante di favela commenta con queste parole: “alle volte entrano nel giro perché pensano che sia normale, è ciò

che vedono tutti i giorni”.177 !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 176

Dowdney, L. (2002). Crianças combatentes em violência armada organizada: um estudo de crianças e adolescentes envolvidos nas disputas territoriais das facções de drogas no Rio de Janeiro. Os dados para a pesquisa, que recebeu o apoio da UNESCO, Ford Foundation e Save Children, foram coletados entre dez.

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In questo scenario i bambini devono fare i conti con un mondo che non è a misura di bambino. Lo stesso concetto d’infanzia, nel contesto del narcotraffico non è definito secondo criteri anagrafici, bensì in base alla maturità e capacità di svolgere un buon lavoro. In altre parole la definizione di “bambino” nel mondo del narcotraffico è racchiusa nel non essere in grado di svolgere i lavori più semplici, come quello di “vedetta”178. Inoltre un bambino considerato affidabile e maturo viene definito “adulto e meno infantile”.

Nel film di Meirelles troviamo una scena molto significativa che conferma quanto affermato, il piccolo Filédefrango che ha circa 8 anni, venendo definito appunto come un bambino, replica: “io fumo, sniffo, ho ammazzato, ho rubato,

sono grande, sono un uomo”. Per quanto estrema, questa frase racchiude

perfettamente la differenza tra bambino e adulto, immaturo e maturo, tipica di questa realtà.

Una situazione di violenza come questa ricade sulla vita di giovani e bambini, non essendo questi rispettati e protetti in quanto tali. L’età media di entrata nel narcotraffico, come attività principale di sostentamento, si aggira intorno ai 13 anni, dopo un processo di “affiancamento” dei trafficanti più grandi iniziato sin da bambini.179 Questi vivono a stretto contatto coi trafficanti, i quali fanno parte del vissuto quotidiana. La presenza dei trafficanti è considerata come la normalità, così come le interazioni con essi da parte dei bambini. Il reclutamento dei giovanissimi nel sistema del narcotraffico, al contrario di quanto ci si possa aspettare, nella maggior parte dei casi non è di iniziativa dei trafficanti, piuttosto !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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Vedetta tradotto dal termine “olheiro”, letteralmente “colui che tiene d’occhio”. Fare da olheiro è uno degli incarichi alla base della piramide della gerarchia dei trafficanti. I bambini che si trovano nella parte bassa, per mezzo di aquiloni colorati, hanno il compito di avvisare dell’arrivo della polizia o di estranei che si accingono a risalire il morro. Nel caso in cui vengano usati i fuochi d’artificio per la segnalazione si tratterà di “fogueteiro” letteralmente “quello che fa fuochi”.

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sono i bambini stessi che mostrano interesse verso questo mondo. Succede spesso che i bambini giochino in spazi molto prossimi alle boca de fumo - i principali luoghi di spaccio nelle comunità - e i primi contatti con i trafficanti possono avvenire persino per gioco.

Essere trafficante conferisce potere, prestigio, ricchezza ed è una posizione ambita da molti giovani: si diventa trafficante ancora durante l’adolescenza180. La vita da bandito, però, comporta altissimi rischi per la vita: i giovanissimi trafficanti vivono con la consapevolezza che potrebbero morire presto. Essere trafficante rappresenta per molti una possibilità di riscatto sociale, un ruolo di rilievo della comunità e una maniera di uscire dalla condizione cronica di miseria in cui sono cresciuti. 181 Dall’altro lato di questa triste e violenta realtà, esiste una generale tendenza a colpevolizzare i giovani, senza concedere nessuna possibilità di salvezza. L’atteggiamento deterministico in questo senso è un elemento deleterio perché non è in grado di fornire proposte alternative e soluzioni a questi schemi sociali, piuttosto favorisce l’istaurarsi di un circolo vizioso in cui alla violenza si risponde con violenza, e le conseguenze di questi conflitti colpiscono i bambini ed i giovani182.

Con l’arrivo della UPP e l’inizio del processo di pacificazione, questo sistema è stato in parte scosso, ma è ancora troppo presto per comprendere come si sia adeguato al cambiamento. Gli stessi abitanti sono ancora confusi, e quando parlano del dominio dei trafficanti, spesso lo ricordano con nostalgia183. Il !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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Art. cit. 181

Dowdney, L. (2002). Crianças combatentes em violência armada organizada: um estudo de crianças e adolescentes envolvidos nas disputas territoriais das facções de drogas no Rio de Janeiro. Os dados para a pesquisa, que recebeu o apoio da UNESCO, Ford Foundation e Save Children, foram coletados entre dez.

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De Carvalho, J. E. C. (2007). How can a child be a mother? Discourse on teenage pregnancy in a Brazilian favela. Culture, health & sexuality, 9(2), 109-120.

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comportamento della polizia nei confronti degli abitanti della favela è spesso violento, aggressivo, umiliante. Esistono numerosi casi di denunce di abuso di potere, e probabilmente molte vittime non riescono nemmeno a sporgere denuncia perché i poliziotti nella centrale si rifiutano di ascoltarli184. Tra i racconti di vita degli studenti del Ciep Ayrton Senna troviamo molti racconti delle irruzioni della polizia e di come gli abitanti abbiano subito degli atteggiamenti molto aggressivi e traumatici. Le testimonianze del documento Minha Historia Minha Vida risalgono al 2010, un anno prima dell’occupazione di Rocinha da parte delle forze armate per la pacificazione. Ìgor Jaques Lima da Rocha ricorda la sua infanzia e racconta delle incursioni della polizia negli anni ‘90:

Rocinha era un bel posto, e allo stesso tempo un brutto posto per vivere. Quando arrivava la polizia nella favela tutto il mondo correva, mio padre doveva chiudere il bar di corsa perché aveva paura che quelli della polizia lo prendessero e portassero via. Io tornavo con lui a casa per restare lì con mia mamma e le mie sorelle. Cercavamo di dormire ma a volte era impossibile! Per colpa degli spari che rimbombavano forti e finivano solo quando la polizia andava via.

Un altro giovane racconta un episodio avvenuto nel 2009 in cui è stato inseguito dalla polizia, per poi essere picchiato e la sua moto è stata sequestrata:

Quando ho compiuto 16 anni mio padre mi ha regalato una moto, ho cominciato a lavorare con questa. Facevo molti giri, e un giorno durante un giro un poliziotto ha acceso le sirene ed ha cercato di fermarmi. Io non avevo fatto nulla, era un abuso da parte sua, ha buttato la sua moto davanti

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alla mia, ha provato a farmi cadere. Mi ha mandato su tutte le furie, e ho corso. Mi ha inseguito ma poi è caduto quindi sono andato molto avanti, ma a quel punto un altro poliziotto è riuscito a fermarmi. Mi ha chiesto se ero io quello che stava scappando, io ho detto di no e mi stava liberando, ma poi è arrivato l’altro poliziotto che mi stava inseguendo e mi ha riconosciuto. Mi hanno ordinato di stendermi a terra, ma l’asfalto era bollente e mi sono rifiutato. A quel punto hanno iniziato a picchiarmi. Hanno preso la mia moto e hanno detto che l’avrebbero portata al deposito di Curicica, ma quando sono andato lì a riprenderla non ce n’era più traccia. Non so cosa ci hanno fatto con la mia moto.

Gli abitanti di Rocinha, come di molte altre comunità, vivono questo contesto di stigma e rimangono isolate dal resto della città. Devono affrontare da sole la violenza del traffico di droga e anche quella della polizia. In questo ambiente gli adolescenti ed i bambini pagano il prezzo più alto, crescendo con modelli poco adeguati, trascurati dalle famiglie di origine e a scuola.