IV. Elementi per una cronologia del sovversivismo pisano
1. Sovversivismo e antifascismo a Pisa nel Casellario Politico Centrale
1.1 Eversivi pisani tra la seconda metà dell’Ottocento e il 1900
Come anticipato all’inizio del capitolo precedente, dalle informazioni presenti nei libri e nelle ricerche sull’antifascismo pisano ad oggi disponibili, ricostruire con precisione l’antifa- scismo cittadino tra l’inizio degli anni Venti e la caduta del regime fascista è un compito molto arduo e complesso data la quasi totale mancanza di notizie, eccetto testimonianze e qualche narrazione di fatti più o meno significativi occorsi nella città toscana durante il ventennio; pro- prio per questo, cercherò di integrare quello che già sappiamo e che ho esposto nel precedente capitolo con altre nuove informazioni ricavate dai fascicoli dei sovversivi pisani consultati presso il fondo Casellario Politico Centrale all’interno dell’Archivio Centrale dello Stato che si trova a Roma.
Come vedremo nelle conclusioni, una parte significativa dei sovversivi pisani consultati nacque nella seconda metà dell’Ottocento e tale riflessione può essere allargata a tutti e 858 i sovversivi della città schedati dalle autorità, portando in questo modo ad una prima importante indicazione, ovvero il fatto che una parte nettamente maggioritaria degli eversivi pisani è cre- sciuta all’interno di uno Stato libero e privo delle grossolane limitazioni alle libertà imposte dal fascismo mentre solo una piccola parte di essi ha conosciuto soltanto il regime di Mussolini, per cui potremmo, in modo del tutto azzardato, concludere che la stragrande maggioranza dei sovversivi pisani presi in esame nel Casellario Politico Centrale era contraria all’ordine costi- tuito prima ancora che antifascista convinta, e si ritrovò ad affrontare e combattere il fascismo con i medesimi mezzi e le medesime convinzioni con le quali nei decenni passati aveva affron- tato e messo in discussione l’ordine costituito dei governi liberali.
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Dalla consultazione dei 178 fascicoli presi in esame emerge che tra la seconda metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento la maggior parte dei sovversivi pisani era stata schedata per fatti di ordine sociale piuttosto che politico; infatti, tra coloro che subirono un processo da parte dei vari soggetti giuridici preposti, la maggior parte di essi fu condannata per atti spesso estranei alla politica, come per esempio minacce a mano armata, furti, lesioni, disturbo alla quiete pubblica. Tra di essi ricordiamo, Giuseppe Tognetti161, uno dei primi sovversivi della città ad essere schedati nel Casellario Politico Centrale, nel 1869 fu condannato per furto mentre nel 1876 per lesioni gravi, Casimiro Sivieri un anarchico che dal 1874 al 1888 subì ben quat- tordici condanne per frode, ingiurie, lesioni, ubriachezza, resistenza alle autorità pubbliche162, Silvio Paolicchi il quale nel 1887 venne condannato per minacce e delazione di arma violenta, nel 1889 per ubriachezza mentre nel 1892 per aver sparato contro una sezione elettorale163, oppure ancora Armando Corucci che tra il 1893 e il 1898 subì varie condanne per resistenza a pubblico ufficiale, porto d’armi abusivo, truffa, lesioni e istigazioni a delinquere164.
Con ciò non vogliamo negare che tali atti fossero del tutto scollegati da ragioni politiche poiché una parte non trascurabile di essi può essere ricollegata ad aspetti di natura politica piut- tosto che prettamente sociale; infatti, per esempio, Agamennone Bertolli165, Oreste Bertolli166, Vittorio Cardosi167, Gaetano Cellai168, Giuseppe Luigi Di Ciolo169 il quale fu addirittura licen- ziato dal ruolo di insegnante a causa della propaganda di idee anarchiche, e altri (la maggior parte dei quali di orientamento anarchico), svolsero un ruolo molto importante alla fine del XIX secolo nella propaganda delle proprie idee soprattutto nel mondo operaio, aspetto che conferma ancora una volta la preponderanza dell’anarchismo rispetto al socialismo all’interno del tessuto urbano di Pisa. Allo stesso modo, alcuni tra i primi pisani schedati, nell’estate del 1900, si resero protagonisti della sottoscrizione di una protesta in favore degli anarchici processati ad Ancona
161 ACS, CPC, busta 5119, fascicolo 016939 (Tognetti Giuseppe). Da ora in poi riporterò in nota soltanto i fascicoli
citati per la prima volta; quando un medesimo fascicolo sarà citato più di una volta non verrà riportata alcuna indicazione. Comunque, per una completa visione dei fascicoli consultati si veda la “Tabella completa dei fascicoli analizzati” in Appendice.
162 Ivi, b. 4840, f. 105479 (Sivieri Casimiro). 163 Ivi, b. 3710, f. Paolicchi Silvio.
164 Ivi, b. 1495, f. Corucci Armando. 165 Ivi, b. 576, f. Bertolli Agamennone. 166 Ibid., f. Bertolli Oreste Carlo. 167 Ivi, b. 1076, f. Cardosi Vittorio. 168 Ivi, b. 1234, f. Cellai Gaetano.
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e accusati di associazione sediziosa, sottoscrizione che per alcuni sovversivi (per esempio An- gelo Manzi170, Ettore Cheloni, Ettore Del Corso171 e Opelio Sbrana), stando alle carte del Ca- sellario Politico Centrale, ha rappresentato la principale o comunque uno dei principali modi di opposizione politica all’ordine costituito.
Tuttavia, appare evidente che la maggior parte delle azioni compiute da eversivi pisani tra fine Ottocento e inizio Novecento, benché compiuti da sovversivi contrari all’ordine politico costituito, assuma caratteri soprattutto sociali o di mero istinto di sopravvivenza, anche a causa delle negative congiunture economiche della seconda metà dell’Ottocento, epoca caratterizzata da un’importante sviluppo industriale a discapito del lavoro manuale. Quindi, anche se i sov- versivi pisani condannati alla fine dell’Ottocento rappresentavano certamente un pericolo per la stabilità politica del Paese, essi venivano fermati e controllati soprattutto per mantenere un minimo di ordine sociale.
A dimostrazione di quanto detto a inizio capitolo, ovvero il fatto che coloro che furono schedati decenni prima dell’avvento del fascismo avevano sentimenti sovversivi qualunque fosse il tipo e l’orientamento del governo in carica piuttosto che antifascisti convinti, è suffi- ciente vedere come su circa trenta individui che nella seconda metà dell’Ottocento violarono, più o meno sistematicamente le leggi, una parte consistente di essi, una volta che il fascismo prese il potere, si ritirò a vita privata, disinteressandosi di politica o addirittura iscrivendosi alle organizzazioni del regime oppure direttamente al Partito Nazionale Fascista.
A seguire un tale comportamento furono tra gli altri Pilade Balestri172, un anarchico iscritto a varie organizzazioni sovversive che tuttavia con l’avvento del fascismo abbandonò le proprie idee e si occupò soltanto del proprio lavoro, Agamennone Bertolli che già dall’inizio degli anni Dieci del Novecento rinunciò a prendere parte alle riunioni del partito anarchico e dalla metà del decennio si allontanò definitivamente dalla politica continuando a rimanere lon- tano da essa anche durante il regime fascista, Vittorio Cardosi il quale a partire dal 1923, pur continuando a professare idee anarchiche, si mantenne estraneo alla politica e al partito anche a causa dell’età avanzata e di precarie condizioni di salute, Gaetano Cellai il quale, anche in questo caso, benché avesse mantenuto le proprie idee anarchiche sotto il fascismo cessò di oc- cuparsi di politica, Ettore Cheloni che dal 1912 si avvicinò al cattolicesimo e abbandonò le propri idee anarchiche, mantenendosi estraneo alla politica anche sotto il fascismo173, Menotti Ciuti il quale durante i primi anni del fascismo continuò ad avere idee anarchiche senza tuttavia
170 Ivi, b. 3005, f. Manzi Angelo. 171 Ivi, b. 1672, f. Del Corso Ettore. 172 Ivi, b. 287, f. Balestri Pilade. 173 Ivi, b. 1282, f. Cheloni Ettore.
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occuparsi di politica174, Emilio Del Corso anche lui anarchico che dopo aver tentato la fortuna in Inghilterra ai primi del Novecento fu rimpatriato in Italia dove sotto il fascismo condusse una vita ritirata senza comportamenti rilevanti in politica pur mantenendo le proprie idee175, e Vittorio Sbrana che dopo aver professato idee anarchiche per alcuni decenni tra la fine dell’Ot- tocento e il primo ventennio del Novecento, durante il regime fascista cessò di occuparsi di politica e nel 1929 venne radiato dallo schedario del Casellario Politico in quanto le autorità fasciste ritennero che avesse dato sufficienti prove di ravvedimento176.
Uno dei fattori che influenzò la scelta dei primi sovversivi pisani di cessare la propria attività politica e di propaganda in seguito all’ascesa del fascismo fu sicuramente l’età avanzata di molti di loro e di conseguenza, in alcuni casi, la salute malferma e precaria; a mio parere, tuttavia, tale giustificazione probabilmente portata avanti da molti di loro, non fa altro che raf- forzare ulteriormente l’idea che questi primi sovversivi ben poco avessero a che fare con l’an- tifascismo vero e proprio inteso come opposizione convinta al governo di Mussolini, dimo- strando in questo modo di essere stati dei semplici “disturbatori dell’ordine sociale”, magari anche con fini politici ma i cui atti ebbero effetti quasi esclusivamente in campo sociale, piut- tosto che in quello politico.
Nell’ultimo decennio del Novecento iniziò la sua opera sovversiva, che con il tempo si trasformerà in aperto antifascismo, uno dei più famosi eversivi pisani che si siano affermati al di fuori dei confini della città nonché uno dei principali, se non il principale, sovversivo pisano che abbia operato a partire dalla fine dell’Ottocento, ovvero Augusto Castrucci. Quest’ultimo nacque a Pisa il 1° gennaio del 1872 e fin da ragazzo si avvicinò agli ideali anarchici grazie anche al lavoro di apprendista tipografo che gli permise di entrare in contatto con un ambiente fortemente impregnato di idee sovversive; non ancora ventenne, nel 1891 le autorità lo indica- rono come uno dei responsabili del gruppo “Bakunin” di San Zeno, mentre due anni dopo par- tecipò al concorso per la Scuola di operai allievi fuochisti di Pisa risultando idoneo, per cui fu inviato alla scuola di Milano dove terminò il corso nel 1894. Tre anni dopo il sovversivo aderì alla Lega dei ferrovieri italiani e, nonostante il suo scioglimento avvenuto nel 1898, Castrucci continuò a militare all’interno della nuova organizzazione sindacale chiamata “Riscatto ferro- viario”.
174 Ivi, b. 1373, f. Ciuti Menotti. 175 Ivi, b. 1672, f. Del Corso Emilio. 176 Ivi, b. 4642, f. 016954 (Sbrana Vittorio).
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Dopo aver subito vari spostamenti per disposizione delle questure locali, nel giugno del 1900 il sovversivo sostenne a Napoli il concorso per macchinista riuscendo a vincerlo, in se- guito al quale entrò a far parte della nuova Federazione di sindacati e sodalizi ferrovieri del quale divenne rappresentante prima a Siena e poi a Pisa; gli anni successivi furono un periodo molte teso e movimentato per il sindacalismo italiano e in particolare per quello di carattere ferroviario a causa sia del primo sciopero generale nazionale del 1904 sia per le manifestazioni e le proteste dei ferrovieri, scoppiate nel 1905, intenzionati a difendere strenuamente il proprio diritto allo sciopero. Proprio in questo secondo caso, Castrucci si mise in evidenza come pro- motore e guida direttiva degli scioperi, come constatarono le stesse autorità pubbliche.
Secondo le indicazioni fornite dalla scheda biografica compilata dalla Prefettura di Pisa, nel maggio del 1905 risulta che il sovversivo godesse di una discreta fama all’interno dell’opi- nione pubblica, frequentasse socialisti e anarchici, esercitasse una notevole influenza tra i suoi compagni di idee e di lavoro e che ogni tanto scrivesse articoli per il giornale «Il Treno», oltre a ricevere e inviare stampe sovversive. Inoltre, nel 1906 fu tra i più ferventi e principali soste- nitori della riunificazione del Sindacato conduttori con le altre categorie sindacali ferroviarie, in seguito alla quale nacque la nuova organizzazione unitaria, il Sindacato Ferrovieri Italiani (SFI), all’interno del cui Consiglio generale Castrucci entrò a far parte con il ruolo di segretario della Commissione del personale di macchina; nello stesso anno, e più precisamente nel giugno 1907, egli prese parte a Roma al Congresso anarchico italiano e, sempre in quegli anni, colla- borò con vari giornali di stampo anarchico tra i quali «L’Avvenire Anarchico».
Nel settembre del 1908 Castrucci partecipò al Congresso toscano-maremmano rivoluzio- nario che ebbe luogo a Pisa con il fine di raccogliere un contributo finanziario da destinare agli scioperanti di Parma, mentre poco tempo dopo, il 1° novembre dello stesso 1908, fondò la ri- vista «In Marcia», espressione degli ideali e delle rivendicazioni economiche e morali dei fer- rovieri macchinisti, i cui principi e le cui richieste furono declamate dal sovversivo in occasione della festa del 1° maggio del 1910. Inoltre, alla fine di ottobre dello stesso anno, egli si recò a Firenze per partecipare ad una riunione con i propri compagni concernente i turni di servizio, mentre due mesi dopo partecipò al 3° Congresso regionale degli anarchici della Maremma e della Toscana che, come vedremo, si tenne al teatro Redini di Pisa.
Il 24 aprile 1911, invece, si recò a Milano per prendere parte al Congresso del sindacato italiano ferrovieri, in quanto membro del Consiglio generale; negli anni che precedettero lo scoppio della Prima Guerra mondiale Castrucci si distinse per la propria attività sindacale di rivendicazione autonoma rispetto alla possibilità di adesione con la Camera Generale del La- voro, come emerse nel V Congresso del Sindacato Ferrovieri Italiano tenutosi nel 1913, mentre
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due anni dopo, poco prima dell’entrata in guerra dell’Italia, il sindacalista pisano cambiò il proprio orientamento mostrandosi favorevole ad una adesione all’Unione Sindacale Italiana.
Durante gli scioperi di giugno del 1914, all’interno della così detta Settimana rossa, la presenza nelle manifestazioni e nelle proteste della categoria dei ferrovieri fu abbastanza limi- tata, anche se, una volta calmatesi le acque, la reazione non tardò ad arrivare, andando a colpire non pochi ferrovieri tra i quali lo stesso Castrucci che venne retrocesso al ruolo di fuochista per un anno; nel gennaio del 1915, nel clima teso che si era creato in Italia tra neutralisti e inter- ventisti, il sovversivo partecipò al Convegno anarchico italiano che ebbe luogo a Pisa, durante il quale venne approvata la sua mozione conclusiva con la quale si ribadiva la netta presa di posizione dell’anarchismo italiano in senso antibellicista e si proponevano scioperi e proteste contro la guerra.
Proprio in tal senso, il 17 maggio 1915, appena una settimana prima dell’ingresso dell’Ita- lia nel conflitto, Castrucci fu arrestato dalle autorità perché sorpreso a capeggiare un gruppo di sovversivi che scorrazzava per le vie della città imponendo ai negozianti la chiusura dei loro esercizi affinché partecipassero ad un comizio pacifista e neutralista indetto da anarchici e so- cialisti che si sarebbe tenuto a metà pomeriggio in Piazza dei Cavalieri. Tuttavia, nonostante l’arresto, il 25 maggio dello stesso mese il Giudice Istruttore di Pisa prosciolse il sindacalista pisano per mancanza di prove di colpevolezza anche se fu tenuto in carcere fino al 29 maggio per misure di sicurezza in quanto si era dimostrato un fervente promotore di un sabotaggio alle linee ferroviarie che doveva essere messo in atto in seguito alla mobilitazione di guerra decre- tata dal governo italiano nei giorni precedenti.
Il 9 giugno del 1915, dopo aver trascorso un anno da fuochista come punizione per aver partecipato agli scioperi del giugno dell’anno precedente, il sindacalista pisano fu riammesso in servizio come macchinista; terminato il conflitto, Castrucci si impegnò a pieno negli scioperi e nelle rivendicazioni sociali ed economiche che attraversarono il Paese negli anni successivi alla Prima Guerra mondiale, come dimostrano i suoi interventi a varie riunioni e adunate dei ferrovieri (per esempio nell’aprile del 1916 ad Ancona, nel giugno dello stesso anno a Pisa, nel giugno del 1917 a Milano e nell’ottobre dello stesso 1917 a Firenze) e la sua partecipazione, alla fine di dicembre del 1918, ad una riunione dei ferrovieri nella quale tenne un discorso sulle agitazioni rivendicative per l’ottenimento delle otto ore di lavoro e sulle proteste per la mobili- tazione dell’esercito e dei ferrovieri, propose l’amnistia per i reati riguardanti le leggi eccezio- nali, commessi durante il periodo di guerra, auspicò l’unità sindacale e sottolineò la prepara- zione dei ferrovieri pisani a scendere in piazza qualora il governo si fosse rifiutato di approvare le loro rivendicazioni.
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Come risulta dalle carte del Casellario Politico Centrale, a partire dallo stesso 1918 iniziò un lungo ed estenuante braccio di ferro tra la Prefettura di Pisa e la Direzione Generale delle Ferrovie dello Stato riguardo al trasferimento o meno di Castrucci in un altro luogo di lavoro a causa del suo continuo e incessante impegno in campo sindacale e sovversivo; infatti, mentre da una parte la Prefettura di Pisa auspicava ed esortava il Ministero dell’Interno a far trasferire il prima possibile il ferroviere pisano in una piccola e isolata località del Sud Italia, dall’altra parte i dirigenti delle Ferrovie dello Stato si mostrarono molto più cauti e attendisti, preoccupati che una simile mossa avrebbe potuto aumentare il prestigio e la fama di Castrucci dipingendolo agli occhi dei suoi compagni di lavoro come un perseguitato politico. Per il momento, quindi, anche il Ministero dell’Interno acconsentì a rimandare il suo trasferimento nell’eventualità che venisse meno ai suoi obblighi lavorativi.
In seguito ad indagini effettuate dalle autorità pubbliche all’inizio di novembre del 1919, fu scoperto che il sovversivo, durante un’adunata di anarchici, venne accusato dai suoi stessi compagni di aver guidato il treno sul quale aveva viaggiato il Re, senza mettere in atto alcun gesto eclatante; in seguito a tali accuse, Castrucci si scusò e sostenne che la prossima volta in cui il Re avesse viaggiato sullo stesso treno nel quale lui stesso si trovava, avrebbe messo in atto qualsiasi azione fosse stata decisa di comune accordo. Dopo che i dirigenti delle Ferrovie dello Stato vennero a conoscenza di tale episodio, fu deciso di evitare che in futuro il sindaca- lista pisano si potesse trovare di nuovo sullo stesso treno sul quale viaggia il Re o la sua fami- glia.
Nello stesso periodo, il Prefetto di Pisa informò il Ministero dell’Interno di un possibile attentato da parte dei sovversivi pisani contro il treno che trasportava la famiglia reale con la complicità di Castrucci, in merito al quale il Ministero dell’Interno esortò la Direzione generale delle Ferrovie dello Stato ad allontanare il sovversivo da Pisa, provvedimento che verrà preso, come vedremo, soltanto nel 1922.
Tuttavia, prima del suo trasferimento la verve e la decisione rivendicativa e sovversiva di Castrucci non vennero meno come dimostrano le sue continue partecipazioni agli scioperi e alle manifestazioni, tra le quali ricordiamo lo sciopero generale del gennaio 1920 in seguito al quale i ferrovieri ottennero le tanto agognate otto ore lavorative, il cui successo fu quasi interamente attribuito dalle autorità a Castrucci che in quell’occasione ricoprì il ruolo di membro del Comi- tato di agitazione, organo incaricato di guidare lo sciopero e di trattare con il governo centrale, durante le proteste che si svolsero a Pisa tra il 7 e l’8 aprile 1920 mentre si stavano svolgendo le manifestazioni per la strage di Decima di Persiceto e lo sciopero ferroviario di Foligno del 30 giugno dello stesso anno.
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Anche negli anni successivi al Biennio Rosso l’attività sovversiva e sindacale di Castrucci non diminuì, anzi andò sempre più ad intrecciarsi con il nascente antifascismo, o per meglio dire, con le prime opposizioni alle violenze delle squadre fasciste, come avvenne il 15 aprile 1921 quando, durante una riunione sostenne con entusiasmo la proposta di un comunista di sospendere il lavoro per due ore durante la cerimonia funebre del socialista Carlo Cammeo, brutalmente ucciso dai fascisti due giorni prima; la decisa opposizione di Castrucci nei confronti dei fascisti, insieme al suo continuo lavoro di promotore degli scioperi e delle agitazioni, portò questi ultimi all’inizio di agosto del 1922 a danneggiare la casa del sindacalista pisano, costretto dopo questo episodio ad abbandonare la città di Pisa.
Infatti, dopo essere stato retrocesso nuovamente al ruolo di fuochista, fu inviato a Como dove il 16 ottobre prese servizio, risiedendo a Milano insieme alla famiglia da dove tutti i giorni si recava a lavoro; nei mesi seguenti, dalle informazioni dedotte dalle autorità grazie ad un’as- sidua e attenta vigilanza, in quanto considerato pericoloso, Castrucci non risultò avere compor- tamenti rilevanti anche dal punto di vista politico. Nonostante ciò, con una nota del Prefetto di Como del 7 febbraio 1923 venne di nuovo proposto il trasferimento del sovversivo a Pesaro come era stato suggerito, trasferimento che però non si esplicò a causa dell’opposizione dello stesso, desideroso di rimanere vicino alla propria famiglia.
A metà febbraio del 1923, in seguito al licenziamento per riduzione del personale a partire