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L’evoluzione del concezione della morte e la codifica del cimitero settecentesco

Capitolo2 - La domus dei morti (tipi ed elementi) 2.1 Il mausoleo, il cippo, l'edicola

Capitolo 3 - Gli impianti cimiteriali

3.1 L’evoluzione del concezione della morte e la codifica del cimitero settecentesco

Gli impianti cimiteriali

L'evoluzione della concezione della morte e la codifica del cimitero neoclassico

insieme alle fogne a cielo aperto, ad ammalare la città moderna.

Le esalazioni pestilenziali che provenivano dalle sepolture delle navate delle chiese ma anche dalle piazze della città e da ogni spazio non edificato, definivano il macabro spettacolo che accompagnava le epidemie e i decessi.

I morti vennero visti come una seria minaccia all’igiene e all’ordine pubblico della città. E mentre i medici affrontano lo studio delle diverse fasi della composizione del corpo che perde ogni sacralità traducendosi in una macchina da ispezionare, i teorici illuminati si interessano per avere migliori condizioni di vita sotto il profilo dell’igiene pubblica.

Il Milizia in Principi dell’architettura civile6 come risposta a questa necessità di igienismo illuminato, nel capitolo Edifizi per la salute ed i bisogni pubblici pone il cimitero insieme agli ospedali, ai lazzaretti, alle cloache, e agli acquedotti descrivendone gli attributi tecnici e funzionali.

Altri teorici illuministi come Pierre Patte7, progettano impianti cimiteriali con gallerie perimetrali attuati secondo le pratiche igieniche. E’ proprio da Parigi che si diffonderà in tutt’Europa la nuova concezione di cimitero: con un Decreto Parlamentare del 1763 vengono definite le caratteristiche tecniche e funzionali per assicurare l’igiene dell’impianto.

Le camere sepolcrali dove disporre i cadaveri, i canali per lo smaltimento dei liquami e il disegno dei tombini nei quali calare le salme insieme ai forni crematori, sono le parti sotterranee del cimitero moderno di cui è particolarmente significativo quello di Napoli detto delle “trecentosessantasei fosse”8.

Il progetto, dell’architetto Ferdinando Fuga, è collocato su un terrazzamento naturale sito sulla collina di Poggioimperiale affacciantesi sulla paludosa e inurbanizzata periferia della città partenopea. L’ impianto architettonico è definito da un lungo edificio in linea che prelude al un ampio spiazzo quadrato, a cielo aperto, recintato da alte mura.

Tale corte funebre è costituita di 366 fosse comuni ognuna chiusa da una pietra tombale numerata9 nelle quali vengono “, quotidianamente “gettati”i resti mortali dei poveri attraverso una “macchina ad argano” che, nel 1875, fu donato all’Arciconfraternita di Santa Mari del Popolo agli Incurabili da una baronessa inglese durante un suo soggiorno a Napoli10. Tale “ordigno funebre”

era in grado di calare lentamente la salma nella fossa ipogea e rilasciarla nel vuoto sottostante fino alla base della fossa che era poi la sua ultima dimora.

Una “Macchina architettonica” di matrice razionalista concepita per ospitare la morte della classe meno abbiente; una sorte di “ghettizzazione di massa” che sistemava numerose salme che venivano gettate nella fossa dell’Ospedale degli incurabili o seppellite senza alcun ordine nelle zone periferiche o rurali della capitale11.

Caratteristica quindi di questi progetti sono i campi comuni privi di qualsiasi iscrizione che potesse identificare la singola sepoltura.

Solo nel 1776 con la Declaration Royal si ha la possibilità di una differenziazione

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delle sepolture singole con quelle comuni e questo sarà il primo passo che porterà il luogo delle sepolture dalla razionalizzazione alla concezione laica del cimitero che si caratterizzerà per la sua valenza museale.

In questo senso il cimitero di Pisa12 è un modello: edificato nel 1278 allo scopo di raccogliere un gran numero di sarcofagi provenienti da Roma e di dare una degna sistemazione alle sepolture disposte nell’area attorno al duomo, è costituito da un recinto che struttura al suoi interno un impianto organizzato secondo precise leggi gerarchiche.

In esso prevale, come per quello di Ferdinando Fuga, l’aspetto utilitaristico e funzionale di macchina cimiteriale rispetto ad una dimensione formale e di decoro architettonico.

L’innovazione del trecentesco cimitero pisano sta nel suo carattere monumentale in cui le gallerie che circondano l’intero impianto, sono popolate da statue funerarie e da antichi reperti archeologici che rendono la struttura cimiteriale un “museo” da visitare per le sue opere cimiteriali13.

E’il primo esempio di organizzazione gerarchica di spazio cimiteriale che rappresenta in forma cimiteriale e simbolica l’immagine della società del tempo.

Si determina così la codifica del cimitero neoclassico strutturato con un chiostro e un ingresso monumentale, cappella votiva al centro, e cappelle private con edifici di servizio ai lati. Esso sarà il modello a cui gli architetti guarderanno a partire dagli anni 80 del XVIII secolo.

Sotto questa nuova luce altre tipologie di cimiteri si stavano delineando: Parigi si doterà di tre poli cimiteriali dei quali quello a est della città sarà il modello verso cui si strutturerà la nuova concezione di cimitero-giardino.

Nasce così la tipologia del cimitero ottocentesco a giardino di derivazione inglese che ha il suo antecedente nei Campi Elisi di Stowe del 1730 (progettisti Kent e Bridgetman) in cui la vegetazione costituiva l’elemento dominante.

Prototipo di questa tipologia è il cimitero francese di Père-Lachaise progettato nel 1812 da A.T.Brogniart si sviluppa secondo la nuova concezione di matrice positivista: un giardino dotato di monumenti sepolcrali attraverso cui si esprime la meditazione e la preghiera verso chi non è più in vita, è la prima città dei morti costruita come parco pubblico14.

Ma i cimiteri appaiono nelle trattazioni teoriche sul giardino ancora prima del loro consolidarsi come modelli.

Infatti, l’immagine della tomba collocata in un paesaggio naturale compare per la prima volta in un incisione che si riferisce alla quinta Egloga di Virgilio in un edizione cinquecentesca dell’opera del poeta latino15.

Successivamente, nel quinto volume sul trattato dei giardini di Hirschfeld i

“jardins de cimiters”16 vengono addirittura proposti come “tipologia urbana”, immaginati in forma di grande parco pubblico. Anche Quatremère de Quincy ne l’Encyclopédie méthodique, pochi anni più tardi (1788), propone la natura

come valida alternativa al modello architettonico che invece si ispira al modello del Camposanto di Pisa17. “Il cipresso destinato a imbellire le tombe e la rosa simbolo dell’amore, sono le essenze per abbellire e purificare l’aria dei cimiteri”18.

La questione quindi del rapporto tra gli alberi e l’igiene appare capovolta rispetto alle opinioni espresse dai medici intorno agli anni 70 del secolo XVIII: gli alberi sono uno strumento utile a purificare l’aria, attenuare gli effetti perniciosi delle esalazioni e a profumare l’ambiente.In questo senso le essenze resinose sono particolarmente adatte per i luoghi funebri anche per il colore cupo del loro fogliame.

In Francia solo nel 1804, con il Decreto napoleonico, si ufficializzerà la necessità di inserire alberi nel cimitero.

Questioni estetiche ma anche di igiene dell’aria accompagneranno i disegni dei nuovi cimiteri che si svilupperanno sotto la nuova concezione dell’Aldilà . Tale nuovo paesaggio naturale segue in parallelo il pensiero positivista che stava infervorando gli ambienti aristocratici di questo periodo.

Nel 1759 D’Alambert scriveva:”un notevole mutamento nelle nostre idee sta avvenendo(…”) egli si riferiva al trionfo della philosophes le cui idee si rigorosamente razionali su tutto, sono racchiuse nella grande Enciclopèdie di cui egli e Diderot erano i direttori.

Anche Rousseau era entrato in scena mettendo in discussione i valori contaminati della società civile: avanzando la tesi che le arti e le scienze avevano corrotto l’umanità egli affermava il diritto alla libertà per tutti gli uomini.

La reazione intellettuale contro il cinismo, la frivolezza e tutte le infedeltà compendiate ne L’Infame, aveva il suo parallelo nel campo delle arti in un rifiuto del rococò che caratterizzava l’atmosfera chiusa e profumata dei salons parigini. Si trattava non di un mutamento da una moda all’altra, ma di una reazione contro il rococò e contro tutti i valori che esso esprimeva: il nuovo fervore contro i riccioli di figure in posa, cupidi incipriati e conchiglie che deliziavano gli ambienti aristocratici, invase tutt’Europa e cominciò a permeare tutte le arti.

Di tono moralistico e stoico trova un parallelo nella letteratura degli stessi anni, ad esempio nel romanzi di Richardson, nelle commedie di Diderot e nel famoso romanzo di Jean-Jacques Rousseau.

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3.2 Il cimitero come giardino pittoresco: Rousseau e l’isola