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I progettisti e gli artisti: Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi

Ugozzolo

2.1 I progettisti e gli artisti: Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi

analogie tra le architetture funerarie e residenziali

Capitolo 2 - Le cappelle gentilizie e lo studio delle

architet-ture

Cappella Romanini (1926):

il dromos (ingresso loggia) e il vano (zona notte e zona giorno) la tomba (il basamento o zoccolo)

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ra alla matrice tipologica del blocco residenziale di fine ottocento risolto con la particolarità dell'angolo a smusso tondo in cui viene inserito un balcone, avente funzione di cerniera tra i due prospetti. La tripartizione della facciata, la base, il piano nobile e la parte terminale in cui un marcato cornicione è retto da elemen-ti a mensola, sarà ripresa in Palazzo Quirici (1919) in B,go del Parmigianino.

Risale al 1913 il progetto di Villa Barilli in cui le influene secessioniste si le-gano a motivi d'ispirazione neomedievale. I guerrieri dipinti in facciata che ri-prendono il tema del guerriero della cappella funeraria Romanini, sono eleganti affreschi di Latino Barilli inseriti nella superficie a forma di pettine compresa tra le due ultime cornici, e danno all’edificio quell’impronta di ricercatezza tan-to cara ai ceti abbienti del primo Novecentan-to.neati all’esterno, in misura diversa a seconda dell’altezza, da salde cornici, eleganti balconi, timpani triangolari e semicircolari. In sommità, inseriti nella copertura, si allineano dieci abbaini, che costituiscono un’altra nota di originalità nel contesto strutturale dell’edi-ficio. La carriera felicemente iniziata dal Leoni venne subito interrotta, come per altri suoi colleghi, dal primo conflitto mondiale, al quale partecipò come ufficiale di cavalleria, pagando un pesante tributo: la mutilazione della mano sinistra. Ripresa l’attivita nell’immediato dopoguerra, Leoni trovò a Parma il terreno ideale per esplicare una vastissima attività costruttiva in tutti i settori, attività che lo impegnò sino alla vecchiaia. In un decennio di intenso lavoro costruì:

-la Banca Agraria (1920-1923),

-lo stabilimento della vetreria Bormioli (1921), -il campo sportivo Tardini (1922),

-la parte della Ghiaia lungo viale Mariotti (1927), -casa Corradi (1927), alla fine di via Cavour, -casa Quirici (1928), all’inizio di via Parmigianino, -palazzo Chiari (1928), in piazzale dei Servi, -palazzo Serventi (1930), in Via della Repubblica.

Dello Stadio Tardini esistono almeno tre versioni, prima del regolare rilascio della concessione, che risale all’11 luglio 1923. Nella prima versione l’arco a tutto sesto dell’ingresso era sovastato da uno pseudo timpano tronco con riqua-drature laterali, nei pilastri binati laterali mancavano i palloni da gioco ripetuti su tutta l’altezza, divenuti poi dei simbolici cerchi nella versione definitiva, e i pilastri portabandiera erano semplici parallelepipedi, senza i cordami o ghir-lande realizzati. Anche la seconda soluzione, peraltro già molto vicina a quella costruita, non fu accettata: la commissione confidò che la genialità del Leoni gli suggerisca all’atto pratico una migliore soluzione per le modanature di corona-mento e per il fianco, in armonia ai due piloni laterali. Sia nella prima che nella seconda soluzione erano già previsti i basamenti laterali all’ingresso, sui quali si sarebbero dovute collocare le quattro statue di atleti, così come i giocatori di football dipinti sugli spigoli del sottocornicione degli spogliatoi. Non vennero

Villa Barilli (1913): vista prospettica e fronte

Analisi grafica delle volumetrie e del fronte. La conformazione architettonica si struttura in tre parti:

una centrale: ingresso e loggia (dromos);

ambienti laterali: zona notte e zona giorno (vano);

e un basamento o zoccolo (tomba).

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Cappella Bormioli (1931): il dromos (ingresso loggia) e il vano (zona notte e zona giorno)

la tomba (il basamento o zoccolo)

realizzate nè le prime nè i secondi. Progettando questo eterogeneo insieme di edifici, il Leoni restò sempre fedele al gusto del tempo, abbandonando quando era possibile le schematizzazioni e i modelli di derivazione classica e dando libero sfogo alla sua fervida fantasia. Ognuna di queste costruzioni si inseri-sce con chiarezza e coerenza nell’ambiente preesistente, perchè Leoni seppe sfuggire alla tentazione di monumentalizzare e quindi isolare la propria ope-ra creando violenti contope-rasti con l’architettuope-ra circostante. Se nell’ingresso del Tardini, concepito come arco trionfale sormontato da otto pinnacoli portaban-diera, si ritrovano gli spunti della tematica Liberty, nella casa Corradi le pareti liscie danno respiro alle masse murarie sovrabbondanti di motivi decorativi che si affacciano sull’incrocio di via Cavour, via Melloni e via Parmigianino. La vecchia Ghiaia, devastata dall’abbattimento delle Beccherie (1928), ritrovò una sua misura e un suo contenuto nel riassetto proposto dal Leoni, la cui sostan-ziale validità non è diminuita dalla povertà del materiale impiegato (il cemento martellato), soprattutto nei collegamenti verticali, che con minimo ingombro superano il dislivello di sei metri tra il piano dei negozi e quello stradale. Per un architetto che si era già qualificato nella risoluzione di complessi problemi nel centro storico e che per naturale inclinazione tendeva ad affrontare temi di no-tevole impegno, la progettazione di case unifamiliari non rappresentò certo un motivo di grande interesse. Ma la moda, la prospettiva di vantaggi speculativi e la mentalità dalla società post-bellica degli anni Venti richiesero un prodotto qualificato dal nome del costruttore e Leoni era ormai ampiamente affermato.

I numerosi committenti lo costrinsero per molti anni a un’intensa attività in questo settore, in cui egli lavorò con spirito di assoluta libertà formale e senza soggezioni stilistiche, a eccezione degli immancabili richiami floreali. Si ricor-dano, tra le altre, villa Barilli (1913), all’inizio di via delle Fonderie, villa Leoni (1913), in viale Martiri della Libertà, villa Figna (1916), in via Palestro, villa Salvini (1919), in viale Solferino, villa Artoni o Adele (1924), in viale Martiri della Libertà, villa Chiari (1930), in via Emilia Est, villa Gelmini (1934), in via-le Partigiani d’Italia, villa Maghenzani (1946), a San Pancrazio, villa Bormioli (1946), a San Leonardo, villa Boni (1947), in via P.M. Rossi, villa Alessandrini (1925), a Sant’Andrea Bagni, villa Rossi (1923), villa Roffi (1932), villa Zecca (1932), a Soragna, villa Medioli (1946), a San Martino Sinzano, e villa Alinovi (1946), a Sala Baganza. mi riguardanti la soluzione d’angolo, la definizione di una testata a conclusione della cortina edilizia prevalentemente a schiera su via Garibaldi e in particolare la risoluzione compositiva dei fronti esterni. Le opere degli anni Venti raccolgono in parte le esperienze fatte nella progettazione delle ville urbane, nella ripresa di motivi secessionisti e, in parte, quelle fatte sui palazzi esistenti nel centro cittadino, nella vicinanza ai registri stilistici ottocen-teschi associati a influssi di gusto novecentesco e accademico.

In alcuni progetti, soluzioni decorative tardo-eclettiche esterne, coesistono in-sieme a soluzioni spaziali e distributive interne ormai tipiche della villa urbana

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del primo Novecento: per esempio l’opus incertum del piano terra, le lesene e il bugnato del primo piano, le mensole del sottocornicione, insieme alle diversifi-cate cornici e archi ricurvi delle finestre e alle colonne con capitelli corinzi, su cui appoggia il terrazzo semicircolare di facciata, sono contrapposti agli spazi interni che si distribuiscono attorno allo scalone centrale con lucernaio in me-tallo e vetro. Interessante in tal senso è il progetto di Villa Artoni le cui tavole sono datate al 19 maggio 1924.

Le opere di Leoni alternano a motivi neomedioevali, caratteri d'ispirazione se-cessionista ed eclettica sia nell'ambito funerario che in quello residenziale.Come Villa Barilli fu progettata nel rispetto della più castigata linearità secondo gli schemi di Ernesto Basile e si ispirò al tema neomedioevale del guerriero, villa Leoni, così come la cappella di famiglia costruita nello stesso anno, presenta un più profondo linguaggio decorativo, ispirato a certi motivi proposti daOlbrich nel momento più coerente della Seccessione viennese. Nel settore funerario le opere firmate dal Leoni al cimitero La Villetta di Parma sono tra le poche che contribuiscono a dare un significato alla disarmonia del complesso. Sono le cappelle delle famiglie Leoni (1920), Bormioli (1924), Romanini (1929), Chiari (1934) e Tanzi (1939). In provincia sono da ricordare le cappelle Bettati (1948) e Azzali (1949), a Marore, Crescini (1950), a Fontanellato, Magnani (1952) a Roccabianca, e Medioli (1953), a Valera. Confrontandole con gli altri edifici realizzati dal Leoni, si colgono i vari aspetti della sua versatilità profes-sionale, che fu tanto grande da permettergli di invadere il campo di pertinenza degli ingegneri, a quel tempo rigidamente chiuso. Il Leoni fu il primo architetto di Parma che, consapevole della sua preparazione, non accettò limiti alla sua azione di progettista. Sotto questo aspetto sono da ricordare il complesso in-dustriale Caselli (1925), in via Emilia Est, il mulino Figna (1927), a Valera, lo stabilimento Cavazzini (1946), in viale Fratti, palazzo Gelmini (1950-1957), in piazzale Santa Croce, le officine Gelmini (1950-1960), in via Ferrari, le succur-sali della Banca Agraria a Fontanellato e a Soragna (1920-1923), la sistemazio-ne di viale Verdi (1932) e l’ampliamento dell’orfanotrofio femminile Meli-Lupi (1933), a Soragna, il complesso colonico Chiari (1944-1945), a Madregolo, e lo stabilimento Alinovi (1944), a Sala Baganza.

Cappella Leoni (1925); Prospetto dell'ingresso dello Stadio Tardini (1923/24)

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Cappella Villa (1946): il tema dell'arco trionfale (stadio Tardini)

Cappella Rizzoli (1931): il timpano e le colonne impostati su un piccolo podio seguono lo schema classico delle finestre di Palazzo Marchesi (via Melloni)

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