CAP.2 L'antifragilità dell'impresa
2.3. Come si definisce l'antifragilità di un'impresa
2.3.3. L'evoluzione delle Core Competence
Tra le leve gestite dall’impresa, grande importanza assume il focalizzarsi su un set di competenze che definisce la stessa identità aziendale, si tratta di un core dalla natura multifattoriale che risalta la relazione tra cambiamento organizzativo e strategico dell’impresa e competenze, e il capitale umano.
Le imprese non sono tutte uguali e, in particolare, ciò che le differenzia è una diversa dotazione di competenze “immagazzinate” al loro interno. Ciascuna società tende a focalizzarsi su un set di competenze che ne definisce l’identità.
Tale dotazione non è esogena, ma è il risultato di un processo di accumulazione di conoscenze di tipo path-‐dependent56 che fa si che le differenze possano persistere,
55 Centro studi di Confindustria, L'industria italiana cambia volto: le imprese puntano su conoscenza
e crescita, Scenari industriali n.2 Giugno 2011.
56 Dipendenza dal percorso: concezione secondo la quale piccoli eventi passati, anche non più
ed eventualmente ampliarsi nel tempo, in ragione di un continuo accrescimento dello specifico know-‐how di ciascuna impresa.
Si tratta di individuare quindi le core competence proprie dell’impresa, le quali, seguendo Prahalad e Hamel57, prima di tutto devono identificarsi in un “saper
fare”:
• Che sia in grado di consentire un accesso potenziale alla varietà del mercato;
• Che sia in grado di dare un contributo significativo ai benefici finali del prodotto percepiti dal consumatore;
• Che sia difficile da imitare, nel senso che un’impresa rivale può acquistare alcune delle tecnologie che costituiscono la core competence, ma troverà molto difficile duplicare il coordinamento interno tra le varie competenze, in ragione del fatto che lo sviluppo della conoscenza è concepito come endogeno.
Risulta pertanto evidente che non è solo il dominio esclusivo di una tecnologia o comunque di conoscenze specifiche a differenziare il comportamento di un’impresa, ma la sua capacità di coordinare diverse competenze produttive ed integrare diverse tecnologie.
L’enfasi sulle competenze produttive in quanto elemento di differenziazione strutturale tra le imprese implica, al tempo stesso, che le imprese non siano agenti indifferenziati che reagiscono meccanicamente e tutte allo stesso modo a impulsi
modificare in maniera limitata. Tale idea non è circoscritta al campo economico ed è in contrasto con il concetto che le forze di mercato tendano spontaneamente a una situazione di equilibrio unica ed efficiente, nei modelli path dependent è possibile che si verifichino situazioni di equilibri multipli o inefficienti.
Treccani, vocabolario. Reperibile in www.treccani.it
57 Prahalad C.K., Hamel G. (1990), The Core Competence of the Corporation, in Harvard Business
esogeni, e che la loro competitività sia funzione non del livello dei costi, ma della natura delle competenze detenute.
Studiare quindi l’organizzazione specifica della singola impresa diventa decisivo per comprendere il suo vantaggio competitivo.
La centralità assunta dalle competenze interne costituisce il cardine per il riposizionamento strategico delle imprese.
Un’impresa è un sistema aperto, per definizione collocata all’interno di un ecosistema di business, e assimila e processa in continuazione informazioni che provengono dall’esterno, ma esiste un centro di produzione endogena di un sapere proprio e questo centro è considerato un asset strategico ai fini della stessa sopravvivenza dell’impresa58.
Perché tale centro diventi strategicamente rilevante è necessario che l’impresa sia prima di tutto in grado di governare la tecnologia che serve a sviluppare i suoi prodotti in un’ottica di lungo periodo, essendo questo il presupposto della sua capacità di seguire gli sviluppi tecnologici futuri.
Il sapere dell’impresa deve essere percepito in senso dinamico, poiché la conoscenza evolve generando apprendimento se su di essa l’impresa investe continuamente. Tutto ciò è fondamentale perché, se il sapere non si sviluppasse, l’impresa non sarebbe in grado di competere.
Una fonte di apprendimento importante è costituita dall’interazione con altre imprese. Le relazioni di rete d’impresa devono essere utilizzate per l’acquisizione di nuova conoscenza, si devono valorizzare i flussi di conoscenza che entrano dalle relazioni esterne.
Questa capacità di assorbire la conoscenza è sostenuta dalla conoscenza già acquista in precedenza poiché è questa che permette di riconoscere e acquisire la nuova conoscenza, assimilarla ed utilizzarla.
58 Loasby B.J., Knowledge, Institutions and Evolution in Economics, Londra e New York, Routledge.
In tal modo si integra la dimensione interna con quella esterna dell’innovazione, collegando l’evoluzione della tecnologia essenzialmente esterna, specie nelle PMI, con le dimensioni interne dell’apprendimento.
La capacità di generare apprendimento è lo strumento attraverso cui l’impresa si mantiene costantemente in grado di produrre da sé e che, contemporaneamente, permette di interfacciarsi con chi le fornisce ciò che eventualmente decida di far produrre ad altri.
Il grande problema dell’impresa è quindi la gestione del cambiamento, poiché le conoscenze di oggi non sono in grado di orientare anche le scelte di domani, giacché non è solo la tecnologia ad evolvere, ma soprattutto il contesto in cui si opera.
Le stesse competenze detenute in un dato momento non sono sufficienti per sempre e per aumentare le competenze è necessario acquisire nuove risorse umane che possano essere inserite nel processo di apprendimento interno, o entrare in relazione con le istituzioni in cui si fa ricerca interagendo con il loro capitale conoscitivo.
La conoscenza già accumulata deve conferire all’impresa la capacità di riconoscere il valore di una nuova informazione, di assimilarla, e di tradurla in nuove applicazioni, deve permettere all’impresa di identificare le opzioni reali e di poterle sfruttare al meglio.
La diversificazione produttiva può essere attuata sia internamente, per crescita organica se la nuova attività si aggiunge alle altre, investendo direttamente e sfruttando competenze già detenute, sia attraverso l’acquisizione di un’impresa già attiva.
Detenere un set dinamico di conoscenze distintive come strumento di controllo del processo produttivo comporta un grado di integrazione verticale molto alto, nella misura in cui il controllo della tecnologia è per definizione una funzione del grado di conoscenza diretta del processo produttivo.
La decisione, quindi, di mantenere all’interno dell’impresa almeno una parte della produzione risponde a due esigenze:
• Seguitare a far crescere dentro i propri confini organizzativi le conoscenze che riguardano la tecnologia, i materiali, la logica produttiva, di fronte alla constatazione che un’eccessiva frammentazione della catena di fornitura produce errori. Da questo punto di vista, una maggiore verticalizzazione è prima di tutto uno strumento di sostegno della qualità, che è ormai diventata un presupposto della presenza sul mercato;
• La percezione che la de-‐verticalizzazione comporti rischi di dispersione delle competenze interne e la perdita della conoscenza di proprietà dell’impresa.
Per questo si riscontrano due comportamenti nettamente distinti: l’acquisto delle commodity sul mercato; la produzione completamente interna dei prodotti o dei componenti che influenzano la qualità e affidabilità del prodotto finale.
Almeno in ambito produttivo l‘esternalizzazione dei processi non deve più essere interpretata come una leva strategica ma come uno strumento ordinario di gestione, da usare con parsimonia e cautela e già da alcuni anni si assiste alla re-‐ integrazione delle attività esternalizzate. La re-‐integrazione deve in ogni caso essere selettiva poiché vi è un limite dato da quanto è necessario investire per tornare a gestire direttamente quella fase produttiva in un mondo in cui sul mercato c’è già chi ha imparato a farla.