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Evoluzione normativa: il concetto di paesaggio tra contesto europeo e

2. Il paesaggio: Teoria, pianificazione, partecipazione

2.2 Evoluzione normativa: il concetto di paesaggio tra contesto europeo e

Il termine paesaggio ha subito diverse modifiche nell’arco del tempo da parte del legislatore statale. Mazzette al riguardo evidenzia tre fasi dell’evoluzione normativa del paesaggio nel contesto italiano. Una prima fase definita “delle regole della conservazione”, in riferimento alla legge 778 del 1922 nota comunemente come Legge Croce – Rosati – “tutela delle bellezza naturali e degli immobili di particolare interesse storico”. Questa disposizione normativa si basa sulla necessità di definire “l’oggetto paesaggio” ma soprattutto fa riferimento al principio della

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conservazione30, inserito per la prima volta nell’ordinamento italiano riguardante non solo il patrimonio storico – architettonico, bensì anche le bellezze panoramiche e naturali. A questa legge segue la n. 1089 del 1939 riferita alle “cose di interesse storico e artistico” (Mazzette 2011, p.37). Nell’ordinamento italiano, il paesaggio veniva a coincidere con quelle che venivano definite “bellezze naturali” tutelate dalla legge n. 1497 del 193931 (Panuccio 2007). Nello specifico questa legge tutelava alcune categorie di beni:

“Sono soggette alla presente legge a causa del loro notevole interesse pubblico: 1) le

cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale o di singolarità geologica; 2) le ville, i giardini e i parchi che, non contemplati dalle leggi per la tutela delle cose d'interesse artistico o storico, si distinguono per la loro non comune bellezza; 3) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale; 4) le bellezze panoramiche considerate come quadri naturali e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze” (Legge 1497/1939, Art. 1).

Queste leggi come sostenuto da Mazzette dovevano rappresentare le basi solide della Legge urbanistica nazionale n 1150 del 1942; purtroppo come sostenuto da Settis non vi è stata occasione di “creare un sistema unitario e coerente di gestione del territorio e del paesaggio” (Settis cit. in Mazzette, p. 37) che potesse garantire un equilibrio fra esigenze di sviluppo edilizio e quelle della tutela. In questo senso il paesaggio diviene un oggetto di regolazione della pianificazione urbanistica facendo in modo che le esigenze di conservazione paesaggistica assumessero un ruolo secondario (Ibidem). In seguito si avvia la seconda fase definita da Mazzette come “Della dimenticanza delle regole”; sono anni caratterizzati dalla crescita industriale e dai processi di urbanizzazione degli anni Sessanta e Settanta. Il territorio in questi anni diventa una risorsa per il processo di modernizzazione, per la rendita immobiliare e per il benessere sociale (Ivi, p.38). A partire dagli anni Ottanta il

30 Una legge antecedente la n.778 del 1922, la legge 185 del 1902 definita come “Legge Nasi” –

Conservazione dei monumenti e degli oggetti d’arte e antichità, faceva riferimento alla tutela degli

oggetti d’arte e dell’antichità interessandosi anche della normativa sugli scavi e sui procedimenti relativi all’espropriazione a scopi di conservazione di monumenti e opere d’arte. Nonostante questa Legge avesse diverse lacune, deve essere riconosciuto il merito di unificare la disciplina dei beni storico – artistici (Prampolini, Rimondi 2013 p.30).

31 La legge del 29 giugno 1939 n.1497 sottoponeva a tutela quattro tipologie di beni per via del loro interesse pubblico, distinguendole in due categorie definite rispettivamente “bellezze d’insieme” e “bellezze individue” (Ciaglia 2009, p.44)

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paesaggio – nonostante abbia ancora un ruolo marginale - diventa “oggetto di regolazione urbanistica” a cui vengono destinati dovuti spazi e su di esso vengono avviati studi e ricerche nei diversi settori disciplinari: dagli studi storici alle scienze sociali, da quelli ambientali a quelli delle scienze geografiche. Per merito di questi studi il paesaggio viene concepito come “un sistema di relazioni fisico – culturali storicamente dato che lascia segni tangibili sulla società e sugli individui”. Anche sotto il profilo sociale emergono delle sensibilità verso il paesaggio ritenuto come bene comune da sottrarre ad “aggressioni speculative”. Un ruolo rilevante in questo contesto è assunto dalle associazioni ambientaliste e dai movimenti sociali che spingono sempre più verso una concezione del paesaggio come un bene e un bisogno collettivo (Ivi, p.39). Questo nuovo modo di concepire il paesaggio è espresso nella legge n. 431 del 1985, nota come Legge Galasso; con essa si perviene a un’interpretazione più ampia del paesaggio che non pone l’attenzione sull’aspetto estetico del bene posto a tutela, bensì fa riferimento alla forma del territorio o dell’ambiente forgiata dalla relazione continua che viene a crearsi tra uomo e ambiente, estendendo quindi la tutela a determinate aree non solo per le qualità estetiche, ma anche per qualità morfologiche comunque meritevoli di tutela dal punto di vista ambientale – paesaggistico:

"Sono sottoposti a vincolo paesaggistico ai sensi della legge 29-6-1939, n. 1497: a). i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare; b) i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi; c) i fiumi, i torrenti ed i corsi d'acqua iscritti negli elenchi di cui al testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con Regio decreto 11-12-1933, n. 1775, e le relative sponde o piede degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna; d) le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole; e) i ghiacciai e i circhi glaciali; f) i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi; g) i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento; h) le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici; i) le zone umide incluse nell'elenco di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13-3-1976, n. 448 (1); (1) Il decreto del Presidente della Repubblica citato concerne "Esecuzione della convenzione relativa alle zone umide di importanza internazionale, soprattutto

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come habitat degli uccelli acquatici; firmata a Ramsar il 2 febbraio 1971. l) i vulcani; m) le zone di interesse archeologico”.

Con la medesima legge vengono posti direttamente a tutela senza ricorrere al provvedimento amministrativo aree territoriali che ricoprono la maggior parte del territorio dell’Italia, facendo in modo che le Regioni si dotino del Piano paesistico (Panuccio, 2007).

Per dare una definizione di paesaggio bisogna attendere quella che Mazzette definisce fase “dell’emergenza” e che prende avvio nel 2000 (Mazzette 2011, p.40).

È opportuno in questo senso fare dei riferimenti alle Carte e Convenzioni

internazionali32 che hanno animato il dibattito sul paesaggio in cui vengono ad affermarsi sempre più concetti come “paesaggi d’autore”, “elementi di identità culturale”(Panuccio 2007). Ma è con la Convenzione Europea del Paesaggio tenutasi a Firenze il 20 ottobre del 2000, su iniziativa del Consiglio d’Europa, un organismo che dal punto di vista geografico ha un estensione maggiore rispetto all’Unione Europea, mentre dal punto di vista politico presenta un minor peso che si ha la prima definizione giuridica di paesaggio:

"Paesaggio" designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”(CEP)33.

Sottoscritta da 36 Stati, la Convenzione è stata ratificata da 30 di cui solamente 21 fanno parte dell’Unione Europea, mentre poi vi sono Stati che non hanno né sottoscritto né ratificato l’iniziativa come Islanda, Russia, Austria, Germania, Estonia, Svezia, Svizzera e Malta hanno si sottoscritto la Convenzione ma non ratificata. La nascita della Convenzione Europea del Paesaggio ha avuto un

32Per citarne solo alcune si può far riferimento per esempio alla “Carta di Firenze dei giardini storici e dei

complessi paesaggistici” promossa da ICOMOS nel 1981; alla”Benelux Convention sulla conservazione della natura e protezione dei paesaggi” firmata nel 1982 a Bruxelles; alla “Carta del paesaggio mediterraneo”, nota anche come Carta di Siviglia, presentata a Montpellier nel 1993, documento non vincolante che è stato siglato a Siena nel medesimo anno dal Presidente della Regione Toscana e dai Presidenti delle Region Andalusia e Languédoc – Roussillon.

33 http://www.convenzioneeuropeapaesaggio.beniculturali.it/uploads/2010_10_12_11_22_02.pdf . Si consulti anche il seguente link relativo alla Convenzione Europea del Paesaggio:

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excursus temporale dilungato per sei anni (1994 – 2000) frutto di un negoziato intergovernativo che ha avuto esito con l’adozione del trattato internazionale.

Il Consigli od’Europa, sulla base delle sue azioni volte a tutelare i diritti umani, la democrazia e l’identità europea, ha deciso di soddisfare la domanda sociale di paesaggio “radicata nei luoghi di vita delle popolazioni” fornendo uno strumento giuridico di portata internazionale. Questa domanda sociale di paesaggio è sempre più crescente nel contesto europeo da parte dei cittadini sempre più attenti nei propri contesti di vita alla dimensione paesaggistica (Cundari 2010, p.76). Tale iniziativa, in linea con il Consiglio d’Europa, è stata presa dal Congresso che rappresenta gli enti locali e regionali mediante la Risoluzione 25634 (1994) della Conferenza permanente dei poteri locali e regionali d’Europa (CPLRE). Parallelamente ad alcune iniziative paesaggistiche avvenute nel bacino del Mediterraneo, alcuni organismi nell’Europa settentrionale avevano già pensato all’opportunità di elaborare una Convenzione sul paesaggio (R. Priore, p.23). queste riflessioni hanno son culminate in due grandi conferenze: la prima chiamata “Europe Preserved for Europe” avvenuta nel 1990 a York da parte del National Trust, e una seconda, sulla base della prima, tenutasi nel 1992 a Bois in Francia denominata “De l’Europe des pays à l’Europe des paysages” e organizzata dagli organismi Landscape reserch Group e l’associazione francese Paysage et Eménagement. Gli esiti di queste conferenze sono state presentate successivamente al Consiglio d’Europa e nel 1994 il Congresso, tenuto conto di tutta una serie di sollecitazioni35 ha ritenuto opportuno avviare i lavori al progetto di Convenzione europea del paesaggio istituendo all’occorrenza un “gruppo di lavori ad hoc (Ivi, 24).

Tra il 1995 e il 1996 il Gruppo aveva redatto due documenti relativi ad una “versione completa del progetto preliminare di convenzione in termini non giuridici” e uno “studio di diritto comparato e internazionale in materia di paesaggio e successivamente a Strasburgo indetto due audizioni specifiche di cui una ha

34 La Risoluzione raccomandava al Congresso “l’elaborazione di una convenzione internazionale quadro sulla gestione e protezione del paesaggio naturale e culturale di tutta l’Europa”(Priore 2009, p.23).

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riguardato le organizzazioni non governative europee, mentre la seconda ha favorito il coinvolgimento dei rappresentanti delle organizzazioni internazionali e le istituzioni regionali interessate.

Nel 1997 il Congresso ha adottato un “progetto preliminare di Convenzione europea del paesaggio” in occasione della quarta Sessione planetaria, Risoluzione n.53 e mediante quest’ultima lo stesso Congresso ha incaricato il Gruppo di lavoro al fine di organizzare una conferenza di consultazione ai rappresentanti dei Ministeri nazionali interessati insieme alle principali organizzazioni internazionali e non governative “qualificate sotto il profilo tecnico nel campo del paesaggio”.visti gli incoraggianti esiti della conferenza consultiva il Gruppo ha provveduto alla redazione del progetto finale di Convenzione. Nel 1998 i Delegati dei Ministri del Consiglio d’Europa, esaminata la Raccomandazione n.40 del Congresso hanno chiesto sia al Comitato per le attività in materia di diversità biologica e paesaggistica (CO – DBP), sia al Comitato del patrimonio culturale (CC – PAT) la possibilità di poter elaborare un testo di Convenzione europea del paesaggio. Tali comitati (CO – DBP e CC – PAT) hanno dato esito positivo alla proposta del Comitato dei Ministri che ha deciso di istituire un “Comitato ristretto di esperti governativi” incaricato di curarsi della redazione del testo definitivo della Convenzione.

Consultato dal Comitato dei Ministri e in seguito apportate alcune modifiche, il documento della Convenzione è stato adottato il 19 luglio del 2000, mentre il 20 – 21 ottobre del medesimo anno si è tenuta a Firenze la “Conferenza ministeriale di apertura alla firma della Convenzione” (Ivi, p.29). L’Italia che è stata protagonista dell’iniziativa ha firmato l’iniziativa il giorno stesso che si tenne la Convenzione ma la ratificò con 6 anni di ritardo. Lo scopo della Convenzione era quello di obbligare gli enti sia a livello locale che nazionale o internazionale, ad attuare politiche che potessero salvaguardare, gestire e pianificare il paesaggio europeo al fine di migliorare la qualità favorendo l’interesse e la partecipazione delle popolazioni nei processi decisionali, cercando di fare del paesaggio un tema politico di interesse comune e che potesse contribuire con un certo rilievo al benessere dei cittadini.

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La Convenzione propone la valorizzazione di tutti i paesaggi – senza distinzione fra paesaggi più o meno meritevoli di tutela – ampliando il raggio d’azione degli Organismi Sovranazionali e degli Enti Locali i quali hanno deciso di riconoscerne la validità e di intraprendere un “processo di attuazione dei principi basilari” (Cundari 2010, p. 69). Il trattato internazionale del paesaggio nonostante sia frutto di un intenso lavoro degli Stati europei che hanno lavorato assiduamente per una definizione del termine paesaggio, ha avuto numerosi consensi a livello mondiale (Petroncelli 2013, p.1). Grazie alla Convenzione del paesaggio è stato attribuito un riconoscimento giuridico internazionale e condiviso. In armonia con le politiche nazionali e con il proprio assetto normativo, ogni Stato firmatario della Convenzione è tenuto a rispettarne i principi finalizzati alla promozione della salvaguardia e pianificazione dei paesaggi, a tener conto delle aspirazioni delle popolazioni e favorendo una “cooperazione europea nel settore” (Tosco 2009, p.14). Nella Convenzione il paesaggio è stato presentato come elemento per il benessere sociale e individuale, ma anche come la sua salvaguardia, gestione e pianificazione possano delineare dei diritti e responsabilità per ciascun individuo, divenendo così elemento essenziale per la qualità della vita. Puntualizzato tutto ciò, rientrano nel paesaggio anche le aree urbane e le campagne, territori degradati e di elevato pregio, zone di qualità ma soprattutto tutte quelle aree dove si svolge la vita quotidiana. E proprio per questo motivo che il paesaggi contribuisce in maniera non indifferente all’elaborazione delle culture locali. Per questo motivo la Convenzione ha proposto con quattro punti cardini uno strumento che: riconoscesse a livello giuridico il paesaggio; che possa garantire il perseguimento di azioni orientate alla salvaguardia, gestione e pianificazione di tutti i paesaggi; attuare delle politiche di paesaggio; integrare il paesaggio in altre politiche di pianificazione del territorio, sia a carattere urbanistico che culturale, ambientale, agricolo o sociale da applicare nel territorio europeo.

Con la legge del 9 gennaio del 2006, n. 14 si ha la ratifica della Convenzione Europea, diventando ordinamento giuridico per la l’Italia (Panuccio 2007) apportando nel campo legislativo e amministrativo cambiamenti sostanziali per

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quanto riguarda le materie della tutela e della valorizzazione (Cundari 2010), frutto di un intenso lavoro degli Stati europei che hanno lavorato assiduamente per una definizione del termine paesaggio, ha avuto numerosi consensi a livello mondiale (Petroncelli 2013). Per facilitare l’attuazione della Convenzione è stata creata al Rete Europea dei paesaggi, una rete di rapporti, di iniziative, di scambi, di relazioni, di controlli, di tutela. Con la Risoluzione n. 178/2004 è stata data vita ad un organismo europeo costituito da Enti locali e regionali aventi come obiettivo quello di motivare su un piano politico e tecnico gli enti stessi per le fasi di applicazione a livello territoriale della Convenzione europea. Nel maggio del 2006 a Strasburgo è stata costituita la RECEP, Rete europea degli enti locali e regionali per l’attuazione della Convenzione europea del paesaggio, organizzazione internazionale non governativa costituita da enti locali e regionali degli Stati membri del Consiglio d’Europa. Compito della RECEP è quello di favorire l’attuazione della Convenzione a livello territoriale tenendo conto dello stretto legame fra difesa del paesaggio e osservanza delle norme locali. Per tale ragione sembra essere importante che un organismo come la RECEP venga gestita da rappresentanti politici locali interessati ad occuparsi della pianificazione del territorio e della legislazione urbanistica le quali azioni devono fare riferimento sia ad una corretta applicazione nelle norme e degli indirizzi politico – programmatici sia dall’imprescindibile conoscenza scientifica delle problematiche che tenga conto degli aspetti giuridici, storici, filosofici, economico – sociali ed ecologico – ambientali; “mai come in questo caso occorre trovare il punto di incontro e di equilibrio tra un concetto di vasta portata epistemologica e di ampio significato, come quello della valenza paesaggistica, e la sua applicazione su specifici territori”. Si tratta quindi per le autorità locali di riuscire a coniugare conservazione e valorizzazione della dimensione paesaggistica dei propri territori e determinare – in linea con quanto stabilito dal Governo nazionale – gli obiettivi di qualità paesaggistica e le dovute azioni per conseguirli. La RECEP, che si muove tenendo degli aspetti politici e tecnici grazie anche all’ausilio degli studi sul paesaggio “e le sue mille sfaccettature” condotti da una rete di Università e dal supporto della Civilscape, vale a dire il mondo delle associazioni e la Proscape,

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mondo degli Ordini Professionali (Ivi, p.84). “La tutela senza valorizzazione non avrebbe alcun senso”, per questo è di primaria importanza attivare una serie di azioni volte a mettere in rilievo le emergenze ambientali, i centri urbani sia quelli grandi che quelli di minori dimensioni, le attività produttive tradizionali, gli aspetti culturali, storici ed artistici (Ivi, p.85).

Con la Convenzione Europea del Paesaggio viene coniata una definizione giuridica del paesaggio che devono necessariamente prenderne atto “le politiche di pianificazione” al fine di conseguirne gli obiettivi. Uno dei principi cardini della Convenzione internazionale è “che sono in primo luogo le popolazioni che devono coinvolgersi nei processi decisionali pubblici che riguardano il paesaggio”. si assiste in questa modo ad un’assunzione di responsabilità da parte delle comunità che vivono un determinato paesaggio in quanto “componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni”. Oltretutto merito della Convenzione è il riconoscimento del paesaggio quale bene giuridico indipendentemente dal valore che viene ad esso attribuito sul territorio; infatti esso ha un valore economico in quanto “soggetto di tutela giuridica” al di la delle sue qualità estetiche o stato di degrado e viene individuato sulla base della “volontà politica della comunità che lo vive”(Ivi, p.49). Con la Convenzione si arricchisce qualitativamente il progetto di paesaggio favorendo una connessione diretta – e una consequenzialità - tra protezione, gestione e pianificazione, elementi che da un punto di vita concettuale sono stati generalmente separati (Zagari 2006, p.58).

Se da una parte il paesaggio per merito della Convenzione ottiene un ruolo giuridico, dove viene riconosciuta la sua importanza circa le sue funzioni rispetto ad interessi trasversali che contribuiscono al benessere dell’uomo, come il settore culturale, sociale, ecologico o ambientale (Panuccio, 43), dall’altra grazie alla allo strumento internazionale si intende attuare un “disegno politico” che se attuato nel migliore dei modi contribuirebbe ad una rivisitazione da un punto di vista paesaggistico del rapporto fra società e territorio in Europa, interessando oltre 200.000 comunità locali e regionali (Priore 2009, p. 29).

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