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Evoluzione della normativa sulla difesa del suolo e sulla sua tutela

Il concetto di bacino, inteso come unità geografica, per la prima volta in Italia si riscontra nel testo di una legge del 1907 che ha istituito il Magistrato per le acque per le province venete e di Mantova ed è stato poi ripreso anche nel Regio Decreto del 1923, famoso per aver istituito il vincolo idrogeologico e ambito per azioni di contrasto dei fenomeni di dissesto e di sistemazioni idraulico forestale dei bacini montani. Dopo circa quarant’anni, a seguito della catastrofe del Vajont (1960) e dell’alluvione di Firenze (1966), venne istituita una commissione interministeriale per lo studio della sistemazione idraulica e della difesa del suolo, nota come Commissione De Marchi, la quale aveva il compito di individuare tutte quelle azioni che in maniera coordinata e organica potessero risolvere tutti i problemi tecnici, amministrativi, economici e legislativi connessi con la difesa del suolo. La Commissione terminò agli inizi degli anni ’70 con la consegna di un rapporto finale nel quale era individuato come elemento imprescindibile l’ approccio ad unità fisiografiche omogenee, con il superamento di confini amministrativi o politici e mostrava, inoltre la necessità urgente di affrontare congiuntamente tutte le questioni relative alla difesa del suolo e sull’uso ottimale delle risorse idriche attraverso forme di pianificazione capaci di integrare esigenze di tutela e di sviluppo. Si ponevano così le condizioni per la creazione di una struttura amministrativa pubblica a scala di area idrografica vasta alla quale far convergere tutte le competenze relative alla gestione del territorio.

Tutte le indicazioni dettate dalla Commissione De Marchi, purtroppo,trovarono corpo solo vent’anni dopo con la legge 183/89 che ha il merito di aver introdotto il concetto dell’ambito territoriale ottimale, individuato nel bacino idrografico, all’interno del quale deve essere montato tutto l’impianto di azioni mirate alla conservazione e alla difesa del suolo, per il risanamento delle acque, la fruizione e la gestione del patrimonio idrico e la tutela dell’ambiente.

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Prima della L.183/89, il concetto di difesa del suolo è da ricondursi ad una serie di provvedimenti legislativi,di seguito riportati, concernenti le acque, le opere idrauliche, la bonifica, le sistemazioni montane, l’igiene del suolo e degli abitanti, la difesa dagli inquinamenti. Questi sono, in ordine cronologico:

• R.D. n.523 del 1904 “Testo unico delle disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche delle diverse categorie”,tutt’oggi vigente nel quale vennero definite cinque categorie di opere idrauliche distinte in base all’interesse al quale provvedono e al governo venne affidata la tutela delle acque pubbliche e l’ispezione sui lavori.

• R.D. n.1775/1933 “Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici” nel quale venivano definite pubbliche tutte le acque sorgenti, fluenti e lacuali anche se artificialmente estratte dal sottosuolo, sistemate o incrementate.

In Italia, quindi, la difesa del suolo è disciplinata dalla 183/89, legge che ha lo scopo di assicurare la difesa del suolo, il risanamento delle acque, la fruizione e la gestione del patrimonio idrico per gli usi di razionale sviluppo economico e sociale,e la tutela degli aspetti ambientali ad esso connessi. Le attività di pianificazione, di programmazione e di attuazione degli interventi destinati a realizzare le finalità indicate dalla legge, comprese le modalità di utilizzazione delle risorse e dei beni e di gestione di servizi connessi (art. 3, comma 2, lettera B), sono assegnate alle Autorità di Bacino, da questa definite, le quali operano nell’ambito di bacini idrografici, considerati come ecosistemi unitari.

Lo strumento mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d’uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo e alla corretta utilizzazione delle acque è il Piano di Bacino, strumento conoscitivo, normativo e tecnico operativo, che ha il compito di coordinare tutte le politiche del ciclo dell’acqua e della difesa del suolo: la prevenzione dei rischi del dissesto idrogeologico, la tutela delle acque dall’inquinamento, la gestione del patrimonio idrico.

La complessità nel redigere i Piani di Bacino, i quali devono organizzare e coordinare a scala di bacino idrografico tutte le attività di pianificazione e programmazione della difesa del suolo, comportava tempi di attesa molto lunghi, infatti, dopo quattro anni

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dall’entrata in vigore della 183/89 ancora non era stato redatto nessun piano. Proprio per questo motivo, con la legge 493/1993 vennero apportate modifiche alla L. 189 , soprattutto riguardo al fatto che venne data alle Autorità di Bacino la facoltà di adottare misure di salvaguardia, immediatamente vincolanti sul territorio, vigenti fino all’approvazione dei Piani di Bacino, finalizzate a prevenire o ridurre i rischi più elevati per l’incolumità delle persone ed, inoltre, la facoltà di adottare piani stralcio relativi a sottobacini o a settori funzionali. Nel 1998 ancora nessun piano era ancora stato approvato e quindi, dopo la tragedia di Sarno, venne stipulata la legge n.267/2000 che indicava la necessità di individuare e perimetrare, anche con metodi speditivi, le aree a rischio idrogeologico molto elevato per l’incolumità delle persone e per la sicurezza delle infrastrutture e del patrimonio ambientale e culturale,includendo tali aree in piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni di rischio più alto, con l’adozione per le stesse, di misure di salvaguardia. Da qui nasce il Piano stralcio di Assetto Idrogeologico (P.A.I.) che ogni Autorità di Bacino doveva adottare.

Tutto ciò che è stato detto fin qui riguarda la normativa a livello nazionale, ma per quanto riguarda quella a livello regionale è necessario porre una maggior attenzione nell’analizzare tutti i passi che hanno concorso ad arrivare alla redazione del P.A.I. nell 2004.

Di seguito vengono riportate le norme che regolano la pianificazione territoriale in Toscana:

• D.C.R. 94/85 - Direttive per le indagini geologico-tecniche a supporto della pianificazione urbanistica. Ha come finalità la conoscenza del territorio in termini di caratteristiche geologiche, morfologiche e idrogeologiche fin dalle prime fasi della pianificazione urbanistica per consentire scelte consapevoli in relazione alla “pericolosità” del territorio e ai conseguenti scenari di “fattibilità” in relazione alle diverse destinazioni d’uso.

• L.R. 81/94 - Disposizioni in materia di risorse idriche La legge nasce in applicazione di quanto disposto dall'art.35 della L.183/89 (Individuazione di ambiti territoriali ottimali per la gestione dei servizi pubblici di acquedotto, fognatura e depurazione delle acque) e in attuazione della L. 36/94 (la cosiddetta legge Galli), dettando norme per la delimitazione degli ambiti, la disciplina delle forme di cooperazione tra enti e le procedure per

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l'organizzazione e gestione del servizio idrico integrato, con riferimento prioritario al recupero e mantenimento della risorsa idrica e al suo corretto uso.

• L.R. 50/94 - Interventi strutturali finalizzati alla messa in sicurezza idraulica dei bacini idrografici toscani. Ha come finalità la realizzazione di interventi organici per la “messa in sicurezza” idraulica del territorio toscano.Gli interventi programmati si attuano attraverso la stipula di specifici accordi di programma tra la Regione e gli enti locali interessati. La Regione partecipa agli accordi anche finanziariamente con contributi fino al 50% dell'importo relativo al costo degli interventi. In attuazione di questa legge, sono stati realizzati con fondi regionali e degli EE.LL.,negli ultimi sei anni, oltre cento miliardi di interventi in aree ad elevata criticità idraulica.

• D.C.R. 230/94 - Prescrizioni, vincoli e direttive sul rischio idraulico. Partendo dallo studio delle aree soggette a rischio idraulico riportate su una cartografia in scala 1:25000 per tutto il territorio regionale e da un elenco di oltre tremila corsi d'acqua considerati di rilievo al fine di un corretto assetto idraulico ,la deliberazione detta vincoli e prescrizioni ( per il rilascio di concessioni o autorizzazioni edilizie) e direttive (per la formazione degli Strumenti Urbanistici) da applicarsi qualora gli interventi ricadano in specifici ambiti determinati in base alle distanze dai corsi d'acqua Gli obiettivi che si intendono perseguire sono:

- la messa in sicurezza da quei fenomeni alluvionali di dimensioni e caratteristiche tali da costituire grave pericolo per la collettività;

- l'individuazione di ambiti di salvaguardia per interventi di regimazione idraulica tesi a restituire al corso d'acqua aree per la dinamica fluviale e per la protezione dei sistemi insediativi e infrastrutturali;

- la verifica di compatibilità delle nuove previsioni con la programmazione di interventi di prevenzione.

Gli studi necessari alla definizione di quanto sopra necessitano di strumenti specifici omogenei e standardizzati che permettano un ugual apprezzamento delle problematiche su tutto il territorio regionale. Per questo è stato messo a punto un modello matematico che, a partire dai

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dati climatologici e fisici dei bacini, permette di studiare su base statistica le portate idrologiche per un dato tempo di ritorno su qualsiasi sezione del corso d’acqua e quindi le possibilità di esondazione dello stesso.

• L.R. 34/94 - Norme in materia di bonifica. Nasce con riferimento alle mutate condizioni territoriali che hanno di fatto trasformato l’attività di bonifica in attività di regimazione idraulica in funzione di una domanda di “sicurezza “ del territorio solo marginalmente e localmente riconducibile e circoscrivibile alle tradizionali attività di bonifica integrale. L’attività di bonifica diviene dunque attività di difesa del suolo e in tal senso trova legittimazione solo se riconducibile in termini di efficacia e coerenza alle strategie di risanamento e prevenzione definite a scala di bacino idrografico.

• L.R. 5/ 95 - Norme per il governo del territorio”. Con tale atto si è inteso modificare sostanzialmente il rapporto tra pianificazione territoriale e risorse, ivi comprese e prioritarie quelle naturali, superando la concezione puramente urbanistica dell’uso del suolo e favorendo “lo sviluppo sostenibile”. Il nuovo modello di pianificazione si basa sul quadro conoscitivo, non elemento accessorio del piano, ma parte integrante della sua disciplina. L’obiettivo esplicito è quello di configurare un nuovo contesto nel quale le istituzioni (Regione, Province e Comuni) producano una gestione del territorio concertata ad ogni livello, dalla programmazione alla pianificazione di dettaglio, tutelando le risorse essenziali del territorio - la cui riproducibilità non deve mai essere ridotta in modo significativo e irreversibile - e quindi valutando preventivamente gli effetti ambientali che le azioni di trasformazione possono indurre.

• D.C.R. 155/97 - Direttive tecniche per l’ingegneria naturalistica Questo atto stabilisce concetti e principi vincolanti per gli Uffici regionali che operano in materia di difesa del suolo e per gli altri Enti concessionari di opere di competenza della Regione Toscana. Questi principi sono sostanzialmente riconducibili alla necessità di realizzare opere tali da compromettere l’ambiente in cui sono inserite e rispettarne i valori paesistici. Per raggiungere tali obiettivi le direttive definiscono tipologie di intervento per il

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consolidamento di versanti e scarpate e per le sistemazioni fluviali riconducibili alle metodiche dell’ingegneria naturalistica.

• L.R. 91/98 “Norme per la difesa del suolo” Oltre a recepire la L. 183/89, opera un riordino delle strutture e delle competenze al fine di ottimizzare l’azione stessa di difesa del suolo. stabilisce le procedure per la redazione e l’approvazione dei piani e istituisce i tre bacini di rilievo regionale, Toscana Nord, Toscana Costa, Ombrone. Istituisce inoltre le “Conferenze di bacino”, costituite da tutti i soggetti competenti in materia di governo del territorio - Province, Comuni, Comunità montane ed Enti parco - ricadenti nel bacino, quali organi di indirizzo e controllo sulle attività dei Comitati Tecnici.

3.2 Il Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico della