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Il fenomeno per il quale l’acqua defluente in un corso d’acqua abbandona l’alveo divagando in zone più o meno estese, accumolandosi o defluendo disordinatamente verso altri tronchi fluviali o verso il mare è caratterizzato da varie fasi.

L’inizio del fenomeno si ha con l’esondazione, cioè l’acqua abbandona l’alveo abituale o per il cedimento delle arginature o per tracimazione dai bordi superiori dell’alveo stesso. L’acqua esondata inonda i terreni limitrofi accumolandosi nelle zone limitrofi all’esondazione. Questo zone, più o meno ampie, vengono allagate e le acque vi possono stazionare per periodi più o meno lunghi per poi ritornare nell’alveo da dove si è avuta l’esondazione ed essere smaltite, se il corso d’acqua non è arginato; se l’alveo da cui si è avuta l’esondazione è arginato, allora le acque vengono smaltite defluendo dalle zone allagate verso zone soggiacenti o verso il mare o incanalarsi in altri alvei naturali o artificiali ma comunque a quote inferiori. Non tutte le acque vengono smaltite e quelle residue o quelle accumulate nelle depressioni superficiali scompaiono in tempi più o meno lunghi mediante il prosciugamento che può essere naturale, quindi per evaporazione o infiltrazione nel terreno, o artificiale, per mezzo di idonee idrovore.

Le cause di esondazioni sono molteplici e varie e dipendono da vari fattori quali le caratteristiche idrologiche di un corso d’acqua, le caratteristiche topografiche delle sponde e, nel caso di corsi d’acqua arginati, dalle caratteristiche geotecniche dei rilevati.

L’esondazione avviene quando i corsi d’acqua non sono più in grado di trattenere l’acqua nel proprio alveo e quindi l’esondazione si ha nel momento in cui viene raggiunto il livello massimo delle sponde arginali. Ciò avviene nel caso di piene e le zone di tracimazione sono prevedibili e quindi è possibile definire a priori e con una certa approssimazione le portate contenibili in ogni sezione del corso d’acqua.

Tali condizioni diventano più critiche nel caso di rigurgiti dovuti ad ostruzioni o restringimenti di sezione idrica, nel caso di brusche deviazioni del tracciato del corso d’acqua, nel caso di artificiali o naturali cause di onde o correnti trasversali, nel caso di diminuzione di sezione idrica per interrimento del fondo alveo o di rallentamento della velocità dell’acqua per la presenza di folta vegetazione in alveo o sulle sponde.

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Nel caso di corsi d’acqua arginati, come buona parte di tratti dei corsi d’acqua oggetto di questo studio, l’esondazione può avvenire per quattro fenomeni principali, quali:

- Per tracimazione, cioè quando il livello liquido nel fiume è più elevato della sommità arginale e, se questo fenomeno si prolunga nel tempo, si hanno forti erosioni dell’argine con enormi danni a questo che possono portare fino al suo collasso.

- L’immollamento o sfiancamento che può essere causato o da un prolungato contatto delle acque di piena con l’argine o da piogge persistenti. In seguito a ciò l’argine diventa cedevole e si verificano delle deformazioni delle sue sezioni trasversali e delle fenditure longitudinali sulla sommità.

- La corrosione, che si manifesta con l’asportazione delle particelle arginali più sottili da parte dell’acqua di piena. Questo fenomeno si verifica soprattutto nei tratti in curva, sulle sponde concave e nei tratti in cui l’argine è a froldo, cioè quando l’argine maestro è direttamente innalzato sul letto di magra del corso d’acqua e mancano gli spazi golenali.

- Il sifonamento o fontanazzo è un danno molto grave dovuto alla formazione di fessure o di cavità all’interno del corpo arginale che originano forti infiltrazioni d’acqua risorgenti nella campagna circostante. Il danno è più o meno grave a seconda della portata e della velocità con cui fuoriesce l’acqua e l’entità del danno si valuta sulla natura dell’acqua che sgorga: se è limpida significa che è priva di particelle solide e la sua forza erosiva è nulla e quindi il fenomeno non è preoccupante; viceversa, se l’acqua è torba, significa che nel suo percorso sotterraneo asporta particelle solide e che essa è dotata di forte forza erosiva e che le cavità vanno allargandosi provocando gravi danni.

Quindi la rottura di un argine si può verificare indipendentemente dalla capacità della sezione idrica e dalla quota della sommità arginale. La possibilità di rottura di un argine, quindi, non è localizzabile con certezza, lo è solo orientativamente in base alle caratteristiche geometriche e geotecniche degli argini ed a seguito di un costante controllo delle sponde per poter accertare il primo insorgere di fenomeni di erosione,

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cedimenti, smottamenti e rigonfiamenti. Per quanto riguarda la prevedibilità delle zone inondate, questa dipende dal fatto che, se l’esondazione è dovuta alla tracimazione in presenza di piene più o meno grandi, allora si può prevedere la zona di esondazione, viceversa se l’esondazione è dovuta alla rottura di un argine, allora l’evento è imprevedibile. Talvolta la rottura di un argine può anche essere provocata ad arte con la conseguente preordinata inondazione di determinate zone, questo per evitare il pericolo quasi certo di esondazione in zone più a valle dove il pericolo e i danni conseguenti sarebbero maggiori.

La quantità di acqua esondata dipende da vari aspetti quali:

• dalla differenza tra la portata che giunge lungo il corso d’acqua alla sezione di esondazione e la portata contenibile nell’alveo al di sotto del livello di tracimazione o della soglia di rotta. Tale differenza costituisce l’eccedenza di portata non contenibile nell’alveo nel caso della tracimazione, essa varia durante la piena con il variare delle portate di piena in arrivo e con la quota di soglia man mano che questa si abbassa per erosione;

• dalla sezione attraverso cui l’acqua esonda, e pertanto alla quota di sfioro e dalla larghezza della zona di tracimazione o di rotta;

• dall’andamento plano-altimetrico della zona inondata ed allagata in quanto da esso dipende l’ampiezza e la capacità delle aree di scorrimento e di accumulazione delle acque sondate.

• della durata dei periodi durante la quale esistono eccedenze della portata di piena rispetto a quella contenibile dalla sezione di esondazione. Tale durata dipende dalla durata della piena e dalla quota di tracimazione o di rotta;

Per quanto riguarda, invece, i terreni inondati, le quantità di acqua sono tanto minori quanto più lontane sono le zone dal punto di esondazione e la loro estensione dipende da essenzialmente dalla quantità di acqua esondata e dalle loro caratteristiche geomorfologiche; infatti, vi possono essere depressioni o conche nel terreno dove le acque possono stazionare anche dopo la fase di inondazione, come zone in pendio più o meno accentuate dove le acque fluiscono velocemente e quindi la fase di inondazione è seguita subito da quella di smaltimento.

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Per quanto riguarda la durata dell’allagamento, anche questa dipende da vari fattori, in particolare se si tratta di zone di accumulo o zone in pendio.

Nelle zone dove vi sono depressioni e conche la durata dell’allagamento dipende, a parità di volumi e di altezze di acqua accumulati, dalle caratteristiche geologiche del terreno e in particolare dalle caratteristiche di permeabilità e dall’evapotraspirazione, quindi dalla stagione in cui avviene l’evento e dall’uso del suolo. Quando l’evento di piena che provoca l’esondazione si esaurisce, l’acqua o ritorna nell’alveo attraverso lo stesso varco, o si in canalano verso altri alvei o rimangono nelle zone inondate e, o per infiltrazione o per mezzo di pompaggio mediante idrovore, si esaurisce. Generalmente la durata di allagamento viene ridotta artificialmente mediante sifonamenti, pompaggi mediante idrovore, aperture di varchi e canali di drenaggio, abbassamento dopo la piena delle quote di tracimazione e delle soglie delle rotte sino al livello del terreno inondato.

Nelle zone in pendio, a parità di volume di acqua esondata, la durata dell’allagamento dipende essenzialmente dalla velocità dell’acqua fluente e poi anche dal carico che questa ha e dal fronte di deflusso.

La velocità a sua volta dipende dalla pendenza del terreno, dagli ostacoli esistenti nella zona, i quali vanno a rallentare il deflusso delle acque, dalle caratteristiche morfologiche e antropiche quali coltivazioni, rilevati stradali e cosi via, dagli incanalamenti preferenziali che sono zone più facilmente erodibili ed in fine dal carico e dall’altezza del pelo libero della corrente liquida rispetto al terreno, cioè, più alta è l’acqua sui terreni, maggiore è la sua velocità e a parità di pendenza del terreno minore è l’effetto degli ostacoli.

Le modalità di inondazione e smaltimento possono essere molto varie e comportano caratteristiche e danni opposti a seconda che le acque si dislochino più o meno velocemente.

Già all’atto dell’esondazione, la velocità delle acque provoca una più o meno drastica erosione del corpo arginale, che sovente alla fine appare completamente distrutto. Ciò che ne consegue è un rapido peggioramento delle caratteristiche di esondazione con conseguente rapido aumento delle portate esondanti, ed un massiccio trasporto nei terreni allagati di materiale solido e materiale terroso derivante dal corpo arginale.

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Nelle zone in cui la velocità dell’acqua in fase di esondazione o di smaltimento è elevata, oltre a elevato rischio di perdita di vite umane si hanno un’enorme quantità di altri danni quali:

• erosione del terreno per azione di trascinamento verso valle o verso zone di minore velocità , con conseguente variazione del modellamento del terreno e peggioramento della struttura del suolo, distruzione di colture specie erbacee;

• trasporto a distanza di materiali, masserizie, animali e beni comunque mobili, e lo distruzione;

• danneggiamento dei beni mobili e immobili sommersi dalle acque, sia perché impregnati di acqua sia per il sempre presente deposito di materiale terroso e di residui oleosi e catramosi;

• distruzione di beni immobili dovuto all’urto dell’acqua stessa contro superfici delimitanti aree non ancora invasate dalle acque;

I danni provocati nelle zone dove l’acqua è in veloce movimento, presuppongono danni anche nelle zone dove l’acqua è in lento o nullo movimento, tipo:

• deposito del materiale terroso derivante dal trasporto solido del corso d’acqua in piena, dal corpo arginale distrutto e dal materiale eroso nelle zone alluvionate. Tale deposito può raggiungere, in aree anche estese, spessori notevoli, distruggendo ogni attività colturale e modificando la morfologia preesistente del del suolo. Al deposito di materiale terroso si aggiunge quello dei relitti di ogni genere trasportati dalle zone in cui più forti erano le velocità dell’acqua;

• distruzione per pressione contro pareti non controbilanciate dal lato opposto da un ugual carico di acqua;

• danneggiamento dei beni sommersi dalle acque; • annegamento di persone e animali.

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In generale, comunque, i danni che si hanno nelle zone alluvionate sono maggiori se le acque vi transitano in rapido movimento e non solo per i motivi sopra esposti, ma anche perché in tal caso l’arrivo dell’onda di piena è improvviso e di conseguenza più improvvisi e rapidi sono gli innalzamenti del livello liquido che oltre ad una fissata soglia provocano esondazione;appare pertanto evidente come in questi casi sia molto più difficile l’opera di salvataggio da parte delle autorità.