• Non ci sono risultati.

Studio idrologico ed idraulico del territorio del Comune di Cecina con sistemazione idraulica della zona sud

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Studio idrologico ed idraulico del territorio del Comune di Cecina con sistemazione idraulica della zona sud"

Copied!
244
0
0

Testo completo

(1)

i

Indice

Introduzione

... 1

1

Geologia

... 4 1.1 Caratteristiche geologiche ... 4 1.2 Caratteristiche geomorfologiche ... 11

1.3 Caratteristiche litotecniche dei terreni ... 13

2

Modello idrologico del Comune di Cecina

... 15

2.1 Costruzione dei bacini e sottobacini ... 15

2.2 Trasformazione Afflussi/Delussi ... 15

2.2.1 Determinazione della curva di possibilità pluviometrica ... 16

2.2.2 Ietogrammi di progetto ... 21

2.2.3 Determinazione del CN del S.C.S. ... 23

2.3 Determinazione delle portate duecentennali ... 34

3

Normativa di riferimento

... 36

3.1 Evoluzione della normativa sulla difesa del suolo e sulla sua tutela ... 36

3.2 Il Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico della Regione Toscana ... 41

3.2.1 Le norme di piano (sez. Assetto idrogeologico) ... 43

3.2.1.1Ambiti di applicazione ... 43

3.2.1.2Finalità del PAI ... 44

3.2.1.3Elaborati del Piano ... 45

3.2.2 Norme di Piano (sez. Pericolosità Idraulica) ... 45

3.2.2.1Finalità specifiche ... 45

3.2.2.2Aree a pericolosità idraulica molto elevata (P.I.M.E.) ... 46

(2)

ii

3.2.2.4Aree a rischio (i.v.) ... 53

3.2.2.5Aree non perimetrali ... 53

3.2.2.6Aree di pertinenza fluviale ... 54

3.2.2.7Aree strategiche per interventi di prevenzione (A.S.I.P.) (i.v) ... 54

3.2.2.8Espropri e servitù per gli interventi strutturali ... 55

3.2.3 Ambiti Territoriali omogenei ... 56

3.2.3.1Definizioni ... 56

3.2.4 Direttive per le aree di particolare attenzione per la prevenzione dei dissesti idrogeologici ... 57

3.2.5 Direttive per le aree di particolare attenzione per la prevenzione da allagamenti ... 58

3.2.6 Direttive per le aree di particolare attenzione per l’equilibrio costiero ... 59

3.2.7 Attuazione del piano ... 61

3.2.7.1Indirizzi per le funzioni di polizia idraulica ... 61

3.2.7.2Riordino del vincolo idrogeologico ... 61

3.2.7.3Programmazione degli interventi ... 62

3.2.7.4Adeguamento degli strumenti di governo del territorio ... 62

3.3 Il Piano degli interventi strutturali ... 64

3.3.1 Macro obiettivi ... 64

3.3.2 Criteri per lo sviluppo degli studi e la valutazione di efficacia ... 66

3.3.2.1Caratterizzazione Morfologica ed Idrologica ... 66

3.3.2.2Studio Idraulico ... 69

3.3.2.3Valutazione di efficacia ... 70

4

Bacini e sottobacini del comune di Cecina

... 71

4.1 Bacini del comune di Cecina ... 71

(3)

iii

4.2.1 Torrente Tripesce ... 72

4.2.2 Fosso Mozzo Batistone ... 74

4.2.3 Fiume Cecina ... 75

4.2.4 Torrente Acquerta ... 77

4.2.5 Fosso Vallin delle Conche ... 78

4.2.6 Fosso del Castano ... 80

4.2.7 Fosso Vallescaia ... 82

4.2.8 Fosso del Cedro (tratto iniziale) ... 83

4.2.9 Fosso del Cedro (tratto finale) ... 85

4.2.10 Nuovo Collettore Cecina Sud ... 86

4.2.11 Fosso del Cedrino ... 87

4.2.12 Fosso Cecinella ... 89

4.2.13 Fosso Parmigiani-Le Basse ... 90

4.2.14 Fosso Nuovo e Fosso Aione ... 92

4.2.15 Tronco Terminale Fosso Nuovo ... 93

5

Analisi idrologica dei bacini del comune di Cecina

... 94

5.1 Inquadramento ... 94

5.2 Determinazione dei parametri dei sottobacini ... 96

5.2.1 Bacino del Fosso del Cedro-(FCE) ... 96

5.2.1.1Tratto primo-(FCE2) ... 96

5.2.1.2Tratto secondo-(FCE1) ... 97

5.2.2 Bacino del Fosso Vallescaia e Poggio d’Oro-(VAL,POG) ... 99

5.2.2.1Bacino Vallescaia 1-(VAL1) ... 99

5.2.2.2Bacino Vallescaia 2-(VAL2) ... 100

5.2.2.3Bacino del Poggio d’Oro-(POG1) ... 101

(4)

iv

5.2.4 Fosso Parmigiani-Le Basse e fosso del Paratino-(BAS e PAR) ... 104

5.2.4.1Bacino Parmigiani-Le Basse-(BAS2) ... 104

5.2.4.2Bacino Paratino-(PAR1) ... 106 5.2.4.3Bacino Valle-(BAS1) ... 108 5.2.5 Fosso Nuovo-(FNU1) ... 109 5.2.6 Fosso Aione-(AIO1) ... 111 5.2.7 Fosso Cecinella-(CEC1) ... 113 5.2.8 Torrente Tripesce-(TRI1) ... 114 5.2.9 Fosso Mozzo-(MOZ1) ... 115

5.2.10 Fosso dei Campilunghi-(CAM1) ... 116

5.2.11 Fosso delle Alberelle-(ALB1) ... 118

6

Rilievo topografico

... 120

6.1 Fosso Mozzo ... 120

6.2 Fosso delle Alberelle ... 123

6.3 Fosso del Cedro-Tratto primo e secondo ... 124

6.4 Fosso Vallescaia ... 127

6.5 Fosso Cedrino ... 130

6.6 Fosso Parmigiani-Le Basse ... 132

6.7 Fosso Nuovo ... 135

6.8 Fosso Aione ... 138

6.9 Nuovo Collettore Cecina Sud ... 140

6.10 Fosso Cecinella ... 142

7

Analisi idrologica e idraulica

... 145

7.1 HEC-RAS: il modello di calcolo utilizzato nelle simulazioni idrauliche. ... 145

7.2 Studio idraulico di riferimento... 148

(5)

v

7.2.2 Studio idraulico-Verifica della piena duecentennale ... 154

8

Analisi idraulica

... 166

8.1 Sicurezza e pericolosità idrogeologica ... 166

8.2 Sistemazione dei corsi d’acqua ... 169

8.3 Rischio idraulico da esondazione... 170

8.4 Interventi per ridurre il rischio idraulico ... 175

9

Sistemazione idraulica della zona sud di Cecina.

... 185

9.1 Le portate di massima piena ... 185

9.2 Strategie di intervento ... 186

9.3 Interventi ... 192

9.3.1 Aumento della capacità di deflusso ... 192

9.3.2 Laminazione delle piene ... 197

9.3.3 Casse di laminazione in derivazione alimentate da soglie sfioranti ... 198

9.3.3.1Dimensionamento della cassa di espansione in derivazione nella zona sud di Cecina ad esondazione controllata... 203

9.3.4 Esondazione naturale del Fosso Nuovo ... 210

10

Normativa di riferimento per la progettazione e la costruzione

delle dighe di sbarramento

... 212

10.1 Definizioni ... 212

10.2 Norme generali ... 213

10.3 Dighe in materiali sciolti ... 216

10.4 Sbarramenti per la laminazione delle piene ... 220

ALLEGATO 1. Dimensionamento soglia di sfioro sul Nuovo Collettore

Cecina sud

... 221

(6)

vi

ALLEGATO 2. Dimensionamento soglia di sfioro sul Fosso

Parmigiani-Le Basse.

... 229

(7)

1

Introduzione

Il presente elaborato di tesi ha lo scopo di studiare l’aspetto idrologico e idraulico, con relativa progettazione di opere, per la messa in sicurezza del comune di Cecina (figura 1).

(8)

2

L’obbiettivo è quello di ridurre il rischio idraulico previsto dall’Autorità di Bacino nel Piano di Assetto Idrogeologico (P.A.I) di tale territorio,dove si alternano zone a pericolosità elevata (P.I.E.) a zone a pericolosità molto elevata (P.I.M.E.), come è possibile evincere dalla figura 2.

Figura 2. Estratto del Piano di Assetto Idrogeologico

(9)

3

Nella prima parte del presente studio sono state individuate le caratteristiche idrologiche di tutti i corsi d’acqua presenti nel Comune attraverso lo studio geologico, di uso del suolo e della piovosità del territorio.

Nella seconda parte,invece, è stato condotto lo studio per la messa in sicurezza idraulica del comune di Cecina, mediante l’analisi delle caratteristiche idrauliche di ogni corso d’acqua.

(10)

4

1

Geologia

1.1 Caratteristiche geologiche

Il territorio del Comune di Cecina si sviluppa dal mare fino alla zona pedecollinare di Collemezzano-i Pianacci (nord), a quella del Fiorino-Poggio Gagliardo (centro) e a quella della Magona (sud).

Benché l’estensione del comune sia di modesta entità (42.48km2), si hanno vari elementi fisiografici fondamentali quali la collina, la pianura, la costa, il fiume.

La “storia geologica”, che poi è la stessa di questa parte della Toscana, si ricollega alla formazione dell’ Appennino Settentrionale.

Questa area appartiene al settore occidentale dei rilievi collinari di Castellina Marittima e dei Monti della Gherardesca che si sono formati in conseguenza della collisione tra il margine continentale Europeo e quello Africano, nell’ intervallo tra l’ Oligocene Superiore e il Miocene Inferiore, subendo poi un collasso e uno smembramento nel Neogene ad opera di un’ intensa tettonica distensiva.

Le formazioni affioranti nel territorio del comune di Cecina risalgono al Quaternario e la loro successione non ha subito significative traslazioni orizzontali.

La forte distensione che caratterizza nel Neogene, il versante tirrenico dell’ Appennino Settentrionale, provoca due fenomeni che si susseguono nel tempo:

• Delimitazione della crosta superiore ad opera di faglie dirette a basso angolo e a geometria complessa;

• Sprofondamento di un sistema di fosse tettoniche, sub parallele, allungate in direzione Nord Ovest-Sud Est la cui apertura non è contemporanea ma si è evoluta gradualmente da Occidente ad Oriente.

Sulla carta di seguito riportata (figura 1.1), è possibile notare le diverse unità litostratigrafiche distinte da varie colorazioni.

(11)

5

(12)

6

(13)

7

Nell’ambito dello studio geologico di supporto al Piano Stutturale del Comune di Cecina, redatto dal dott. Fabio Mezzetti, è stato eseguito un “rilevamento geologico strutturale e geomorfologico” del territorio comunale che risulta caratterizzato dalle seguenti “unità litostratigrafiche”, a partire da quelle più recenti, di seguito riportate.

Terreni di riporto (R)

Caratteristiche: Detriti eterogenei di varie dimensioni con scarsa matrice sabbioso limosa e resti di terreno vegetale.

Zona di affioramento: Rilevato della S.G.C. nel tratto a sud del Fiume Cecina.

Conoide (con) Età: Olocene

Caratteristiche: Sedimenti eterogenei deposti al raccordo tra collina e pianura lungo i corsi d’ acqua.

Zona di affioramento:Vallecola ubicata tra il podere S. Anna, a nord, ed il podere piano, a sud, immediatamente ad est del tracciato della S.S. 206. Incisioni vallive in destra idrografica del torrente Acquerta.

Detriti (d)

Età: Olocene.

Caratteristiche: Detriti e terreni di copertura a prevalenza sabbioso limosa.

Zona di affioramento: Incisioni vallive in destra idrografica del torrente Acquerta ed in sinistra idrografica del fosso Linaglia. Terminazione nord del rilievo collinare su cui sorge l’ abitato di Cecina.

Depositi alluvionali (a) Età: Olocene.

Caratteristiche: Depositi alluvionali recenti e attuali, costituiti da ghiaie ccon quantità variabili di matrice sabbioso argillosa.

Zona di affioramento: L’area del comune di Cecina è molto ricca di questi depositi che si allargano in masse discrete specialmente intorno al fiume Cecinae, assai meno, intorno agli affluenti Linaglia e Acquerta.

(14)

8 Sedimenti palustri e di colmata (t)

Età: Olocene.

Caratteristiche: Argille, argille organiche e torba.

Zone di affioramento: Aree che temporaneamente venivano allagate, specialmente per l’ esondazione del Fiume Cecina (ma anche di botri minori) e per lo sbarramento al deflusso delle acque in mare frapposto dai cordoni delle dune litoranee. Ampie porzioni di pianura ad ovest del tracciato della linea ferroviaria Pisa-Roma.

Alluvioni terrazzate (at) Età: Olocene.

Caratteristiche: Depositi alluvionali più o meno ricchi di ghiaie, con ciottoli di dimensioni molto diverse (fino a circa 20 cm), immersi in una matrice ricca di scheletro sabbioso-argilloso di colore bruno con caratteri simili alle alluvioni dei fondi valle attuali, dalle quali differiscono esclusivamente per la disposizione in terrazzi le cui spianate e le cui basi si trovano a quote diverse da quelle delle alluvioni attuali.

Zone di affioramento: Modesi terrazzamenti in destra idrografica del torrente Acquerta.

Morfologie piatte (atp) Età: Olocene.

Caratteristiche:Sono identiche a quelle delle alluvioni terrazzate rappresentando le morfologie piatte delle spianate dei rilievi pedecollinari.

Zone di affioramento: Ampia porzione del rilievo pedecollinare ubicato a nord-est dell’ abitato di San Pietro in Palazzi.

Morfologie piatte (s) Età: Olocene.

Caratteristiche: Sabbie di dimensioni variabili con picchi di valori più elevati in corrispondenza della foce del Fiume Cecina.

(15)

9 Dune (D)

Età: Olocene.

Caratteristiche: Accumuli eolici di sabbie più o meno fini.

Zona di affioramento: Cordone dunale della fascia pinetata a sud del Fiume Cecina. Cordone dunale a nord del Fiume Cecina fino alla foce del torrente Tripesce. Su tutta la loro lunghezza i due cordoni di dune, anticamente, ricevevano materiali dalla spiaggia; da alcuni decenni, per l’ erosione di quest’ ultima in notevoli tratti, sono più le zone di queste dune che cedono materiali rispetto a quelli che ricevono, in particolare nel tratto a sud della foce del Fiume Cecina.

Sabbie rosso arancio di Donoratico (q9) Età: Pleistocene superiore.

Caratteristiche: Sabbie di ambiente continentale di colore rosso-arancio o giallastro, a granulometria da fine a molto fine, sciolte o poco addensate con ciottoli arrotondati.

Zona di affioramento:Ampie zone della porzione pianeggiante del territorio comunale, a nord e a sud del Fiume Cecina; nel sottosuolo dell’ urbanizzato del capoluogo.

Sabbie rosse di Val di Gori (q7)

Età: Pleistocene medio-superiore.

Caratteristiche: Sedimento massivo prevalentemente sabbioso ma con notevole quantità di scheletro argilloso di colore rosso più o meno vivo; talora contiene piccoli livelli di brecce o di conglomerati minuti. Formazione di ambiente continentale per azioni miste prevalentemente colluviali ed eoliche, con temporanei episodi di esondazioni torrentizie.

Zona di affioramento: Rilievi pedecollinari ad est degli abitati di Cecina e San Pietro in Palazzi.

(16)

10 Conglomerati di bolgheri (q6)

Età: Pleistocene medio.

Carattestiche: Conglomerati a ciottoli etero metrici, spesso grossolani, costituiti dai tipi litologici delle formazioni dell’ Alloctono ligure con una matrice sabbiosa e argillosa; contiene lenti di argille-siltose grigioperla. Formazione tipica di un delta fluviale deposto in mare.

Zona di affioramento: Modesti affioramenti sono stati rilevati sulla terminazione orientale del terrazzo di Cecina al contatto con i depositi alluvionali del fosso Linaglia.

Calcareniti sabbiose, Sabbie e conglomerati di Bibbona (q5) Età: Pleistocene inferiore-medio.

Caratteristiche: Calcareniti sabbiose diversamente cementate, sabbie a varia granulometria e conglomerati a matrice sabbiosa e calcareo-detritica costituiti da ciottoli di dimensioni medio-piccole provenienti dai vari tipi litologici delle formazioni delle Unità liguri. Alcuni strati di questa formazione si sono deposti in ambiente di spiaggia sommersa, altri documentano l’ ambiente di spiaggia emersa fino a quello di pre-duna.

Zona di affioramento: Modesti affioramenti sono stati rilevati in destra idrografica del torrente Acquerta ed in sinistra idrografica del fosso Linaglia.

Calcari sabbiosi di Montescudaio (q3) Età: Pleistocene inferiore.

Caratteristiche: Calcari più o meno cementati ricchi di frazione sabbiosa sedimentati in ambiente marino dalla parte meno profonda della zona neritica interna.

Zona di affioramento: Zona di raccordo tra il rilievo pedecollinare e l’incisione valliva solcata dal torrente Acquerta.

(17)

11 Sabbie ed argille ad Arctica islandica (q2)

Età: Pleistocene inferiore.

Caratteristiche: Argille più o meno siltose e sabbiose con frequenti intercalazioni di livelli di sabbia sedimentati in ambiente marino della parte meno profonda della zona neritica interna.

Zona di affioramento: Un unico affioramento di modesta estensione è stato rilevato in destra idrografica del torrente Acquerta ad est dell’omonimo podere.

1.2 Caratteristiche geomorfologiche

Dal punto di vista geomorfologico, sono stati distinti i seguenti fenomeni ad opera dello scorrimento delle acque superficiali, presenti nel territorio del comune di Cecina.

• Aree soggette a possibili ristagni d’acqua: caratterizzano le due ampie zone a nord e a sud del fiume Cecina costituite,in affioramento, da depositi palustri e argillosi pressoché impermeabili.

• Erosione estesa di sponda: questo fenomeno interessa ampi tratti spondali del fiume Cecina in particolare in corrispondenza dei due meandri, concavi verso nord, presnti ad est ed ad ovest della linea ferroviaria Pisa-Roma; analoghi fenomeni, anche se di modesta entità, sono presenti anche nei due meati, concavi verso sud, che lambiscono il centro abitato di Cecina e Marina di Cecina.

• Erosione puntuale di sponda: caratteristica che riguarda il tratto di sponda, lungo circa 500m, in sinistra idrografica del fiume Cecina immediatamente a monte dell’ abitato di Marina di Cecina.

• Alvei in incisione accelerata: fenomeno che interessa, nei tratti terminali, prima dell’ immissione nel fiume Cecina, il torrente Acquerta e il fosso della Linaglia.

• Scarpate di paleo, erosione fluviale: a valle del tracciato della S.G.C. in un breve tratto in sinistra idrografica del fiume Cecina.

(18)

12

• Paleo alvei: sulla base di uno studio aereo fotogrammetrico, sono stati individuati alvei sepolti, a testimonianza del divagare del fiume Cecina prima dello sbocco in mare, sia in destra che in sinistra dell’ attuale corso del fiume.

• Spiagge in erosione: questo fenomeno interessa due tratti di costa a sud della foce del fiume Cecina; il primo dalla bocca del fiume per circa 300m, il secondo, per circa 700m, a sud della foce del Cedro (vedi figura 1.2).

Figura 1.2-Arretramento della linea di riva a sud di Marina di Cecina

• Spiaggia stabilizzata in equilibrio instabile: tratto di spiaggia a nord del fiume Cecina (fino alla Mazzanta) e sud del fiume nella spiaggia prospiciente l’urbanizzato di Marina di Cecina; queste spiagge risultano stabilizzate in equilibrio instabile tale da prefigurare possibili evoluzioni verso fenomeni erosivi causati dal regime dei venti e dalle correnti

• Spiagge stabilizzata in equilibrio: tratto di costa a sud del precedente, fino oltre la foce del fosso Nuovo; risulta in equilibrio stabile e non modificabile dal regime dei venti e delle correnti.

(19)

13 Vi sono poi processi gravitativi di versante:

• Paleo frane: frane antiche ormai stabilizzate, di modesta estensione areale; sono presenti in destra idrografica del torrente Acquerta ed interessano il versante pedecollinare al contatto tra calcari e calcareniti sabbiose con sabbie e conglomerati.

Infine ci sono forme antropiche quali:

• Aree di escavazione o rimodellamento antropico: ex aree estrattive, anche di notevoli dimensioni, sono localizzate nell’ ansa del fiume Cecina confinata ad est dal tracciato della superstrada ed ad ovest dalla linea ferroviaria; vi sono poi altre ex aree estrattive in destra idrografica del fiume e lungo la strada di collegamento tra Cecina e Marina di Cecina nelle vicinanze di vecchie fornaci.

• Aghi artificiali: erano i cavi di alcune ex aree estrattive e attualmente sede di specchi lacustri;tra questi risultano di notevoli dimensioni quelli localizzati ad est della ex fornace Magona.

1.3 Caratteristiche litotecniche dei terreni

Le unità litostratigrafiche definite al paragrafo 1.1 sono state raggruppate in sei “unità litotecniche” al fine di individuare terreni aventi caratteristiche meccaniche omogenee.

Di seguito si riportano le sei unità ( da 1.1 a 1.6 ) con i relativi fenomeni e le eventuali problematiche connesse, riguardanti le caratteristiche fisico-meccaniche, la propensione al dissesto in funzione dell’ acclività, del grado di cementazione e di erodibilità, di ogni terreno.

- Unità 1.1: è caratterizzata da terreni a prevalenza limoso-torbosa; fanno parte di questo “gruppo” le unità litotecniche precedentemente indicate con la sigla “t”. Questi terreni hanno una bassa capacità portante e problemi connessi a cedimenti delle strutture fondazionali profonde su pali battuti e/o trivellati a causa di un attrito negativo.

(20)

14

- Unità 1.2: sono terreni a matrice argilloso-sabbiosa, classificati con la sigla “q2”. Si possono avere problemi locali, indotti sia dalle caratteristiche fisico-meccaniche dei terreni in zone acclivi, sia al dilavamento delle acque superficiali.

- Unità 1.3: sono terreni a matrice prevalentemente sabbiosa; fanno parte di questa unità quei terreni indicati con le sigle “s” e “D”. I problemi connessi a questa tipologia di terreno derivano dal dilavamento delle acque superficiali, meteoriche, marine, fluviali e dall’ azione del vento.

- Unità 1.4: è caratterizzata da terreni a prevalenza sabbioso-ghiaiosa; fanno parte di questo gruppo le “unità” individuate precedentemente con le sigle “a”, “at”, “atp”, “d”. Si possono verificare fenomeni di cedimenti delle strutture, indotti dalle scadenti caratteristiche di capacità portante dei terreni argillosi e argillo-limosi presenti negli interstrati delle successioni a prevalenza sabbioso-ghiaiosa; si hanno, inoltre problemi di instabilità dinamica locale in zone acclivi e dilavate dalle acque di ruscellamento. - Unità 1.5: sono i depositi a prevalenza conglomeratico-sabbiosa e classificati

con le sigle “q9”, “q7”, “q6”. Si possono verificare fenomeni di instabilità dinamica locale nelle zone acclivi, dilavate dalle acque di ruscellamento, in terreni a prevalenza sabbiosa; invece, nei terreni a prevalenza conglomeratica e conglomeratico-sabbiosa si possono avere possibili fenomeni di crollo.

- Unità 1.6: sono successioni a prevalenza calcarenitica e quindi individuate con le sigle “q5” e “q3”. Caratteristica di questa unità litotecnica è la possibilità che si manifestino fenomeni di crollo di bancate calcaree e calcarenitiche provocate sia da un’ accentuata fatturazione che dall’ imbibizione dovuta da acque meteoriche e superficiali non regimate in zone acclivi.

(21)

15

2 Modello idrologico del Comune di Cecina

La modellazione idrologica del territorio del Comune di Cecina è stata eseguita secondo tre diverse fasi.

• Determinazione dei bacini e sottobacini • Determinazione della legge Afflussi/Deflussi

• Determinazione delle massime portate duecentennali in ogni corso d’acqua.

2.1 Costruzione dei bacini e sottobacini

La costruzione dei bacini idrografici relativi ad ogni corso d’acqua è stata effettuata tenendo in considerazione che lo spartiacque segue le linee di cresta del suolo, mentre le aste fluviali si sviluppano lungo le linee di compluvio.

La determinazione dei confini dei principali bacini idrografici è stata effettuata facendo riferimento alla “Carta di sintesi dei Bacini Idrografici” (scala 1:100000) presente nel Piano di Assetto Idrogeologico redatta dalla Regione Toscana, per il “Bacino Toscana Costa”.

Una volta individuati i bacini idrografici di maggiore importanza,il passo successivo è stato quello di individuare i confini dei sottobacini, diversi per estensione e caratteristiche, relativi a tutti i corsi d’acqua presenti nel comune di Cecina.

Questo è stato possibile tenendo presente le considerazioni sopra esposte e, una volta fissata la sezione di chiusura, partendo da essa, è stata effettuata la ricostruzione.

2.2 Trasformazione Afflussi/Delussi

I fenomeni che danno origine al deflusso nei corsi d’acqua sono le precipitazioni meteoriche, quindi il primo passo è quello di andare a quantizzare gli afflussi, sul territorio oggetto di studio, per poi trasformarli in deflussi.

L’afflusso relativo ad un dato bacino idrografico è maggiore di quello che raggiunge la rete di drenaggio trasformandosi in deflusso, questo perché si hanno delle “perdite” nella trasformazione da afflussi a deflussi.

(22)

16

Queste perdite sono dovute a vari fattori che dipendono sostanzialmente dalle caratteristiche geografiche e geomorfologiche del territorio.

Vi sono vari metodi per quantizzarle, ma nel presente studio è stato adottato il modello del Soil Conservation Service (S.C.S), che si basa sulle curve di precipitazione e perdite cumulate in funzione del Curve Number (CN) che tiene conto del tipo di suolo, dell’uso del suolo e del grado di imbibizione dello stesso.

Una volta individuate le perdite e quindi i deflussi, il passo successivo è stato quello di andare a determinare i profili liquidi più critici nei corsi d’acqua in esame per determinati ed assegnati tempi di ritorno.

Determinate le portate massime critiche, con tempo di ritorno di 200 anni, per ogni corso d’acqua, sono stati individuati i possibili interventi per la messa in sicurezza di tutto il territorio del Comune di Cecina.

2.2.1 Determinazione della curva di possibilità pluviometrica

Per quantizzare le piogge, e quindi gli afflussi, che cadono su una determinata superficie, è necessario individuare le Curve di Possibilità Pluviometrica (CPP) per determinati tempi di ritorno (Tr), in modo tale da stabilire l’altezza d’acqua complessiva precipitata durante un certo evento.

L’equazione della curva di possibilità pluviometrica è data in funzione della durata dell’evento e del tempo di ritorno (formula binomia redatta dal prof. Ing. Pagliara e dal prof. Ing. Viti).

Nella forma più generale è del tipo:

ℎ =  ∙ ∙  (2.1)

con:

• h l’altezza totale della precipitazione espressa in mm (h cresce con una legge meno rapida della lineare, poiché n è sempre minore di 1);

• t è la durata del fenomeno meteorico espressa in ore;

(23)

17

La determinazione delle curve segnalatrici di possibilità pluviometrica, e in particolare dei coefficienti a, n, m, avviene mediante l’analisi statistica dei dati di pioggia registrati dalle stazioni meteorologiche.

I dati registrati dai sensori di rilevamento idrologico presenti nella Regione Toscana sono gestite dal Servizio Idrografico e Mareografico di Pisa; per le stazioni tradizionali è possibile rintracciare i dati di queste presso il sito www.sir.toscana.it, nel quale sono indicati tutti i sensori per tipologia, provincia, bacino o nome della stazione, mentre nel caso delle stazioni autonome si fa riferimento al link

http://agrometeo.arsia.toscana.it presente sempre nel sito sopra riportato.

Le stazioni più vicine all’ area in esame, e quindi di nostro interesse, sono elencate nella tabella 2.1 di seguito riportata e facilmente individuabili nella figura 2.1.

Nome della

stazione Tipo di sensore

Coordinate GB Coord.WGS84 Elevazione (m s.l.m.) E (m) N (m) Lat (°) Lon (°) Vada osservatorio (Cod.TOS10002044) Stazione trad. Pluviometro 1618627 4800760 43.352 10.464 4.95 Vada Bonifica (Cod. TOS10002050) Stazione trad. Pluviometro 1618272 4798205 43.329 10.459 0.89 Cecina Terriccio Basso (Cod. TOS10002060) Stazione trad. Pluviometro Termometro 1621472 4797320 43.321 10.499 5.53 Cecina Zuccherificio (Cod. TOS10002246) Stazione trad. Pluviometro 1622623 4796197 43.310 10.513 8.81 Cecina (Cod. TOS10002240) Stazione trad. Pluviometro Termometro 1622677 4796060 43.309 10.513 7.03 Cecina Paludetto (Cod. TOS10002243) Stazione trad. Pluviometro 1622397 4795050 43.300 10.510 2.33 Pineta Marina Cecina

(e) (Cod. TOS10002242)

Stazione trad.

Pluviometro 1622657 4793700 43.288 10.513 1.80 Pineta Marina Cecina

(i) (Cod. TOS10002241) Stazione trad. Pluviometro 1622417 4793440 43.285 10.510 1.81 Cecina (Ghinchia) (Cod. TOS10002244) Stazione trad. Pluviometro 1624247 4793520 43.286 10.532 5.83 Cecina (Collemezzano) (Cod. TOS11000002) Stazione autonoma Anemometro, barometro, pluviometro, radiometro solare, termometro. 1623337 4800836 43.352 10.523 57.42

(24)

18

Figura 2.1-Estratto dal SIR. Stazioni di monitoraggio della zona in esame

Sempre nel sito sopra riportato è possibile rintracciare le Curve segnalatrici di possibilità pluviometrica per durate superiori all’ora relative a vari tempi di ritorno per ogni stazione autonoma di tutto il territorio regionale.

Le CPP relative al Comune di Cecina e determinate mediante la rielaborazione statistica dei dati ottenuti dalla stazione autonoma di Cecina Collemezzano sono riportate nel grafico di figura 2.2.

(25)

19

Figura 2.2-Curve di possibilità pluviometrica della stazione Cecina-Collemezzano TOS11000002

L’equazione generale delle Curve di possibilità pluviometrica,come già detto sopra, è la seguente:

ℎ =  ∙ ∙ 

 (2.2)

Nel nostro caso abbiamo:

- a pari a 26.506 - n pari a 0.270 - m pari a 0.201

- Tr pari a 5, 10,20,50,100,200 anni

Quindi le equazioni delle curve riportate nel grafico soprastante sono:

ℎ = 26.506 ∙ .∙ . (2.3) 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110 120 130 140 150 160 170 180 190 200 0 5 10 15 20 25 30 A lt e zz a d i p io g g ia [ m m ]

Durata della pioggia [ore]

Curve di possibilità pluviometrica per diversi

Tr

Tr=5 anni Tr=10 anni Tr=20 anni Tr=50 anni Tr=100 anni Tr=200 anni

(26)

20 che per Tr pari a 200 anni diventa:

ℎ = 76.89 ∙ . (2.4)

Per quanto riguarda le stazioni tradizionali, invece, vengono forniti solo i dati registrati e, per ottenere le Curve segnalatrici di Possibilità Pluviometrica, è necessario effettuare rielaborazioni statistiche tipo quella di Gumbel. Benché le stazioni nella zona siano molte, il numero di dati per ciascuna di esse è limitato ad eccezione della stazione Vada Osservatorio, che dispone di 46 anni di osservazione. Per questo motivo, nonostante sia la più lontana dalla zona in esame, l’analisi statistica è stata condotta mediante la rielaborazione dei dati da questa registrati.

Da studi effettuati dall’Ingegner Barsotti, mediante la rielaborazione statistica di Gumbel, sulle altezze di pioggia con tempo di ritorno pari a duecento anni per fenomeni di diverse durate, si evince che la curva di possibilità pluviometrica relativa a questa stazione ha la seguente equazione:

ℎ = 90.10 ∙ . (2.5)

Questa equazione è stata poi ragguagliata all’area del bacino in esame mediante la relazione:

ℎ =  ∙  ∙  (2.6)

con  coefficiente di ragguaglio determinato facendo riferimento alla tabella fornita da Columbo pubblicata sul Manuale di ingegneria civile, nella quale il coefficiente è dato in funzione della durata di pioggia e dell’estensione del bacino.

Nello studio dell’Ingegner Barsotti il coefficiente  è stato assunto pari a 0.9 e l’equazione della curva segnalatrice di possibilità pluviometrica da lui utilizzata diviene:

(27)

21

2.2.2 Ietogrammi di progetto

La curva segnalatrice di probabilità pluviometrica non descrive il modo di variare nel tempo dell’altezza di pioggia ma rappresenta solo il valore dell’altezza che, con assegnata probabilità, può essere raggiunta da una pioggia di durata t. La distribuzione temporale della pioggia influenza la portata al colmo, la quale dipende dai seguenti fattori:

- intensità massima della precipitazione nell’intervallo t (intensità di picco); - posizione all’interno dell’intervallo t dello scroscio massimo;

- volume di precipitazione caduto prima dello scroscio massimo.

Allo ietogramma di progetto si associa comunemente il valore del tempo di ritorno della curva segnalatrice utilizzata per la determinazione dell’altezza di pioggia complessiva, e lo stesso valore del tempo di ritorno si attribuisce anche alla portata di piena conseguente. Gli ietogrammi di progetto vengono definiti attraverso alcune caratteristiche, in particolare:

1) Durata (la durata dello ietogramma di progetto è quella ritenuta critica per il bacino in esame);

2) Altezza di pioggia complessiva; 3) Forma.

Nel presente studio è stato utilizzato uno ietogramma ad intensità costante che rappresenta la più semplice tra le piogge di progetto e quella usata da più tempo. Il tempo di ritorno Tr e la durata totale dell’evento t si assegnano a priori, quindi dalla curva segnalatrice corrispondente al tempo di ritorno prefissato (determinata nel paragrafo precedente) si ricava l’altezza di pioggia totale h. Quindi nota l’altezza di pioggia hr e la durata tp si può ricavare l’intensità di pioggia da assumere costante per tutta la durata della pioggia stessa con la seguente relazione:

(28)

22  =ℎ

 (2.8)

con i [mm/ora], hr [mm], tp [ore].

Nella tabella e nel grafico sottostanti si riportano, a titolo di esempio, le intensità di pioggia e gli ietogrammi di progetto riferiti a diverse durate tp.

t [ore] h[mm] i[mm/ore] 1 76.89 76.89 2 92.71 46.36 3 103.44 34.48 4 111.80 27.95 5 118.74 23.75

Tabella 2.2-Altezza di pioggia h ed intensità i per diverse durate di pioggia

Figura 2.3-Ietogrammi di progetto ad intensità costante per diverse durate di pioggia

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 0 1 2 3 4 5 6 In te n si tà i [ m m /o re ] Durata tp [ore]

Ietogrammi di progetto

t=1 ora t=2 ore t=3 ore t=4 ore t=5 ore

(29)

23

2.2.3 Determinazione del CN del S.C.S.

La quantizzazione delle perdite, strettamente legate alle caratteristiche del suolo, come detto all’inizio del capitolo, è necessaria per l’individuazione della pioggia netta, cioè la pioggia che va a produrre deflusso superficiale. Per la quantizzazione delle perdite ci sono vari metodi, ma nel presente studio è stato utilizzato il metodo CN del Soil Conservation Service, che congloba quest’ultime, che dipendono da vari fattori quali l’infiltrazione, intercezione, immagazzinamento nelle depressioni superficiali, in un unico termine.

Questo metodo permette di determinare istante per istante il quantitativo di pioggia che dà vita a deflusso superficiale, detta pioggia netta, mediante la seguente formula:

 = ( −  ) 

( −  + #) (2.9)

Con:

• Pn la pioggia netta misurata in mm • P la pioggia totale misurata in mm

• Ia è la perdita iniziale che dipende da S ed è misurata in mm • S è la capacità di ritenzione potenziale misurata in mm.

Il primo passo è quello di andare a determinare la capacità di infiltrazione data dalla seguente relazione:

# = 25.4 ∙ (1000%& − 10) (2.10)

Il coefficiente CN è un parametro variabile da 0 a 100 i cui valori sono tabellati in funzione delle caratteristiche litologiche, dell’uso del suolo e del grado di imbibizione. Per quanto riguarda l’aspetto litologico e quindi di permeabilità del terreno, i suoli sono distinti in quattro categorie (A, B, C, D) a permeabilità decrescente come si può notare dalla tabella 2.3 del Soil Conservation Service.

(30)

24

Caratteristiche geomorfologiche e di permeabilità

Gruppo Caratteristiche

A Scarsa potenzialità di deflusso. Comprende sabbie profonde con scarsissimo limo e argilla; anche ghiaie profonde, molto permeabili.

B Potenzialità di deflusso moderatamente bassa. Comprende la maggior parte dei suoli sabbiosi meno profondi che nel gruppo A, ma il gruppo nel suo insieme mantiene alte capacità di infiltrazione anche a saturazione. C Potenzialità di deflusso moderatamente alta. Comprende suoli sottili e suoli contenenti considerevoli quantità di argilla e colloidi, anche se meno

che nel gruppo D. Il gruppo ha scarsa capacità di infiltrazione a saturazione. D

Potenzialità di deflusso molto alta. Comprende la maggior parte delle argille con alta capacità di rigonfiamento, ma anche suoli sottili con orizzonti pressoché impermeabili in vicinanza della superficie.

Tabella 2.3 Classificazione litologica dei suoli secondo il Soil Conservation Service

Disponendo della carta litologica del Comune di Cecina (figura 1.1) è possibile notare che la maggior parte del territorio appartiene alla classe B esclusa la zona residenziale che è sotto alla D.

Le caratteristiche di uso del suolo sono catalogate dal SCS nella tabella di seguito riportata (tabella 2.4)

L’individuazione dell’uso del suolo della zona è stata possibile grazie all’utilizzo della Carta dell’uso del suolo riportata all’interno del Regolamento Urbanistico del Comune di Cecina (figura2.4).

(31)
(32)

26

(33)

27

Coefficienti CN

USO DEL SUOLO Classi A B C D

Terreno coltivato

Senza trattamenti di conservazione 1 72 81 88 91

Con interventi di conservazione 4,9 62 71 78 81

Terreno da pascolo

Senza trattamenti di conservazione 68 79 86 89

Con interventi di conservazione 39 61 74 80

Praterie

Buone condizioni 30 58 71 78

Terreni boscosi o forestati

Terreno sottile, sottobosco povero, senza foglie 6 45 66 77 83

Sottobosco e copertura buoni 25 55 70 77

Spazi aperti, prati rasati, parchi

Buone condizioni con almeno il 75% dell'area con copertura arborea 3 39 61 74 80 Condizioni normali con copertura erbosa intorno al 50% 49 69 79 84

Aree commerciali (impermeabilità 85%) 89 92 94 95

Distretti industriali (impermeabilità 72%) 81 88 91 93

Aree residenziali

Estensione lotti Impermeabilità media %:

1/8 acre 65 % 2 77 85 90 92

1/4 acre 38 % 61 75 83 87

1/3 acre 30 % 57 72 81 86

1/2 acre 25 % 54 70 80 85

1 acre 20 % 51 68 79 84

Parcheggi impermeabilizzati, tetti, piazzali ecc. 98 98 98 98 Strade

Pavimentate, con cordoli e fogne 98 98 98 98

Inghiaiate o selciate con buche 76 85 89 91

In terra battuta (non asfaltate) 72 82 87 89

Tabella 2.4-Parametri CN relativi a AMC II per le quattro classi litologiche e per i vari tipi di uso del suolo.

Il coefficiente CN dipende anche dalle condizioni di umidità del suolo ipotizzate, che sono espresse dalla condizione dell’A.M.C. (Antecedent Moisture Condition).

Dalla tabella 2.4 si ricava il valore del CNII, ma la reale condizione A.M.C. relativa all’evento considerato si determina attraverso il valore dell’altezza di pioggia caduta nei cinque giorni precedenti l’evento stesso, secondo quanto indicato in tabella 2.5 di seguito riportata.

(34)

28

CLASSE A.M.C.

STAGIONE DI RIPOSO

STAGIONE DI CRESCITA

I

<12.7

<35.5

II

12.7—28.0

35.5—53.3

III

>28.0

>53.3

Tabella 2.5-Individuazione delle condizioni di umidità antecedenti individuate in base alla precipitazione totale nei 5 giorni precedenti l’evento considerato.

Se la reale condizione del suolo risulta diversa da quella di A.M.C. II, allora si deve correggere il valore del coefficiente CN, riportandolo alla reale condizione A.M.C.. Per far questo si utilizza la seguente tabella 2.6.

CLASSE A.M.C.

CLASSE A.M.C.

I

II

III

I

II

III

100 100 100 40 60 78 87 95 98 35 55 74 78 90 96 31 50 70 70 85 94 22 40 60 63 80 91 15 30 50 57 75 88 9 20 37 51 70 85 4 10 22 45 65 82 0 0 0

Tabella 2.6-Individuazione del valore del parametro CN per tutte e tre le condizioni di umidità

In questo studio, tenendo in considerazione le caratteristiche del territorio e delle piogge medie annuali, facciamo riferimento, in via del tutto cautelativa, al coefficiente CN di classe A.M.C. II.

Da sottolineare è il fatto che all’interno di ogni bacino e sottobacino, l’uso del suolo e la litologia del terreno non è la stessa; quindi, è stato necessario andare a suddividere

(35)

29

l’intero comune in celle di 200x200m, assegnare un valore del CN ad ogni cella in base alle varie caratteristiche litologiche e di uso del suolo e, successivamente, ricavare un valore medio del coefficiente CN, effettuando una media pesata sulla superficie globale di ogni sottobacino dalla seguente relazione:

%& '( =∑ %&*∑ +* ∙ +* * *

(2.11)

Una volta determinato Il coefficiente CN è possibile ricavare il parametro S, cioè la capacità d’infiltrazione.

Per determinare, però, la pioggia netta è necessario conoscere anche della perdita iniziale Ia che è data dalla seguente relazione:

 = , ∙ # (2.12)

Con :

• S la capacità d’infiltrazione sopra definita

• β coefficiente adimensionale che varia tra 0.1 e 0.2. (nel presente studio si assume β pari a 0.1 in via del tutto cautelativa).

Quindi, una volta individuata la pioggia netta, il passo successivo è quello di determinare il tempo di concentrazione che per i bacini collinari assume la seguente espressione (suggerita dal Soil Conservation Service):

- = 0.571 ∙ .

./∙ [11000

%& 2 − 9].

#.4 (2.13)

Con:

• tc tempo di concentrazione del bacino espresso in ore • L lunghezza dell’asta massima espressa in Km

(36)

30

• S pendenza media del bacino in esame espressa in percentuali (ovvero, ad esempio, se la pendenza di un bacino è del 10%, nella formula S assume il valore di 10 e non di 0.1).

Una volta calcolato il tempo di concentrazione per ogni sottobacino è possibile costruire l’idrogramma di piena con il metodo dell’SCS determinando il lag time che è l’intervallo di tempo che intercorre fra l’istante in cui si verifica il picco di portata ed il baricentro del pluviogramma che produce deflusso.

Il deflusso superficiale ha inizio dopo un tempo t1 dall’inizio della pioggia, durante il quale è caduta un’altezza di pioggia h=ia; quindi la durata Tpe della pioggia che produce deflusso risulta pari a:

' = −  (2.14)

Secondo il metodo del SCS il picco di portata si verifica dopo un tempo di ritardo tL=0.6tc (lag time) a partire dal baricentro del pluviogramma che produce deflusso e quindi dopo un tempo tA=Tpe/2+0.6tc a partire dall’istante in cui ha inizio il deflusso superficiale, con tA la durata della fase ascendente dell’onda. La fase discendente dell’onda di piena ha una durata tD=1.67tA, per cui l’intera onda di piena ha una durata t=2.67tA=2.67(Tpe/2+0.6tc).

Uguagliando il volume di deflusso al volume di afflusso netto, si deduce il seguente valore della portata massima al colmo:

5 6 = 2 ∙ # ∙ ℎ

3.6 ∙ 2.67 ∙ (2 + 0.6' -)

(2.15)

Con Qmax espressa in [m3/s], Tpe e tc in [ore], S superficie del bacino in [km2] e hr l’altezza di pioggia netta ragguagliata in [mm].

Da precisare è che molto spesso, per semplicità Tpe=Tp, in quanto il tempo in cui cade l’altezza di pioggia h=ia è estremamente ridotto, specie se il coefficiente CN è molto elevato, per cui ia è estremamente piccola.

(37)

31

Applicando il metodo SCS non è possibile conoscere a priori la durata Tp della pioggia che dà luogo alla portata massima; perciò, per un dato tempo di ritorno, occorre assumere diverse durate di pioggia, fino a trovare quella che dà luogo alla massima portata.

Volendo attribuire all’idrogramma unitario una forma diversa da quella triangolare si può utilizzare l’idrogramma unitario SCS in forma adimensionale riportato in figura 2.5 e nella corrispondente tabella 2.7. Si precisa che in questo caso tp indica l’istante di picco e non la durata della pioggia.

t/t

p

Q/Q

p

t/t

p

Q/Q

p 0.00 0.00 2.00 0.280 0.20 0.100 2.20 0.207 0.40 0.310 2.40 0.147 0.60 0.660 2.60 0.107 0.80 0.930 2.80 0.077 1.00 1.000 3.00 0.055 1.20 0.930 3.40 0.029 1.40 0.780 4.20 0.010 1.60 0.560 4.60 0.003 1.80 0.390 5.00 0.000

(38)

32

Figura 2.5-Idrogramma unitario adimensionale del Soil Conservation Service.

L’idrogramma adimensionale presenta un andamento più realistico rispetto a quello triangolare e le sue caratteristiche principali sono le seguenti:

- La durata della fase ascendente ed il valore della portata di picco sono coincidenti con gli stessi valori dell’idrogramma triangolare;

- Il volume di deflusso nella fase precedente il picco (V1) è lo stesso nei due idrogrammi e pari a 0.374;

- Il volume di deflusso nella fase seguente il picco (V2) è lo stesso nei due idrogrammi e pari a 0.626(1-V1);

- La durata della fase di esaurimento dell’idrogramma adimensionale, che vale 5Tp, è notevolmente superiore rispetto a quella dell’idrogramma triangolare (1.67Tp).

Quindi, per la costruzione dell’idrogramma unitario SCS, che nel nostro caso verrà comunque costruito in maniera automatica dal codice di calcolo HEC-HMS, occorre operare con i seguenti passaggi:

1. Calcolare il Lag Time del sottobacino;

2. Fissare il passo temporale di lavoro (unitario)

3. Determinare le caratteristiche dell’idrogramma unitario (adimensionale) 0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2 0 0,4 0,8 1,2 1,6 2 2,4 2,8 3,2 3,6 4 4,4 4,8 5,2 5,6 Q /Q p t/tp

(39)

33

4. Adattare l’idrogramma di cui al punto precedente determinandone le ordinate in corrispondenza dei vari passi temporali che saranno multipli interi del passo temporale unitario di cui al punto 2.

Per il calcolo del Lag Time di ogni bacino, è necessario conoscere, oltre al valore del CN, anche il valore della sua pendenza media.

Per calcolare detta pendenza vi sono vari metodi:

• Metodo di Alvard Horton

Consiste nel misurare la lunghezza totale L delle linee di livello (di assegnata equidistanza Δz) comprese nel bacino e quindi nel calcolare la pendenza media im per mezzo della relazione:

 = ∆9 ∙ .+ (2.16)

Con A l’area totale del bacino in esame.

• Metodo del reticolo

Consiste nel sovrapporre un reticolo a maglie quadrate alla rappresentazione topografica del bacino. In corrispondenza di ogni nodo del reticolo compreso nel bacino si misura la minima distanza che intercorre tra due curva di livello che giacciono in due diversi quadrati del reticolo; detta Δz la differenza di quota tra le isoipse, la pendenza locale ii nell’i-esimo nodo sarà:

* = ∆9:

* (2.17)

la pendenza media sarà di conseguenza la media aritmetica delle singole pendenze in corrispondenza degli N nodi del reticolo interni al bacino

(40)

34 • Metodo del Raster

Tramite l'approccio a parametri distribuiti è possibile analizzare l'acclività di un bacino elaborando il raster delle quote. È infatti possibile calcolare per ciascuna cella del raster una pendenza data dal seno dell'angolo che forma il vettore di massima pendenza di un piano interpolante le otto celle circostanti quella in esame con la sua proiezione sul piano orizzontale, ottenendo così un raster delle pendenze.

Dal raster così ottenuto si può determinare la pendenza media del bacino.

Oltre a questi metodi tutt’altro che speditivi ne esistono altri molto più rapidi ed efficaci per quanto riguardo lo studio dei bacini in esame che sono pressoché pianeggianti.

Uno di questi può essere quello di considerare i punti iniziale e terminale della generica asta e la pendenza può essere determinata, in maniera molto speditiva, dividendo la differenza di quota tra questi due punti per la lunghezza dell’asta fluviale. Un altro metodo, che è quello utilizzato nel presente studio, è quello di calcolare la pendenza media del bacino secondo la seguente relazione:

 = 0.8 ∙ .∆ℎ (2.18)

Con:

- im la pendenza media del bacino

- Δh la differenza di quota fra la sezione di chiusura e la sezione sull’asta principale posta ad una distanza pari a 0.2L dall’inizio dell’asta principale - L lunghezza dell’asta principale.

2.3 Determinazione delle portate duecentennali

Una volta individuata la quantità di acqua che produce deflusso, quindi la pioggia depurata da tutte le perdite, mediante l’utilizzo di programmi di calcolo, è stato possibile costruire l’onda di piena critica con tempo di ritorno di 200 anni per ogni corso d’acqua.

(41)

35

Una volta determinata l’onda di piena, mediante altri software e stato possibile verificare ogni corso d’acqua da un punto di vista idraulico.

(42)

36

3 Normativa di riferimento

3.1 Evoluzione della normativa sulla difesa del suolo e

sulla sua tutela

Il concetto di bacino, inteso come unità geografica, per la prima volta in Italia si riscontra nel testo di una legge del 1907 che ha istituito il Magistrato per le acque per le province venete e di Mantova ed è stato poi ripreso anche nel Regio Decreto del 1923, famoso per aver istituito il vincolo idrogeologico e ambito per azioni di contrasto dei fenomeni di dissesto e di sistemazioni idraulico forestale dei bacini montani. Dopo circa quarant’anni, a seguito della catastrofe del Vajont (1960) e dell’alluvione di Firenze (1966), venne istituita una commissione interministeriale per lo studio della sistemazione idraulica e della difesa del suolo, nota come Commissione De Marchi, la quale aveva il compito di individuare tutte quelle azioni che in maniera coordinata e organica potessero risolvere tutti i problemi tecnici, amministrativi, economici e legislativi connessi con la difesa del suolo. La Commissione terminò agli inizi degli anni ’70 con la consegna di un rapporto finale nel quale era individuato come elemento imprescindibile l’ approccio ad unità fisiografiche omogenee, con il superamento di confini amministrativi o politici e mostrava, inoltre la necessità urgente di affrontare congiuntamente tutte le questioni relative alla difesa del suolo e sull’uso ottimale delle risorse idriche attraverso forme di pianificazione capaci di integrare esigenze di tutela e di sviluppo. Si ponevano così le condizioni per la creazione di una struttura amministrativa pubblica a scala di area idrografica vasta alla quale far convergere tutte le competenze relative alla gestione del territorio.

Tutte le indicazioni dettate dalla Commissione De Marchi, purtroppo,trovarono corpo solo vent’anni dopo con la legge 183/89 che ha il merito di aver introdotto il concetto dell’ambito territoriale ottimale, individuato nel bacino idrografico, all’interno del quale deve essere montato tutto l’impianto di azioni mirate alla conservazione e alla difesa del suolo, per il risanamento delle acque, la fruizione e la gestione del patrimonio idrico e la tutela dell’ambiente.

(43)

37

Prima della L.183/89, il concetto di difesa del suolo è da ricondursi ad una serie di provvedimenti legislativi,di seguito riportati, concernenti le acque, le opere idrauliche, la bonifica, le sistemazioni montane, l’igiene del suolo e degli abitanti, la difesa dagli inquinamenti. Questi sono, in ordine cronologico:

• R.D. n.523 del 1904 “Testo unico delle disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche delle diverse categorie”,tutt’oggi vigente nel quale vennero definite cinque categorie di opere idrauliche distinte in base all’interesse al quale provvedono e al governo venne affidata la tutela delle acque pubbliche e l’ispezione sui lavori.

• R.D. n.1775/1933 “Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici” nel quale venivano definite pubbliche tutte le acque sorgenti, fluenti e lacuali anche se artificialmente estratte dal sottosuolo, sistemate o incrementate.

In Italia, quindi, la difesa del suolo è disciplinata dalla 183/89, legge che ha lo scopo di assicurare la difesa del suolo, il risanamento delle acque, la fruizione e la gestione del patrimonio idrico per gli usi di razionale sviluppo economico e sociale,e la tutela degli aspetti ambientali ad esso connessi. Le attività di pianificazione, di programmazione e di attuazione degli interventi destinati a realizzare le finalità indicate dalla legge, comprese le modalità di utilizzazione delle risorse e dei beni e di gestione di servizi connessi (art. 3, comma 2, lettera B), sono assegnate alle Autorità di Bacino, da questa definite, le quali operano nell’ambito di bacini idrografici, considerati come ecosistemi unitari.

Lo strumento mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d’uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo e alla corretta utilizzazione delle acque è il Piano di Bacino, strumento conoscitivo, normativo e tecnico operativo, che ha il compito di coordinare tutte le politiche del ciclo dell’acqua e della difesa del suolo: la prevenzione dei rischi del dissesto idrogeologico, la tutela delle acque dall’inquinamento, la gestione del patrimonio idrico.

La complessità nel redigere i Piani di Bacino, i quali devono organizzare e coordinare a scala di bacino idrografico tutte le attività di pianificazione e programmazione della difesa del suolo, comportava tempi di attesa molto lunghi, infatti, dopo quattro anni

(44)

38

dall’entrata in vigore della 183/89 ancora non era stato redatto nessun piano. Proprio per questo motivo, con la legge 493/1993 vennero apportate modifiche alla L. 189 , soprattutto riguardo al fatto che venne data alle Autorità di Bacino la facoltà di adottare misure di salvaguardia, immediatamente vincolanti sul territorio, vigenti fino all’approvazione dei Piani di Bacino, finalizzate a prevenire o ridurre i rischi più elevati per l’incolumità delle persone ed, inoltre, la facoltà di adottare piani stralcio relativi a sottobacini o a settori funzionali. Nel 1998 ancora nessun piano era ancora stato approvato e quindi, dopo la tragedia di Sarno, venne stipulata la legge n.267/2000 che indicava la necessità di individuare e perimetrare, anche con metodi speditivi, le aree a rischio idrogeologico molto elevato per l’incolumità delle persone e per la sicurezza delle infrastrutture e del patrimonio ambientale e culturale,includendo tali aree in piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni di rischio più alto, con l’adozione per le stesse, di misure di salvaguardia. Da qui nasce il Piano stralcio di Assetto Idrogeologico (P.A.I.) che ogni Autorità di Bacino doveva adottare.

Tutto ciò che è stato detto fin qui riguarda la normativa a livello nazionale, ma per quanto riguarda quella a livello regionale è necessario porre una maggior attenzione nell’analizzare tutti i passi che hanno concorso ad arrivare alla redazione del P.A.I. nell 2004.

Di seguito vengono riportate le norme che regolano la pianificazione territoriale in Toscana:

• D.C.R. 94/85 - Direttive per le indagini geologico-tecniche a supporto della pianificazione urbanistica. Ha come finalità la conoscenza del territorio in termini di caratteristiche geologiche, morfologiche e idrogeologiche fin dalle prime fasi della pianificazione urbanistica per consentire scelte consapevoli in relazione alla “pericolosità” del territorio e ai conseguenti scenari di “fattibilità” in relazione alle diverse destinazioni d’uso.

• L.R. 81/94 - Disposizioni in materia di risorse idriche La legge nasce in applicazione di quanto disposto dall'art.35 della L.183/89 (Individuazione di ambiti territoriali ottimali per la gestione dei servizi pubblici di acquedotto, fognatura e depurazione delle acque) e in attuazione della L. 36/94 (la cosiddetta legge Galli), dettando norme per la delimitazione degli ambiti, la disciplina delle forme di cooperazione tra enti e le procedure per

(45)

39

l'organizzazione e gestione del servizio idrico integrato, con riferimento prioritario al recupero e mantenimento della risorsa idrica e al suo corretto uso.

• L.R. 50/94 - Interventi strutturali finalizzati alla messa in sicurezza idraulica dei bacini idrografici toscani. Ha come finalità la realizzazione di interventi organici per la “messa in sicurezza” idraulica del territorio toscano.Gli interventi programmati si attuano attraverso la stipula di specifici accordi di programma tra la Regione e gli enti locali interessati. La Regione partecipa agli accordi anche finanziariamente con contributi fino al 50% dell'importo relativo al costo degli interventi. In attuazione di questa legge, sono stati realizzati con fondi regionali e degli EE.LL.,negli ultimi sei anni, oltre cento miliardi di interventi in aree ad elevata criticità idraulica.

• D.C.R. 230/94 - Prescrizioni, vincoli e direttive sul rischio idraulico. Partendo dallo studio delle aree soggette a rischio idraulico riportate su una cartografia in scala 1:25000 per tutto il territorio regionale e da un elenco di oltre tremila corsi d'acqua considerati di rilievo al fine di un corretto assetto idraulico ,la deliberazione detta vincoli e prescrizioni ( per il rilascio di concessioni o autorizzazioni edilizie) e direttive (per la formazione degli Strumenti Urbanistici) da applicarsi qualora gli interventi ricadano in specifici ambiti determinati in base alle distanze dai corsi d'acqua Gli obiettivi che si intendono perseguire sono:

- la messa in sicurezza da quei fenomeni alluvionali di dimensioni e caratteristiche tali da costituire grave pericolo per la collettività;

- l'individuazione di ambiti di salvaguardia per interventi di regimazione idraulica tesi a restituire al corso d'acqua aree per la dinamica fluviale e per la protezione dei sistemi insediativi e infrastrutturali;

- la verifica di compatibilità delle nuove previsioni con la programmazione di interventi di prevenzione.

Gli studi necessari alla definizione di quanto sopra necessitano di strumenti specifici omogenei e standardizzati che permettano un ugual apprezzamento delle problematiche su tutto il territorio regionale. Per questo è stato messo a punto un modello matematico che, a partire dai

(46)

40

dati climatologici e fisici dei bacini, permette di studiare su base statistica le portate idrologiche per un dato tempo di ritorno su qualsiasi sezione del corso d’acqua e quindi le possibilità di esondazione dello stesso.

• L.R. 34/94 - Norme in materia di bonifica. Nasce con riferimento alle mutate condizioni territoriali che hanno di fatto trasformato l’attività di bonifica in attività di regimazione idraulica in funzione di una domanda di “sicurezza “ del territorio solo marginalmente e localmente riconducibile e circoscrivibile alle tradizionali attività di bonifica integrale. L’attività di bonifica diviene dunque attività di difesa del suolo e in tal senso trova legittimazione solo se riconducibile in termini di efficacia e coerenza alle strategie di risanamento e prevenzione definite a scala di bacino idrografico.

• L.R. 5/ 95 - Norme per il governo del territorio”. Con tale atto si è inteso modificare sostanzialmente il rapporto tra pianificazione territoriale e risorse, ivi comprese e prioritarie quelle naturali, superando la concezione puramente urbanistica dell’uso del suolo e favorendo “lo sviluppo sostenibile”. Il nuovo modello di pianificazione si basa sul quadro conoscitivo, non elemento accessorio del piano, ma parte integrante della sua disciplina. L’obiettivo esplicito è quello di configurare un nuovo contesto nel quale le istituzioni (Regione, Province e Comuni) producano una gestione del territorio concertata ad ogni livello, dalla programmazione alla pianificazione di dettaglio, tutelando le risorse essenziali del territorio - la cui riproducibilità non deve mai essere ridotta in modo significativo e irreversibile - e quindi valutando preventivamente gli effetti ambientali che le azioni di trasformazione possono indurre.

• D.C.R. 155/97 - Direttive tecniche per l’ingegneria naturalistica Questo atto stabilisce concetti e principi vincolanti per gli Uffici regionali che operano in materia di difesa del suolo e per gli altri Enti concessionari di opere di competenza della Regione Toscana. Questi principi sono sostanzialmente riconducibili alla necessità di realizzare opere tali da compromettere l’ambiente in cui sono inserite e rispettarne i valori paesistici. Per raggiungere tali obiettivi le direttive definiscono tipologie di intervento per il

(47)

41

consolidamento di versanti e scarpate e per le sistemazioni fluviali riconducibili alle metodiche dell’ingegneria naturalistica.

• L.R. 91/98 “Norme per la difesa del suolo” Oltre a recepire la L. 183/89, opera un riordino delle strutture e delle competenze al fine di ottimizzare l’azione stessa di difesa del suolo. stabilisce le procedure per la redazione e l’approvazione dei piani e istituisce i tre bacini di rilievo regionale, Toscana Nord, Toscana Costa, Ombrone. Istituisce inoltre le “Conferenze di bacino”, costituite da tutti i soggetti competenti in materia di governo del territorio - Province, Comuni, Comunità montane ed Enti parco - ricadenti nel bacino, quali organi di indirizzo e controllo sulle attività dei Comitati Tecnici.

3.2 Il Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico della

Regione Toscana

Il Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico, come detto al paragrafo precedente, è lo strumento del Piano di Bacino mediante il quale viene effettuata una prevenzione dei rischi idraulici e idrogeologici e per la mitigazione degli effetti di eventuali criticità su persone e beni, nel quale, quindi, si ha una pianificazione, programmazione e attuazione di politiche di tutela del territorio.

Il PAI si basa su due presupposti essenziali quali il mantenimento dell’equilibrio naturale con il ripristino di tali condizioni e la garanzia della sicurezza idraulica e idrogeologica mediante interventi strutturali.

Per ogni bacino il P.A.I. contiene i seguenti requisiti: 1. Quadro conoscitivo di ciascun bacino.

2. Descrizione delle problematiche presenti, della loro origine e delle possibili evoluzioni ivi compresa la individuazione delle aree a pericolosità molto elevata e elevata distinte in pericolosità geomorfologica e pericolosità idraulica.

3. Definizione degli obiettivi del Piano stralcio in relazione agli obiettivi generali di Piano di Bacino.

(48)

42

4. Indicazione delle strategie d’intervento e dei risultati attesi sia in riferimento alle condizioni che devono essere soddisfatte dal Piano nel suo complesso sia in relazione alle esigenze locali, ivi compreso indicazioni per la verifica e il superamento delle condizioni di criticità.

5. Definizione degli strumenti di Piano e delle procedure di attuazione ivi compreso limiti e condizioni d’uso del territorio in funzione della pericolosità e del rischio.

6. Valutazione ex-ante (verifica economico finanziaria e di fattibilità organizzativa/procedurale) e criteri di monitoraggio.

Ogni bacino risulta inoltre diviso in “macrozone” definite attraverso l’individuazione di ambiti territoriali omogenei in funzione delle diverse dinamiche dominanti in funzione degli obiettivi di difesa del suolo. Al di fuori delle aree a pericolosità molto elevata e elevata e delle fasce di pertinenza fluviale, nelle quali si applicano direttive prescrizioni e vincoli, su tali aree il Piano esprime soprattutto indirizzi.

Dominio geomorfologico e idraulico-forestale: corrisponde alle aree collinari e alto collinari nelle quali, aldilà delle criticità presenti, è necessaria una azione di presidio territoriale tesa da un lato a prevenire il manifestarsi di dissesti locali , dall’altra a non indurre ”carichi incontrollati” nelle aree di valle (dominio idraulico). In generale in questo dominio il reticolo delle acque superficiali non assume rilevanza in quanto tale, ma rappresenta uno degli elementi del sistema ambientale. In tali aree si attuano in genere interventi di carattere locale tesi sostanzialmente a favorire la dinamica naturale acqua-suolo anche ai fini del controllo dell’erosione superficiale e del trasporto solido, dell’equilibrio nel convogliamento delle acque superficiali.

Dominio idraulico: comprende le aree nelle quali assume rilevanza il reticolo idraulico nella sua continuità. Il tema dominante è la necessità di interventi strutturali per il recupero di condizioni di sicurezza idraulica e di mantenimento/restituzione ai corsi d’acqua degli ambiti territoriali di espansione propri. Tutto il territorio deve necessariamente essere riorganizzato in funzione della salvaguardia dell’esistente, le aree libere da urbanizzazione devono necessariamente essere gestite tenendo conto in primo luogo della necessità di mantenere ai corsi d’acqua gli ambiti di “respiro”

(49)

43

naturali, di non rendere inefficaci gli interventi strutturali realizzati o da realizzare in funzione di livelli di sicurezza definiti dal Piano.

Dominio costiero: comprende quelle aree la cui evoluzione naturale è fortemente e prioritariamente determinata dalla dinamica costiera e dall’interferenza acque dolci/acque salate.

Le norme di attuazione del piano sono quindi lo strumento che regola e stabilisce le strategie d’intervento del P.A.I.. Attraverso queste viene regolato l’adeguamento dei diversi strumenti di pianificazione territoriale in funzione delle esigenze di “difesa del suolo”.

Le norme contengono in particolare:

- vincoli per l’utilizzazione delle aree classificate a pericolosità elevata e molto elevata sia in relazione alla previsione di no ve destinazioni che in relazione ad interventi sull’edificato esistente;

- direttive per un corretto uso del territorio in funzione delle caratteristiche di “propensione al dissesto” ovvero di prevenzione della formazione di criticità e di mantenimento di “equilibri” in relazione alle caratteristiche geomorfologiche, idrauliche e idrogeologiche del territorio;

- procedure di modifica e adeguamento.

3.2.1 Le norme di piano (sez. Assetto idrogeologico)

3.2.1.1 Ambiti di applicazione

Le presenti norme di Piano si applicano ai territori compresi nei bacini di rilievo regionale denominati Toscana Nord, Toscana Costa e Ombrone istituiti con la legge regionale11 dicembre 1998 n. 91 (Norme per la difesa del suolo).

Nel nostro ambito faremo riferimento al bacino di rilievo Toscana Costa all’interno del quale si colloca il bacino del fiume Cecina e il sottobacino di studio della presente tesi relativo alla zona sud del comune.

Riferimenti

Documenti correlati

Cancer cells (CCs) together with its stroma and inflammatory cells secrete several factors such as MCP-1 and SDF-1 that induce ASCs homing and migration to tumor microenvironment [

Questo lavoro intende esaminare retrospettivamente alcune loro caratteristiche: diagnosi di invio, dia- gnosi formulata al termine della valutazione, trattamento proposto,

Descriviamo il caso di una donna di 63 anni che presenta una Schwannoma intraosseo gigante della branca ileo-pubica trattato con successo mediante escissione e ricostruzione

Sono stati infatti registrati incrementi piuttosto elevati nelle modellazioni a fondo mobile per quanto riguarda il volume totale in uscita (trasporto solido + acqua) e

Stefano Pagliara Dott..

Infine si ricorda come la quantificazione dell’impatto dei rischi in termini di valore di mercato rispetti quanto detto in merito alla prima componente dell’ERM framework

❚  Il SOGGETTO della Sistemazione Idraulica è il il tratto o la sezione di corso d’acqua o il versante che possono costituire fattori di (aggravamento del)

&#34;  Sistemazione di versanti in erosione e ripristino della stabilità con interventi di ingegneria