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Il patrimonio culturale è una risorsa fondamentale per l’ economia e lo sviluppo della società. La sua crescita intellettuale è strettamente connessa con i beni e le attività presenti sul territorio. Con l’evoluzione dei sistemi di documentazione e di rappresentazione del beni culturali, la ricerca si sta direzionando verso nuovi sistemi di tutela e di archiviazione dei dati eterogenei legati al singolo monumento. Il termine Patrimonio culturale è definito dall’art. 2, comma 1 (Dlgs 42/2004) del Codice dei beni culturali e del paesaggio del 2004 - Il patrimonio culturale e’ costituito dai beni culturali e

dai beni paesaggisti - segue al comma 2 la definizione di bene culturale - sono beni culturali le cose immobili e mobili che,

ai sensi degli articoli 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base

alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà. Evoca il concetto di bene culturale come testimonianza dei valori civili in una dimensione sociale e collettiva di beni includendo nei beni il paesaggio, riconosciuto storicamente come bene comune, citando Henry Thoreau “il paesaggio non appartiene a nessuno”.174 Le forme di gestione del patrimonio culturale, a livello costituzionale italiano, sono sancite all’art. 115175 (Dlgs 42/2004) che prevede da parte degli enti statali e/o privati azioni specifiche di tutela, valorizzazione e preservazione del bene. Attività che devono essere pianificate e coordinate dai governi locali, regionali e nazionali nell’ambito della tutela della risorse storico culturali. La prevenzione è una delle prime forme di tutela, per questo la catalogazione dei beni oltre alla programmazione di attività di conservazione preventiva risultano strumenti di fondamentale importanza. La teoria del restauro preventivo di Cesare Brandi, portò alla prassi della conservazione programmata e alla definizione negli anni ’90, dello strumento della Carta del rischio

del patrimonio culturale.176 Lo strumento programmato

su un sistema digitale di tipo SIT (Sistema Informativo Territoriale) risulta connesso a mappe digitali e banche dati, in grado di fornire informazioni sul grado di vulnerabilità del patrimonio,177 attraverso l’indagine strutturata in un sistema ad accesso open su diversi livelli di approfondimento tematico. A livello internazionale è la Convenzione per la salvaguardia del patrimonio Architettonico d’Europa (Granada, 3 ottobre 1985) a stilare gli obiettivi di conservazione integrata178 e

programmare piani di tutela territoriale.179 La catalogazione dei beni risulta essere una delle forme di azione indispensabili per la tutela. È attraverso le attività di catalogazione, che è possibile progettare un programma di tutela e valorizzazione. L’attività di catalogazione non viene dalla cultura digitale ma ha una tradizione storica di inventariato, azione regolamentata dalla soprintendenza, che ha portato all’accumulo di materiale cartaceo degli archivi. L’informatizzazione ha giocato un ruolo decisivo in questo settore attraverso il trasferimento e la digitalizzazione in rete. La strutturazione di archivi digitali che possano essere contenitori di chiara lettura e accesso a quelle informazioni necessarie per la tutela del patrimonio. Se prima, il patrimonio culturale era sottoposto ad un’azione di salvaguardia mirata alla preservazione delle caratteristiche per le generazioni future, oggi questo non basta più, l’azione di preservazione. Al fine di poter garantire la piena dimensione culturale del luogo, deve esser unita a favorire la sua fruibilità e la sua comprensione a tutti i cittadini.

Così, garantire differenti possibilità di fruizione di un luogo diventa fine autentico della sua valorizzazione. Ovvero la possibilità di allargare i canali di divulgazione del bene tramite la qualificazione e l’ampliamento delle proprietà comunicative. Il fine della fruizione è un fine sociale, se il bene culturale è valorizzato tramite gli strumenti di comunicazione, allora risulta rafforzato il legame tra il bene e la collettività. L’azione di digitalizzazione del patrimonio e l’informatizzazione della società contemporanea ha investito il settore di gestione dei beni culturali che ha conseguentemente modificato il rapporto tra oggetti, pubblico, cambiando il paradigma delle forme di comunicazione e le possibilità di accesso al patrimonio culturale.180 Le banche dati risultano frammentate, strutturate sulla base di analisi settoriali in un’eterogeneità di informazioni di tipo quantitativo scaturite dalle operazioni di acquisizione digitale e di tipo qualitativo risultato di una riflessione ed interpretazione dei dati acquisiti. La catalogazione è promossa a livelli differenti da un lato è gestita da organi ministeriali, dall’altro è circoscritta a progetti di ricerca spot che spesso non trovano un dialogo con gli altri sistemi di catalogazione. La difficoltà di documentare e restituire coerentemente l’immagine di un sistema complesso risiede principalmente nella gestione di una grande quantità di dati necessari per descriverlo. Questi dati, acquisiti ed elaborati seguendo diversi approcci metodologici, costituiscono le informazioni utili, che rischiano di essere frammentari se non si istituisce una rete, che è un dialogo tra dati e tra dati e utente. Le nuove tecnologie rendono i database complessi sistemi interattivi di uso remoto,

attraverso l’implementazione e la traduzione di dati raccolti in sistemi narrativi tridimensionali. Ciò consente all’utente di navigare all’interno di un sistema virtuale che riproduce l’oggetto e di interagire direttamente con il luogo e con i singoli elementi che lo compongono. La sistematizzazione dei dati all’interno di protocolli catalogazione e lettura dei descrittori di analisi dell’opera architettonica, ricercano la veicolazione e la raccolta di questi all’interno di un unico ambiente che sia medium di condivisione e di spazializzazione della conoscenza, tramite un modello di ricostruzione formale che sia anche interfaccia a diversi livelli di informazione per l’analisi, la ricerca e la condivisione delle risorse informative. A livello nazionale la catalogazione dei beni è promossa dal MiBACT con l’ICCD (Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione) che regolamenta gli standard e monitora il lavoro delle singole soprintendenze.181 A livello internazionale un punto di rifermento è il CIDOC-CRM International Council of DOCumentation - Conceptual Reference Model182, comitato dell’International COuncil of Museums (ICOM)183, istituita nel 1946, è un’ organizzazione internazionale di istituzioni e di professionisti del settore museale impegnata nella definizione di standard e pratiche della gestione delle collezioni museali184. Lo standard progettato con il sistema CRM CIDOC è strutturato in modo tale da fornire sia il recupero di informazioni di alto livello sia la formulazione e la documentazione di punti dati e domande molto specifici. Il CRM CIDOC è quindi costituito dallo standard CRMbase che fornisce le classi e le relazioni di base ideate per il mondo del patrimonio culturale. Questa ontologia di base è completata da una serie di estensioni modulari al modello di base. Tali estensioni sono progettate per supportare diversi tipi di domande di ricerca specializzate e documentazione come documentazione bibliografica o geoinformatica185. Le estensioni CIDOC CRM sono sviluppate in collaborazione con le comunità di ricerca in questione. Queste estensioni sono formulate in modo armonizzato con l’ontologia di base in modo tale che i dati espressi in qualsiasi estensione siano compatibili con il sistema base di concetti e relazioni (CRM inf; CRMarchaeo; CRM dig; CRMgeo; CRMsci; CRMdig; CRMba; CRMtex; CRMsoc)186. In particolare CRM Digital è uno schema di ontologia e RDF per la codifica di metadati di prodotti digitali 2D, 3D e animazioni. Le sue caratteristiche distinte rispetto ai modelli competitivi è l’inclusione completa dei processi di misurazione fisica iniziale e dei loro parametri. È stato sviluppato come estensione compatibile di CIDOC CRM, che consente di interrogare i fatti più rilevanti e di restituire descrizioni complete codificate in questo modello

da termini ISO21127 generici senza dover fare riferimento alle sue proprietà specifiche187. La ricerca è quella di unificare il linguaggio della catalogazione tramite un codice standardizzato, la formalizzazione dei vocaboli da utilizzare all’interno del dominio culturale è dettato dai principi istituiti nel 1981 dall’AAT, Art and Architecture Thesaurus sviluppato dal Getty Research Institute188. Un vocabolario multilingue di

termini, strutturati secondo una logica di categorie definite

facets, utilizzato per la descrizione di arte, architettura, arti decorative, controllato e destinato a esperti del settore per la definizione di un linguaggio comune.

Sono stati sviluppati dal Getty Research Institute, dei vocabolari complementari dato che all’interno dell ’AAT non compaiono mai casi specifici sono compensati all’interno di dizionari dedicati: ULAN - Union list of Artist Names, CONA - Cultural Objects Name Authority, TNG - Thesaurus

of Geographic Name, IA - Iconography Authority, CDWA -

The Categories for the Description of Works of Art.

L’opera del Getty Institute non è una risorsa conclusa ma è in crescita, essendo rilasciato come Likend Open Data (LOD) in modo che possano essere sia interconnessi che resi apertamente accessibili e condivisibili sul Web semantico. L’obiettivo dei linked open data è consentire l’interconnessione e l’interrogazione di dati provenienti da diverse risorse, rendendoli così più utili189.

Ad esempio circa 3000 concetti appartenenti al patrimonio italiano sono stati forniti dal ICCD di Roma190, così come altri enti europei hanno contribuito alla crescita del thesaurus191.

In un’economia di gestione e valorizzazione dei beni culturali risulta implicita e complementare l’azione di virtualizzazione. L’esperienza digitale del bene non può diventare sostituta dell’esperienza diretta, ma può essere considerata integrazione di carattere fondamentale per la conoscenza dell’opera. La percezione e la fruizione indiretta delle opere, nella storia, è stata condizionata dal disegno, dalla stampa e dall’utilizzo della fotografia. Quello a cui assistiamo oggi è il riflesso di una moltiplicazione delle possibilità e dei canali di comunicazione in cui l’immagine attraverso i modelli e le piattaforme virtuali hanno amplificato il loro potenziale di esperienza fruitiva.

Il virtual heritage, basandosi sul collegamento tra mondo reale e virtuale, sta operando nel settore dei beni culturali all’incremento della percezione dell’utente attraverso la progettazione di informazioni multimediali collocate nello spazio di espansione digitale.

La riproduzione digitale ad alta definizione di un’architettura, di un reperto o di un’opera d’arte, è uno strumento di

Fig.32 Il sistema gerarchico di

categorizzazione di elementi del sistema CIDOC-CRM.

Fig.31 Lo standard utilizzado

da CIDOC-CRM per le pratiche di gestione museale.

potenziamento della sua immagine che attraverso il digitale permette operazioni di indagine (navigazione, ispezione di dettaglio, integrazione) che non sarebbero possibili nel contesto reale.

L’utente in questo modo è in grado di accedere attraverso piattaforme di visita interattiva a siti inaccessibili, musei chiusi, edifici scoparsi. Gli istituiti di cultura hanno assunto in un processo di smaterializzazione digitale propria della cultura popolare del XXI secolo, una doppia identità on site e on line192. Questo dialogo tra utente e sito culturale viene

incrementato da tre fattori193 :

- l’interattività, l’esperienza walking trought194 e

l’interrogazione dei dati;

- la multimedialità, la compresenza di diverse forme di comunicazione digitale (immagini, audi, testi,

filmati);

- l’ipertestualità, collegamenti ad altre banche dati.

L’utilizzo eccessivo dei media digitali può portate a dei rischi, come il degrado virtuale195 nell’accezione di forme di alterazione che portano ad una svalutazione del bene colpendolo nella sua immagine condivisa.

Una perdita del valore nello slittamento del bene dal contesto storico al metacontesto digitale che può cadere nel rischio della sua banalizzazione, riflesso della superficialità social. Tale rischio è stato definito da George Ritzer McDonaldization

of Society196, fenomeno che si verifica quando la società,

le sue istituzioni e le sue organizzazioni si adattano per avere le stesse caratteristiche che regolano le catena fast- food. Questi includono efficienza, calcolabilità, prevedibilità, standardizzazione e controllo.197

Il rischio è quello che la digitalizzazione dei media culturali, canalizzati nel continuo flusso di informazioni, possa alterare la percezione degli oggetti e avvicinarli ad un prodotto commerciale, se non correttamente contestualizzati sulla base di regole di descrizione informativa secondo standard nazionali e internazionali.

La gestione della pubblicazione di contenuti sul Web, attraverso l’applicazione dei principi e delle tecnologie riguardanti i Linked Data e il Semantic Web è oggi frutto di un’evoluzione della catalogazione dei beni storici e culturali sta facendo proliferare la creazione di grandi portali di condivisione nazionali e internazionali, come il progetto Europeana.198 Mentre l’azione di tutela è competenza dello stato, l’azione di valorizzazione dei luoghi resta aperta a tutti i cittadini, in ambito universitario i gruppi di ricerca hanno il diritto e un ruolo specifico nella definizione delle azioni di promozione e divulgazione culturale.

Il mettere in opera significati nel contesto virtuale dell’espressione digitale implica concedere una seconda vita alla dimensione dei luoghi, una vita le cui leggi sono dettate dalle computer science.

La ricerca di esperire diverse possibilità di fruizione propone una riflessione tra la relazione che esiste tra il rilievo digitale e lo sviluppo di banche dati 3D e la connessione di queste con le piattaforme di modellazione e i supporti di valorizzazione digitale analizzando quelli che sono i diversi passaggi di trasformazione del dato.

Fig.33 Scenari di rappresentazione digitale la città, in uno scenario

note

1 Cfr. Wertheim, Margaret (1999). The Pearly Gates of Cyberspace. A History of Space from Dante to the Internet. London: Virago.Mar- garet Wertheim Laureata in fisica e in matematica, ha scritto per il «New York Times», il «Guardian» e «Wired». È autrice di I pantalo- ni di Pitagora (1996), in cui analizza la relazione tra fisica e religio- ne. Il suo interesse per le nuove forme di comunicazione scientifica ha dato vita a Crochet Coral Reef, il più vasto progetto di interazione tra arte e scienza mai realizzato.

2 Cfr. Wertheim, Margaret (1999). The Pearly Gates of Cyberspace. A History of Space from Dante to the Internet. London: Virago.Mar- garet Wertheim Laureata in fisica e in matematica, ha scritto per il «New York Times», il «Guardian» e «Wired». È autrice di I pantalo- ni di Pitagora (1996), in cui analizza la relazione tra fisica e religio- ne. Il suo interesse per le nuove forme di comunicazione scientifica ha dato vita a Crochet Coral Reef, il più vasto progetto di interazione tra arte e scienza mai realizzato.

3 Cfr. Unali p. 226. Spazio indicibile in Architettura cultura digitale (a cura di). L. Sacchi, M. Unali.

4 Cfr. Parrinello S., Dell’Amico A. (2021) From Survey to Parame- tric Models: HBIM Systems for Enrichment of Cultural Heritage Management. In: Bolognesi C., Villa D. (eds) From Building Infor- mation Modelling to Mixed Reality. Springer Tracts in Civil Engi- neering. Springer, Cham.

5 Cfr. Cervellini (2016) Il disegno come luogo del progetto. Well’s S.r.l., Roma.

6 Cfr. Queau P. (1993) Le virtuel: Vertus et vertige. Champ Vallon Editions, Ceyzérieu.

7 Il concetto di eterotopia viene introdotto dal filosofo M. Foucalt, per definire quei luoghi esistenti in contesti reali che costruiscono una sorta di contro-luoghi, poiché per la loro natura possono esse- re rappresentati, contestati, ribaltati. Dei luoghi che si trovano al di fuori di ogni spazio anche se possono essere facilmente localizzati in contesti reali. Focalut utilizza la figura dello specchio per espri- mere il concetto di eterotopia: “Lo specchio è un’utopia, dato che è un luogo senza luogo. Nello specchio, mi vedo là dove non sono, in uno spazio irreale che si apre virtualmente dietro la superficie, io sono laggiù, là dove non sono, una sorta di ombra che mi dà la mia stessa visibilità, che mi permette di guardarmi là dove sono assente: utopia dello specchio. Ma è anche un’eterotopia, dal momento che lo specchio esiste realmente e ha una sorta di effetto di rimando sul posto che occupo; a partire dallo specchio scopro di essere assente dal posto in cui sono, poiché è là che mi vedo. A partire da questo sguardo che, in qualche modo, si posa su di me, dal fondo di quello spazio virtuale che sta dall’altra parte del vetro, ritorno verso di me e ricomincio a volgere gli occhi verso me stesso e a ricostituirmi là dove sono; lo specchio funziona come un’eterotopia nel senso che restituisce il posto che occupo nel momento in cui mi guardo nel vetro, un posto assolutamente reale, connesso a tutto lo spazio che lo circonda, e al tempo stesso assolutamente irreale, perché, per essere percepito, deve passare da quel punto virtuale che sta laggiù.” Cfr.

Focault M. (2010) Eterotopia. Milano: Mimesis Edizioni pp. 9-21. 8 Cfr. Parrinello S., Dell’Amico A. (2018). L’artigianato tradizionale dei nativi americani procedure di rilievo e documentazione per la creazione di sistemi informativi 3D. In 3D Modeling & BIM (a cura di). Tommaso Empler, Roma: DEI.

9 Realtà fenomenica relativa alla definizione di fenomenico ovvero ciò che è conoscibile attraverso l’esperienza sensibile. Cfr. http:// www.treccani.it/vocabolario/fenomenico/

10 Cfr. Mario Centofanti (2012). Prolegomeni sul modello nel rileva- mento architettonico. In: (a cura di): Carlevaris L., Filippa M., Elogio della teoria. p. 415-422, ROMA:Gangemi, ISBN: 9788849225198, Roma, 13-15 Dicembre 2012.

11 Bruno Munari (1989). Simultaneità degli opposti. Mantova: Publi- Paolini, p.8.

12 Cfr. Mario Carpo (2011). The Alphabet and the algorithm. Massa- chusetts institute of Technology, p. 9.

13 Nell’accezione del filosofo Philippe Queau “Il virtuale è una nuo- va forma di realtà che consente di comprendere il reale al meglio”, è chiaro il legame tra virtuale e immagine, sottolineato dall’uso del- la parola forma. Cfr. Queau P (1993) Le virtuel: Vertus et vertige. Champ Vallon Editions, Ceyzérieu.

14 Information Modeling: i modelli di informazioni permettono la lettura di informazioni diverse a partire dalla stessa rappresentazio- ne. Per rappresentare diverse qualità di dati il modello deve esse- re letto attraverso un sistema di costruzione digitale che gratisca la diversificazione dell’informazione. Cfr. Hai Zhuge, In Computer Science Reviews and Trends, Multi-Dimensional Summarization in Cyber-Physical Society, Morgan Kaufmann, 2016, pp. 171-172. Il risultato della modellizzazione delle informazioni, chiamato model- lo di informazione, è una descrizione non tecnica ma formale del- le esigenze di informazione di un gruppo di utenti. È costituito da un diagramma che descrive tutti gli oggetti, le loro proprietà e le loro interrelazioni. Le tecniche di diagramma utilizzate si basano normalmente sul diagramma entità-relazione. Un’altra tecnica di diagramma informativo è basata sulla modellazione multidimensio- nale. Nel secondo passaggio, ovvero la progettazione logica del da- tabase, il modello informativo viene trasformato in tabelle costituite da colonne e chiavi implementate in un’area di gestione temporanea, data warehouse o data mart. Queste tabelle conterranno le esigenze di informazione degli utenti, una descrizione o un modello di tutte le tabelle con le loro colonne e strutture di chiavi. Cfr. Rick F. van der Lans, Chapter 11 - Data Virtualization, Information Management, and Data Governance, (eds) Rick F. van der Lans, In MK Series on Business Intelligence, Data Virtualization for Business Intelligence Systems, Morgan Kaufmann, 2012, pp. 231-241.

15 VR, dall’inglese virtual reality, l’utilizzo del termine risale al 1987 anno in cui Jaron Lanier fondò la VPL Research (Virtual programmi Languages) ed il concetto di linguaggio VPL (Virtual Programming Languages). Cfr. Henry E. Lowood, 2019. Virtual reality. In Encyclopædia Britannica,. https://www.britannica.com/ technology/virtual-reality Il fine della realtà virtuale è simulare un

ambiente reale per mezzo di tecnologie elettroniche, sino a dare a chi la sperimenta l’impressione di trovarsi realmente immerso in quell’ambiente. Oggi la locuzione ha assunto anche un significato più allargato e indica tutte quelle simulazioni che consentono un qualche grado di interazione con l’ambiente descritto, così come avviene per es. nei videogiochi, anche quando la simulazione non è totale, ma coinvolge solo alcuni sensi.Attraverso le operazioni di simulazione della realtà il soggetto umano può interagire, a volte per mezzo di interfacce non convenzionali, quali occhiali e caschi su cui viene rappresentata la scena e vengono riprodotti i suoni, e guanti (dataglove) dotati di sensori per simulare stimoli tattili e per tradurre i movimenti in istruzioni per il software. Simili tecniche sono usate, tra l’altro, nei videogiochi, nell’addestramento militare dei piloti e nella modellistica di sistemi microscopici. Cfr. def. http:// www.treccani.it/enciclopedia/realta-virtuale.

16 AR, dall’inglese augmented reality (realtà aumentata), tecnica del- la realtà virtuale attraverso cui si aggiungono informazioni alla sce- na reale. AR è realizzabile attraverso piccoli visori sostenuti, come i caschi immersivi, da supporti montati sulla testa che permettono di vedere la scena reale attraverso lo schermo semitrasparente del viso- re (see-through), utilizzato anche per mostrare grafica e testi genera- ti dal computer. Nella sua espressione più completa, un sistema di r. a. acquisisce continuamente la scena osservata attraverso una teleca-