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2. LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI

2.2 Excursus storico in Italia

Anche in Italia, la professionalità del docente non è mai statica ma dinamica, costantemente in evoluzione per adeguarsi sia all’utenza della scuola, che di generazione in generazione è portatrice di nuovi bisogni formativi, sia alle nuove leggi e riforme che frequentemente si suggono. Possiamo comprendere ciò realizzando brevemente un

excursus storico, a partire dagli anni 1997, anno in cui vengono soppressi gli istituti magistrali, scuole finalizzate alla formazione dei maestri.

Assistiamo quindi ad una svolta relativa alla formazione del maestro, non più docenti in possesso del solo diploma ma insegnanti laureati in possesso di maggiori competenze acquisite in un percorso di formazione mirato. Ovviamente il cambiamento non ha avuto effetti immediati infatti dalla chiusura delle iscrizioni solo i corsi già attivi hanno raggiunto l’abilitazione secondo la vecchia normativa. In sostituzione dell’Istituto magistrale veniva istituito il Liceo socio-psico-pedagogico quinquennale.

Successivamente al 1997 chi desiderava insegnare doveva completare la sua formazione frequentando uno specifico corso di laurea definito con la legge n. 341 del 19 novembre 1990, che tracciava “le linee quadro del nuovo ordinamento didattico universitario, stabilendo che uno specifico corso di laurea, articolato in due indirizzi, fosse riservato alla formazione culturale e professionale degli insegnanti, rispettivamente, delle scuole materne e delle suole elementari, in relazione alle norme già sancite nel 1974 dal relativo stato giuridico”35e disciplinato con la legge n. 471 del 1996.

Il nuovo corso di laurea, che sostituiva il precedente corso di Magistero, prevedeva un numero limitato di posti, per tanto chi voleva prepararsi ad insegnare doveva superare una selezione. Il numero di posti variava di regione in regione secondo in rapporto alla previsione del fabbisogno di nuovi maestri.

35 Santoni Ragiù A., (2007), Maestre e maestri. La difficile storia degli insegnanti elementari. Carocci editore, Roma, p. 192.

L’Università, tradizionalmente, forniva una preparazione che forniva i saperi fondanti delle discipline e le conoscenze teoriche di base per affrontare il mondo del lavoro, demandando agli studenti al termine del percorso formativo una preparazione pratica alla professione.

Il corso di laurea in scienze per la formazione primaria a differenza di tutti nasceva come corso deputato alla preparazione di una categoria di professionisti ben definita, fornendo una preparazione teorico-pratica che forniva ai laureati le basi necessarie per lavorare come insegnanti nella scuola.

Strutturalmente il corso di laurea prevedeva 4 anni suddivisi in un biennio comune ed un altro biennio in cui i futuri maestri differenziavano la preparazione a seconda dell’indirizzo scelto: insegnamento nella scuola materna (attuale scuole dell’infanzia) o insegnamento nella scuola elementare (attuale scuole primaria). L’art. 6 del dpr 471/96 prevede 2000 ore di attività didattica, delle quali 1600 in 21 annualità e 400 dedicate alle attività di tirocinio sotto la guida di un insegnante già in servizio nella scuola. Gli studenti che intendono conseguire l’abilitazione per il sostegno devono integrare il piano di studio con ulteriori 6 semestralità riguardanti l’integrazione scolastica per allievi disabili.

Gli insegnamenti, previsti dal corso di laurea, devono riguardare le seguenti aree disciplinari: Pedagogica, Metodologico-Didattica, Psicologica, Medica, Giuridica, Socio/Antropologica, Linguistico/Letteraria, Fisico/Matematica, Scienze Naturali Igienistiche ed Ambientali, Musica e della Comunicazione Sonora, Scienze Motorie, Didattica delle Lingue Moderne, Storico-Sociale, Disegno, integrazione Scolastica Allievi Disabili.

Al completamento di tutti gli esami e al superamento del tirocinio gli studenti sono ammessi alla discussione della tesi di laurea.

Successivamente al decreto nel 1998 abbiamo una specifica sull’ordinamento didattico del nuovo corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria con il D.M. n. 153.

In sintesi il corso di laurea prevede quattro tipologie di attività formative:

1. la prima con lo scopo di far acquisire tutte le competenze necessarie per svolgere correttamente la professione docente; 2. la seconda comprende l’aspetto disciplinare specifico per il

grado di scuola in cui si intende insegnare;

3. la terza concerne i laboratori come primo incontro fra la teoria e la pratica;

4. l’ultima è relativa al tirocinio in cui lo studente può confrontarsi, attraverso percorsi mirati, con il mondo della scuola36.

Ed infine la legge 53/2003 ha inoltre apportato anche un importante chiarimento in merito alla formazione dei futuri maestri stabilendo che la valutazione positiva del laboratorio e del tirocinio svolto durante il corso di laurea erano alla pari dell’esame di Stato abilitatane all’insegnamento.

Parallelamente alla norme che favorivano la crescita culturale dei maestri, notevoli modifiche interessavano la scuola e di conseguenza i maestri in formazione e già di ruolo.

36Cfr. Grion V., (2008), Insegnanti e formazione: realtà e prospettive, Carocci editore, Roma, p. 62.

Sempre nel 1997, anno di soppressione degli istituti magistrali, abbiamo la riforma Berlinguer che concerneva l’organizzazione scolastica, ha abolito infatti la suddivisione di scuole elementari, medie e superiori sostituendo il tutto con una struttura basata sui "cicli". Erano previsti sette anni di ciclo primario per i bambini dai 6 ai 13 anni e altri cinque anni di ciclo secondario per i ragazzi dai 13 ai 18 anni. La riforma inoltre ha riorganizzato l'organizzazione complessiva portando l'obbligo scolastico a 15 anni. Inoltre entra in vigore un nuovo tipo di obbligo: l'obbligo alla formazione professionale che dura fino ai 18 anni. Pur tralasciando le modifiche avvenute nei gradi superiori di scuola non possiamo non notare che la riforma ha investito anche la scuola elementare, di conseguenza indirettamente ha coinvolto anche i maestri in servizio.

La riforma Berlinguer fu abrogata nel 2003 quando fu approvata ed entrò in vigore la cosiddetta Legge Moratti che influì sulla scuola materna, la scuola elementare, la scuola media e la scuola superiore. Mi soffermerò ad analizzare solo i cambiamenti avvenuti nella scuola elementare: fu introdotta la possibilità di iscrivere a scuola i bambini che compivano i 6 anni entro il 30 aprile dell’anno scolastico di frequenza, ciò significa che i bambini più piccoli in entrata avevano 5 anni e 4 mesi. Questo permetteva di evitare il fenomeno delle primine. Un’altra novità fu l’introduzione dell'insegnamento di una lingua straniera dell'Unione Europea fin dal primo anno; così anche l'uso del computer diventa obbligatorio fin dalla prima elementare.

Negli anni 2006-2007 con il governo Prodi viene bloccata l'attuazione dei provvedimenti riguardanti il secondo ciclo di studi della Legge 53/2003 e viene innalzato l’obbligo scolastico a 16 anni.

Infine nel 2008 si ha la riforma proposta dal Ministro Gelmini che possiamo riassumere nei seguenti punti: il ritorno ai voti in pagella per elementari e medie, anche se alle elementari il giudizio accompagnerà ancora il voto, reintroduzione del voto in condotta con bocciatura in caso di 5. Introduzione dell’obbligo per gli insegnanti di adottare solo libri i cui editori si siano impegnati a mantenere invariati i contenuti per tutto il quinquennio. L’educazione civica è incentrata su educazione ambientale e Costituzione. Punto cruciale della riforma è il ritorno al maestro unico che è stato reintrodotto a partire dalla prima classe dal 2009-2010 e gradualmente entra a regime in tutte le classi successive.