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3 LA FIBROMIALGIA

3.1.4 Eziopatogenesi

L’eziopatogenesi delle sindromi da ipersensibilizzazione centrale, tra cui la fibromialgia, non è ancora stata chiarita del tutto, per questo, le cause scatenanti restano ancora ipotetiche. Si sostiene che la fibromialgia non possa essere ricondotta ad un singolo fattore scatenante, infatti, spesso i pazienti non riescono ad identificare l’evento che ne ha determinato l’insorgenza.

In letteratura, sono stati effettuati diversi studi per ricercarne le possibili cause; uno tra questi sostiene che un sonno qualitativamente carente, possa giocare un ruolo patogenetico rilevante nell’insorgenza di una sindrome fibromialgica. Attraverso l’elettroencefalogramma, si è dimostrato, come il sonno sia costituito da una successione di cicli che si ripetono 4-5 volte in una singola notte. Ogni ciclo è costituito da quattro fasi caratterizzate da onde alfa, theta o delta, dette fasi di sonno sincronizzato. Oltre a queste si ha una fase di sonno desincronizzato o fase REM (Rapid Eye Moviments), in cui normalmente si sogna. Il sonno più importante, con funzione ristoratrice, è dato dal terzo e quarto stadio e dalla fase REM. Diversi autori hanno dimostrato, utilizzando su soggetti sani, una fonte sonora di intensità sufficiente a disturbare la fase profonda del sonno, ma comunque da non provocarne il risveglio, una sintomatologia analoga a quella dei soggetti fibromialgici, con la comparsa di tender points attivi. In questi soggetti inoltre si è osservata un’alterazione del tracciato ECG analogo ai pazienti fibromialgici. (23-24)

Un interessante osservazione è stata riscontrata conducendo lo stesso esperimento su tre atleti, che non ha portato a risultati analoghi al precedente studio. Si è pensato, quindi, che esistono fattori modulanti, tra i quali la più importante è stata ritenuta l’attività fisica. (25)

Studi recenti hanno trovato delle alterazioni di amminoacidi a catena ramificata (valina, leucina, isoleucina) e fenilalanina, cross-links del

39 collagene (degradazione del collagene) e una riduzione del rapporto pridinolina/deossipiridinolina e ridotti livelli di idrossiprolina. (26-27)

In altri studi sono stati riscontrati bassi livelli sierici di 5-HT (o serotonina) nei soggetti affetti da sindrome fibromialgica, rispetto ai controlli sani. La serotonina è un neurotrasmettitore molto importante nel sistema nervoso centrale, in quanto regola il tono dell’umore, interviene nella regolazione del sonno non REM, modula la temperatura corporea e modula la sensibilità al dolore, ed è inoltre implicata nella regolazione della sessualità e dell’appetito. È stato anche ipotizzato che i pazienti affetti da fibromialgia potessero presentare un alterato funzionamento del trasportatore della serotonina a livello sinaptico, dovuto ad un polimorfismo trascrizionale. (28)

Analizzando le piastrine si è infatti dimostrata una ridotta densità dei recettori per la serotonina, ma anche del suo carrier, evidenziando un basso re-uptake della serotonina a livello delle sinapsi. (29)

È stata dimostrata anche un up-regolation dei recettori periferici delle benzodiazepine, che risulta correlata alla severità della malattia. (30)

Diversi studi, hanno ipotizzato anche un’alterazione dell’ormone della crescita (GH), in quanto molte manifestazioni sintomatologiche della fibromialgia sono simili ai sintomi da deficit di GH nell’adulto. Sono state inoltre osservate modificazioni di somatomedina C, peptide legato al gene per la calcitonina, di calcitonina e colecistochinina, possibili indicatori del generalizzato dolore fibromialgico.

Alcuni autori negli anni, hanno dato un ruolo patogenetico rilevante allo stato psicologico del paziente, parlando di una cosiddetta personalità

fibrositica, caratterizzata da un’aumentata percezione dolorosa, poca

tolleranza riguardo la sofferenza, timore di gravi malattie e non controllate pulsioni aggressive. Tuttavia, si è dedotto che le caratteristiche principali

40 della fibromialgia sono indipendenti dallo stato psicologico, anche se questo ne incrementa la severità.

Ricerche condotte sul plasma di pazienti fibromialgici hanno rilevato un importante incremento di IL-10, IL-8 e TNF-α che ne deducono un’interessante attivazione del sistema immunitario e si è dimostrata una diminuzione dei livelli di TNF-α e di IL-8 dopo sei mesi di terapia antidolorifica in soggetti fibromialgici. (31-32)

Nel plasma, di questi pazienti, si è inoltre evidenziato un basso livello di amminoacidi (taurina, alanina, valina, tirosina, metionina, treonina e fenilalanina) suggerendone un cattivo assorbimento.

A fronte dei numerosi fattori eziologici che potrebbero determinare l’insorgenza della suddetta patologia, vi sembra essere una risposta univoca del sistema nervoso, che porterebbe: da un lato alla riduzione della soglia del dolore e dall’altro all’attivazione del sistema nervoso autonomo e del cosiddetto “stress sistem”.

Numerose evidenze, hanno indicato, che eventi traumatici e negativi, soprattutto nell’età dello sviluppo, possono modificare il funzionamento del sistema nervoso autonomo e dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), che rappresentano i fondamenti della risposta neuroendocrina allo stress.

Bisogna sottolineare che, non è soltanto l’intensità dell’evento stressante a determinarne la risposta, ma anche la tendenza del soggetto di rispondere a situazioni marginali, come estremamente negative. In caso di sovraccarico psichico, viene sintetizzato un ormone ipotalamico, il CRH (Corticotropin Release Hormon), che amplifica lo stato psicologico negativo di un evento stressante e lo trasforma in sintomo corporeo. Il CRH agisce sul Locus coeruleus che a sua volta condiziona il funzionamento di vari sistemi (gastroenterico, cardiovascolare, ecc.) ed inoltre, amplifica l’allerta neurormonale nell’ipofisi, provocando il rilascio nel sangue

41 dell’ACTH, il quale a sua volta porta alla liberazione di adrenalina e cortisolo.

La palese osservazione che la fibromialgia è più frequente nel sesso femminile, ha fatto ipotizzare un importante implicazione degli ormoni sessuali. Infatti, l’attività dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e del SNA è minore nella donna dalla pubertà alla menopausa, mentre aumenta, dopo la menopausa per una diminuzione della stimolazione ormonale, rispetto all’uomo. Il livello degli estrogeni non sarebbe dunque la causa diretta del dolore cronico muscoloscheletrico, ma di un aumento dell’attività dei sistemi effettori con un proporzionale aumento della reazione a stress esterni.

Alcuni autori, ritengono probabile la compromissione del sistema di modulazione del dolore, anatomicamente localizzato nel mesencefalo e nel romboencefalo. Questa alterazione coinvolgerebbe, oltre alle strutture subcorticali, anche il meccanismo di gate control spinale e il rilascio della sostanza P. Nei pazienti fibromialgici è stata evidenziata, appunto, una riduzione della soglia nocicettiva, non solo a livello dei tender points ma anche delle aree di controllo. (33-34) Il meccanismo deve ricercarsi in una

sensibilizzazione centrale, definita come una ipereccitabilità neuronale, in

risposta a stimoli periferici, che vanno a sfociare in una condizione di dolore cronico. Possiamo individuare due sistemi: uno nocicettivo dato dalla sintesi di sostanza P e noradrenalina, che permette di percepire gli stimoli come dolorosi, e un sistema anti-nocicettivo, determinato da serotonina e endorfine che blocca la trasmissione del dolore.

Nei soggetti normali, esiste un perfetto equilibrio tra i due sistemi, a differenza dei pazienti fibromialgici dove si ha un aumento dei livelli di sostanza P ed altre sostanze algogene, mentre si ha un ridotto livello di serotonina. (35-36) La causa di queste modificazioni può essere ricercata in un’interruzione o lesione nelle fibre nervose delle vie inibitorie discendenti,

42 che possono portare il soggetto a percepire dolore a carico di un’articolazione, anche se a livello di quella specifica articolazione non vi è nessuna lesione o malattia riscontrabile. (37)

Numerosi studi hanno cercato di capire se vi fosse un’alterazione delle fibre muscolari, soprattutto a livello dei tender points, tuttavia le alterazioni descritte negli anni sono aspecifiche e riscontrabili sia in altre malattie, che in soggetti sani. Prima di affermare l’assoluto non coinvolgimento dei muscoli nella patogenesi della fibromialgia, è necessario soffermarsi su alcune considerazioni:

• “Quasi invariabilmente il dolore è avvertito dai pazienti a livello dei

muscoli;

• L’infiltrazione di anestetico nei tender points è in grado di ridurre,

almeno temporaneamente, il dolore spontaneo e provocato dalla pressione;

• L’infiltrazione di sostanze irritanti in un muscolo normale determina

la comparsa di una sintomatologia dolorosa con caratteristiche del tutto sovrapponibili a quelle riscontrate nei pazienti fibromialgici.”(38) (Sarzi-Puttini P, Cazzola M, 2009, p.65)

In base a queste considerazioni, si è dedotto che, gli stimoli dolorosi provenienti dai muscoli, possano innescare quelle alterazioni a livello del sistema nervoso, che porterebbero all’instaurarsi della sindrome fibromialgica. Questi stimoli, potrebbero essere di natura meccanica o dati dal mantenimento di posture errate o da uno stato di contrattura muscolare persistente provocato da stati psicologici particolari. Si crede infatti, che i soggetti affetti da fibromialgia, per motivi genetici e/o alterazioni ormonali, siano incapaci di sanare i danni anatomici a carico delle fibre muscolari e proprio questi danni, determinerebbero la “sensibilizzazione” neuronale di cui abbiamo precedentemente parlato. (39)

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