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L: F IRENZE , B IBLIOTECA M EDICEA L AURENZIANA , A CQUISTI E DONI

Di questo testimone petrarchesco abbiamo l’ottima descrizione di Feo nel catalogo dei Codici latini del Petrarca,75 e dunque, come per Str, rimando alle pagine dello studioso. La sicura rilevanza del codice per la tradizione delle Epystole risiede nella presenza di numerose scritture su rasura, che, scrive lo studioso: «si possono distinguere in due categorie: a) correzione di meri errori; b) varianti redazionali».76 Così Feo descrive il fenomeno relativo alla tipologia b: «una mano meno elegante e non molto posteriore a quella che ha scritto il testo aggiunge in margine a questi passi una lezione diversa, erade il testo corrispondente, vi sovrappone la lezione marginale, quindi erade la lezione stessa dal margine».77 Le nuove lezioni introdotte rappresentano quindi l’ultima volontà dell’autore. «Il Laurenziano (e il Parigino Lat. 8123) tramandano il testo β delle Epystole, cioè la prima organizzazione delle lettere in libro […]; perciò essi hanno già superato la lezione γ della tradizione extravagante precanonica».78 A sua volte il Laurenziano presenta il testo della redazione β, con varianti di redazione α.

La vicinanza di L con il Par. Lat. 8123 è evidente non solo a seguito della collazione da me effettuata, ma anche se si considerano le bellissime miniature dei due codici in questione che andranno fatte risalire alla stessa scuola, in virtù della derivazione di P dall’autografo del Bucolicum carmen, Vat. Lat. 3358.79 Con il Vat. Lat. 3358 (autografo del Bucolicum carmen) il Laurenziano, a sua volta, condivide l’uso di graffe, che in entrambi i codici sono molto vicine a quelle di mano petrarchesca,80 nonché la divisione in paragrafi delle epistole che, come

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Codici latini del Petrarca, cit., pp. 53-56.

76 Ivi, p. 54 77 Ibid. 78 Ivi, pp. 54-55. 79

Scrive Feo: «Il codice è stato decorato da un miniatore della scuola cosiddetta ‘bolognese’, ma operante quasi certamente a Padova […]. Alla stessa scuola, se non alla stessa mano, appartiene l’illuminazioni di codici petrarcheschi famosi», tra cui proprio il Vaticano Lat. 3358, cfr. Codici latini, cit., p. 53.

80

Su tali forme di richiamo si veda M. FIORILLA, Marginalia figurati nei codici di Petrarca, Firenze, Olschki, 2005.

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scrive Feo, «può ascriversi solo all’autore».81 Il confronto filologico e materiale tra P e L mi permette di dire con sicurezza che entrambi derivano da uno stesso antigrafo che risulta molto vicino all’originale petrarchesco. Molto simile è l’impaginazione (si confronti ad esempio la c. 20r di P e la c. 21r di L, fig. 6) e nel 90% dei casi la suddivisione in paragrafi è identica (e, a partire dall’Epyst., I 10, la percentuale supera il 95%, registrando minime difformità solo nelle seguenti lettere: II, 3-5; III, 4, 5, 29).

Rispetto al Parigino, L presenta un testo molto corretto e dunque nell’allestire un’edizione critica con apparato genetico sarà necessario prelevare da qui le lezioni di stadio β, ad eccezione ovviamente di tutti quei luoghi in cui il testo presenta una rasura di categoria b (e dunque una variante di stadio α sovrascritta alla precedente lezione erasa), dove bisognerà ricorrere a P, ritenuto da Feo il ms. fondamentale per la redazione β.

P, c. 18v L, c. 19v

Di seguito la lista degli errori congiuntivi, monogenetici e non (i primi sono sottolineati):

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Che L non derivi da P è poi dimostrato dalle numerose lacune presenti a testo in P e assenti in L (si veda la tavola di varianti di P); allo stesso modo P non potrà derivare da L, che presenta, pur in numero nettamente inferiore, alcuni errori particolari (solo 7 contro le centinaia del Parigino). L tramanda inoltre alcune lezioni singolari, estranee alla tradizione manoscritta da me controllata:

I, 1 34 tepido α; trepido L P I, 2 175 timuique α; timuitque L P I, 3 36 momumenta α; monimenta L P I, 3 113 rupe α; rure L P I, 5 6 dederas α, dederat L P I, 5 79 te α; et L P I, 5 96 librans α ; libras L P I, 8 8 iuvent α; iuvant L P I, 8 9 Phoebeium α; Plebeium L P II, 1 30 sors α ; fors L P

II, 1 73 numina α Stop; lumina L P II, 2 35 Effigies alti α 1503; effigies

alte L P

II, 5 239 miserere α; miserate L P II, 7 47 ostendens α; ostendes A P II, 7 65 Solis α; Solus L P

II, 10 128 crimina α; carmina L P II, 10 166 plLet α; plLent L P II, 10 175 omnes α; amnes L P II, 10 194 vetes α; vetes L P II, 10 222 pateram α; patere L P II, 10 227 invenies α; invenias L P II, 10 262 deferbuit α; defervuit L P II, 1260 heres α; aries L P

II, 13 15 agnoscoque α; agnosco L P II, 13 34 Menoetiades α; meneLides L P

II, 14 30 Ecce α; Cece L P II, 14 53 imo α 1503; uno L P II, 14 116 fessoque α; fessosve L P II, 14 122 Nunc α; num L P

II, 14 183 Persequar α; Persequor L P II, 14 291 fixit α; finxit L P

II, 15 63 Charontis α; caronis L P II, 17 10 ortus α; cetus L P III, 1 50 partibus α; patribus L P

III, 1 92 Urbanis α; urbanus L P III, 1 82 hiberno α; hibero L P III, 3 6 satis α; saxis L P III, 3 72 Ltaeoni α; Ltaeon L P III, 4 39 Gaius α; gravis L P III, 5 91 lLtens α; lLteus L P III, 5 94 completa α; complexa L P III, 6 16 erat α; arat L P

III, 6 19 veneratur α; venerantur L P III, 6 24 fesse α; fosse L P

III, 8 15 nostrum α; nostrumque L P III, 9 9 iniquam α; inquam L P c III, 21 34 septum α; sceptrum P

sceptum L

III, 22 5 cece α 1503; ecce L P III, 22 30 Dedalio α; Dedaleo L P III, 26 23 iudicium α; indicium L P III, 26 68 Ars α 1503; arx L P III 26 98 reprehensione α;

reprehensore L P

III, 27 11 experte α; experto L P III, 29 11 Abda ceruleus α; Ardua ceruleis L P

III, 29 14 de vertice α; te vertice L P III, 29 19 cum α; qum L P

III, 29 30 sufficiant α; sufficiunt L P III, 29 121 cum corpore α; tunc

corpore L P

III, 29 130 velut α; velit L P III, 30 17 pathos α; parthos L P III, 33 23 heu α; deficit heu L P III, 34 24 properat α; propera L P

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1) I, 8 49 levi α P; alacer L 2) II, 5 15 destinat α P; destruat L 3) II, 9 19 pugnantia α P; pregnantia L

4) II, 14 13 predulcia pectora α P Str; predulcia corpora L 5) II, 14 161 merore α P; merore gravi L

6) III, 18 2 radio α P; medio L

7) III, 25 84 Quorsum, temeraria, quorsum? α P; Quorsum temeraria pergis L

Le prime tre lezioni, scritte su rasura, dunque assimilabili alla categoria b individuata da Feo, deriverebbero dalla redazione definitiva, andando a coincidere così con l’ultima volontà d’autore. Se tuttavia non ha senso ragionare sui casi 2 e 3, poiché siamo in presenza di diffrazione, risulta invece interessante la variante n. 1. Riporto il passo in questione:

Epyst., I 8 41-50

Carmina quid dulcesque modos, quos nocte serena, Quos oriente die vel quos moriente decora

Concinit angelico trans rivum murmure Nympha Aetherios motura deos iaculumque tonanti

Excussura Iovi rigidumque adamanta modestis 45 Effractura oculis, lesi quibus ampla potestas

Cordis inest taciteque faces et conscius ardor, Unde iacit flammas et tinctas igne sagittas Ille puer, nostroque levis circumvolat orto.

Hec memini et meminisse iuvat; scit cetera nutrix. 50 v. 49 levis] alacer L

È una delle lettere in versi dal più marcato carattere lirico, sulla quale avremo modo di soffermarci nel corso del terzo capitolo:82 Petrarca descrive all’amico Lelio il suo hortulus di Valchiusa (vv. 1-16), dove il poeta rivede Cupido (vv. 17-25), che ancora una volta, armato di frecce e arco, riporta nella mente del poeta i segni dell’antica fiamma («incendia nota pavescunt», v. 18), riaprendo così il vetus vulnus. La breve epistola si chiude con un’immagine di gusto alessandrino del puer levis (o alacer)

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che si prepara a scoccare una freccia nel cuore già piagato. La lezione alacer, ricopiata su rasura, possibile morfologicamente, semanticamente e metricamente, sarà senz’altro una variante, collazionata dall’attento copista di Ac. Tuttavia, in assenza di testimoni di fase α che la tramandino, andrà considerata come una semplice variante alternativa, di cui l’autore non ha indicato poi la destinazione d’uso. Segnalo inoltre che è presente anche nella stampa del 1503 (vedi tabella 1, n. 2), che però presenta un testo contaminato.

Vi è inoltre almeno un caso anomalo in cui L riporta a testo, senza alcuna rasura, sia la lezione di ramo β sia la lezione di ramo α sostitutiva.83 Nell’epystola 14 del II libro al verso 71 si legge «Nec minus unanimes subito disiungit amicos», mentre nelle precedenti redazioni, sia β sia γ: «Et subito unanimes huc illuc spargit amicos». In L troviamo entrambi i versi riportati uno di seguito all’altro e senza alcuna rasura:

Et subito unanimes huc illuc spargit amicos (P Str) Nec minus unanimes subito disiungit amicos (α).

Tornando ora alle lezioni su rasura, che tanto prestigio danno a questo testimone, Feo individua «una cinquantina di passi» che riportano scritture su rasura di tipologia b, ma non ne indica neppure uno al lettore, né qui, né altrove. Al fine di mostrare il meccanismo di correzione, chiaramente descritto da Feo ma comunque raro, riporto la c. 3r in cui sono evidenti sia le rasure a testo sia quelle marginali (fig. 9). Di seguito trascrivo i passi da me individuati, alcuni con

l’ausilio della lampada di Wood, che rientrano nella categoria b, e che

dunque presentano il testo α riscritto su rasura, e accompagnato da una rasura sul margine destro o sinistro della colonna di scrittura, e che costituiscono un’ulteriore conferma dello stato di varianti (e non di errori o interpolazioni) delle differenti lezioni individuate.

83 Segnalo un altro caso in cui L presenta una lezione intermedia tra β e α al v. 5

dell’epistola terza del primo libro. Nella redazione definitiva si legge: «quam longe traxerunt stamina vite»; in P «quo fesse traxerunt stamina parce»; e in L «quo fesse traxerunt stamina vite». Sull’oscillazione della scrittura petrarchesca per questo esametro si vedano le pagine del terzo capitolo (pp. 149-50).

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Di ciascuna variante su rasura riporto il solo numero secondo la Tavola delle varianti del Par. Lat. 8123.

I, 1 n. 2 I, 2 n. 5, 6, 7, 8, 9, 10, 14 I, 3 n. 2, 4, 6, 10, 11, 15 I, 4 n. 1, 2, 3 I, 6 n. 1, 3, 5, 6, 10, 13 I, 8 n. 5 I, 10 n. 2 I, 12 n. 3 I, 14 n. 2 II, 5 n. 12, 14, 22, 26 II, 7 n. 3, 4, 5 II, 12 n. 2 II, 13 n. 2 II, 14 n. 17, 18 II, 17 n. 1 III, 1 n. 6 III, 2 n. 1 III, 3 n. 8 III, 5 n. 2, 3, 5, 6, 8 III, 22 n. 2 III, 25 n. 5

Un caso offre testimonianza del procedimento in fieri: a c. 79r il correttore infatti indica la variante nel margine (testimoniata dalla

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tradizione di ramo α), ma essa né viene inserita a testo, né viene erasa dal margine (fig. 9):

fig. 9

In P leggevamo «Prerapidumque decus studio suspendit inani», in α troviamo «Prerapidumque decus speculo suspendit inani» (III 32 v. 80). E in Ac la lezione a testo è quella tràdita da P, ma in margine si legge speculo. Lo stesso avviene ad esempio a c. 53v, a proposito di II 16, vv. 63-64 (fig. 10):

fig. 10

Un’ulteriore fase del processo correttorio del laurenziano è testimoniata dalla c. 35v, dove, ricorrendo alla lampada di Wood, è possibile verificare che il testo eraso ai margini (indicato dalla freccia a), su cui poi è riscritto il verso da integrare (indicato dalla freccia b), è lo stesso sopra riscritto.

fig. 11

La vicinanza di questo manoscritto ad un antigrafo di mano petrarchesca, o ad un antigrafo corretto dal Petrarca, latore nei margini o in interlinea delle varianti definitive, è testimoniata, oltre che dai noti

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marginalia (girini e manicule) e della divisione in paragrafi, dalla presenza di alcune annotazioni e postille di derivazione petrarchesca. In particolare Feo, trascritte quattro delle postille (poste rispettivamente alle cc. 3v, 11v, 44r e 46v), dichiara: «Di queste postille l’ultima è certamente del Petrarca stesso, ma anche le altre sono candidate alla stessa nobile ascendenza».84