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U N CARMEN VARIUM SUL MODELLO ORAZIANO

2. L A STRUTTURA DEL L IBER EPYSTOLARUM

2.2 U N CARMEN VARIUM SUL MODELLO ORAZIANO

Torniamo ora alla prima delle Familiares, da cui siamo partiti: Petrarca

97 Cfr. M. FEO, L’edizione critica delle ‘Epystole’, cit., p. 747. 98

Andrà comunque sempre ricordato che risponde alla solita topica modestia petrarchesca, per la quale si veda ad esempio anche la Sen. X 1, che accompagna l’invio dei Salmi penitenziali, «qualescumque sunt». Cfr. Cic., Brut. 321: «quod erat, quantumcumque erat».

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Così Petrarca sulle Epystole nella Sen. III 4 13: «nomen eius (di Barbato) cure michi fuisse multe mearum testantur epystolarum que ad eum sunt et - iuvenile opus – epystolaris liber lege carminis astrictus sibi totus inscribitur».

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denomina la sua silloge in versi carmen varium, così da proiettare nuovamente le Epystole al fianco del Canzoniere, profilando però un altro fondamentale modello, quello oraziano.

Atque ea michi tituli fuit occasio; de quo aliquando cogitanti, quamvis epystolarum nomen consentaneum rebus esset, quia tamen et multi veterum eo usi erant et ipse ego varium

carmen ad amicos, de quo paulo supra mentio incidit, eodem

prenotabam, bis eo uti piguit, novumque ideo placuit nomen, ut Familiarium Rerum Liber diceretur (Fam., I 1 34).100

Variae sono le Epystole, come vario è il suono dei Fragmenta, che condividono con le prime un’intrinseca liricità, tramata di echi oraziani. Il loro nomen, nonché la forma metrica (in esametri e non in distici, propri dell’epistolografia medievale),101 deriva infatti dall’omonima raccolta di Orazio, - poeta lyricus per antonomasia a detta di Quintiliano,102 nonché dello stesso Petrarca (Fam. XXIV 10 1). Oltre a

nomen e forma metrica, un altro dato accomuna le Epystole petrarchesche alle Epistolae oraziane, nelle quali il poeta di Venosa, alla soglia dei quarantaquattro anni, proprio lì dove «raggiunge altissime

100 Cfr. M. FEO, Fili petrarcheschi, cit., p. 14. 101

Cfr. R. ARGENIO, Gli autori congeniali al Petrarca nelle epistole metriche, in «Convivium», XXXIII 1965, pp. 449-64: 456: «L’endecasillabo, usato in tutte le Metriche, fu il primo omaggio reso al Venosino»; e prima D. MAGRINI, Le epistole metriche di Francesco Petrarca, cit., p. 186: «Nelle epistole metriche del Petrarca una tendenza all’imitazione oraziana si palesa già nell'uniformità del metro, il che dà alla raccolta un carattere di unità e di armonia».

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Celebre il suo giudizio: «At lyricorum idem Horatius fere solus legi dignus: nam et insurgit aliquando et plenus est iucunditatis et gratiae et varius figuris et verbis felicissime audax» (Inst. or., X 1 96). È ormai opinione condivisa infatti (anche se son pochi gli studi e pochissimi gli studiosi che delle Epystole si sono occupati) che il titolo della raccolta sia Epystole (e non Epystole metrice). Lo ha dimostrato con certezza M. FEO, Fili petrarcheschi, cit., in particolare alle pp. 26 sgg. Per il modello oraziano si legga quanto asserisce lo stesso Feo: «Se l’Africa e il Bucolicum carmen sono di impianto e intenti virgiliani, le Epystole prendono invece a modello le Epistulae di Orazio», in M. FEO, L’edizione critica delle ‘Epystole’, cit., p. 239. Per la bibliografia pregressa sulle Epystole rimando a T. CALIGIURE, «Peregrinus ubique». Alcuni tratti del Petrarca politico, in I cantieri dell’italianistica. Ricerca, didattica e organizzazione agli inizi del XXI secolo. Atti del XVII congresso dell’ADI – Associazione degli Italianisti (Roma Sapienza, 18-21 settembre 2013), a cura di B. ALFONZETTI, G. BALDASSARRI e F. TOMASI, Roma, Adi Editore, 2014.

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espressioni liriche»,103 dichiara di rinunciare alla poesia lyrica, anticipando quanto farà Petrarca, che, ancora una volta, a posteriori costruirà un liber, strutturalmente, penitenziale: nella Fam. XXIV 10, indirizzata ad Horatium Flaccum lyricum poetam, Petrarca ci descrive, dopo puntuali riferimenti alle opere oraziane e in particolare a Carmina ed Epistulae, il Venosino mentre incanta il cielo con stile vario, «mulcentem vario carmine sidera».104 Il ricorso allo stesso sintagma riferito alle due opere, varium carmen (rispettivamente Fam. I 1 34 e Fam. XXIV 10 124), palesa ancor meglio il debito della raccolta petrarchesca verso quella oraziana, debito che non pare essere solo formale, ma quasi di intenti, diversamente da quanto scriveva ad esempio Luigi Tonelli a proposito dello stampo oraziano: «Dico “oraziano”, in quanto composte in esametri […]; sebbene poi, come il ciceronianismo delle lettere in prosa si riduce a ben poca cosa, così l’orazianismo di quelle in poesia non si manifesti in sostanza, che per lievissime tracce».105

Bisognerà soffermarsi brevemente sull’aggettivo varium che connota le Epystole (così come l’Orazio lirico di Carmina ed Epistolae). In un recente contributo, Marco Grimaldi torna a sottolineare «l’idea che

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Epistulae. Nota introduttiva, in Tutte le opere. Orazio, a cura di L. PAOLICCHI, con introduz. di P. FEDELI, Roma, Salerno Editrice, 1993, pp. 835-37: 836. Sui rapporti tra Orazio e Petrarca rimando a in particolare M. FIORILLA, I classici nel ‘Canzoniere’. Note di lettura e scrittura poetica in Petrarca, Roma-Padova, Editrice Antenore, 2012, § Orazio, pp. 36-54 (cfr. la bibliografia pregressa). Si vedano inoltre: Gius. BILLANOVICH, L'Orazio Morgan e gli studi del giovane Petrarca, in Tradizione classica e letteratura umanistica. Per Alessandro Perosa, a cura di R. CARDINI, E. GARIN, L. CESARINI MARTINELLI, G. PASCUCCI, voll. 2, Roma, Bulzoni, 1985, pp. 121-38; la voce Petrarca, Francesco a cura di M. FEO, in Enciclopedia Oraziana, vol. III, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1998, pp. 405-25; e C. VILLA, “Horatius, presertim in Odis”: appunti per un colloquio inevitabile, in Motivi e forme delle ‘Familiari’, cit., pp. 175-87. Utili raffronti tra gli esametri delle Epystole e i versi orazioni si trovano in R. ARGENIO, Gli autori congeniali al Petrarca nelle epistole metriche, cit., pp. 455 sgg.

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Cfr. F. PETRARCA, Le Familiari. Libri XXI-XXIV, a cura di U. DOTTI, con la collaborazione di F. AUDISINO, tomo V, Roma, Aragno, 2009. Nella nota introduttiva a questa lettera, p. 3565, Dotti ci parla della «riscoperta dell’Orazio lirico a fronte del poeta delle satire, delle Epistolae e dell’Ars poetica». Le Epystole, come segnalato da Dotti, sono ricordate nei vv. 78-84.

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la varietas […] sia una caratteristica distintiva della lirica»,106 con riferimento alla varietà metrica (e dunque formale), contenutistica e di stile. E ancora, sul finale della Fam. indirizzata ad Orazio, Petrarca torna a precisare che del rex lyrici carminis (secondo l’appellativo che apre l’epistola, v. 1), lo attraggono proprio i grata fila lyre:

Sic me grata lyre fila trahunt tue,

Sic mulcet calami dulces acerbitas (Fam. XXIV 10, vv. 137-38).

Ed è chiaro come il riferimento alle corde (fila) della lyra di Orazio della Fam. XXIV 10 contenga un’implicita allusione alla capacità di modulare testi stilisticamente (e non solo tematicamente) vari, così come vari sono i suoni emessi da ogni corda della lira. A proposito di varietas, la mente di ogni lettore, di Petrarca e non solo, corre alla raccolta lirica per eccellenza, il Canzoniere. Che lo stile dei fragmenta sia vario è oramai dato assodato (basti citare, tra le molte, le ricerche di Pulsoni,107 Praloran108 e Vitale109): varie le sequenze rimiche, il ritmo degli endecasillabi, la struttura delle canzoni e così via. Ma soprattutto varie le forme metriche, tanto da aver fatto propendere alcuni editori e commentatori cinquecenteschi per la divisione tra canzoni e sonetti, in ossequio così alla «separazione per genere metrico propria di gran parte della tradizione lirica romanza».110

Ora può forse essere utile aggiungere ai molti passi individuati da Grimaldi un altro tassello, che sembra chiarire come per i commentatori primo cinquecenteschi (ma non necessariamente per Petrarca) varietà sia anche sinonimo di discontinuità e divisione della forma-canzoniere in canzoni e sonetti. Nel commento a Voi ch’ascoltate, attribuito ad Antonio da Tempo, un passo risulta indicativo (anche per le connessioni

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M. GRIMALDI, Petrarca, il “vario stile”, l’idea di lirica, in «Carte Romanze», II/1, 2014, pp. 151-210, in particolare pp. 151-54 e 188-95.

107 C. PULSONI, La tecnica compositiva nei ‘Rerum vulgarium fragmenta’. Riuso metrico

e lettura autoriale, Roma, Bagatto libri, 1998.

108

M. PRALORAN, La canzone di Petrarca. Orchestrazione formale e percorsi argomentativi, a cura di A. SOLDANI, Roma, Salerno Editrice, 2013.

109 M. VITALE, La lingua del ‘Canzoniere’ (‘Rerum vulgarium fragmenta’) di Francesco

Petrarca, Padova, Antenore Editrice, 1996, in particolare pp. 5-18.

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Cfr. L. LEONARDI, La struttura dei ‘Fragmenta’. Ovvero storia di una contraddizione, in La filologia petrarchesca nell’800 e ’900, cit., pp. 109-32: 115.

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con il commento di Filelfo e di Barzizza).111 In relazione al verso 5, «del vario stile in ch’io piango e ragiono», il commentatore scrive «vario appella perché il stile non è tutto d’una forma, come vediamo nei libri dei molti poeti che il stile continuo conservano, anzi è mutato variamente in sonetti e canzoni».112 Da un lato la varietà cui allude Da Tempo (o chi per lui)113 – così come Barzizza e Filelfo - è varietà di forma metrica, e dunque di genere, dall’altro lo stile vario si oppone allo stile continuo e, in tal senso, risulta pertinente il commento della Vecchi Galli: «stile vario, molteplice, “diviso” come l’Io del personaggio-poeta».114

Come se un ‘io’ scisso, intermittente, non potesse scrivere che per intervalla e dunque in uno stile vario, discontinuo. La varietà, si sa, prima ancora che essere di materia, di forma o di stile, è propria dell’«animus […] vagus et varius» (Fam., XXIV 13 1) dei mortali e, in particolare, di Petrarca. E l’argomento principe delle Epystole sono proprio i moti dell’animo, la cui varietas, campeggiando isolata al centro del verso, così posta tra due cesure forti, sembra riassumere e polarizzare l’intero argumentum dell’opera, come accadeva nel proemio volgare:

Affectus animi | varios | bellumque sequacis (Epyst., I 1 40).115

111 Per la bibliografia sui commenti Quattro-Cinquecenteschi rimando alle pagine di

Federigo Ruggiero Il commento di Guiniforte Barzizza a Voi ch’ascoltate. Edizione, cronologia, proposte, in La lirica in Italia dalle origini al Rinascimento, a cura di L. GERI e M. GRIMALDI, Roma, Bulzoni, 2017, pp. 105-25.

112 Trascrivo per comodità il testo, di cui non esiste un’edizione moderna, dalla

cinquecentina conservata presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma: Opera del preclarissimo poeta misser Francescho Petrarcha con el commento de misser Bernardo Lycinio sopra li Triumphi. Con misser Francescho Philelpho, misser Antonio de Tempo, misser Hieronymo Alexandrino sopra li Soneti et canzone nouamente historiate, et correcte per misser Nicolo Peranzone, Venetia, Agostino Zani, 1515, c. Aiiiv.

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È comunque significativo, pur nell’impossibilità di identificare il nostro commentatore con l’autore della Summa Artis Rithmici Vulgaris Dictaminis, che tale commento al primo sonetto sia attribuito a un’auctoritas per la trattazione delle forme metriche della poesia italiana. Per oltre due secoli la Summa è stata infatti «usata come libro di scuola e come manuale pratico di versificazione», voce Antonio da Tempo, a cura di P. STOPPELLI, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 33, Roma, Istituto della Enciclopedia, 1987, pp. 13-15.

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F. PETRARCA, Canzoniere, a cura di P. VECCHI GALLI, Milano, BUR, 2012, p. 96.

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Sulla varietas delle Familiari si vedano le osservazioni di L.C. ROSSI, Immagini di Petrarca letterato, in Motivi e forme delle ‘Familiari’, cit., pp. 457-75: 462-63.

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I testi incipitari delle due raccolte liriche, Canzoniere ed Epystole, sembrano così illuminarsi a vicenda.116 Proprio come la raccolta volgare è in rime sparse e in stile vario, così quella latina è definita carmen varium e, nella I delle Epystole, carmen sparsum (Epyst., I 1 30-31). E dunque la varietà delle Epystole, uniformate dal ricorso univoco all’esametro, non risiederà solo nella materia e nella diversità degli stati d’animo che la lettera, «cordis | nuntia» (ivi, 2-3), inevitabilmente riflette, ma anche nella varietà delle forme e dei generi. Possiamo estendere alle Epystole petrarchesche il giudizio, consegnato all’Introduzione alle opere oraziane, di Niall Rudd: «Dobbiamo però guardarci dal considerare le Epistole normali lettere in versi: sono essenzialmente, poemetti, il cui rapporto con l’attualità si configura in forme estremamente varie».117 Tra le Epystole petrarchesche troviamo infatti elogia, laudationes funebri, soliloquia, epitaffi, epigrammi, orazioni e invettive, che dell’epistola conservano solo il nome. Così come, specularmente, è facile individuare un embrionale carattere epistolare in molti carmi lirici latini - basti pensare nuovamente ai carmi ‘epistolari’ (12, 13, 14, 65 o 68) di Catullo, e al suo libellum, che con il nostro liber condivide la struttura tripartita (nonché la collocazione di nugae nella prima sezione e, per lo più, di brevi epigrammi nella terza).