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che ci fa uman

Nel documento Oltre la pandemia dell'individualismo (pagine 91-94)

«C

he l’umanità abbia una radice e uno scopo, che gli uomini in quanto uomini fra di loro facciano un tutto per qualche cosa che sovra- sta tutte le lotte fra di loro, anche quelle per la vita e per la morte, è una fede che può in- vero essere seppellita, ma solo al prezzo della perdita della stessa umanità ragionevole» (Karl Jaspers).

La situazione che stiamo vivendo, legata alla diffusione della pandemia, ci ha offerto, in certa misura ci ha costretti, a speri- mentare nuovi profili della responsabilità e della correspon sabilità che ancor più di prima possono far cogliere, se saremo in grado di farlo, il valore primario e unificante del bene co- mune e del suo essere sicuramente un “di più”, un “di più” ri- spetto al semplice insieme dei beni privati e degli stessi beni pubblici.

Stiamo sperimentando la responsabilità della rinuncia ad alcune libertà con la fatica e la preoccupazione che

inevitabilmente tale rinuncia porta con sé, con la necessità della vigilanza che situazioni come questa richiedono. Stiamo sperimentan- do la responsabilità del credere, del continua- re a credere, vivendo, anche come laici cristia-

La responsabilità del futuro

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LacorresponsabiLitàchecifaumani

ni, la responsabilità della fede in un senso mai prima avvertito. Stiamo sperimentando la responsabilità della distanza con il senso di mancanza che l’accompagna, la responsabilità della sospensio- ne con il modificarsi del senso stesso dell’attesa. Stiamo sperimen- tando la responsabilità di nuove forme di prossimità, la bellezza e la fatica di nuove modalità di vita familiare, di vicinato, di quar- tiere, di nuove forme di condivisione.

La situazione che stiamo vivendo ci ha fatto toccare con mano, oggi ancor più di ieri, che essere responsabili vuol dire sapersi coinvolgere a partire dalla propria interiorità: la misura dell’inte- riorità è misura della responsabilità. Oggi è tempo di una respon- sabilità assunta in profondità, non vissuta con superficialità, con slogan e forme emozionalistiche incapaci di esprimere un’interio- rità autentica che è spazio insieme di preghiera, di pensiero, di cura. Non è distanza dall’agire, ma forza e spessore di vita anche quando facciamo l’esperienza dell’impotenza della stessa respon- sabilità come in questo periodo ci è in certo modo capitato. Abbiamo toccato con mano, consapevolmente o inconsapevol- mente, la necessità di essere sempre pronti a rispondere con solle- citudine alle istanze, alle urgenze del presente, comunque sempre tempo di Dio, comunque momento «favorevole». Sarebbe utile pensare che sempre più la risposta alla straordinarietà del momen- to presente debba coniugarsi sin da subito con visioni di futuro, con la capacità di immaginare novità di vita e non semplice ripro- posizione di situazioni di un tempo divenuto irrimediabilmente passato. Nel mentre facciamo esercizio di responsabilità verso il pre- sente, l’oggi, le restrizioni dell’oggi da accettare, le misure da segui- re, i mutamenti del nostro quotidiano, in effetti, al di là di quanto ne siamo consapevoli, stiamo già costruendo il domani. Allora di- venta sempre più necessario pensare progettualmente al futuro e contribuire a farlo insieme agli altri. Diventa sempre più necessario pensare insieme, far crescere il senso di un’immaginazione condivi- sa, di un sognare insieme, di uno sperare insieme. Sarebbe utile convincersi che le risposte alla pandemia per essere efficaci devono essere date insieme, non pensate e vissute nell’isolamento.

Possiamo infatti affermare che se è sempre vero che non c’è re- sponsabilità senza corresponsabilità, ciò vale oggi in modo del tutto peculiare. Non possiamo non sentirci responsabili e non sentirci anche corresponsabili.

Franco Miano

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Si avverte forte l’esigenza di una responsabilità condivisa, di nuo- ve forme di corresponsabilità. Eppure contraddittoriamente si fa fatica. Si fa fatica a disporsi effettivamente in questa direzione, si fa fatica a viverne effettivamente il senso e a far prevalere gli atteg- giamenti costruttivi, propositivi di cui ha bisogno ogni vero im- pegno di corresponsabilità.

Si fa fatica, talvolta anche dentro la comunità ecclesiale, a vivere quella corresponsabilità della gioia che è il messaggio che papa Francesco ci trasmette sin dalla Evangelii gaudium, fondamentale per la missione della Chiesa anche oggi ma direi, paradossalmen- te, criterio di relazione in ogni realtà pur in questo tempo difficile. Si fa fatica nella comunità civile dove sfugge che l’obiettivo pri- mario della costruzione di un buon futuro per la nostra società passa attraverso la ricerca costante del bene comune, quella ricerca che si alimenta del faticoso eppur fecondo esercizio della corre- sponsabilità tra le generazioni, nella famiglia e tra le famiglie, tra le istituzioni educative, tra l’economia e la politica, tra le regioni e lo Stato, tra i singoli cittadini e tutti gli organismi di rappresen- tanza (e così a seguire…). La corresponsabilità trova la sua sostan- za in questo “tra”, trova forza nel dipanarsi di dialoghi, confronti, legami, nel superamento di continue lacerazioni, nella tensione all’unità pur nella diversità. In questo dimensione di incontro, in questo “tra”, vi sono possibilità di futuro importanti per la vita del nostro paese, per la nostra stessa vita.

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La responsabilità del futuro

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a pandemia Covid-19 sfida l’umanità a scegliere tra due modelli, quello del passato e quello del futuro, tra profitto e sostenibilità inclusiva, tra benessere e sfrutta- mento dell’ambiente, tra disuguaglianze e solidarietà, tra frammentazioni nazionaliste e unità del genere umano. La crisi sfida anche la Chiesa a uscire fuori delle sue fron- tiere in mezzo agli scartati o arroccarsi nelle sue liturgie.

E tu chi sei e in quale processione stai camminando? Chie- ditelo adesso e meditalo nel silenzio della notte; scopri se sei uno schiavo di ieri o una persona libera per il domani. Ti dico che i bambini di un tempo oggi stanno camminan- do nei funerali dell’era che hanno creato per se stessi. Stan- no tirando una corda marcia che potrebbe spezzarsi presto e farli cadere in un abisso che sarà dimenticato...

Ma i bambini di domani sono quelli chiamati dalla vita, e si incamminano con passo sicuro e a testa alta, loro sono l’alba di nuove frontiere, nes- sun fumo velerà i loro occhi e nessun tin- tinnio di catene annegherà le loro voci. Sono pochi di numero, ma la differenza è tra un chicco di grano e un mucchio di fie-

Sandro Calvani

è Docente di sviluppo sostenibile, ex dirigente di Caritas Italiana e di diversi organi delle Nazioni Unite. Vive e lavora a Bangkok, Thailandia. di Sandro Calvani

Nel documento Oltre la pandemia dell'individualismo (pagine 91-94)