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e la scintilla della fede

Nel documento Oltre la pandemia dell'individualismo (pagine 43-48)

I

n questo periodo difficile ci siamo chiesti come leggere la pandemia alla luce della fede. Una domanda che non è (o non deve essere) generata da puro intellettualismo, ma che ne sottende un’altra, radicalmente cristiana: in che modo stare accanto agli altri (ai fratelli) ed essere testimoni parte- cipi del destino dell’umanità.

Ciò che si può dire con certezza è che il pericolo del virus ha riac- ceso la scintilla della religiosità, cosa non da poco in un mondo secolarizzato e scristianizzato. Nelle chiese rimaste aperte, persone qualunque, ben distanziate fra loro, in silenzio tra i banchi, hanno cercato “compagnia” davanti al Santissimo. Si sono riviste vecchie forme devozionali, sono rispuntate immaginette di santi che si credevano ormai sparite, si è guardato al cielo e alle nuvole cercan- do segni e apparizioni, si è rimasti incollati davanti al televisore a seguire messe, rosari e liturgie... Si tratta, spesso, di espressioni ti- piche di una «fede bambina», che cerca consolazione nella paura. Ma c’è qui anche il germe della ricerca escatologica, che scopriamo ancora vivo a dispetto dei diserbanti a base di materialismo consu- mista spruzzati abbondantemente per decenni sui campi di quel grande podere che è la nostra società.

Sarebbe perciò un errore prendere il fenome- no sottogamba, snobbarlo con la sufficienza

in ascolto

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IlbuIodellapauraelascIntIlladellafede

di chi sa tutto e conosce tutto. Credo, piuttosto, che ci sia offerta una grande opportunità di testimonianza. Quello che si sta apren- do davanti a noi sarà un tempo di dolore e di sfida, in cui dovre- mo piegarci su uomini e donne feriti, smarriti, impoveriti. Dovre- mo essere i loro cirenei. Accompagnandoli con il passo di credenti umili e maturi, che sanno purificare lo sguardo dalle sco- rie emozionali o miracolistiche e condurre sul sentiero delle verità che contano. Sicuri e saldi nella roccia del Vangelo, vissuto dentro l’Ecclesia.

Questo è il compito oggi dei laici di Azione cattolica, che ogni giorno si misurano con la concretezza (e la durezza) della vita e in questa quotidianità mettono in gioco la propria fede. Con sensi- bilità diverse, ma uniti nel grande mistero del popolo di Dio che è la Chiesa. Laici chiamati a riscoprire la vocazione “popolare” dell’Associazione: condividere, accompagnare, discernere. La condivisione dei tanti drammi che sono sotto i nostri occhi: il malato che muore solo, la famiglia isolata, il lavoratore che rima- ne disoccupato… L’accompagnamento discreto e amorevole, de- clinato nei mille modi possibili, dalle attività caritative al semplice sorriso o alla telefonata per dire «io ci sono, non temere, resto al tuo fianco». Il discernimento per comprendere ciò che è fede au- tentica, passando al setaccio la massa di sensazioni, di istinti, di impulsi che l’emergenza coronavirus ha generato. In modo che ci restino in mano le piccole pepite d’oro raffinate dalla sofferenza e si getti via tutto il resto.

La pandemia ha portato a galla un altro valore: la creatività. Da Nord a Sud dell’Italia si è vista una Chiesa fantasiosa e audace. Dal prete che ha portato in giro la statua della Vergine su una motoape alle messe sui terrazzi delle chiese coi fedeli affacciati ai balconi di casa. Fatta la tara del folclore, è stata una bella dimo- strazione di prossimità. Il Papa stesso ha raccontato del parroco di montagna che è andato in giro sotto la neve a benedire. «Non gli importava il bruciore che il freddo gli faceva sentire alle mani a contatto col metallo dell’ostensorio: soltanto gli importava di portare Gesù alla gente».

Bisogna vincere le paure e stare accanto al popolo, ha esortato Francesco. «Pensiamo, ognuno di noi, da quale parte stiamo, se siamo in mezzo, un po’ indecisi, se siamo con il sentire del popo- lo fedele di Dio che ha la infallibilitas in credendo. E pensiamo

Enzo Romeo

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all’élite che si stacca dal popolo di Dio, a quel clericalismo. E forse ci farà bene a tutti il consiglio che Paolo dà al suo discepolo, il giovane vescovo Timoteo: “Ricordati di tua mamma e di tua nonna” (2Tm 1,5). Se Paolo consigliava questo era perché sapeva bene il pericolo al quale portava questo senso di élite».

Sì, la fase con cui stiamo per misurarci offre opportunità, ma non mancano neppure pericoli e rischi. La pandemia ha provocato un distacco tra i presbiteri e il resto del popolo di Dio. «Stiamo insie- me, ma non insieme» ha detto Bergoglio commentando le cele- brazioni in modalità streaming. Ed ha messo in guardia dal vira-

lizzare i sacramenti e trasformate la Chiesa in una comunità

virtuale. Il sacrificio del distacco dall’Eucarestia va fatto per uscire dal tunnel, non per rimanerci. Altrimenti cadremmo nello gnosti- cismo, nel pensare che si possa far tutto da sé, senza bisogno di piegare le ginocchia davanti al mistero dell’incarnazione.

Contemplare

e

celebrare

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H

anno fatto discutere, e continueranno a far discu- tere, le misure adottate dalle pubbliche autorità con cui, per frenare la diffusione del coronavirus, si sono fortemente limitate le libertà fondamenta- li garantite dalla Costituzione e dall’ordinamento europeo. Sorprendentemente non sono mancate critiche, a volte serrate, sui limiti rigorosissimi posti alla libertà di culto; dico sor- prendentemente, perché in una società largamente secolarizzata come la nostra una consistente protesta per i divieti posti in ma- teria non era pensabile. Che avesse ragione Gilles Kepel con la sua

revanche de Dieu?

In particolare sui provvedimenti governativi si sono levate ecce- zioni sia nella sostanza che nelle procedure seguite. Per la sostan- za, si è in definitiva osservato che quella di culto, e quindi di re- ligione, è una libertà incomprimibile, o che comunque può conoscere costrizioni ragionevolmente limitate. Quanto alle pro- cedure si è criticato, soprattutto in casa cattolica, il fatto che il

Governo abbia agito non solo senza concor- dare le restrizioni con la parte ecclesiastica, ma senza neppure comunicarle previamente; più radicalmente, si è rilevato che l’autorità politica avrebbe deciso in un ambito, come

Giuseppe Dalla Torre

è stato professore ordinario di Dirittto canonico ed ecclesiastico presso la LUMSA, di cui è Rettore emerito. di Giuseppe Dalla Torre

Contemplare e celebrare

Una Chiesa

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