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FALERII VETERES (CIVITA CASTELLANA) NOTIZIE STORICHE

L’antico centro di Falerii occupava le attuali alture tufacee di Civita Castellana e di Vignale. L’appellativo Veteres è un’aggiunta erudita moderna per distinguere l’oppidum falisco dalla Falerii, detta Novi con altra creazione moderna, costruita in località Fàlleri, circa 6 km a ovest della città più antica, dopo la distruzione di questa, da parte dei Romani, nel 241 a.C.513

Il nucleo primitivo dell’insediamento era sul colle di Vignale, naturalmente difeso dai suoi ripidi pendii, soprattutto nei lati settentrionale e occidentale, e unito al pianoro di Civita Castellana da una stretta e bassa sella, presso l’angolo sud-occidentale. Il corso del Rio Maggiore bagna le pendici occidentali e settentrionali di Vignale, e si getta nel torrente Treia, che lambisce il colle ad est e a sud.

La presenza di un insediamento dell’età del Bronzo finale sul pianoro di Vignale era già stata supposta nel 1977514, quando si riconobbe la pertinenza a quella fase protostorica di quattro tombe a pozzo scoperte, una, nel 1886, durante gli scavi del tempio di Celle, le altre tre, nel 1888. Il luogo del rinvenimento è sulla riva sinistra del Rio Maggiore, in una valle tra il pianoro di Celle e la sua propaggine occidentale di Montarano, sede di un altro sepolcreto, databile all’incirca tra la metà dell’VIII e il VII sec. a.C. Questo è articolato in due nuclei, uno con tombe a pozzo e a fossa, indicato da Cozza e Pasqui come Montarano nord/nord-est, l’altro, detto di Montarano nord, con sole tombe a fossa515.

Le tombe dell’età del Bronzo finale si trovavano sotto le pendici meridionali di Montarano, e probabilmente facevano parte di una più vasta necropoli andata distrutta. L’abitato protovillanoviano ad esse relativo è stato documentato con

513

Sui nomi attribuiti dalle fonti antiche alle due Falerii, cfr. Di Stefano Manzella 1976-1977. Cfr. anche Di Stefano Manzella 1990.

514

di Gennaro 1979, 270, nota 7. Cfr. anche Fugazzola Delpino-Delpino 1979, 287; di Gennaro 1982, 103.

515

Per il sepolcreto sull’altura di Montarano, scavato nel 1888 e nel 1890, cfr. Cozza-Pasqui 1981, 3, 4, 21-98; Moscati 1985, 72; Baglione 1986, 128-140; Moscati 1990, 146; De Lucia Brolli 1991 a, 21-27; Baglione-De Lucia Brolli 1997 (relativamente a Montarano N/N-E). Per la collocazione di fondovalle della necropoli del Bronzo finale di Montarano Sud, e l’occupazione del pianoro soprastante per le necropoli della prima età del Ferro, nel quadro di un sistema di distribuzione dei siti sepolcrali riconosciuto in Etruria meridionale, cfr. Domanico-Miari 1991, 61-69, 77, 79.

certezza attraverso le ricognizioni compiute sul colle di Vignale agli inizi degli anni ’80 del ’900516. Materiali del tardo Bronzo e dell’età del Ferro sono stati rinvenuti anche nel corso di un’indagine sistematica di superficie, eseguita nella parte occidentale del sito, dove la visibilità era migliore, nell’ambito di indagini di vario tipo, che hanno interessato un’area di circa 9 ha sul colle di Vignale, nel 2000-2001517.

Non trova, invece, conferma nei dati archeologici l’ipotesi di un primo insediamento sull’altura di Montarano, sostenuta, alla fine dell’800, dagli autori della Carta Archeologica d’Italia, che riferivano ad esso le sepolture rinvenute sul colle e alle sue pendici518.

Sia nell’abitato di Vignale che nelle necropoli si riscontra una lacuna nella documentazione relativa alla prima età del Ferro iniziale, mentre appare meglio caratterizzata la fase recente della prima età del Ferro519, secondo un fenomeno ben evidenziato nel territorio falisco-capenate, e che accomuna la maggior parte dei centri dell’Etruria meridionale. Per questo territorio è stata notata, infatti, una progressiva riduzione del numero degli abitati e un aumento delle loro dimensioni tra Bronzo finale e inizio della prima età del Ferro520, quando, abbandonate, nel

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In Pasqui 1887, 100, nota 1 si dà notizia di “cinque pozzetti”, rinvenuti “qualche anno indietro” in prossimità del tempio di Celle, che potrebbero far parte della necropoli di Montarano Sud. Per questo sepolcreto cfr. Cozza-Pasqui 1981, 13-19; Torelli 1982, 122; Moscati 1985, 71-72; di Gennaro 1986, 42-46; Moscati 1990, 142; De Lucia Brolli 1991, 28; De Lucia Brolli 1991 a, 19-20; Peroni 1996, 331, 413. Per le ricognizioni compiute sul colle di Vignale: di Gennaro 1982, 103; di Gennaro 1986, 42-44 (novembre 1982); Moscati 1983, 60 (1981-1982).

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Per i risultati preliminari delle indagini di vario tipo (topografiche, geofisiche, raccolta di superficie, campionature geochimiche) intraprese sul colle di Vignale nel 2000-2001, cfr. Keay 2004, 231-232.

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Barnabei 1894, 15-20; Cozza-Pasqui 1981, 3, 10, 87, 101. Gli autori della Carta Archeologica argomentano l’esistenza di un abitato protostorico sull’altura di Montarano in base alla presenza di un “largo taglio artificiale a guisa di trincea”, che isolava il lato nord del colle, privo di difese naturali, dal contiguo altopiano. Oltre il fossato era la necropoli. Sull’assenza di dati archeologici che facciano pensare a una frequentazione del sito di Montarano in epoca protostorica:

Frederiksen-Ward Perkins 1957, 131, nota 15; Moscati 1985, 72; Moscati 1990, 145. L. Cozza accoglie la proposta degli autori della Carta Archeologica di un insediamento, sul pianoro di Montarano, precedente a quello di Vignale. Lo studioso, tuttavia, non aggiunge ulteriori elementi a sostegno di questa ipotesi (Cozza 1985, 20).

519

Per la necropoli sull’altura di Montarano, pertinente a questa fase, cfr. nota 3; per l’abitato di Vignale nella prima età del Ferro: Moscati 1983, 60; di Gennaro 1986, 42; Moscati 1990, 146; Domanico-Miari 1991, 68; Iaia-Mandolesi 1993, 30-32; Peroni 1996, 413.

520

Le cronologie assolute tradizionali, che assegnavano approssimativamente la fase iniziale del primo Ferro al IX, e la fase recente all’VIII sec. a.C. (Müller Karpe 1959; 1960; Peroni 1979; 1989, al quale si deve la suddivisione tra “fase iniziale” e “fase recente” e un’ulteriore articolazione delle cronologie rispetto alla formulazione iniziale di Müller Karpe), sono state rialzate sulla base del conteggio degli anelli di accrescimento annuale degli alberi, che ha fornito

corso del Bronzo finale evoluto, le precedenti aree insediative, nacquero e si consolidarono i grandi abitati protourbani. Nella fase recente della prima età del Ferro, soprattutto nel suo orizzonte avanzato, a partire almeno dalla seconda metà dell’VIII sec. a.C., si registra l’impianto di nuovi centri, che in parte rioccuparono le sedi spopolate nel periodo precedente521.

I dati in nostro possesso non permettono di stabilire con esattezza il momento in cui l’insediamento si estese anche sul pianoro di Civita Castellana. La più antica testimonianza archeologica proveniente da questo colle è costituita da due tombe a fossa, infantili, databili tra la fine dell’VIII e la prima metà del VII sec. a.C., rinvenute, agli inizi del ’900, nella zona sud-orientale del pianoro, in località “lo Scasato”522. Queste vengono concordemente interpretate come un esempio di sepolture infantili in area di abitato523, secondo un’usanza che trova numerosi confronti nel Latium vetus, mentre sembra essere estranea all’Etruria.

È probabile, comunque, che, almeno dal VII sec. a.C., le necropoli della Penna e di Valsiarosa segnassero il limite occidentale dell’insediamento. Esse si trovano oltre il moderno fossato del Forte Sangallo, che difendeva la città sull’unico lato in cui il pianoro di Civita Castellana era unito al territorio e che datazioni precise in area centroeuropea. Attraverso il collegamento con la sequenza

dendrocronologica centroeuropea, l’inizio dell’età del Ferro italiana è stata spostato all’inizio (Peroni 1994, 214-216; Peroni 1996), o verso la metà del X sec. a.C. (Pacciarelli 1996, 187; Pacciarelli 2001, 67, con bibliografia), mentre il passaggio alla fase recente del primo Ferro sarebbe da collocare verso l’880 (Peroni 1994, 214-216; Peroni 1996) o l’850 a.C. (Pacciarelli 1996, 186; Pacciarelli 2001, 68). Sul problema della messa a punto della cronologia dell’età del Ferro italiana si veda anche la bibliografia citata in De Santis 2005, 615, nota 1. La formazione dei grandi centri protourbani dell’Etruria meridionale viene collocata intorno al 1000 a.C. (cfr., senza pretese di completezza, Peroni 1994, 216; Pacciarelli 1996, 187; Pacciarelli 2001, 159-165; di Gennaro 2004, 149).

521

Per le dinamiche territoriali in atto a partire dal Bronzo finale e nella prima età del Ferro in Etruria meridionale: di Gennaro 1982, 108-112; Bartoloni 1986, 11-12; Baglione 1986, 129; Peroni-di Gennaro 1986, 193-198; Pacciarelli 1991; Pacciarelli 1994, 234; Peroni 1994, 219-225; di Gennaro 2000; Pacciarelli 2001, 104-108, 128-136; Bonghi Jovino 2005, 30-45, con ulteriore rimando alla bibliografia indicata in tali lavori. Per l’VIII sec. a.C. Iaia-Mandolesi 1993 (per l’agro falisco-capenate, cfr. p. 29-30, 40-43); Pacciarelli 2001, 267-276; Cifani 2005, con bibliografia. La discontinuità d’insediamento tra Bronzo finale e fase recente del primo Ferro è stata rilevata in particolare nella parte dell’Etruria meridionale entro i 40 km dalla costa, la quale in età storica costituirà i territori di Veio, Cerveteri, Tarquinia e Vulci. Il territorio falisco-capenate è

considerato, dalla prima età del Ferro fino a tutto il VII sec. a.C., come zona di influenza veiente, pur tenendo presente la specificità culturale progressivamente acquisita da Falisci e Capenati, almeno a partire dal VII sec. a.C. (cfr. da ultimo sui confini settentrionali del territorio veiente Cifani 2005, con bibliografia. Si veda anche Pacciarelli 2001, 273; Bonghi Jovino 2005, 46, 49).

522

Pasqui 1903 a, 454-455.

523

Moscati 1983, 80; Moscati 1985, 73; Moscati 1990, 146; De Lucia Brolli 1991, 28; Cifani 2005, 157. Sulle sepolture infantili nelle aree di abitato cfr. da ultimo Cifani 2005, 157, con bibliografia.

potrebbe ricalcare un analogo apprestamento antico524. Gli altri lati del colle presentano scoscese pendici tufacee, bagnate, a sud, dal Rio Filetto, a est, dal Torrente Treia, a nord, dal Rio Maggiore.

Due tratti di mura in opera quadrata di tufo sono ancora visibili sul lato settentrionale del pianoro di Civita Castellana, e due sono conservati, rispettivamente, su quello occidentale e sud-orientale. A seguito di una frana, nel 1982, ne è venuto alla luce un altro, sempre in opera quadrata di tufo, sul lato sud-occidentale del colle di Vignale525. È difficile stabilire una data precisa per la realizzazione delle mura. Si è pensato a un periodo tra la metà del V e gli inizi del IV sec. a.C., all’epoca dei primi scontri con Roma526, ma è possibile anche una datazione nel corso del V sec. a.C.527. Non è chiaro quale dovesse essere esattamente il ruolo dell’altura di Vignale quando l’abitato si estese al pianoro di Civita Castellana, tuttavia esso dovette continuare ad essere considerato parte integrante del centro urbano, oggetto di interventi impegnativi da parte della comunità, come dimostra la presenza di tratti di mura analoghi a quelli del pianoro di Civita e di vari apprestamenti idrici, oltre a quelli collegati col santuario ivi

524

Sullo scavo delle necropoli di Penna e Valsiarosa: Cozza-Pasqui 1981, 145-204. Sulla loro dislocazione al limite dell’abitato di Civita Castellana: Torelli 1982, 122; Moscati 1985, 48, 73-74; Moscati 1990, 149; De Lucia Brolli 1991, 28. Collocano la nascita dell’abitato di Civita Castellana nel corso dell’VIII sec. a. C.: di Gennaro 1982, 110; Moscati 1985, 73; Moscati 1990, 149. Per la presenza di un antico fossato sul lato occidentale di Civita Castellana: Pasqui 1886, 153;

Frederiksen-Ward Perkins 1957, 140, 142; Lugli 1957, 275, nota 1. Moscati 1985, 48; Moscati 1990, 153; De Lucia Brolli 1991 a, 8, 28. Per le necropoli settentrionali di Celle, dei Cappuccini e di Colonnette, che attestano il compiuto sviluppo dell’area urbana nel VII sec. a.C., cfr. De Lucia Brolli 1998, 208-209.

525

Moscati 1983, 64; Moscati 1985, 52 e fig. 1. Cfr. Moscati 1990, 154 per le indicazioni fornite dagli autori della Carta Archeologica circa l’esistenza di tratti di mura in opera quadrata presso il limite orientale del colle di Vignale. Questi non sono stati individuati durante le ricognizioni compiute sul colle tra il 1981 e il 1982, mentre sono posizionati sulla pianta di fig. 54, in Carlucci-De Lucia Brolli 1998, 39. Le murature, tranne quella sul versante ovest di Civita Castellana, inglobata nella parte inferiore del Forte del Sangallo, si trovano a un livello inferiore rispetto al ciglio della rupe, e in punti già naturalmente difesi, per cui si è pensato a interventi di

tamponamento e regolarizzazione della parete tufacea, più che a una cinta muraria continua (Moscati 1985, 52-53; Moscati 1990, 154). Lugli 1957, 273 nota come alcune città, tra cui Falerii Veteres, ebbero mura già nel VI-V sec. a.C., “ma solo nei punti più esposti all’offesa”. Cfr. invece Carlucci-De Lucia Brolli 1998, 39-40, secondo cui il perimetro della cinta muraria circondava il pianoro di Civita Castellana, probabilmente dal V sec. a.C., mentre il colle di Vignale era munito di proprie fortificazioni.

526

Lugli 1957, 252; Torelli 1980, 42; Moscati 1985, 53.

527

Torelli 1982, 122 (V sec. a.C.?); Moscati 1990, 155-156 (l’impianto risale almeno alla prima metà del V sec. a.C.).

ubicato. Questi elementi hanno fatto pensare che l’altura svolgesse la funzione di acropoli della città528.

La storia di Falerii è, nelle fonti letterarie, indissolubilmente legata a quella dei Falisci, essendo la città il loro centro principale. Il più antico riferimento storico ai Falisci ricorda la loro militanza al fianco di Veio e Fidene contro Roma, nel 437 a.C.529

Dopo la presa di Fidene530, nel 434 (vulg.), Veio e Falerii, temendo la ritorsione romana, inviarono ambasciatori ai dodici popoli, perché si convocasse il concilio di tutta l’Etruria al fanum Voltumnae531. L’aiuto richiesto fu, però, negato532.

Falisci e Capenati intervennero al fianco di Veio anche nel corso dell’ultima guerra che oppose a Roma la città etrusca533 e che, dopo un assedio decennale, si concluse, nel 396 a.C., con la presa di questa534. I due popoli, prossimi alla regione veiente, temevano che, sconfitta la città, sarebbero stati a loro volta coinvolti in una guerra contro Roma535. Il racconto liviano ricorda, nel corso del conflitto, incursioni romane nel loro territorio, con devastazioni e incendi di fattorie e raccolti, e attacchi agli oppida536, mentre a Veio i Romani ebbero la meglio in una battaglia contro i tre eserciti alleati537. Seguirono nuove devastazioni e saccheggi a Falerii e Capena538, e le due città si videro anche rifiutare la richiesta di strappare Veio all’assedio, avanzata, nel 397 a.C., ai popoli d’Etruria, riuniti in concilio al fanum Voltumnae. Fu fatta la sola concessione, per

528

G. Colonna, in Santuari d’Etruria 1985, 67; Moscati 1990, 153, con bibliografia precedente.

529

Liv. 4, 17-19, 21.

530

Liv. 4, 22 (435 a.C.).

531

Liv. 4, 23, 4-5. Sulle caratteristiche dell’organizzazione federale etrusca delineate attraverso i dati delle fonti letterarie, Briquel 2001, con bibliografia precedente a p. 9, nota 4; p. 16-17 sulla richiesta di aiuto di Falerii e Veio.

532

Liv. 4, 24. Un’altra richiesta di aiuto contro Roma avanzata dai Veienti fu ignorata dalla lega etrusca nel 432 a.C. (Liv. 4, 25, 7-8), mentre non fu presa nessuna decisione nella riunione del 405 a.C., quando l’assedio di Veio era appena cominciato (Liv. 4, 61, 2). Sull’argomento Briquel 2001, 17. 533 Liv. 5, 8, 4 (402 a.C.). 534 Liv. 5, 20-21. 535 Liv. 5, 8, 5-6. 536 Liv. 5, 12, 4-5 (401 a.C.). 537 Liv. 5, 13, 9 (399 a.C.). 538 Liv. 5, 14, 7 (398 a.C.).

l’appartenenza dei Veienti al nomen etrusco, di accettare che per quella guerra ci fossero dei volontari539.

Nel corso del 396 a.C. i Romani si scontrarono con Falisci e Capenati, prima con esito negativo540, e poi riportando su di essi una vittoria in territorio nepesino, sotto la guida di M. Furio Camillo541. Dopo la presa di Veio, nuove incursioni e saccheggi nella campagna falisca e capenate soggiogarono Capena, che chiese e ottenne una pace542, mentre Falerii, alla quale era stato posto l’assedio, si consegnò ai Romani, come atto di riconoscenza verso la lealtà di Camillo543. Secondo Livio, nel 389 a.C. furono accolti nella cittadinanza quanti tra Veienti, Capenati e Falisci erano passati, durante quelle guerre, dalla parte dei Romani, e questi nuovi cittadini godettero di assegnazioni di terre544.

I Falisci furono di nuovo impegnati in scontri contro Roma durante la guerra romano-tarquiniese, che il racconto liviano colloca tra il 358545 e il 351 a.C.546 Essi intervennero al fianco dei Tarquiniesi nel 357 a.C.547 e, l’anno seguente, 539 Liv. 5, 17, 6-8. Briquel 2001, 17. 540 Liv. 5, 18, 7-10. 541 Liv. 5, 19, 7-8. 542

Liv. 5, 24, 2-3 (395 a.C.). Cfr. Humbert 1978, 79.

543

Liv. 5, 26-27 (394 a.C.). Per l’episodio della denuncia, da parte di Camillo, del tentativo di tradimento del maestro di Falerii, che voleva consegnare ai Romani i figli dei notabili della città falisca, oltre a Livio, cfr. D.H. 13, 1; V. Max. 6, 5, 1; Plu., Cam. 9-11; Fron., Str. 4, 4, 1; Flor., Epit., 1, 6 (12); D.C., fr. 24, 2-4. Si veda, inoltre, D.S. 14, 96, 5 (392-391 a.C.) per la notizia della presa di Falerii, senza alcun riferimento a Camillo, e 14, 98, 5 (391-390 a.C.) per la successiva pace. Per le differenze tra la cronologia di Diodoro Siculo e la vulgata nel V e IV sec. a.C., Càssola1982, 728-739.

544

Liv. 6, 4, 4. Nel 387 a.C. Livio ricorda la creazione di quattro nuove tribù, la Stellatina, la Tromentina, la Sabatina e l’Arniensis, che portarono a 25 il numero delle tribù romane (Liv. 6, 5, 8). La Tromentina doveva trovarsi nell’area di Veio, e ad essa furono, in seguito, assegnati i cittadini del municipium Augustum Veiens. La Stellatina, cui furono ascritti i Capenati, doveva essere a nord-est, verso il Tevere, la Sabatina presso il Lacus Sabatinus (sull’origine dei nomi di queste tre tribù: Fest., p. 464 L.: Stellatin&‹a tribus dicta, non a campo› eo, qui in Campania est, sed eo, qui ‹prope abest ab urbe Ca›pena, ex quo Tusci profecti, St'‹ellatinum illum› campum appellaverunt. Sabatin&‹a a lacu Saba›te. Fest., p. 465 L.: Sabatina a lacu Sabate dicta; Fest., p. 505 L.: Tromentina tribus a campo Tromento dicta). Per l’Arniensis si è ipotizzata una derivazione del nome da quello del fiume Arrone, nell’Etruria meridionale (I. Beloch, DE 1, 1895 (1961 rist.), 677). Sull’argomento: Ross Taylor 1960, 48-49; Sordi 1960, 85-86; Di Stefano Manzella 1971, 756; Torelli 1974-1975 a, 62; Colonna 1990 a, 16-17.

545

Liv. 7, 12, 5-6 (358 a.C.).

546

Sul conflitto romano-tarquiniese cfr. Torelli 1974-1975 a, 59-67; Torelli 1975, 82-92; Humbert 1978, 415, nt. 46; Sordi 1987, 163-167.

547

L’episodio avvenne durante il consolato di Cn. Manlius Imperiossus II e C. Marcius Rutilius, relativo al 357 vulg., secondo Livio (Liv. 7, 16, 1), al 353 a.C. secondo Diodoro Siculo (D.S. 16, 28, 1). Livio riferisce di iuvenes Falisci che avevano militato coi Tarquiniesi, e del rifiuto, nonostante la richiesta dei feziali, di restituire ai Romani i disertori che si erano rifugiati a Falerii (Liv. 7, 16, 2) dopo la sconfitta subita, contro Tarquinia, dal console dell’anno precedente, C. Fabius Ambustus (Liv. 7, 15, 9-10). Diodoro registra solo una guerra tra Romani e Falisci, senza

secondo Livio, i due popoli inflissero una sconfitta ai Romani, capeggiati dal console M. Fabius Ambustus548, cui seguì, dopo una rivincita romana, una reazione di tutto il nomen etrusco, che, guidato dai Tarquiniesi e dai Falisci, arrivò alle saline549.

Dopo una vittoria sui Tarquiniesi nel 354 a.C.550, i Romani fecero incursione nel territorio falisco, senza scontrarsi col nemico, né attaccare le città551. Nel 351 a.C. entrambi i consoli furono impegnati contro Falisci e Tarquiniesi, ancora una volta senza giungere a uno scontro, finché fu concessa ai due popoli una tregua quarantennale552, che, per i Falisci, si trasformò in foedus nel 343 a.C.553

Nel 298 a.C., allo scoppio della terza guerra sannitica, che, secondo Livio, vide coinvolti fin dall’inizio anche gli Etruschi554, Falerii funse da base per l’esercito romano, che vi lasciò bagagli e un piccolo presidio, e partì da lì per fare scorrerie in territorio etrusco555. Nel 297 a.C. ambasciatori da Sutri, Nepi e Falerii giunsero a Roma con richieste di pace da parte dei popoli etruschi556, e quando, nel 295 a.C., prima della battaglia di Sentino, i consoli partirono per l’Etruria,

avvenimenti memorabili, con incursioni e saccheggi nel territorio falisco (D.S. 16, 31, 7). Anche Livio concorda sulla scarsa rilevanza delle azioni militari sul fronte falisco, dove era stato inviato Cn. Manlius, che si era accampato a Sutri (Liv. 7, 16, 7).

548

Liv. 7, 17, 2-3 (356 a.C.), col racconto del turbamento dei soldati romani, provocato dai sacerdoti dei nemici, che avanzavano con fiaccole ardenti e serpenti.

549

Si tratta delle saline alle foci settentrionali del Tevere, passate in mano romana dopo la presa di Veio, cfr. Algreen-Ussing 1985, 67. Liv. 7, 17, 6. Secondo Diodoro Siculo i Tirreni, in guerra coi Romani, saccheggiarono gran parte del territorio nemico e dopo aver compiuto scorrerie fino al Tevere, tornarono nel loro territorio (Diod. 16, 36, 4). Il racconto liviano aggiunge che, contro la rivolta etrusca, fu nominato il primo dittatore plebeo, che sconfisse i nemici e trionfò sine autorictate patrum (Liv. 7, 17, 6-9. Sul carattere fittizio di questa notizia: Torelli 1975, 85).

550

Liv. 7, 19, 2-3 e D. S. 16, 45, 8 registrano la notizia dell’uccisione di prigionieri tarquiniesi nel foro romano, durante il consolato di M. Fabius Ambustus III e T. Quinctius (per la data consolare: Liv. 7, 18, 10: 354 a.C.; D.S. 16, 40, 1: 351-350 a.C.). Segue, nel testo di Livio, una nuova incursione dei nemici alle saline romane e il breve coinvolgimento, nella guerra, di Caere, che chiede il perdono dei Romani, e ottiene la pace e una tregua di cento anni (Liv. 7, 17, 6, 8; 7, 20, 8: 353 a.C.). 551 Liv. 7, 20, 9 (353 a.C.). 552 Liv. 7, 22, 4-5. 553 Liv. 7, 38, 1. 554

Liv. 10, 12, 3, con la notizia della spedizione del console L. Scipione Barbato in Etruria nel 298 a.C., e della vittoria da lui riportata presso Volaterrae. Il testo di Livio è in contrasto con l’elogium inciso sul sarcofago di Scipione Barbato (CIL I², 6, 7 = ILS 1 = ILLRP 309), secondo cui, nel 298, il console fu impegnato in Italia meridionale, cfr. Sordi, 1969, 78; Salmon 1985, 275. Sul mancato coinvolgimento degli Etruschi negli avvenimenti bellici del 298 e 297 a.C.: Sordi 1969, 101-102; Salmon 1985, 274-276.

555

Liv. 10, 12, 7.

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lasciarono un esercito accampato nell’agro falisco, e uno nell’agro vaticano557, a protezione di Roma. I due eserciti furono inviati a fare incursioni nel territorio di Chiusi, attirando gli Etruschi, che si allontanarono dal campo di Sentino558.

Nel 293 a.C., dopo essere stati per molti anni in rapporti amichevoli con Roma, i Falisci appoggiarono gli Etruschi, e i Romani dichiararono loro guerra, inviando il console Carvilio559. Dopo che questi ebbe espugnato alcuni castelli in Etruria, concesse loro una tregua di un anno, dietro pagamento di un’indennità560.

Essi compaiono nuovamente nelle fonti letterarie nel 241 a.C., anno in cui furono definitivamente sottomessi dopo una breve campagna561, e si videro sottrarre dai vincitori le armi, la cavalleria, i beni, gli schiavi e metà del territorio. Inoltre la città, costruita su un sito naturalmente difeso, fu rasa al suolo, e ne fu costruita un’altra di facile accesso562. Entrambi i consoli ottennero il trionfo, documentato dai Fasti Capitolini, rispettivamente per l’1 e il 4 marzo del 240 a.C.563

Le tracce di frequentazione del primitivo centro di Falerii, dopo l’intervento