Si No Dipende Non so
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Quasi la metà del campione, il 45 %, ritiene che mettere in atto un acquisto responsabile abbia un riverbero sull’intero sistema sociale, politico ed economico. Il 25 % sostiene il contrario, affermando che non vede nessun nesso tra la politica e l’atto di acquisto, mentre nel 28 % degli intervistati, la relazione tra le problematiche socio-ambientali e l’indirizzo dei nostri consumi si attua solo in determinati settori merceologici. Il restante 12 % non da giudizi in merito.
Acquistare in un f.m. o in un qualsiasi altro luogo in cui si metta in atto un’azione di consumo critico, trasforma il luogo non solo in spazio d’acquisto, ma anche di opportunità, dove esprimere una domanda di natura civica e un’identità politica, un acquisto infatti corrisponde a un voto379.
Il consumatore, dunque, attento agli aspetti etici e politici è diventato come un nuovo possibile interlocutore per le istituzioni politiche, nazionali e transazionali, e per i nuovi movimenti sociali. Il tutto è stato considerato essenzialmente come un insieme di nuove forme di partecipazione e ricompresso nell’etichetta di “political consumerism380”, considerato come forma emergente di partecipazione politica, compresa “in quelle azioni intraprese dai cittadini che scelgono tra produttori e prodotti con l’obiettivo di cambiare le pratiche di mercato e istituzionali ritenute sbagliate381”.
I consumatori politici sono cittadini che si impegnano in situazioni di scelta; possono agire individualmente o collettivamente.
L’idea di fondo è che queste forme di partecipazione rispondano sia al processo di globalizzazione che a quello di individualizzazione.
Una forma di “azione collettiva individualizzata” che trasforma il potere individuale dal carrello della spesa, in uno strumento politico, particolarmente adatto a popolazioni “riflessive”, con alta scolarità e capacità di processare informazioni e, al
contempo, deluse dalle tradizionali forme di partecipazione politica382. Il “consumerismo politico”, progressivamente de-ideologizzato è invece orientato
pragmaticamente a premiare e punire gli attori economici in una prospettiva negoziale, in cui la posta in gioco sono gli interessi collettivi. Si ha a che fare con persone che non prendono le distanze in modo critico dal mercato, ma piuttosto con
379
N. Herz, The Silent Takeover .Global Capitalism and the Death of Democracy, William Heinemann, London, 2001; Trad. It.:La conquista silenziosa, Carocci, Roma, 2003.
380M. Micheletti , Political Virtue and Schopping. Individuals, Consumerism and Collettive Action,
Palgrave Macmillan, London,2003.
381 Ivi, p. 2. 382
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coloro che esercitano in modo esperto il proprio potere di scelta. Micheletti, esperto di consumi dell’Università di Stoccolma distingue due forme di
political consumerism: “il positive e il negative”383.
La prima modalità fa riferimento alle scelte su cosa comprare, si premiano specifici modelli di produzione perché rispettano determinanti standard etici.
Con le loro scelte di acquisto i consumatori valorizzano determinate filosofie di produzione commerciale, ad esempio i prodotti equo solidali, quelli ecologici, oppure altri che rispettano i diritti sindacali dei lavoratori e che certificano di non aver fatto ricorso al lavoro minorile.
Nel consumerismo politico negativo invece, non c’è un’attività di selezione e riconoscimento di prodotti e produttori da comprare. La logica è inversa: che cosa
non comprare basandosi sempre sullo stesso tipo di considerazioni. Si tratta del boicottaggio di prodotti, servizi, marchi, con l’intento di creare un danno
economico, ma anche di immagine a determinate imprese, spesso multinazionali. In questo caso a differenza di quello positivo, i soggetti economici vengono puniti anziché premiati per le politiche ritenute censurabili, che stanno dietro la produzione
e la commercializzazione, diventando così oggetto della campagna di boicottaggio. Decidere dove fare la spesa diventa anche una forma emergente di partecipazione.
Ciò è importante perché da risalto alle trasformazioni in corso nel rapporto tra società e politica. Un consumatore può essere definito etico se ha argomenti altruistici nella sua funzione di utilità384.
Nelle parole degli intervistati prende forma un sentimento di riprovazione verso la scarsa capacità dei partiti di rispondere alle istanze dei cittadini. La politica secondo le prospettive dei consumatori sembra avere perso il contatto con la società e con le sue componenti, e con l’adozione di scelte di consumo critico si vuole comunicare questo sensodi disincanto verso tale mondo. La connotazione politica del consumo si esprime anche come forma di protesta, che denota un’attenzione civica da parte dei cittadini su questioni d’interesse generale: “vengo qui a fare la spesa perché ritengo che bisogna far fronte agli interessi economico-politico delle grandi multinazionali che puntano al solo profitto tralasciando la qualità” (Emanuela, 36 anni, insegnante).
383
M. Micheletti , Political Virtue and Schopping. Individuals, Consumerism and Collettive Action, op cit., p. 80.
384
O.W. Maietta, Il consumatore etico e il marketing agroalimentare, in (a cura di)Antonelli G.,
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Dalle piccole “azioni” che si sganciano dai modelli tradizionali, alla mobilitazione collettiva, si sviluppano ambiti diversi dalle usuali arene dell’espressione politica. Si tratta di azioni che si collocano tra la dimensione individuale e quella collettiva, interessi tra la sfera personale e quella pubblica, nella quotidianità i soggetti divengono espressione di azioni economiche caricate di significati civici e in un certo
senso politici. Le azioni di alter-consumo possono essere suddiviso in tre differenti forme:
Il boicottaggio (forma negativa), il messaggio è “non comprare”; Il sabotaggio culturale (cultural jamming di forma discorsiva);
Il buycottaggio (forma positiva), “compra nella rete che io sto predisponendo, nell’alterativa economica”.
Nella concretezza di tali atti si sostanzia la mobilitazione. In tutti i casi si tende a modificare la situazione che intende denunciare, modificare o sovvertire. L’acquirente infatti si “rivela come essere coerente e razionale rispetto ai propri consumi allorché protesta385”.
Non si tratta in tal casi di forme petizioni o manifestazioni che hanno il fine della denuncia, della rivendicazione ma all’atto pratico direttamente non modificano nulla,
hanno l’unica funzione di stimolo nei confronti del sistema politico. Sembra utile concludere il discorso del consumerismo politico con le riflessioni
presentate al convegno promosso dall’INEA “Il consumo socialmente responsabile: un volano per lo sviluppo dell’economia civile” del 22 aprile 2010 dal quale emergono una serie di punti chiave:
• promuovere una maggiore educazione al consumo responsabile tra le famiglie e i
cittadini; • incentivare le aziende che applicano criteri di sostenibilità ambientale e di
responsabilità sociale;
• sviluppare modelli di RSI che possano essere chiaramente declinati all’interno dei report sociali e facilmente compresi dai consumatori;
• realizzare marchi e certificazioni di filiera “locali” che permettano ai consumatori di individuare i prodotti realizzati nei territori più vicini, capaci di garantire non solo elevati standard di qualità ma anche promozione e tutela del territorio e forte concorrenza ai prodotti non di qualità386.
385 M. Douglas, Questioni di gusto, op. cit., p. 37.
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Il consumo politico intreccia il discorso della democrazia e allarga le possibilità di inclusione dei cittadini nella sfera pubblica. Oltre al voto si possono identificare altre tre dimensioni principali dell’attivismo nelle democrazie partecipative: campaign-
oriented, civic-oriented, cause-oriented387.
Le prime avvengono principalmente attraverso i partiti, nella fase della campagna elettorale, mirando a influenzare il processo di selezione della classe politica e della decisione politica.
Le civic-oriented prendono forma accanto alla mobilitazione di tipo civico, che richiama i principi del capitale sociale, quindi l’attenzione dei cittadini verso la comunità locale attraverso l’impegno volontario e associativo. Infine la mobilitazione di cause-oriented ha l’obiettivo di influenzare una specifica questione, una iusse, ricorrendo anche alla protesta, oppure investendo a questo fine lo stile di vita e di consumo.
Il consumerismo politico è caratterizzato dalla dimensione personale e quotidiana, quale forma di coinvolgimento intesa come una voice388 che proviene dalla società civile. Questo significa per i cittadini avere, anche attraverso la pratica del consumo, un canale di opportunità in più per essere cittadini globali, per sentirsi parte di una comunità e partecipare a un sistema di solidarietà condiviso. Il consumatore-cittadino non è tanto una risposta, quanto un progetto dai contorni continuamente dibattuti e inevitabilmente plurali “che continua a trarre delle
contraddizioni e dalla creatività del quotidiano il proprio senso389”.
387
P. Norris, Building Knowledge Societies :the renewal of democratic practices in knowledge
societies, Unesco World Report, Harvard University, USA, 2004.
388 O.A. Hirschman, Exit, Voice, and Loyalty: Responses to Decline in Firms, Organizations, and
States. Harvard University Press, Cambridge, 1970; Trad. It.: Lealtà, defezione, protesta.Rimedi alla crisi delle imprese, dei partiti e dello stato, Bompiani, Milano, 1982.
389