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Nella convinzione di molti vi è che sia più conveniente far fallire il nostro vettore di bandiera per non dover oggi ed in futuro impiegare ulteriori risorse pubbliche. In effetti, lo Stato italiano ha fino ad oggi impiegato ingenti risorse per salvaguardare l’operatività Alitalia: le stime rilevano un esborso di circa 9,7 miliardi di euro93 con cui, per fare un paragone, si poteva teoricamente

assumere il controllo gestionale di un grande gruppo europeo (nel 2018 Lufthansa aveva una quotazione di Borsa di 8 miliardi di euro, mentre Air France 4,5). Tuttavia, prima di giungere a conclusioni affrettate e semplicistiche dobbiamo chiederci che cosa accadrebbe nello scenario in cui Alitalia fallisse e valutare se veramente questa è l’opzione economicamente e socialmente più ragionevole e conveniente.

Possiamo prevedere innanzitutto quattro principali conseguenze in seguito al fallimento:

1. Alitalia, come è ovvio, sarebbe obbligata a interrompere tutti i voli. Andrebbe quindi disperso tutto il suo valore aziendale e, con ciò, l’importante avviamento derivante dal

brand, dalle quote di mercato acquisite e dagli slot che attualmente sta utilizzando. Di fatto

Alitalia cederebbe i propri slot ed i propri passeggeri in modo totalmente gratuito ai vari

competitor, sia low cost che tradizionali.

2. I passeggeri che hanno già comperato un biglietto aereo perderebbero la possibilità di viaggiare ed il denaro già speso (viene stimata una perdita tra i 300 e i 600 milioni di euro, a seconda che ciò avvenga in bassa o alta stagione). Si consideri inoltre che se questi viaggiatori volessero cercare un nuovo posto su altro vettore, questo sarebbe relativamente facile sui voli europei (Alitalia possiede meno del 10% del mercato) ma non sui voli nazionali: la compagnia ha ancora più del 40% del mercato ed il crollo dell’offerta comporterebbe che

93 9,2 miliardi stimati da Il Sole 24 Ore (G. Dragoni, 29/01/2020) a cui vanno sommati 500 milioni in seguito al Decreto

Legge 17 Marzo 2020 cd. “Cura Italia”. Si consideri che in questa stima si rilevano anche i prestiti-ponte che lo Stato ha fatto durante la gestione commissariale, in quanto essi quasi sicuramente non saranno restituiti.

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solo una minoranza di persone ci riuscirebbe. Vi è dunque anche un problema di garanzia di un servizio pubblico essenziale, non essendo il treno una soluzione praticabile o equivalente per tutto il territorio nazionale.

In effetti gli esperti stimano che non si potrebbe dar luogo a una rapida sostituzione sul mercato da parte di altri vettori: per un periodo che si può stimare compreso tra tre e sei semestri si assisterebbe ad una notevole contrazione dell’offerta complessiva in almeno due dei tre segmenti del mercato passeggeri, quello dei voli nazionali e quello dei voli di lungo raggio diretti dall’Italia. Sul terzo segmento, quelli dei voli europei, Alitalia vi detiene una quota di mercato minima, tuttavia è prevedibile un incremento consistente di domanda di voli verso gli altri grandi hub europei al fine di poter proseguire verso altri continenti.

3. Per quanto riguarda sempre i voli domestici, questo è un segmento in cui Alitalia e Ryanair raggiungono quasi l’80% dei passeggeri trasportati (potremmo dire di essere sostanzialmente in un mercato duopolistico). Di fronte al fallimento di Alitalia non possiamo dunque che aspettarci un peggioramento dell’offerta che si concretizza attraverso la riduzione dei posti disponibili (come visto nel precedente punto) e l’innalzamento dei prezzi da parte del principale competitor Ryanair (vi sarebbe meno concorrenza e meno offerta, a fronte di un aumento della domanda). Inoltre, la compagnia irlandese cercherebbe probabilmente di conseguire sussidi dai gestori aeroportuali e dalle autorità locali per mantenere la rotte dalle quali Alitalia si sarà ritirata.

4. Un altro aspetto negativo riguarda invece le finanze pubbliche che, secondo l’opinione di molti, questo tipo di operazione dovrebbe salvaguardare.

In realtà, un eventuale fallimento di Alitalia non sarebbe gratuito per lo Stato italiano: nell’ipotesi di cessazione (ma anche di un ridimensionamento dell’attività aziendale) l’esborso pubblico sarebbe comunque elevato in quanto si dovrebbe garantire una protezione sociale per molti anni e per tutti i dipendenti rimasti senza lavoro94.

Considerando che gli attuali dipendenti di Alitalia sono il doppio di quelli in esubero nel 2008, si può stimare almeno una spesa pubblica di circa 3,5 miliardi95, a cui si sommano le

mancate entrate fiscali derivanti dal gettito dei contributi sociali sul lavoro e delle imposte dirette (soprattutto sui redditi dei dipendenti).

Per tutti questi motivi, attuare un intervento per garantire la continuità di Alitalia è preferibile alla sua chiusura in quanto, secondo gli esperti, a fronte dei danni derivanti da maggiori esborsi e minori entrate si arriverebbe ad un onere complessivo stimabile tra i 6 ed i 7 miliardi di euro.

94 Nel 2008 si ebbe un esubero di oltre sei mila dipendenti e quindi, secondo lo Studio di Mediobanca del 2014, una

spesa pubblica complessiva di circa due miliardi

57 9.2. I VANTAGGI DEL RILANCIO DELLA COMPAGNIA

Oltre agli effetti economici negativi che un fallimento della compagnia comporterebbe, vi sono diversi motivi che ci portano a considerare la continuità operativa ed il conseguente rilancio di Alitalia come un vantaggio per l’intero Sistema Italia. Bisogna infatti considerare che un vettore internazionale che riesce a garantire un livello adeguato di collegamenti diretti a lungo raggio è indispensabile per la competitività di un Paese (questo fu in effetti il motivo per cui nel 1947 si fondò Alitalia – AII). Purtroppo però negli scorsi decenni si è provveduto, nonostante i miliardi di euro impiegati, ad un continuo ridimensionamento che ha portato Alitalia a perdere quel ruolo di vettore internazionale di cui l’Italia ha grande necessità. Garantire la continuità aziendale significherebbe dunque poter riprendere la mission iniziale della compagnia, facendo si che l’Italia sia più collegata con il resto del mondo.

Si consideri inoltre che il fatturato aereo produce un indotto il cui valore è circa quattro volte quello del settore aereo stesso e che, secondo uno studio effettuato da Oxford Economics (The

economic impact of Alitalia in Italy, 2016), l’apporto di Alitalia all’economia del nostro Paese nel

2016 è stato di 19,6 miliardi di euro. Alitalia contribuirebbe quindi a creare l’1,2% del PIL e circa 289.000 posti di lavoro. Questo lo si deve soprattutto alle esportazioni ed al turismo, entrambi aspetti che gioverebbero sicuramente di un’Alitalia nuovamente competitiva:

1. Le esportazioni. Alitalia è una grande leva di sviluppo del PIL italiano anche grazie al ruolo che riveste sulle esportazioni: la compagnia trasporta oggi quasi il 25% del valore totale dei beni esportati dall’Italia96.

Se Alitalia non vi fosse, le merci dovrebbero perlopiù passare da altri hub europei. Già oggi, in effetti, la piccola dimensione sul lungo raggio del nostro vettore provoca che le merci debbano essere trasportate su gomma fino ad altri hub europei (principalmente quello di Francoforte, tanto che alcuni esperti affermano che “Francoforte è il principale hub italiano

per il cargo”97) con ricadute negative in termini di minori introiti per lo Stato italiano, sui

tempi di consegna delle merci e sui costi delle aziende esportatrici.

2. Il ruolo del turismo. Avere un vettore internazionale in grado di effettuare collegamenti diretti di lungo raggio permette ad un Paese di ottenere un maggiore afflusso di turisti. Secondo lo studio del CESISP, la debolezza di Alitalia sta a sua volta indebolendo “l’afflusso,

la permanenza e la spesa nel nostro paese di turisti da altri continenti, coloro che tendono a soggiornare più a lungo in Europa e quindi ad apportare una maggiore spesa pro capite”98.

In effetti, secondo le stime, a fronte di poco più di 8 milioni di passeggeri su voli diretti per l’Italia ve ne sarebbero stati quasi 16 milioni che hanno usufruito di altri hub europei: questi ultimi hanno si visitato l’Italia, ma hanno dovuto anche soggiornare in un altro Paese europeo, provocando una mancata spesa dei turisti stranieri in Italia (il loro budget

96 Intervista a Domenico Cempella per “Faccia a faccia” del 01/06/2017 97 Audizione di Arrigo e Intrieri del 17/12/2019 - Camera dei Deputati

98 La nuova crisi di Alitalia e le prospettive di soluzione (Arrigo, Battaglia, & Di Foggia, La nuova crisi di Alitalia e le

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personale dovrà essere diviso tra due Paesi). Questo è dimostrabile dal fatto che i turisti stranieri che arrivano in aereo in Italia spendono circa 30 miliardi all’anno, mentre in Spagna si riesce ad arrivare a 90 miliardi grazie ai collegamenti intercontinentali che si sono creati. È ovvio dunque che l’Italia dovrà progettare nuovi collegamenti di lungo raggio, ma per far questo è indispensabile dotare la compagnia aerea di bandiera di sufficienti velivoli: Alitalia oggi usufruisce degli accordi bilaterali sulle rotte extra europee ed extra Open Skies, ma la flotta non è sufficiente in quanto si dispone solamente di 25 aerei per il lungo raggio.

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