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Analisi settoriale e strategica della compagnia aerea Alitalia e proposte per un rilancio post Covid-19

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Academic year: 2021

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CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ECONOMIA AZIENDALE

CURRICULUM MANAGEMENT E CONTROLLO

ANALISI SETTORIALE E STRATEGICA

DELLA COMPAGNIA AEREA ALITALIA

E PROPOSTE PER UN RILANCIO POST COVID-19

RELATORE

PROF. LUCA ANSELMI

CANDIDATO

GABRIELE FABBRIS

ANNO ACCADEMICO 2018-2019

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INDICE

INTRODUZIONE ... 5

PARTE PRIMA – IL SETTORE DEL TRASPORTO AEREO ... 7

CAPITOLO 1 – IL SETTORE DEL TRASPORTO AEREO DEL DOPOGUERRA ... 8

1.1. L’OFFERTA DEL DOPOGUERRA: il monopolio delle compagnie di bandiera ... 8

1.2. LA DOMANDA DEL DOPOGUERRA ... 9

CAPITOLO 2 – LA DEREGULATION DEL SETTORE DEL TRASPORTO AEREO ... 10

2.1. IL PROCESSO DI DEREGOLAMENTAZIONE... 10

2.2. IL MODELLO LOW COST ... 11

2.3. PRINCIPALI CONSEGUENZE PER LE COMPAGNIE DI BANDIERA ... 11

CAPITOLO 3 – IL SETTORE DEL TRASPORTO AEREO OGGI ... 12

3.1. L’OFFERTA DI OGGI: un mercato concorrenziale ... 12

3.2. LA DOMANDA DI OGGI... 13

PARTE SECONDA – LA STORIA DI ALITALIA ... 16

CAPITOLO 4 – LA GESTIONE PUBBLICA... 16

4.1. GLI ANNI D’ORO DELLA COMPAGNIA DI BANDIERA ITALIANA ... 17

4.2. IL MODELLO DELLA FORMULA IMPRENDITORIALE PER L’ANALISI STRATEGICA ... 18

4.3. FORMULA IMPRENDITORIALE DELLA GESTIONE PUBBLICA ... 19

4.4. VALUTAZIONE DELLA FORMULA COMPETITIVA – GESTIONE PUBBLICA ... 21

CAPITOLO 5 – LA GESTIONE SEMI-PUBBLICA ... 23

5.1. LA GESTIONE SEMI-PUBBLICA DI ALITALIA ... 24

5.2. FORMULA IMPRENDITORIALE – IL PIANO CEMPELLA ... 25

5.3. LA VICENDA KLM ... 27

5.4. I TRE PROBLEMI DELLA GESTIONE SEMI-PUBBLICA ... 27

5.5. LA FINE DELLA GESTIONE SEMI-PUBBLICA ... 32

5.6. VALUTAZIONE DELLA FORMULA COMPETITIVA – GESTIONE SEMI-PUBBLICA ... 33

CAPITOLO 6 – LA GESTIONE PRIVATA ... 34

6.1. FORMULA IMPRENDITORIALE – IL PIANO FENICE ... 34

6.2. I TRE PROBLEMI DELLA PRIMA GESTIONE PRIVATA... 36

6.3. LA PARTNERSHIP CON ETHIAD AIRWAIS ... 39

6.4. LA NUOVA CRISI ... 40

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CAPITOLO 7 – LA GESTIONE COMMISSARIALE ... 43

7.1. CHE COSA È L’AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA ... 43

7.2. LA GESTIONE DEI TRE COMMISSARI ... 44

7.3. FORMULA IMPRENDITORIALE – IL PROGRAMMA COMMISSARIALE ... 45

7.4. I RISULTATI DELLA GESTIONE COMMISSARIALE ... 47

7.5. I QUATTRO PROBLEMI DELLA GESTIONE COMMISSARIALE ... 48

7.6. VALUTAZIONE DELLA FORMULA COMPETITIVA – GESTIONE COMMISSARIALE ... 50

CAPITOLO 8 – ALITALIA OGGI ... 51

8.1. LA NUOVA GESTIONE COMMISSARIALE ... 51

8.2. GLI EFFETTI DEL COVID-19 SU ALITALIA ... 51

8.3. ANALISI SWOT DI ALITALIA ... 54

PARTE TERZA – IL FUTURO DI ALITALIA ... 55

CAPITOLO 9 – PERCHÉ NON FARLA FALLIRE ... 55

9.1. CONSEGUENZE DI UN FALLIMENTO DI ALITALIA ... 55

9.2. I VANTAGGI DEL RILANCIO DELLA COMPAGNIA ... 57

CAPITOLO 10 – COSA ANDREBBE FATTO ... 58

10.1. BISOGNEREBBE CAMBIARE FORMULA IMPRENDITORIALE ... 58

10.2. NON BISOGNEREBBE SVENDERE ALITALIA ... 61

10.3. BISOGNEREBBE NAZIONALIZZARE ALITALIA ... 62

10.4. BISOGNEREBBE PREPARARSI AL POST COVID-19 ... 63

CONCLUSIONI ... 65

RINGRAZIAMENTI ... 66

(5)

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INTRODUZIONE

Alitalia è la principale compagnia aerea italiana. Secondo uno studio effettuato da Oxford Economics1, nel 2016 l’apporto del vettore all’economia del nostro Paese è stato di notevole

rilievo: con oltre 205.000 voli e circa 24 milioni di passeggeri2 si è stimato un impatto economico,

quantificabile in aumento della produttività italiana, di 19,6 miliardi di euro. Alitalia contribuirebbe pertanto a creare l’1,2% del PIL e circa 289.000 posti di lavoro.

Oltre al profilo economico, aspetti come la qualità del servizio, la professionalità del personale e il prestigio del brand rendono la compagnia di bandiera italiana un importante asset strategico per il nostro Paese.

Tuttavia, quando sentiamo parlare della compagnia italiana immaginiamo un enorme buco nero in cui finiscono fin troppe risorse pubbliche: fino ad oggi infattisono stati impiegati, solo dallo Stato italiano, circa 9,7 miliardi di euro3, di cui la maggior parte per cercare di salvarla dalle numerose

crisi degli ultimi due decenni.

Al termine di questo ciclo di studi ho deciso pertanto di analizzare il caso Alitalia per capire come sia stato possibile per la compagnia di bandiera italiana arrivare alla procedura di amministrazione straordinaria, nonostante le ingenti risorse impiegate ed un mercato la cui domanda di trasporto aereo è decuplicata rispetto al 1973.

Per fare un’analisi di un’azienda così importante credo che non sia sufficiente il semplice studio dei momenti di crisi aziendale, perché si correrebbe il rischio di decontestualizzare i vari momenti critici e quindi di non avere una completa percezione delle cause che le hanno scatenate. Con la presente disamina si cercherà quindi di delineare:

1. Come si è evoluto il settore aereo dal dopoguerra ad oggi

2. Come si è evoluta la strategia della compagnia in correlazione al mutarsi del settore 3. Quali cause hanno portato Alitalia alla crisi

4. Qual è la soluzione più auspicabile per risolvere l’attuale procedura di commissariamento straordinario

La struttura di questa tesi vede tre parti distinte:

Nella prima parte si studierà l’evoluzione del settore aereo pre e post deregulation4. Questa è fondamentale per analizzare il caso Alitalia in quanto se prima della deregulation la compagnia aerea italiana, gestita dall’IRI, era redditizia e non subiva alcuna concorrenza, con la liberalizzazione del mercato si è ottenuta, specialmente in Italia, la presenza di compagnie aeree che hanno investito su un modello imprenditoriale di tipo low cost che punta ad ottenere un vantaggio competitivo di costo.

1 Fonte: The economic impact of Alitalia in Italy (Oxford Economics, 2016)

2 Fonte: dati OAG presentati in Alitalia: le ragioni di un fallimento (Fourier, 2018, p. 13)

3 9,2 miliardi stimati da Il Sole 24 Ore (G. Dragoni, 29/01/2020) a cui si sommano 500 milioni in seguito al Decreto

Legge 17 Marzo 2020 cd. “Cura Italia”

4 il settore del trasporto aereo ha infatti subito una liberalizzazione del mercato in seguito a nuove regolamentazioni,

(6)

6

Con il cambiamento del settore del trasporto aereo il modello imprenditoriale tradizionale è perciò andato in crisi, ma per quali motivi altre compagnie di bandiera come British Airways ed Air France non hanno subito la stessa sorte di Alitalia? Da qui nasce l’esigenza di analizzare, oltre che alle cause delle crisi di tipo esogeno, gli errori connessi alla Formula Imprenditoriale di Alitalia e lo sviluppo di quest’ultima negli anni. Nel corso della seconda parte si effettuerà dunque un’analisi strategica seguendo il percorso storico delle diverse gestioni intercorse (pubblica, semi-pubblica, privata e commissariale).

Infine, fondamentale resta l’analisi del futuro di Alitalia: alla luce dell’attuale scenario economico e soprattutto degli effetti del Covid-19, come si concluderà la procedura di commissariamento straordinario? È possibile far fallire Alitalia oppure è auspicabile una NewCo in grado di far decollare l’azienda? Queste considerazioni saranno invece argomentate nel corso della terza parte.

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7

PARTE PRIMA – IL SETTORE DEL TRASPORTO AEREO

A partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso, alcuni economisti industriali, tra cui Joe Bain e Michael Mann, iniziarono a capire che il successo di un’impresa e la sua redditività dipendessero in buona parte da fattori esterni (o esogeni) quali:

- Il macroambiente, vale a dire l’insieme delle caratteristiche politico-normative, socio-culturali, demografiche, fisiche e tecnologiche dell’ambiente in cui l’impresa opera.

- Il settore di appartenenza, vale a dire le caratteristiche del sistema economico in cui si articola e suddivide l’attività dell’impresa.

I due economisti intuirono in effetti che i settori hanno tassi medi di profitto differenti e che la loro struttura influenza i meccanismi di determinazione dei prezzi: si arrivò dunque a costruire il modello Struttura-Condotta-Performance, paradigma ancora oggi di riferimento per le analisi settoriali5.

Effettuare un’analisi del settore ci è quindi utile per valutare la qualità della strategia aziendale che viene adottata, nonché di poterne implementare una che si adatti il più possibile alle condizioni del settore. In altre parole, le performance dell’azienda sono determinate sia dalla strategia aziendale adottata che dalle condizioni che quel settore presenta.

Pertanto, prima di affrontare l’evoluzione strategica di Alitalia è necessario analizzare il settore del servizio di trasporto aereo e l’evoluzione che lo ha attraversato.

Possiamo suddividere l’evoluzione del settore aereo in due momenti storici differenti: il settore aereo pre deregulation ed il settore aereo post deregulation. La deregulation (o deregolamentazione) è stata un processo di riforma a livello comunitario che ha portato ad una liberalizzazione del mercato del trasporto aereo europeo. Come vedremo nei prossimi tre capitoli, prima della deregulation le compagnie europee operavano in una posizione di sostanziale monopolio, mentre oggi vige il principio di libera concorrenza che permette il formarsi di compagnie di trasporto basate su un modello imprenditoriale di tipo low cost.

Possiamo quindi sostenere che il settore del trasporto aereo di oggi è molto diverso dal passato, con la conseguenza che bisognerà definire strategie differenti rispetto a quelle implementate nei primi decenni che seguirono la nascita dell’aviazione, per mantenere od ottenere un vantaggio competitivo.

5 Per approfondimenti sul paradigma Struttura-Condotta-Performance si rimanda al libro Economia e gestione delle

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CAPITOLO 1 – IL SETTORE DEL TRASPORTO AEREO DEL DOPOGUERRA

Il servizio di trasporto aereo può essere definito come il “trasferimento da un punto ad un altro

lungo una determinata rotta aerea di persone e cose, ossia bagagli, merci e posta” (Rotondo, p.

163).

La nascita di questo tipo di servizio commerciale è convenzionalmente attribuita al giorno in cui i fratelli Wright riuscirono a far volare un piccolo aeromobile di tela e frassino per trenta secondi, ovverosia il 17 Dicembre 1903. Ci vollero tuttavia sei anni prima che gli aeroplani fossero in grado di volare per lunghe distanze: nel 1909 Louis Blériot riuscì ad attraversare il Canale della Manica, tra Francia e Inghilterra, dimostrando al mondo le potenzialità che questo settore aveva da offrire, sia da un punto di vista bellico (stava per scoppiare la Prima Guerra Mondiale) che da un punto di vista socio-economico.

In effetti, l’aviazione civile è oggi un fattore essenziale della globalizzazione economica e del progresso sociale: secondo i dati forniti dall’ATAG (Air Transport Action Group)6, nel 2014 il settore

aereo ha contribuito all’economia mondiale per un equivalente di 2.700 miliardi di dollari, garantendo circa 63 milioni di posti di lavoro. Questo perché la rapidità del servizio, i costi relativamente contenuti e l’affidabilità hanno incrementato la possibilità di svolgere viaggi di piacere e di lavoro, con impatti in termini di maggiori vendite, di scambi di informazioni, idee, tecnologia e cooperazione economica internazionale.

1.1. L’OFFERTA DEL DOPOGUERRA: il monopolio delle compagnie di bandiera

L’evoluzione della disciplina del settore dell’aviazione civile ha condizionato molto le attività delle compagnie aeree e la relativa strategia aziendale.

Già nel 1919, anno in cui avvenne il primo volo internazionale di linea, la Conferenza di Parigi ufficializzò il principio consuetudinario di sovranità dello spazio aereo: per effettuare voli internazionali venne sviluppato un regolamento con il quale si attribuiva agli Stati il potere di concedere il diritto di sorvolare la propria regione, secondo un regime di accordi bilaterali reciproci.

Il principio di sovranità degli Stati sullo spazio aereo sovrastante il proprio territorio venne poi nuovamente affermato durante la Conferenza di Chicago del 1944: su spinta degli Stati Uniti, si procedette all’elaborazione delle nove libertà dell’aria, così che si potesse trovare accordo sulle norme generali per i diritti di traffico tra le nazioni (in particolare per la determinazione delle tariffe). Tuttavia, con la Conferenza si raggiunse un accordo solamente per le prime due libertà, mentre per le restanti sette si è reso necessario mantenere il regime di accordi bilaterali delineato nel 1919.

Si crearono pertanto le condizioni per una forte ingerenza statale nel settore del servizio aereo: per i voli internazionali, gli accordi bilaterali servirono agli Stati per scambiare reciprocamente i diritti di volo, le frequenze e le capacità operative tra le sole compagnie di bandiera, mentre per i

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voli domestici si vietò il cosiddetto cabotaggio7, riservando le rotte in esclusiva alle compagnie di

bandiera. Secondo Federico Rotondo8 questa situazione di sostanziale monopolio era sorretta da 3

argomentazioni:

1. Si voleva evitare una guerra dei prezzi.

2. Il settore era ritenuto di interesse pubblico, quindi era necessario un intervento dello Stato per regolare l’azione degli operatori privati con l’obbiettivo di profitto personale.

3. Essendo un settore di importanza strategica era necessario che lo Stato proteggesse e guidasse il suo sviluppo.

Nel secondo dopoguerra, i Paesi europei che non ne disponevano, tra cui l’Italia, costituirono le proprie compagnie di bandiera con capitali prevalentemente pubblici, al fine di realizzare nuovi collegamenti internazionali e quindi di favorire il turismo.

Si noti che nei primi anni del dopoguerra l’intervento pubblico trovava giustificazione anche nel fatto che il mercato era caratterizzato da una domanda ancora insufficiente, pertanto un’offerta da parte di privati non garantiva economicità: l’intervento statale andava quindi a soddisfare il bisogno di mobilità, ma al tempo stesso garantiva alle compagnie di bandiera una posizione privilegiata rispetto a quella che potevano avere le compagnie private, privilegio che si concretizza nella copertura delle perdite.

La politica protezionistica creò in effetti una perdita di efficienza del settore del trasporto aereo perché non vi fu un’adeguata responsabilizzazione del management a perseguire dei risultati ottimali. Secondo Federico Rotondo9 gli effetti del protezionismo sono sostanzialmente tre:

1. Surplus di offerta.

2. Tariffe prive di convenienza economica.

3. Configurazione di un mercato fully connected network, vale a dire un mercato costituito da un insieme di tratte che coprivano una molteplicità di destinazioni, che spesso non avevano una convenienza economica che le giustificassero.

1.2. LA DOMANDA DEL DOPOGUERRA

Dall’inizio del secolo scorso il servizio di trasporto aereo ha assunto una rilevanza sempre più crescente: la necessità di soddisfare il bisogno di mobilità, intesa come la capacità di raggiungere in tempi e modi congrui le destinazioni desiderate, è divenuta sempre più importante, tanto che gli Stati decisero di investire ingenti risorse. In realtà questo è avvenuto inizialmente per soddisfare scopi bellici, ma con gli anni Sessanta il servizio di trasporto aereo divenne anche un fenomeno di massa (quindi con un tasso di sviluppo molto elevato), grazie soprattutto a tre fattori:

- Ripresa economica dei Paesi del mondo occidentale dopo la guerra.

- Innovazioni tecnologiche: il lancio del Boeing 707 di fine anni Cinquanta, per esempio, permise la riduzione di oltre il 50% i tempi di viaggio.

- Investimenti per elevare gli standard di sicurezza e qualità del servizio di trasporto.

7 Diritto di esercitare traffico tra due punti diversi di un altro Stato, all’interno di un servizio che ha origine o termina

nello Stato di provenienza della compagnia o fuori dal territorio di quello Stato (ottava libertà dell’aria).

8 in La ricerca del valore nel trasporto aereo (2008, p. 177) 9 in La ricerca del valore nel trasporto aereo (2008, p. 202-203)

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Negli anni Settanta vi fu tuttavia una temporanea frenata alla crescita del settore: le due crisi petrolifere portarono ad un aumento del costo del carburante e quindi un aumento del prezzo del servizio per i consumatori. Ciò servì a dimostrare che il mercato dei servizi di trasporto aereo è caratterizzato da costi fissi imprescindibili (associati, oltre che al carburante, agli investimenti tecnologici, alla gestione della flotta e alle caratteristiche del personale dipendente) e da una domanda altamente fluttuante, condizionata da una serie di fattori, che Federico Rotondo10

riassume in:

- Consumer Confidence, vale a dire la disponibilità dei consumatori a spendere in relazione ai loro piani economici.

- Reddito pro-capite, legato direttamente all’andamento del ciclo economico nazionale. - Redditività delle aziende, che influenza l’andamento del segmento del settore aereo

cosiddetto business travelers.

- Costo del carburante, che incide direttamente sul prezzo del biglietto.

CAPITOLO 2 – LA DEREGULATION DEL SETTORE DEL TRASPORTO AEREO

2.1. IL PROCESSO DI DEREGOLAMENTAZIONE

Gli anni Ottanta segnano l’inizio del processo di deregulation nella Comunità Europea: se fino a quel momento i singoli Stati europei avevano sviluppato una politica fortemente protezionistica, volta a rafforzare unicamente la posizione delle compagnie di bandiera, con l’Atto Unico Europeo del 1986 si riconosceva il trasporto aereo come una parte integrante del mercato comunitario, con la conseguenza che si doveva intervenire per applicare la disciplina comunitaria della concorrenza: ciò avvenne attraverso un processo di liberalizzazione nel mercato europeo, interessato da tre momenti fondamentali, che ha portato alla completa liberalizzazione nel 1997 con l’abolizione del cabotaggio sui cieli nazionali.

Si rammenta comunque che ad oggi permangono gli accordi bilaterali, ed il relativo privilegio delle compagnie di bandiera, per i collegamenti con i Paesi del resto del mondo, anche se un notevole passo avanti verso la liberalizzazione mondiale è stato compiuto con gli accordi di Open Skies tra Unione Europea, Stati Uniti, Canada, Israele e Marocco, che sanciscono appunto la libera concorrenza tra le compagnie aeree all’interno di questi Paesi.

Obbiettivo della liberalizzazione europea era di permettere una stimolazione della crescita e il raggiungimento di sempre più elevati livelli di efficienza: la disponibilità delle rotte sono divenute legate alle esigenze del mercato e, in un contesto più concorrenziale, non c’era più spazio per decisioni imprenditoriali prive di logiche economiche. Per far questo era quindi necessario eliminare tutte quelle condizioni che fino a quel momento avevano permesso una situazione di sostanziale monopolio delle rotte nazionali; ciò aprì uno scenario favorevole all’imprenditoria privata e a modelli di business differenti da quello tradizionale, primo fra tutti il modello low cost.

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11 2.2. IL MODELLO LOW COST

Per modello low cost si intende quel modello che ha alla base un’idea di business fondata sul “fornire un servizio essenziale ma al tempo stesso rapido e alla portata di tutti” (Rotondo, p. 218). Con la creazione del modello low cost vi è stato lo scardinamento delle strategie fino a quel momento attuate: se in precedenza le condizioni qualitative, quantitative e tariffarie erano stabilite dalle compagnie aeree, senza lasciare alcun potere decisionale ai consumatori e rendendo il sistema complesso e con elevati costi, con l’avvento delle compagnie low cost si è proceduto ad eliminare le attività accessorie con un alto impatto sulla struttura dei costi, e ad eseguire interventi sui driver di costo (vale a dire ricercare soluzioni alternative per svolgere le medesime attività11), ottenendo così un sistema più semplice e che soddisfa il bisogno di mobilità di clienti

price-sensitive, cioè interessati ad acquistare il biglietto al minor prezzo possibile12.

L’avvento dei nuovi vettori ebbe come prima conseguenza un aumento considerevole dell’offerta di servizio aereo e, in questo modo, i consumatori ebbero la possibilità di usufruire del servizio meno costoso. Per le compagnie aeree low cost fu un successo, tanto che le aerolinee già presenti sul mercato vennero costrette a prendere immediate decisioni volte a modificare la loro strategia aziendale.

Le prime reazioni dei vettori tradizionali si orientarono prevalentemente sul diminuire le tariffe e costituire delle divisioni low cost, tuttavia questo tipo di strategia si rivelò più una manovra di

disturbo che una valida alternativa strategica: le compagnie di bandiera avevano infatti una

struttura dei costi molto più complessa e non potevano competere con le tariffe offerte dai vettori

low cost. Era quindi necessario agire diversamente.

2.3. PRINCIPALI CONSEGUENZE PER LE COMPAGNIE DI BANDIERA

Il processo di deregolamentazione determinò pertanto un forte mutamento degli equilibri che fino agli anni Ottanta avevano interessato il settore del trasporto aereo. Ma questo non fu l’unico fattore: cambiamenti avvenuti in altri settori (ad esempio in quello ferroviario o della gestione aeroportuale), eventi come l’attentato dell’11 Settembre 2001 (con impatti sulle misure di sicurezza13), la SARS e le varie crisi petrolifere, ma anche lo sviluppo di nuove tecnologie

informatiche, contribuirono tutti a modificare sensibilmente la struttura della domanda e dell’offerta del servizio di trasporto aereo a partire dagli anni 2000.

Molti Stati europei maturarono perciò l’idea di ridurre la presenza nel capitale delle loro compagnie di bandiera, ovverosia di attuare un processo di privatizzazione, in quanto si ritenne

11Di seguito si propone una sintesi delle principali differenze, in termini di costo, tra le compagnie aeree low cost e le

compagnie aeree tradizionali: turnaround più veloci (di circa 20 minuti) per un utilizzo maggiore degli aerei, nessun servizio extra se non viene pagato dal cliente (meno complessità ed entrate addizionali), scelta di utilizzare aeroporti secondari (spesso sottovalutati ma con tasse aeroportuali ridotte), flotta standardizzata per ridurre di manutenzione e addestramento, vendita di biglietti attraverso un canale diretto (che porta a minori costi di distribuzione), voli diretti (point-to-point) e rotte brevi per una minore complessità e ottimizzazione delle capacità. Fonte: La ricerca del valore nel settore del trasporto aereo (2008, p. 228)

12 Fonte: Alitalia: le ragioni di un fallimento (2018, p. 18)

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che una dimensione nazionale non era sufficiente per contrastare una nuova concorrenza che da un lato aumentava i voli e dall’altro diminuiva i prezzi.

La prima compagnia aerea privatizzata fu la British Airways, vettore di bandiera britannica, con effetti positivi sia per lo sviluppo della stessa compagnia (oggi il Gruppo di cui fa parte, insieme ad Iberia, è il sesto al mondo per fatturato) sia per lo sviluppo di quelli che sono oggi i vettori low cost europei più importanti (Ryanair e Easyjet), in quanto l’ex compagnia di bandiera britannica decise di concentrarsi in via prioritaria sull’offerta a lungo raggio, alleggerendo quindi l’offerta sul breve raggio nazionale e sul medio raggio europeo, tratte sulle quali i vettori low cost si stavano diffondendo con molta velocità14.

CAPITOLO 3 – IL SETTORE DEL TRASPORTO AEREO OGGI

3.1. L’OFFERTA DI OGGI: un mercato concorrenziale

Il mercato del trasporto aereo europeo presenta oggi peculiarità che si sono consolidate in seguito alla deregulation. Tra le principali caratteristiche è fondamentale menzionare:

a) Forte concorrenza15: la risposta dei principali vettori tradizionali ai cambiamenti del settore è

stata, come accennato in precedenza, di ridurre sensibilmente l’offerta di voli a breve e medio raggio, lasciando così notevole spazio ai nuovi vettori low cost. Oggi, pertanto, gli operatori principali sul segmento dei voli europei e su molti mercati domestici sono appunto i vettori

low cost (primo fra tutti Ryanair).

b) Presenza di alleanze e accordi tra vettori aerei a livello globale, create dalle compagnie di bandiera per cercare di ridurre l’eccesso di offerta e per condividere le spese. Le principali alleanze aeree mondiali sono Star Alliance, Sky Team e One World.

c) Presenza di canali di distribuzione centralizzati (Global Distribution System), utilizzati dai soli vettori tradizionali. Le low cost utilizzano invece canali di vendita diretti, con costi inferiori. d) Diversa articolazione dei servizi offerti dalle compagnie (trasporto passeggeri, cargo,

manutenzione, handling16, catering, ecc): le compagnie possono perciò avere un perimetro

operativo molto differente tra loro.

e) Voli extra europei regolamentati da accordi bilaterali o dal trattato Open Skies.

f) Forte volatilità del prezzo del carburante: questa caratteristica ha portato i vettori a dover stipulare contratti di copertura (hedging) che prevedono un prezzo fisso per un determinato periodo di tempo. Come vedremo, questo non ha permesso ad Alitalia di poter sfruttare la congiuntura favorevole legata al basso costo del petrolio determinatasi nel 2016.

g) Presenza di nuovi prodotti sostituti: la costruzione delle linee ferroviarie ad alta velocità, ad esempio, ha inciso sensibilmente sulla redditività dei vettori aerei.

14 Fonte: La nuova crisi di Alitalia e le prospettive di soluzione (Arrigo, Battaglia, & Di Foggia, La nuova crisi di Alitalia e

le prospettive di soluzione, 2018, p. 71)

15 Con il processo di liberalizzazione si è proceduto all’allentamento delle barriere all’entrata. Tuttavia, si sottolinea

che persistono ancora oggi barriere di carattere istituzionale (es. normativa degli slot aeroportuali) e di natura strutturale (es. presenza di economie di scala, struttura del network secondo il sistema hub & spokes, programmi di fidelizzazione, fabbisogni di risorse e competenze specifiche). Non possiamo pertanto parlare di concorrenza perfetta. Per una più ampia analisi si rimanda al libro Le strategie di crescita nei servizi di trasporto aereo (Profumo, p. 78-80)

(13)

13

Per quanto riguarda invece la filiera del trasporto aereo, solamente i vettori aerei operano oggi stabilmente in regime di libera concorrenza, con il risultato che questo settore si caratterizza per una bassa redditività. Di seguito una breve analisi della catena del valore del trasporto aereo:

- Costruttori: esiste oggi un sostanziale duopolio, costituito da Airbus e Boeing per i grandi aerei e da Embraer e Bombardier per gli aerei regionali. Le aziende aerospaziali figurano nella classifica Forbes 2000 tra le compagnie più redditizie.

- Compagnie di leasing (es. Gecas e Aercap): il contratto di leasing permette alle compagnie aeree di utilizzare un aeromobile senza doverlo acquistare. Per Alitalia tuttavia i costi di

leasing sono eccessivamente alti a causa di contratti molto sfavorevoli: queste società

godono infatti di un importante potere contrattuale e ciò è dimostrato dal fatto che hanno un EBIT17 medio più alto rispetto alle altre attività della filiera.

- Vettori aerei: il settore presenta una forte concorrenza ed è quello che registra un EBIT

medio più basso rispetto alle altre attività della filiera.

- Servizi di terra: le società che offrono questi servizi godono di monopolio (negli aeroporti pubblici) o di oligopolio (negli aeroporti privati).

- Aeroporti: essendovi necessariamente un aeroporto per sito si ha un monopolio naturale.

3.1. REDDITIVITÀ DELLA FILIERA DEL TRASPORTO AEREO

Fonte: La centralità del cliente come strategia di rilancio (Intini & Lio, 2012, p. 59)

3.2. LA DOMANDA DI OGGI

Come già affermato in precedenza, la domanda è altamente connessa all’andamento dell’economia (gli operatori adoperano un moltiplicatore di raffronto pari a 2, ciò significa che per una previsione di PIL in ribasso si può attendere un decremento quasi doppio nel mercato del trasporto aereo18) e ad eventi come gli attentati dell’11 Settembre 2001, l’eruzione vulcanica del 2010 ed il Covid-19 (il cui effetto su Alitalia verrà analizzato nella Parte Terza di questa disamina).

17 L’EBIT (acronimo di Earnings Before Interest and Taxes) esprime la “capacità dell’azienda di remunerare il capitale

tramite la gestione caratteristica prima di considerare gli oneri finanziari e fiscali”. Fonte: Analisi economico-finanziaria dell’azienda (Allegrini, Cenciarelli, Ferramosca, Giorgetti, & Greco, 2017, p. 43)

18 Fonte: La centralità del cliente come strategia di rilancio (Intini & Lio, p. 58)

6,5 24,5 2,5 14 20,9 0 5 10 15 20 25 30 Costruttori Compagnie di

leasing Vettori aerei Servizi di terra Aeroporti EBIT

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14

Nonostante la caratteristica di event sensitive della domanda, il settore del trasporto aereo negli ultimi decenni è stato caratterizzato da una forte crescita: dal 1988 ad oggi il traffico di passeggeri è quadruplicato, e diverse stime prevedono una crescita annua del mercato globale per il prossimo ventennio di circa il 4,3%19.

3.2. EVOLUZIONE DEL TRAFFICO MONDIALE DAL 1978 AL 2038

Fonte: Airbus Global market forecast 2019-38

Anche il mercato italiano ha visto un trend positivo della domanda, tanto che dal 1998 al 2018 il numero totale di passeggeri è passato da 76 milioni a 184 milioni (+242%):

3.3. ANDAMENTO DEL TRAFFICO PASSEGGERI DA/PER AEROPORTI ITALIANI

Fonte: rielaborazione dati di traffico 2018 e 2007 forniti da ENAC

19 si noti che queste stime non tengono in considerazione il presentarsi della crisi economica, ancora in atto, causata

dal Covid-19 60.000.000 80.000.000 100.000.000 120.000.000 140.000.000 160.000.000 180.000.000 200.000.000 19 98 19 99 20 00 20 01 20 02 20 03 20 04 20 05 20 06 20 07 20 08 20 09 20 10 20 11 20 12 20 13 20 14 20 15 20 16 20 17 20 18 N um er o p asseg ger i

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15

Tuttavia, questo incremento della domanda è stato intercettato unicamente dai vettori low cost, come dimostra la tabella di seguito:

3.4. VARIAZIONE DELLA DOMANDA E DELLA RIPARTIZIONE DELLE QUOTE DI MERCATO

Fonte: dati di traffico 2018 forniti da ENAC

Nel 2018 il mercato aereo italiano è dunque caratterizzato da un consolidamento della quota di mercato acquisita dai vettori low cost, come possiamo notare anche dalla seguente ripartizione delle quote di mercato:

3.5. RIPARTIZIONE QUOTE DI MERCATO NEL 2018

Passeggeri

Nazionali Quota %

Passeggeri

Internazionali Quota % Passeggeri Totale Quota % Vettori

Low Cost 35.823.697 56,0 58.955.700 48,8 94.779.397 51,3 Vettori

Tradizionali 28.199.074 44,0 61.832.378 51,2 90.031.452 48,7 Totali 64.022.771 100,0 120.788.078 100,0 184.810.849 100,0 Fonte: dati di traffico 2018 forniti da ENAC

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16

PARTE SECONDA – LA STORIA DI ALITALIA

EVOLUZIONE DEL MARCHIO ALITALIA

CAPITOLO 4 – LA GESTIONE PUBBLICA

In questo primo Capitolo della storia di Alitalia si analizzano quelli che sono stati i suoi primi quarant’anni di vita, cioè il periodo che va dalla nascita dell’azienda alla deregulation del settore del trasporto aereo europeo.

Questi vengono spesso definiti gli anni d’oro, in quanto caratterizzati da un andamento positivo dei risultati di esercizio e un incremento costante dei passeggeri trasportati e del fatturato. La compagnia aerea Alitalia riuscì pertanto a rappresentare pienamente la nostra cultura, il nostro stile ed in generale quella che viene definita l’italianità nel mondo.

Possiamo individuare quattro principali fattori che spiegano il successo di Alitalia in quegli anni, la cui analisi si svolgerà nel corso di questo Capitolo:

1) Situazione di sostanziale monopolio 2) Dirigenza stabile

3) Mercato in rapida espansione 4) Efficace strategia di investimenti

(17)

17

4.1. GLI ANNI D’ORO DELLA COMPAGNIA DI BANDIERA ITALIANA

Il 16 Settembre del 1946 nacque a Roma l’Alitalia – Aereolinee Internazionali Italiane. Il capitale iniziale della compagnia aerea era di 900 milioni di lire (circa 30 milioni di euro attuali), versati per il 47% dall’IRI20, per il 30% dalla British Overseas Airways Corporation (BOAC) e per il 23% da

investitori privati.

L’attività operativa fu avviata il 5 Maggio del successivo anno, quando con un trimotore Fiat G.12 si eseguì il primo volo da Torino a Roma e poi a Catania. Il 6 Luglio 1947 venne attivato il primo collegamento internazionale (Roma – Olso), mentre la prima tratta intercontinentale fu inaugurata l’anno successivo con un volo di 36 ore che da Milano fece tappa a Roma, Dakar, Natal, Rio de Janeiro, San Paolo e Buenos Aires: come si può notare, all’epoca la compagnia esercitava prevalentemente tratte internazionali, mentre i voli domestici venivano effettuati dalla compagnia LAI – Linee Aeree Italiane, anch’essa controllata dall’IRI.

Negli anni Cinquanta si aprirono nuove rotte verso il Sud America, l’Australia e l’Africa, grazie a investimenti che permisero l’ampliamento della flotta con aerei più veloci e più sicuri perché dotati di una cabina pressurizzata. Nel 1954, la creazione della classe turistica sancì inoltre il passaggio da servizio di lusso, estremamente costoso, a servizio di massa.

Il 31 Ottobre 1957 si ebbe la fusione con la LAI – Linee Aeree Italiane: nacque così l’Alitalia – Linee Aeree Italiane, unico vettore di bandiera italiano, la cui base d’armamento era Roma Ciampino: con questa operazione Alitalia passò dal 20° al 12° posto nella classifica internazionale delle compagnie aeree.

Negli anni Sessanta la compagnia aerea riuscì a raddoppiare la sua attività, divenendo così il terzo vettore europeo ed il settimo vettore mondiale, nonché il primo a volare con una flotta di soli jet: questo lo si deve soprattutto ad un mercato in rapida espansione e ad un’ottima strategia di investimenti da parte del management pubblico di quegli anni

Il 3 Giugno 1964 nacque l’ATI – Aereo Trasporti Italiani, società del Gruppo Alitalia a cui fu affidata la gestione dei voli nazionali, mentre invece alla fine del decennio Nicolò Carandini, Presidente di Alitalia dal 1948, lasciò il suo incarico.

Con gli anni Settanta iniziano i primi problemi: nonostante la compagnia continui ad investire per migliorare la propria flotta e per aumentare il numero di rotte (ad esempio per New York e Tokyo), questo decennio fu caratterizzato da ben due crisi energetiche che fecero quadruplicare il prezzo del barile di greggio, con un impatto notevole sul costo del carburante e quindi sulla redditività. Ciononostante, Alitalia riuscì a ripristinare un equilibrio di conti e nel 1982 arrivò a superare la soglia dei dieci milioni di passeggeri trasportati.

20 L’IRI, acronimo di Istituto per la Ricostruzione Industriale, era un ente pubblico costituito nel 1933 per intervenire

provvisoriamente a sostegno delle banche illiquide e delle attività industriali in cui esse partecipavano. Se inizialmente l’ente si limitò a razionalizzare le partecipazioni costituendo delle holding, con il 1937 si ebbe un cambio di mission: l’IRI divenne un ente pubblico di gestione delle partecipazioni statali, pertanto possiamo dire che negli anni d’oro che stiamo esaminando Alitalia fu quindi guidata dal cosiddetto Stato Imprenditore. Per un’analisi più approfondita si rimanda al cap. 4 del libro Percorsi aziendali per le pubbliche amministrazioni (Anselmi, 2014)

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18

4.2. IL MODELLO DELLA FORMULA IMPRENDITORIALE PER L’ANALISI STRATEGICA

Per strategia aziendale si intende “quel disegno che definisce il sistema delle attività aziendali,

orientandole verso risultati e obbiettivi comuni” (Invernizzi, p. 5), vale a dire cioè quel progetto

d’impresa, sviluppatosi da un’idea imprenditoriale, dal quale scaturisce una gestione strategica al fine di ottenere degli obbiettivi.

Per analizzare le strategie implementate da Alitalia nelle varie gestioni (pubblica, semi-pubblica, privata e commissariale) ho deciso di utilizzare l’impostazione proposta dallo Studioso Vittorio Coda chiamata Formula Imprenditoriale: questo modello rappresenta e valuta la strategia esplicita che l’azienda intende attuare e attraverso cui la stessa si relaziona con il sistema esterno e persegue una determinata idea di successo.

Il modello della Formula Imprenditoriale si concretizza mediante lo sviluppo di due ambiti specifici: da un lato troviamo un sistema competitivo, al quale l’azienda si presenta con un determinato prodotto o servizio, e dell’altro lato si ha un sistema di interlocutori sociali cui l’azienda fa una determinata proposta progettuale. I due ambiti sono interconnessi tra loro attraverso la struttura aziendale, cioè l’insieme delle risorse organizzate che costituiscono il patrimonio dell’azienda. La Formula Imprenditoriale è quindi la risultante di cinque componenti (sistema prodotto, sistema

competitivo, struttura, proposte di collaborazione, sistema degli attori sociali) la cui aggregazione

permette la costruzione della Formula Competitiva (utilizzando le variabili sistema prodotto,

sistema competitivo e struttura) e della Formula Sociale (utilizzando le variabili proposte di

collaborazione, sistema degli attori sociali e struttura).

4.1. L’ARTICOLAZIONE DELLA FORMULA IMPRENDITORIALE IN SOTTOINSIEMI INTERCONNESSI

Fonte: La ricerca del valore nel settore aereo (Rotondo, 2008, p. 108)

In sintesi, la Formula Imprenditoriale ci permetterà di analizzare l’idea imprenditoriale che i vari dirigenti hanno avuto per lo sviluppo dell’impostazione strategica attuale e futura.

Si sottolinea che ai fini di questa disamina si svolgerà un’analisi strategica di Alitalia utilizzando la sola Formula Competitiva: non si affronterà quindi il sistema degli interlocutori sociali e della

proposta progettuale per focalizzarsi meglio sugli aspetti di struttura, sistema prodotto e sistema competitivo.

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19

Successivo step sarà invece quello di effettuare una valutazione delle Formule Competitive attraverso i risultati ottenuti in termini di performance competitive e reddituali.

La valutazione della Formula Competitiva sarà eseguita attraverso la costruzione di una matrice diagnostica del successo competitivo, che individua quattro ipotesi a seconda dei risultati ottenuti:

4.2. MATRICE DIAGNOSTICA DEL SUCCESSO COMPETITIVO

Risultati Competitivi Elevati I Quadrante Strategia competitiva di successo21 internamente coerente III Quadrante Strategia competitiva internamente incoerente Bassi II Quadrante Successo economico dipendente da condizioni esterne di particolare vantaggio IV Quadrante

Mancanza di una “ragione d’essere” ricompensata dal

sistema di mercato

Elevati Bassi

Risultati Reddituali

Fonte: Le strategie competitive (Invernizzi, p. 56-66)

Si noti che per ragioni di spazio la valutazione della Formula Competitiva attraverso la matrice sarà svolta solo sinteticamente come conclusione dei capitoli inerenti le varie gestioni.

4.3. FORMULA IMPRENDITORIALE DELLA GESTIONE PUBBLICA

Tornando alla storia di Alitalia, negli anni della gestione pubblica si è utilizzato quello che è stato definito il modello imprenditoriale tradizionale22: per modello imprenditoriale si intende l’insieme

delle scelte strategiche che costituiscono le fondamenta del sistema di offerta, in questo caso adottato dalle compagnie aeree; l’aggettivo tradizionale è usato invece per sottolineare che questo modello fu sviluppato dalle principali compagnie aeree di bandiera (anche dette

tradizionali), fino all’avvento delle compagnie low cost in seguito al processo di deregulation.

Si provvede di seguito ad analizzare la strategia di Alitalia di quegli anni attraverso il modello della Formula Competitiva, considerando la Struttura, il Sistema prodotto ed il Sistema Competitivo:

21Secondo Coda, una Formula Competitiva è di successo quando il sistema di prodotto presenta elementi di unicità

funzionali ai bisogni dei clienti (fattore critico di successo), nonché quando la struttura evidenzia delle competenze distintive idonee a svolgere più efficientemente il sistema delle attività. La valutazione dei risultati competitivi avviene attraverso un giudizio su informazioni quali le quote di mercato, il grado di copertura del mercato, il livello qualitativo della clientela ed il grado di penetrazione nei vari target. Questi sono tuttavia aspetti che esprimono i risultati del gioco competitivo e non necessariamente i fattori causanti, la cui valutazione richiederebbe invece un’indagine ben più complessa (che consideri anche un’analisi approfondita dei competitor). Per quanto riguarda le performance reddituali, in genere si considera il ROI. Per ulteriori approfondimenti teorici si rimanda al cap. 2 del libro Le strategie competitive (Invernizzi, 2014)

(20)

20 FORMULA COMPETITIVA DEGLI ANNI D’ORO23

I. STRUTTURA

La struttura del Gruppo Alitalia degli anni Settanta è il risultato di decenni di protezionismo e di una dirigenza stabile che ha avuto la capacità di porre in essere dei piani industriali ispirati alla crescita. Si riuscì perciò a garantire un’elevata capacità tecnica e di accrescere l’offerta, nonché di innovare la flotta, grazie anche a bilanci stabilmente in utile.

Dallo Studio di Mediobanca del 1973 possiamo ricavare le seguenti informazioni:

- Flotta: 107 aeromobili, di cui 82 utilizzati da Alitalia, 23 da ATI e 2 da SAM (Società Aerea Mediterranea, operativa nel settore charter). Nel 1969 Alitalia divenne la prima compagnia europea a volare con una flotta di soli jet, mentre nel 1970 entrò in servizio il primo Jumbo B-747: questi quadrireattori, che garantivano costi di esercizio per unità trasportata relativamente bassi, furono utilizzati sulle rotte del Nord Atlantico per il trasporto misto di passeggeri e merci.

- Dipendenti: dal 1966 al 1972 il numero dei dipendenti è passato da 9.474 a 14.614. L’incidenza delle spese per il personale è andata così aumentando del 31,6% in 6 anni. - Partecipazioni: le partecipazioni in altre società possedute da Alitalia avevano, nel 1972, un

ammontare complessivo di 7.413 milioni di lire, di cui 4 miliardi relativi alla partecipazione in ATI. Oltre che al settore dei trasporti, Alitalia si interessò nell’acquisire partecipazioni nel settore alberghiero, per poter offrire ai propri clienti la formula del tutto compreso24.

II. SISTEMA PRODOTTO

Come abbiamo visto in precedenza (Paragrafo 1.1.), il bisogno di mobilità dei clienti era soddisfatto da un sistema di prodotto delle compagnie aeree privo di efficienza, in quanto caratterizzato da una deresponsabilizzazione dei manager che portò, ad esempio, al mantenimento di rotte non redditizie.

Ciononostante, gli ingenti investimenti di fine anni Sessanta da parte di Alitalia permisero, oltre che il rinnovo della flotta, anche di aprire nuovi scali verso gli Stati Uniti ed il Medio Oriente che si riveleranno strategici e rivoluzioneranno completamente gli equilibri di mercato, fino a quel momento considerati difficilmente modificabili dalle compagnie aeree.

Nel 1972 Alitalia accentrò gran parte della sua attività nelle linee internazionali: i passeggeri trasportati attraverso linee intercontinentali ed europee furono circa il 60% del totale, mentre la quota di mercato internazionale per il traffico passeggeri risultava essere del 4,5%.

Il mercato principale di Alitalia era costituito dal collegamento tra Europa e Nord America, collegamento che interessò il 39,9% dell’attività totale e permise il 23,8% degli introiti. Il mercato europeo era invece il secondo per importanza e nel 1972 Alitalia vi ottenne il 19,2% del proprio traffico complessivo e il 31,3% degli introiti.

23 La formula competitiva si basa su dati elaborati da Ricerche e Studio S.p.A. nel 1973 (archivio Mediobanca) 24 Ciò è avvenuto soprattutto in collaborazione con altri enti e compagnie aeree, come dimostra l’esempio

dell’European Hotel Corporation, società costituita nel 1970 alla quale parteciparono Alitalia, BEA, BOAC, Lufthansa, Swissair e cinque istituti bancari.

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21

III. SISTEMA COMPETITIVO

Come già più volte espresso, non vi fu un sistema concorrenziale in grado di minacciare Alitalia, in quanto il settore fu interessato da una forte ingerenza statale e da un mercato protezionistico. Questo permise ai manager di Alitalia di non interessarsi ad una strategia che puntasse a mantenere un vantaggio competitivo, perché quel vantaggio era già garantito dalla struttura del settore e non vi erano ancora motivi per dubitare che ciò potesse venir meno in futuro.

I principali competitor italiani di Alitalia nel 1972 erano Itavia e Alisarda, tuttavia la loro rilevanza competitiva era assai bassa, come si può evincere anche dalla tabella sottostante:

4.3. QUOTA DI MERCATO (LINEE NAZIONALI) DELLE COMPAGNIE AEREE ITALIANE

* TKT = tonnellate chilometro trasportate Fonte: archivio storico Mediobanca - Studio societario R&S Alitalia, 1973

4.4. VALUTAZIONE DELLA FORMULA COMPETITIVA – GESTIONE PUBBLICA

Gli anni d’oro di Alitalia furono caratterizzati da buoni risultati di esercizio: dopo una fase iniziale di perdite non particolarmente rilevanti si arrivò ad accumulare circa 600 milioni di euro nel 1960 (prezzi 2016), con una lieve flessione nei primi anni Settanta.

4.5. RISULTATI NETTI CUMULATI DI BILANCIO

Fonte: Convegno CUB 10 Aprile 2018 – presentazione a cura di Ugo Arrigo -35 -72 -91 -129 -129 -109 -81 -58 -46 -41 -41 -55 -44 -37 60 117 172 183 251 327 400 506 600 563 563 435 Risultati netti cumulati di esercizio (milioni di euro a prezzi 2016)

Società 1971 1972

Milioni di TKT * % Milioni di TKT % Alitalia

ATI

Traffico congiunto Alitalia – ATI

104 61 -7 90 65 -4 Alitalia + ATI Itavia Alisarda 158 7 2 94,6 4,2 1,2 151 15 3 89,3 8,9 1,8

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22 Le quote di mercato erano inoltre così ripartite:

4.6. QUOTE DI MERCATO % NEL 1972

Fonte: Convegno CUB 10 Aprile 2018 – presentazione a cura di Ugo Arrigo

Possiamo dunque sostenere che durante gli anni d’oro Alitalia avesse una Formula Competitiva vincente, pertanto nella matrice diagnostica figurerà nel Primo Quadrante:

Risultati Competitivi Elevati 1947-1972 Strategia competitiva di successo internamente coerente (I Quadrante) Bassi Elevati Bassi Risultati Reddituali

In sintesi, Alitalia possedeva una strategia competitiva di successo internamente coerente in quanto sia sul piano competitivo che su quello reddituale godeva di un vantaggio dovuto ad un settore ancora poco affollato di concorrenti e controllato dallo Stato.

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% Rotte nazionali Parigi Londra Nord America Rio de Janeiro Dakar Estremo Oriente

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23

CAPITOLO 5 – LA GESTIONE SEMI-PUBBLICA

Come già visto nella prima parte di questa disamina, verso la fine degli anni Ottanta ebbe inizio il processo di liberalizzazione del settore del trasporto aereo, con ricadute importanti per la nostra compagnia di bandiera. Gli anni che ci apprestiamo ad analizzare sono pertanto da considerarsi cruciali per capire quella che è stata, ma che è anche tutt’oggi, la crisi di Alitalia.

Alitalia si presentò alla fine della deregulation con un mercato, come detto, tra i più protezionistici. Gli anni Novanta furono ancora relativamente favorevoli ai vettori tradizionali, nonostante la prima crisi del Golfo che rallentò gli spostamenti aerei e quindi la crescita del mercato. In questa fase, molte compagnie di bandiera provvidero ad implementare una nuova strategia (orientata al lungo raggio), a ricercare capitali privati e, soprattutto, a costruire alleanze: i Governi, fino a quel momento azionisti di controllo, prendono atto del nuovo assetto del mercato europeo che si sta costituendo.

Per Alitalia, invece, si fece esattamente il contrario: non si avviò nessuna privatizzazione25 né si è

ritenuto di stringere alleanze internazionali con altre compagnie. Quest’ultimo fu uno dei più gravi errori che si potevano compiere in quanto, in un mercato in espansione e caratterizzato da una notevole concorrenza, le possibilità di successo di una compagnia tradizionale sono legate soprattutto alla capacità di inserirsi in una rete di alleanze commerciali tra i vettori più importanti. Infine, altro errore strategico della gestione pubblica di quegli anni è stato il disimpegnarsi dal medio raggio per impegnarsi nel breve e non per espandersi sul lungo (al contrario degli altri vettori europei). Probabilmente questo lo si deve al fatto che si ritenne fosse meno impegnativo investire nel breve raggio, visti anche i risultati operativi troppo deboli per contenere una considerevole dilatazione dell’indebitamento e degli oneri finanziari (imputabile alle perdite accumulatesi tra il 1990 ed il 1996). In effetti, l’indebitamento di Alitalia raggiunse i 3.420 miliardi di lire nel 1995, con conseguenti notevoli oneri finanziari, mentre il risultato netto è rimasto costantemente negativo dal 1990 al 1995 (nel 1995 il risultato netto si attestò a –212 miliardi).

25 La costruzione del mercato unico europeo, l’elevato indebitamento pubblico ed una congiuntura economica

sfavorevole (con conseguenti pressioni inflazionistiche) furono i fattori principali che comportarono nel 1992 l’inizio del programma di privatizzazione delle aziende pubbliche italiane: con l’accordo Andreatta-Van Miert, lo Stato italiano si impegnò difatti a ridurre l’indebitamento delle imprese pubbliche fino a portarlo “a livelli accettabili per un investiture private operante in condizioni di economia di mercato”, a non offrire più garanzia illimitata sui debiti delle società controllate al 100% e, quindi, a cedere quote di capitale delle imprese pubbliche.

Inizialmente il Governo procedette a trasformare gli enti di gestione, tra cui l’IRI, in S.p.A. (ad eccezione dell’EFIM, che venne posto in liquidazione) e a trasferire le partecipazioni pubbliche in capo al Ministero del Tesoro (il Ministero delle partecipazioni statali fu abolito nel Giugno 1993). Di fatto veniva quindi cambiata la loro mission: si passò da enti con obbiettivi legati all’interesse pubblico ad enti la cui gestione si basava su “criteri di economicità ed efficienza secondo le regole del mercato”. Dopo la trasformazione in Società per Azioni degli enti gestori, si procedette dunque con gli smobilizzi delle società operative da essi controllate attraverso trattative private e offerte pubbliche di vendita. Secondo il Privatization Barometer, l’Italia si collocò al primo posto al mondo per l’importo complessivo delle operazioni nel periodo 1992-2000, comportando incassi per lo Stato per circa 190 mila miliardi di lire.

Per quanto riguarda la compagnia aerea Alitalia, invece, dal 1985 al 1998 l’IRI mantenne l’85,05% delle azioni ordinarie: il processo di privatizzazione tardò infatti ad iniziare e, come si avrà modo di illustrare successivamente, terminerà solo nel 2008.

Per una più approfondita analisi del processo di privatizzazione degli anni Novanta si rimanda al cap. 9 del libro Percorsi aziendali per le pubbliche amministrazioni (Anselmi, 2014)

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24

Il risultato di queste scelte fu che all’arrivo dei vettori low cost la compagnia aerea Alitalia si presentò troppo poco robusta e solida per contrastare un nuovo tipo di concorrenza.

5.1. LA GESTIONE SEMI-PUBBLICA DI ALITALIA

A fronte delle perdite registrate nel 1995, il Governo e l’IRI decisero di provare a rilanciare la compagnia: questo compito venne affidato al nuovo amministratore delegato Domenico Cempella, il quale ammetterà successivamente di aver trovato “una situazione che si può

descrivere così: debiti per 3 mila miliardi di lire, patrimonio netto 150 miliardi, 10 anni di perdite e una situazione interna abbastanza difficile perché c’erano delle forti lotte intestine fra sindacati. Era un prodotto che non stava sul mercato, Alitalia era veramente tecnicamente fallita”26.

Il nuovo AD propose un piano industriale diviso in due parti: la prima (1996-1997) consistente nella ristrutturazione, mentre la seconda (1998-2000) nello sviluppo della compagnia aerea; l’attuazione del piano era vincolata tuttavia da un conferimento di capitale da parte dello Stato italiano, per un importo di 3.000 miliardi di lire, nonché dall’approvazione da parte della Commissione Europea. Il 15 Luglio del 1997 la Commissione Europea approvò il piano di Cempella, formulando però delle modifiche sostanziali e riducendo l’intervento pubblico a 2.750 miliardi di lire (vale a dire 1,42 miliardi di euro) da erogare in tre tranche entro il 1999. In realtà però solo la prima tranche da 2.000 miliardi di lire (1,03 miliardi di euro) fu erogata dall’IRI, mentre per reperire le mancanti risorse il Governo decise di effettuare la prima privatizzazione della compagnia: nell’Aprile del 1998 si è provveduto ad un aumento di capitale rivolto ad azionisti e dipendenti – questi ultimi, in base agli accordi sindacali, ottennero il 20,4% delle partecipazioni – e, nel maggio 1998, l’IRI procedette ad allocare 27,6 milioni di azioni (costituenti il 18,4% della società) presso investitori istituzionali italiani ed esteri.

Al termine della privatizzazione la quota di partecipazione pubblica scese quindi a circa il 53%.27

26 Fonte: Alitalia: una privatizzazione italiana (De Blasi & Gnesutta, p. 9)

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25

5.2. FORMULA IMPRENDITORIALE – IL PIANO CEMPELLA

Con il piano Cempella si provvide a saldare debiti per 3000 miliardi di lire e ad aumentare il valore di Borsa di Alitalia (da 600 a 6000 miliardi di lire). Nel 1998 si riuscì inoltre ad incrementare il fatturato di oltre il 6%, grazie ad una diversa strategia commerciale e ad un’attenta selezione della domanda. Si analizzano pertanto di seguito gli interventi, previsti dal piano Cempella (e rivisti dalla decisione della Comunità Europea), che portarono a questi risultati, attraverso il modello della Formula Imprenditoriale (nell’ambito della Formula Competitiva):

FORMULA COMPETITIVA DEL PIANO CEMPELLA28

I. STRUTTURA

- Flotta: nel 1996 la compagnia possedeva 157 aeromobili, la maggior parte dei quali utilizzati per il trasporto a medio e corto raggio. La flotta Alitalia era una delle più giovani tra le compagnie europee, con una età media dei velivoli che si attestava a 6,5 anni. Tuttavia, la Commissione Europea non consentì ad Alitalia di eseguire investimenti in aeromobili, se non per il rinnovo degli apparecchi meno recenti. La previsione fu dunque di poter esercire a fine 2000 di una flotta di 158 aeromobili, mentre Cempella aveva previsto inizialmente di poter arrivare a 172.

- Dipendenti: alla fine del 1996 l’organico di Alitalia comprendeva 17.390 dipendenti (contro i 17.892 alla fine del 1995) che con il piano si sarebbero ridotti di 1.212 unità entro il 2000. Inoltre, attraverso un accordo tra Alitalia ed i rappresentanti sindacali si sancì la cessione di tutte le operazioni di volo ad una nuova società low cost denominata Alitalia Team, in modo da assumere nuovo personale a livelli salariali inferiori .

Importante azione di Cempella fu l’apertura del capitale azionario ai dipendenti: tale operazione, che costò all’azienda circa 530 miliardi, permise di coinvolgere i dipendenti sul fronte degli obbiettivi (con conseguente miglioramento del clima aziendale29) e di ottenere

più lavoro allo stesso prezzo (il costo per il personale passò dal 27% al 20% del fatturato). In questo modo Cempella ottenne quattro anni di pace sindacale ed un risparmio annuo di circa 500 miliardi di lire per quanto riguarda il costo del lavoro.

L’AD infine sostituì i dirigenti che non avevano conoscenze del trasporto aereo con un team preparato30.

- Partecipazioni: si costituirono le controllate Alitalia Team (medio-lungo raggio a basso costo), Alitalia Express (breve raggio) ed Eurofly (voli di linea per le destinazioni vacanza) per gestire in modo più efficiente le attività di core business. Inoltre, si cedettero le partecipazioni non strategiche acquisite negli anni precedenti, tra cui quella nella Malév Hungarian Airlines.

28 Dati tratti dalla decisione della Commissione Europea 97/789/CE

29 Il clima aziendale è dato dalle tipologie dei rapporti interpersonali presenti in un’organizzazione: a seconda del tipo

di cultura organizzativa (insieme dei valori e norme comportamentali non scritte che risultano essere fortemente condivise) si può parlare di climi più o meno collaborativi, con effetti sulla motivazione e anche sulle performance aziendali. In un clima collaborativo vi saranno relazioni, impegno e partecipazione, con effetti sull’impegno e sulla condivisione degli obbiettivi. Per approfondimenti si rimanda a Organizzazione Aziendale (Draft, 2017)

(26)

26

II. SISTEMA PRODOTTO

- Tratte: riduzione, a partire dal 1997, del 10% del numero dei collegamenti e frequenze esercitati da Alitalia, per un totale di 27.000 voli annui annullati. Si è provveduto in questo modo a creare efficienza, mettendo a terra aerei economicamente obsoleti e aumentando la produttività degli aerei.

- Fidelizzazione: si procedette ad una strategia di fidelizzazione della clientela attraverso l’utilizzo del frequent flyer program (F.F.P.). Questo programma, chiamato oggi MilleMiglia, prevede la remunerazione con biglietti omaggio ed altre facilitazioni per i consumatori che accumulano un determinato numero di voli.

- Qualità: il nuovo piano industriale poneva attenzione al miglioramento della qualità del servizio. In effetti, Alitalia nel 1996 era uno dei vettori ad investire meno in qualità, nonostante il marchio aziendale fosse strettamente legato all’eccellenza del servizio.

III. SISTEMA COMPETITIVO

Finalmente si prese atto delle modifiche del settore del trasporto aereo e che Alitalia non possedeva più quel vantaggio dovuto agli accordi bilaterali. Pertanto, al fine di mantenere il vantaggio competitivo, il nuovo management ritenne che si dovesse intervenire su due fronti:

- Costruzione di un hub con sede a Milano – Malpensa: l’ubicazione dell’aeroporto di Roma-Fiumicino veniva considerata troppo meridionale in quanto Alitalia perse negli anni importanti quote di mercato nell’Italia settentrionale, a vantaggio delle piattaforme europee. Lo sviluppo dell’aeroporto di Malpensa veniva considerato dunque un’opportunità per aumentare i collegamenti intercontinentali, europei e nazionali.

La realizzazione del centro aeroportuale di Malpensa sarebbe stata inoltre accompagnata da una ristrutturazione del terminal dell’aeroporto di Roma – Fiumicino, con l’obbiettivo di renderlo un hub mediterraneo.

- Ricerca di un partner industriale con rilevanza internazionale: in questo contesto, Cempella cercò di vagliare la possibilità di accordi più consistenti con le altre compagnie aeree rispetto ai code sharing31 ed ai block space32 fino a quel momento siglati. Si consideri inoltre che dopo pochi anni sarebbero entrati in vigore gli accordi Open Skies, facendo sì che vi fossero opportunità di sviluppare un’importante quota di mercato soprattutto sulle rotte del Nord Atlantico.

Secondo l’AD Cempella, con questa operazione si sarebbe potuto risolvere il problema del dimensionamento di Alitalia (troppo grande per gareggiare con le low cost, troppo piccola per competere con le tradizionali), potendo cioè far diventare Alitalia un Major Airlines33.

31 I code sharing sono accordi con i quali un determinato servizio effettuato con gli aeromobili di una delle compagnie

è commercializzata anche dall’altra

32 Con i quali un vettore si riserva una quantità di spazio a bordo di un altro vettore su di una certa rotta 33 Intervista a Cempella per “ImperiaTV” del 21/3/2013

(27)

27 5.3. LA VICENDA KLM

Per quanto riguarda l’obbiettivo di ricerca di un partner industriale, alla fine del 1997 Cempella riuscì a siglare con la compagnia olandese KLM una lettera d’intenti, attraverso la quale le compagnie si impegnarono ad instaurare una trattativa volta a realizzare un’alleanza strategica. La scelta di allearsi con KLM era giustificata da una serie di motivi:

a) nel business passeggeri, KLM poteva garantire l’indirizzamento dei propri voli sul nuovo

hub di Malpensa, in modo da liberare l’ormai saturo aeroporto di Schipol (Amsterdam)

b) Alitalia sarebbe potuta entrare nell’alleanza tra Northwest e KLM, migliorando il proprio posizionamento nel mercato del Nord Atlantico

c) nel business delle merci, si sarebbe potuto migliorare il servizio, soprattutto da a per gli Stati Uniti, oltre che a potenziare il load factor34

d) grazie alla partnership con Nippon Airways di entrambe le compagnie si sarebbe potuto usufruire di ulteriori sinergie sul mercato asiatico

e) la sostituzione di 17 voli di Alitalia con KLM sul mercato olandese avrebbe consentito di liberare risorse da investire su altre destinazioni, in particolare per il Nord Atlantico

f) le posizioni geografiche abbastanza distanziate permettevano appropriati svincoli per rotte settentrionali (KLM) e meridionali (Alitalia)

L’AD Cempella sostenne in effetti che la compagnia KLM era il vettore europeo più complementare ad Alitalia – “Alitalia aveva mercato mentre KLM la flotta, un matrimonio

perfetto”35 – e che questo progetto avrebbe portato il Gruppo Alitalia-KLM ad essere il primo

vettore europeo.

Il 27 Novembre 1998 venne ratificato dagli amministratori delegati delle rispettive compagnie il

Master Cooperation Agreement, accordo con il quale ci si impegnava a costituire il nuovo Gruppo

Alitalia-KLM, dotato di 300 aeromobili e in grado di far viaggiare 40 milioni di passeggeri, per un giro di affari di 24.000 miliardi di lire. Nel successivo Luglio 1999 venne invece siglato il Settlement

Agreement, accordo che avrebbe dovuto dare inizio alla joint venture nel 1° Ottobre dello stesso

anno. Le rispettive organizzazioni si fusero pertanto in una sola, con sede a Roma per quanto riguarda le attività passeggeri e con sede ad Amsterdam per il settore cargo.

5.4. I TRE PROBLEMI DELLA GESTIONE SEMI-PUBBLICA

Con l’inizio del XXI secolo la situazione di Alitalia divenne economicamente insostenibile: gli effetti della liberalizzazione ed una serie di shock esogeni (attacco terroristico dell’11 Settembre 2001, guerra in Iraq, SARS, aumento del prezzo del petrolio, ecc) gravarono pesantemente sui bilanci di Alitalia, i quali non vedranno mai più il segno positivo a partire dal 2002.

Oltre a questi fattori esterni, possiamo indicare anche tre problemi di natura strategica che contribuirono irrimediabilmente alla crisi della compagnia nel 2006 e, più in generale, a difficoltà che ancora oggi dobbiamo risolvere:

34 Coefficiente di riempimento della capacità di traffico

(28)

28 1) LA ROTTURA CON KLM

Mentre l’alleanza con KLM stava sempre più consolidandosi vi furono problemi riguardanti il nuovo hub di Malpensa: le numerose polemiche politiche comportarono ritardi nella costruzione ed un mancato trasferimento dei voli da Linate a Malpensa in seguito all’inaugurazione di quest’ultimo (avvenuta il 25 Ottobre 1998). Cempella ha stimato che il mancato trasferimento dei voli abbia comportato per Alitalia una perdita di 2,6 milioni di passeggeri, per un totale di 60 miliardi di lire di ricavi in meno ogni mese36.

Le vicende politiche legate a Malpensa, unite alla guerra dei Balcani ed all’aumento del costo del petrolio, portarono Alitalia a chiudere il 1999 in sostanziale pareggio (contro i 200 miliardi di utile previsti dal piano Cempella) e a compromettere irreparabilmente l’alleanza con KLM: la compagnia aerea olandese decise infatti di recedere unilateralmente dalla joint venture il 28 Aprile del 2000 37.

Per Domenico Cempella il fallimento della fusione con KLM venne considerato un vanificarsi degli sforzi compiuti – così come da lui dichiarato in un’intervista del 2017: “3 anni di lavoro

buttati”38 – e decise dunque di dare le dimissioni il 13 Dicembre del 2000. Prima di lasciare

però, l’AD decise di esercitare un’azione legale contro KLM che due anni più tardi porterà nelle casse di Alitalia 250 milioni di euro, grazie ai quali si poté chiudere il bilancio 2002 in positivo (ancora oggi l’ultimo bilancio in utile).

2) MANAGEMENT INSTABILE CHE RIDIMENSIONÒ L’AZIENDA

Nel periodo 1947-1994 in Alitalia si alternarono in totale 7 presidenze, stesso numero che si ebbe anche nel periodo 1994-2008, con la differenza tuttavia che nel primo caso ci si riferisce a quasi 50 anni di attività mentre nel secondo a soli 14.

Possiamo considerare il management instabile una delle principali cause della crisi del 2006: non avere una dirigenza stabile significa infatti non avere una visione strategica di lungo periodo che permetta di costruire dei seri piani industriali. I vari dirigenti arrivarono perciò a formulare sei diversi piani in meno di 5 anni39.

Si svolge di seguito una sintesi delle principali azioni dei tre Amministratori Delegati che si alternarono dopo Domenico Cempella:

- Francesco Mengozzi: nel 2001 e nel 2002 vi fu un calo notevole di passeggeri dovuto principalmente agli attentati dell’11 Settembre e alla guerra in Iraq40.

L’AD Mengozzi cercò quindi di sbloccare la situazione puntando sull’ingresso di Alitalia nella Global Alliance Sky Team (seconda aggregazione mondiale per quota di passeggeri),

36 Fonte: Alitalia – I 300 protagonisti (p. 8)

37 Oltre alla vicenda dell’aeroporto di Malpensa, vi fu un altro motivo per cui KLM decise di non portare a compimento

l’alleanza: Alitalia, controllata dall’IRI per il 53%, non era stata ancora privatizzata, sebbene in quegli anni il valore di mercato fosse ancora relativamente elevato grazie a risultati di esercizio positivi.

38 Intervista a Domenico Cempella per “Faccia a faccia” del 01/06/2017

39 piano di risanamento 1996-1997, piano 2002-2006, piano biennale 2002-2003, piano industriale 2004-2006, piano di

ristrutturazione 2005-2006, piano di sopravvivenza e transizione 2008-2010 Fonte: Squilibri e crisi nelle determinazioni quantitative d’azienda. Il contributo della dottrina italiana (Migliaccio)

40 Si sottolinea tuttavia che in quegli anni Iberia, compagnia di bandiera spagnola, riuscì a superare Alitalia in numero

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