Negli ultimi due decenni sono entrati in commercio nuovi agenti terapeutici classificati come “biologici” o “biotecnologici”. Possono essere dei polipeptidi, delle proteine o degli acidi nucleici, ricavati per separazione e purificazione dei prodotti naturali o appositamente generati mediante tecniche di ingegneria genetica, alcuni dei quali introdotti per il trattamento dell’AR, sono agenti modificatori della risposta biologica (biological response modifiers) e in quanto tali vengono definiti
“biologici”. Sono stati impiegati anche in altre patologie autoimmuni come la psoriasi a
placche, l’artrite psoriasica (Rozenblit e Lebwohl, 2009) la spondilite anchilosante (Zochling, 2008), il morbo di Crohn, la rettocolite ulcerosa e
disturbi neurologici (Menge, 2008). I farmaci biologici esplicano la loro azione su specifici bersagli, i quali
giocano un ruolo chiave nel processo infiammatorio sia locale che sistemico. Quelli di maggior impiego sono i farmaci che bloccano il TNF- α (anti-TNFα), citochina pro-infiammatoria presente a livello della membrana sinoviale, nelle ossa e in altri tessuti. Tali farmaci attenuano la sintomatologia e possono essere più efficaci del MTX e di altri DMARDs tradizionali nell’arrestare la degenerazione articolare; alcuni pazienti riferiscono miglioramenti sostanziali anche dopo la prima
somministrazione.
Gli inibitori del TNF sono di solito impiegati in associazione con il MTX,
con il quale manifestano effetti terapeutici sinergici. Altri farmaci di particolare interesse per il trattamento dell’AR sono quelli
51 per la patogenesi della malattia), e gli anti CTLA4 e anti-CD20 i quali interagiscono rispettivamente con i linfociti T e con le cellule B. Vanno assunti per via parenterale (infusione o sottocute) e la frequenza di
somministrazione varia a seconda del tipo di farmaco. Attualmente l’utilizzo dei biologici è consentito nei pazienti con malattia
persistentemente attiva, non controllata, che non tollerano o non rispondono alle terapie tradizionali condotte utilizzando singoli farmaci o la loro associazione per un tempo adeguato ed al dosaggio massimo previsto o tollerato per i singoli farmaci. È indiscussa la loro efficacia nel controllare i sintomi e i segni della malattia, nel rallentare o addirittura arrestare e impedire la progressione radiologica, nel migliorare la qualità della vita dei pazienti, ma di contro persiste l’elevato costo e la scarsa conoscenza dei
possibili effetti collaterali a lungo termine. Non ci sono dati sufficienti riguardo l’uso dei farmaci biologici in
gravidanza, tuttavia la farmacovigilanza riporta gli stessi tassi di nascita normali, di aborti e di interruzioni terapeutiche della popolazione generale. Inoltre non dovrebbero essere usati o il trattamento dovrebbe essere sospeso in presenza di serie infezioni, poiché questi farmaci potrebbero favorirne la riattivazione, e usati con cautela in caso di scompenso cardiaco congestizio grave in quanto la sicurezza cardiovascolare in pazienti con AR è già compromessa.
3.1 Farmaci biotecnologici di prima generazione
I farmaci biotecnologici appartenenti alla prima generazione comprendono: • Farmaci anti-TNFα: infliximab (Remicade®), etanercept (Enbrel®),
52 • Farmaci anti-CD20: rituximab ( Rituxan® o Mabthera®);
• Farmaci anti IL-1: anakinra (Kineret®);
• Farmaci anti-CTLA4: abatacept (Orencia®).
Infliximab: è un anticorpo monoclonale anti-TNF chimerico (75% umano
e 25% murino) somministrato per via endovenosa. La terapia concomitante con MTX amplifica la sua efficacia, probabilmente inibendo la formazione di anticorpi neutralizzanti anti infliximab. Nei pazienti con AR ad attività persistente, infliximab in associazione con il MTX, alla dose di 3 mg/kg, somministrato per via endovenosa ogni otto settimane, ha migliorato la sintomatologia e ha rallentato la progressione del danno articolare. Alcuni pazienti possono richiedere fino a 10 mg/kg ogni otto settimane oppure 5 mg/kg ogni quattro settimane (Bertoletti e coll., 2009).
Etanercepet
:
è una forma ricombinante del recettore solubile umano per il TNF con legame covalente ad un frammento Fc di IGg umana. Può essere somministrato per via sottocutanea in monoterapia, 25 mg due volte a settimana oppure 50 mg una volta a settimana. Nei pazienti che non rispondono in maniera soddisfacente alla monoterapia con il MTX, l’aggiunta di etanercept si è dimostrata efficace nel migliorare la sintomatologia e nel rallentare il danno articolare (Bertoletti e coll., 2009).
53
Adalimumab
:
è un anticorpo monoclonale umano ricombinante che può essere somministrato per via sottocutanea, da solo o in combinazione con il MTX o un altro DMARD, a settimane alterne. Se impiegato in aggiunta al MTX, l’adalimumab ha la stessa efficacia di infliximab o di etanercept. La dose standard del farmaco è di 40 mg ogni due settimane per via sottocutanea, in monoterapia o in combinazione con MTX o altri DMARDs. Alcuni pazienti, che in monoterapia mostrano una riduzione nella risposta, possono beneficiare di un aumento temporaneo della dose a 40 mg ogni settimana (Bertoletti e coll., 2009).Per quanto riguarda gli effetti collaterali, con adalimumab ed etanercept sono frequenti le reazioni nel sito di iniezione sottocutanea, mentre con infliximab possono verificarsi reazioni da infusione con possibile comparsa di febbre, orticaria, dispnea e ipotensione. Per di più la terapia con anti- TNF può indurre emocitopenia e perciò è indispensabile il controllo periodico dell’emocromo. Relativamente agli effetti collaterali, particolare attenzione dovrà essere rivolta nei confronti dell’insorgenza di processi infettivi (Bertoletti e coll., 2009).
Rituximab: è un anticorpo monoclonale chimerico murino/umano
utilizzato nella terapia di alcune emopatie, in particolare linfomi non Hodgkin CD20 positivi diffuso a grandi cellule B. Per il trattamento dell’AR attiva di grado grave, viene impiegato in associazione a MTX in pazienti adulti che hanno mostrato una inadeguata risposta o un’intolleranza ad altri DMARDs, o ad uno o più inibitori del TNF. Le
54 infusioni devono essere somministrate sotto il controllo di un medico esperto, in un ambiente con immediata disponibilità di apparecchiature per la rianimazione. La procedura di somministrazione prevede una premedicazione con corticosteroide, analgesico/antipiretico e antistaminico (Bertoletti e coll., 2009).
Abatacept
:
è il primo esponente di una nuova classe di biologici il cui meccanismo di azione consiste nella modulazione selettiva del segnale di costimolazione dei linfociti T. Si pone come terza linea di trattamento dell’AR moderata e severa, in associazione con MTX, in pazienti adulti che hanno avuto una risposta insufficiente o un’intolleranza ad altri DMARDs, incluso almeno un inibitore del TNF (Bertoletti e coll., 2009).
Anakinra: è un anticorpo monoclonale, antagonista del recettore per
l’interleuchina1 (IL-1) che inibisce in maniera competitiva gli effetti pro- infiammatori dell’IL-1 e può essere somministrata anche in combinazione con MTX (Bertoletti e coll., 2009).
3.2 Farmaci biotecnologici di seconda generazione
Gli ultimi farmaci biotecnologici ad essere stati approvati per il trattamento dell’artrite reumatoide e per questo appartenenti alla seconda generazione, includono:
• Farmaci anti-TNFα: certolizumab (Cimzia®) e golimumab (Simponi®);
55 • Farmaci anti-IL-6: tocilizumab (Roactemra®), sarilumab
(Kevzara®).
Certolizumab
: è uno dei più recenti farmaci biologici antireumaticiapprovato per la prima volta in Svizzera nel 2007 per il trattamento di soggetti affetti da morbo di Crohn grave o moderato, poiché favorisce il mantenimento della risposta clinica e la riduzione di segni e sintomi, soprattutto nei pazienti che non hanno mostrato una risposta positiva alla terapia convenzionale (Vavricka e coll., 2011). Nel 2009 è stato approvato da FDA ed EMA l’uso di certolizumab per il trattamento di pazienti affetti da AR attiva, grave o moderata; somministrato per via sottocutanea, può essere utilizzato da solo o in associazione con DMARDs, come ad esempio MTX. Il suo meccanismo d’azione consiste nel formare complessi stabili ad elevata affinità sia con la forma solubile, sia con quella transmembrana del TNF impedendone il legame con il suo recettore (Goel e Stephens, 2010).
Golimumab:
è un anticorpo monoclonale umano IgG1, prodotto da una linea cellulare di ibridomi murini con tecnologia DNA ricombinante. Somministrato per via sottocutanea, è indicato per il trattamento:• dell’AR in fase attiva di grado da moderato a grave, in pazienti adulti, quando la risposta ai farmaci anti-reumatici che modificano la malattia, incluso MTX, sia stata inadeguata;
• dell’AR grave, attiva e progressiva negli adulti non precedentemente trattati con MTX;
56 • dell’artrite idiopatica giovanile poliarticolare in bambini con un peso
corporeo di almeno 40kg, che hanno risposto in modo inadeguato ad una precedente terapia con MTX.
Per quanto riguarda la posologia è di 50 mg una volta al mese, e deve essere somministrato in concomitanza con MTX, in quanto tale associazione ha dimostrato di ridurre il tasso di progressione del danno articolare misurato tramite raggi X e di migliorare la funzionalità fisica (www.informazionesuifarmaci.it).
Figura 12: Farmaci biologici di prima e seconda generazione.
57
3.3. Tocilizumab
È un anticorpo monoclonale umanizzato IgG1 antagonista del recettore dell’IL-6, somministrato per via endovenosa, indicato, in associazione con MTX, per il trattamento dell’AR grave, attiva e progressiva negli adulti non precedentemente trattati con MTX, e per il trattamento dell’AR da moderata a severa in pazienti adulti che non hanno risposto adeguatamente o sono intolleranti a DMARD o inibitori del TNF (Dhillon, 2014). Somministrato in combinazione con MTX, tocilizumab ha dimostrato di ridurre la percentuale di progressione del danno articolare (come valutato
mediante raggi x), e di migliorare le condizioni fisiche generali. Tocilizumab viene, inoltre, utilizzato in monoterapia o con MTX,
nell’artrite idiopatica giovanile sistemica attiva e nella poliartrite idiopatica giovanile, in pazienti di età uguale o superiore a 2 anni che non hanno risposto in maniera esaustiva alla precedente terapia con FANS e corticosteroidi sistemici (European Medicines Agency, 2016; Jones e coll., 2010). La posologia raccomandata è di 8 mg/kg di peso corporeo, una volta ogni quattro settimane; per i soggetti di peso superiore a 100 kg, non sono raccomandate dosi superiori a 800 mg per ogni infusione (IV). La dose raccomandata di tocilizumab somministrato per via sottocutanea (SC) è di 162 mg una volta a settimana (European Medicines Agency, 2016).
3.3.1 Proprietà farmacodinamiche
Negli studi clinici su tocilizumab sono state osservate riduzioni significative dei livelli di proteina C reattiva già alla seconda settimana (che si sono poi mantenuti per tutta la durata del trattamento), della velocità di sedimentazione degli eritrociti (VES), della amiloide A sierica e della
58 conta piastrinica. Sono stati registrati anche incrementi dei livelli di emoglobina, dovuti alla riduzione, determinata da tocilizumab, degli effetti mediati da IL-6 sulla produzione di epcidina con aumento della disponibilità di ferro. Nei soggetti sani che hanno ricevuto tocilizumab in dosi da 2 a 28 mg/kg, l’ANC ha raggiunto livelli più bassi dal giorno 3 al giorno 5 successivi alla somministrazione; pertanto il ritorno dei neutrofili ai livelli basali è dose dipendente (European Medicines Agency)
.
3.3.2 Effetti indesiderati e reazioni avverse osservati negli studi clinici controllati
Le reazioni avverse più comunemente riportate, che si sono verificate in ≥ 5% dei pazienti trattati con tocilizumab in monoterapia o in associazione con DMARD, sono state infezioni delle vie aeree superiori, nasofaringite, cefalea, ipertensione e aumenti dell’ALT; mentre le più gravi sono state infezioni gravi, complicanze della diverticolite e reazioni di ipersensibilità (Genentech Inc., 2017). La sicurezza di tocilizumab è stata studiata in quattro studi clinici controllati con placebo (studi II, III, IV, V) (Kivitz e coll., 2014) uno studio controllato con MTX (studio I) e nella loro fase di estensione; il periodo di doppio cieco controllato ha avuto una durata di 6 mesi negli studi I, III, IV e V, e di 2 anni nello studio II (Jones e coll.,
2017). Le reazioni avverse elencate nella Tabella 1 sono state classificate
utilizzando la seguente convenzione: • Molto comune ( ≥1/10);
• Comune ( > 1/100, < 1/10);
59 • Rare ( > 1/10000, < 1/1000); • Molto rare ( <1/10000). Classificazione per sistemi ed organi
Molto comune Comune Non comune
Infezioni ed infestazioni
Infezioni delle vie aeree superiori Cellulite, polmonite, herpes simplex orale, herpes zoster Diverticolite
Patologie GI Dolore addominale,
gastrite, ulcerazioni orali
Stomatite, ulcera gastrica
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo
Rash, prurito, orticaria
Patologie del sistema nervoso
Cefalea, capogiri
Esami diagnostici Aumento delle
transaminasi epatiche,della bilirubina totale e del peso corporeo Patologie vascolari Ipertensione Patologie del sistema
emolinfopoietico Leucopenia, neutropenia Disturbi del metabolismo e della nutrizione Ipercolesterolemia Ipertrigliceridemia Patologie sistemiche e condizioni relative Edema periferico, reazioni di
60
alla via di somministrazione
ipersensibilità Patologie dell’occhio Congiuntivite Patologie respiratorie,
toraciche e mediastiniche
Tosse, dipnea
Patologie renali Litiasi renale
Patologie endocrine Ipotiroidismo
Tabella 1: Reazioni avverse verificatesi nei pazienti affetti da AR trattati con tocilizumab in monoterapia o in associazione con MTX o altri DMARD nel periodo di doppio cieco controllato.
Infezioni
Negli studi controllati a 6 mesi, la frequenza di infezioni di tutti i tipi riferite con tocilizumab, alla dose di 8 mg/kg, associato al trattamento con un DMARD, è stata significativamente maggiore rispetto a quelli trattati con placebo (European Medicines Agency). Nella popolazione esposta a lungo termine si è registrata una maggiore frequenza di infezioni gravi (virali, batteriche e fungine) rispetto ai pazienti trattati con MTX o tocilizumab in monotrapia. Come infezioni gravi, alcune con esito fatale, sono state riportate: TBC attiva (che si poteva presentare con malattia intrapolmonare o extrapolmonare), infezioni polmonari invasive, incluse candidosi, aspergillosi, polmonite, pneumocistosi, herpes zoster, gastroenterite, diverticolite, sepsi e artrite batterica; in più sono stati riferiti
61 Nello studio post-marketing ICHIBAN, durante la terapia con tocilizumab IV in pazienti con AR di diversa età, non si sono verificati aumenti del tasso di infezione (European Medicines Agency).
Perforazione gastrointestinale
Gli effetti indesiderati più gravi riportati negli studi clinici di tocilizumab, comprendono, oltre ad infezioni e reazioni da ipersensibilità, le perforazioni gastrointestinali (European Medicines Agency), principalmente riportati come complicanze della diverticolite, tra cui peritonite purulenta generalizzata, perforazione del tratto GI inferiore (Monemi e coll., 2016), fistole ed ascessi. I casi di perforazione gastrointestinale, la maggior parte dei quali erano a carico del tratto GI inferiore (con un tasso di incidenza più elevato di 4,5 volte con tocilizumab che con inibitori di TNF o altri cDMARDs), si sono verificati per lo più nella popolazione esposta a lungo termine che negli studi clinici controllati a 6 mesi (European Medicines Agency).
Reazioni all’infusione
Negli studi clinici controllati a 6 mesi, gli eventi avversi associati all’infusione (ipertensione) o entro 24 ore dall’infusione (mal di testa e reazioni cutanee: rash e orticaria), che comunque non hanno posto limitazioni al trattamento, sono stati segnalati dal 6,9% dei pazienti del gruppo trattato con tocilizumab alla dose di 8 mg/kg + DMARD e dal 5.1%
dei pazienti del gruppo trattato con placebo + DMARD. Le reazioni anafilattiche si sono verificate, invece, nello 0,2% dei soggetti
62
trattati con la dose da 4 mg/kg. Nel corso degli studi clinici controllati e in aperto le reazioni di
ipersensibilità clinicamente significative associate a tocilizumab, e che hanno richiesto l’interruzione del trattamento, hanno interessato una quantità irrilevante di pazienti, osservati generalmente dalla seconda alla quinta infusione di tocilizumab (European Medicines Agency).
Anormalità ematologiche relative a: neutrofili, piastrine, enzimi epatici e lipidi
Negli studi controllati a 6 mesi si è verificata una riduzione della conta dei neutrofili e della conta piastrinica (senza correlazione con eventi emorragici) soprattutto nei pazienti trattati con tocilizumab alla dose di 8 mg/kg + DMARD che nei pazienti trattati con placebo più DMARD; in circa metà dei pazienti, ciò è avvenuto nell’arco di otto settimane
dall’inizio della terapia. Nella fase successiva alla commercializzazione sono emerse segnalazioni
molto rare di pancitopenia. Sono stati, inoltre, segnalati aumenti transitori di ALT/AST tre volte sopra il livello limite superiore a quello normale (ULN) specialmente nei pazienti trattati con tocilizumab alla dose di 8 mg/kg + DMARD che hanno mostrato un ulteriore incremento degli enzimi epatici in seguito all’aggiunta di farmaci potenzialmente epatotossici (come il MTX): ciò per molti di essi ha determinato la sospensione definitiva del
trattamento con tocilizumab. Gli incrementi hanno riguardato anche i parametri lipidici quali colesterolo
totale, trigliceridi, colesterolo LDL e/o HDL. Durante il periodo di doppio cieco controllato e nella fase di esposizione a
63 lungo termine, il grado e l’incidenza della riduzione della conta dei neutrofili e delle piastrine, e l’aumento delle transaminasi epatiche e dei parametri lipidici sono rimasti invariati rispetto a quanto è stato osservato negli studi controllati a 6 mesi (European Medicines Agency).
Immunogenicità
In uno studio controllato, dalla durata di 6 mesi, i pazienti sono stati analizzati per rilevare anticorpi anti-tocilizumab che sono stati sviluppati dall’1,6%, la maggior parte dei quali hanno riferito una reazione di ipersensibilità clinicamente significativa che ha portato all’interruzione definitiva del trattamento. L’1,1% dei pazienti ha sviluppato anticorpi neutralizzanti (European Medicines Agency). Pertanto i tassi di sviluppo degli anticorpi anti-tocilizumab erano bassi indipendentemente dal fatto che i pazienti erano stati trattati con tocilizumab SC o IV in monoterapia o in terapia combinata (+ cDMARD) (Sigaux e coll., 2017).
3.3.3 Sicurezza cardiovascolare
L’artrite reumatoide è associata ad un incremento del rischio di eventi cardiovascolari, che aumenta con la durata della malattia ed è evidente sin dagli esordi (Symnons e Gabriel, 2011). Nello studio di fase IV, ENTRACTE, multicentrico, è stata valutata la sicurezza cardiovascolare di tocilizumab IV confrontato con etanercept, nei pazienti con AR di età ≥ 50 anni, con risposta inadeguata a uno più DMARD, con un fattore di rischio cardiovascolare ≥ 1, manifestazioni extra-articolari di AR o una storia di eventi cardiovascolari. Il tempo medio di follow-up è stato di 3,2 anni.
64 L’obiettivo primario era il tempo alla prima manifestazione degli eventi avversi cardiaci maggiori (MACE) definiti come morte per malattia cardiovascolare, infarto del miocardio o ictus non fatale. In una prima analisi si sono verificati 83 MACE nel gruppo tocilizumab e 78 nel gruppo etanercept, escludendo un aumento del 43% del rischio di MACE nei riceventi tocilizumab. Però, rispetto ad etanercept, il trattamento con tocilizumab è stato associato ad un aumento del colesterolo totale, LDL, HDL e livelli di trigliceridi entro la quarta settimana, dopodiché i livelli di lipidi sono rimasti invariati per tutta la durata dello studio (Giles e coll., 2016).
3.3.4 Efficacia e sicurezza clinica
L’efficacia di tocilizumab in monoterapia e/o in associazione con cDMARD nel miglioramento dell’attività della malattia, del danno articolare e strutturale e della qualità della vita correlata alla salute, è stata ben definita in cinque studi (AMBITION, LITHE, OPTION, TOWARD, RADIATE) multicentrici, randomizzati e in doppio cieco, che hanno coinvolto pazienti di età maggiore ai 18 anni, affetti da AR diagnosticata in base ai criteri dell’American College of Rheumatology (ACR) e che presentavano almeno 8 articolazioni dolenti e 6 articolazioni tumefatte al
basale. Nello studio I tocilizumab è stato somministrato alla dose di 8 mg/kg per via endovenosa, ogni quattro settimane, in monoterapia; sono stati valutati pazienti che non erano stati trattati con MTX nei sei mesi antecedenti la randomizzazione e che non avevano interrotto il precedente trattamento con MTX a causa di effetti tossici di rilievo clinico o assenza di risposta.
65 Il gruppo di confronto è stato trattato settimanalmente con MTX alla dose di 7,5 mg fino ad un massimo di 20 mg a settimana, per un periodo di 8 settimane. Nello studio II, dalla durata di 2 anni con analisi pianificate alla settimana 24, dopo 1 anno e poi dopo 2 anni, sono stati valutati i pazienti con una risposta clinica a MTX inadeguata. In associazione con una dose di MTX, da 10 a 25 mg a settimana, sono state somministrate dosi da 4 o 8 mg/kg di tocilizumab o placebo, in cieco, ogni 4 settimane per un anno; dopodiché tutti i pazienti potevano ricevere il trattamento in aperto con tocilizumab 8 mg/kg. Alla settimana 24 l’endpoint primario è stata la percentuale dei pazienti che hanno conseguito una risposta ACR 20; dopo due anni gli endpoint riguardavano la prevenzione del danno articolare e il
miglioramento delle condizioni fisiche generali. Lo studio III ha coinvolto i pazienti con una risposta clinica a MTX
inadeguata che sono stati trattati con tocilizumab o placebo a dosi da 4 a 8 mg/kg, ogni 4 settimane, in associazione con una dose di MTX da 10 mg
a 25 mg a settimana. Lo studio IV ha arruolato i pazienti con una risposta inadeguata alla terapia
reumatologica in atto, inclusi uno o più DMARD, i quali hanno ricevuto dosi da 8 mg/kg di tocilizumab o placebo, ogni 4 settimane, in associazione a DMARD. Infine lo studio V ha incluso i pazienti con risposta clinica non soddisfacente o intollerante a una o più terapie con antagonisti del TNF (terapia con TNF interrotta prima della randomizzazione) trattati con tocilizumab o placebo, 4 o 8 mg/kg, ogni 4 settimane in associazione a MTX (dose da 10 a 25 mg a settimana) (European Medicines Agency).
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3.3.5 Risposta clinica
In AMBITION è stata dimostrata la superiorità clinica di tocilizumab alla dose di 8 mg/kg in confronto al MTX; comunque in tutti gli studi, i pazienti trattati con tocilizumab alla dose di 8 mg/kg hanno manifestato tassi di risposta ACR 20, 50 e 70 significativamente più elevati a 6 mesi rispetto al gruppo di controllo, incluse conta delle articolazioni dolenti e tumefatte, valutazione globale di pazienti e medico, punteggi dell’indice di invalidità, valutazione del dolore e PCR rispetto ai pazienti trattati con placebo + MTX o altri DMARD. L’effetto del trattamento, già alla seconda settimana, è stato simile a prescindere da stato del fattore reumatoide, età, sesso, razza, numero di trattamenti precedenti o stato della malattia; risposte durevoli e continuative sono state osservate per più di 3 anni negli studi di
estensione in aperto I, e V in atto (Jones e coll., 2010). Analizzando i dati ottenuti dagli studi II, III e IV (tabella 2) la percentuale
di pazienti che hanno conseguito una risposta ACR 20, 50 e 70 è risultata essere maggiore ( rispettivamente 59%, 50% e 37%) nel gruppo trattato