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La fase di liquidazione del risarcimento e la conciliazione.

Al fine di fornire una compiuta analisi degli strumenti di

definizione transattiva successivi alla pronuncia della

sentenza si rinvia al capitolo conclusivo del presente lavoro,

limitando ora l'analisi alla mera descrizione della disciplina,

119 In tal senso si veda BRIGUGLIO A., op. cit., secondo cui «l’“adesione”

all’azione collettiva è presupposto dell’operare estensivo del giudicato “collettivo” e non oggetto del medesimo, e come tale andrà dimostrata nel giudizio individuale dal consumatore che intenda avvalersi del giudicato “collettivo”».

al fine di garantire una visione completa dell’istituto

dell’azione collettiva risarcitoria .

Con funzione chiaramente complementare il legislatore nel

precedente art. 140 bis affiancava alla sentenza conclusiva

del giudizio una specifica fase di liquidazione

extragiudiziale del danno, tenuto conto dei criteri individuati

o dei risarcimenti individuali stabiliti. Il meccanismo

liquidatorio predisposto120, prevedeva che il convenuto

soccombente proponesse una somma a titolo di pagamento

del dovuto, stabilendo però che tale proposta venisse

presentata, per iscritto, a tutti gli aventi diritto e depositata

in cancelleria. Nel caso di accettazione della proposta, la

stessa costituiva titolo esecutivo.

Nel caso, invece, in cui l'impresa non avesse comunicato la

proposta nel termine previsto, ovvero comunque non vi

fosse stata accettazione della proposta, veniva avviata una

120 Come recitava il comma 4 dell’art. 140 bis cod. consumo: Nei

sessanta giorni successivi alla notificazione della sentenza, l’impresa propone il pagamento di una somma, con atto sottoscritto, comunicato a ciascun avente diritto e depositato in cancelleria. La proposta in qualsiasi forma accettata dal consumatore o utente costituisce titolo esecutivo.

fase di definizione conciliativa che si avviava attraverso la

costituzione di una camera di conciliazione. Lo scopo

dell’organo conciliativo sarebbe stato quello di determinare

l'ammontare delle somme da corrispondere o da restituire ai

consumatori o utenti, aderenti di intervenuti, che ne

avessero fatto domanda, avendo come punto di riferimento

l’applicazione dei criteri elaborati del collegio con la

sentenza collettiva. Infine, la disciplina dell'art. 140 bis121,

prevedeva le modalità di costruzione e di funzionamento

121 Come stabiliva il comma 6 dell’art. 140 bis cod. consumo: Se

l'impresa non comunica la proposta entro il termine di cui al comma 4 o non vi è stata accettazione nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione della stessa, il presidente del tribunale competente ai sensi del comma 1 costituisce un'unica camera di conciliazione per la determinazione delle somme da corrispondere o da restituire ai consumatori o utenti che hanno aderito all'azione collettiva o sono intervenuti ai sensi del comma 2 e che ne fanno domanda. La camera di conciliazione è composta da un avvocato indicato dai soggetti che hanno proposto l'azione collettiva e da un avvocato indicato dall'impresa convenuta ed è presieduta da un avvocato nominato dal presidente del tribunale tra gli iscritti all'albo speciale per le giurisdizioni superiori. La camera di conciliazione quantifica, con verbale sottoscritto dal presidente, i modi, i termini e l'ammontare da corrispondere ai singoli consumatori o utenti. Il verbale di conciliazione costituisce titolo esecutivo. In alternativa, su concorde richiesta del promotore dell'azione collettiva e dell'impresa convenuta, il presidente del tribunale dispone che la composizione non contenziosa abbia luogo presso uno degli organismi di conciliazione di cui all'articolo 38 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e successive modificazioni, operante presso il comune in cui ha sede il tribunale. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 39 e 40 del citato decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e successive modificazioni.

della camera di conciliazione, stabilendo, altresì, la

possibilità per le parti, in alternativa, di avviare la

composizione non contenziosa avvalendosi degli organismi

di conciliazione di cui all'articolo 38 del decreto legislativo

17 gennaio 2003, n. 5, e successive modificazioni, operanti

Capitolo II

I RILIEVI CRITICIE I TENTATIVI DIMODIFICADELL'AZIONE COLLETTIVA RISARCITORIA

Indice: 1. I primi rilievi critici all'azione

collettiva risarcitoria e le necessità di un intervento di modifica -2. Le proposte di modifica della XVI legislatura

1. I primi rilievi critici all'azione collettiva risarcitoria e le necessità di un intervento di modifica

Già all’indomani della sua approvazione sono state

evidenziate numerose lacune e punti critici della disciplina

dell’azione collettiva risarcitoria contenuta nel precedente

testo dell’art. 140 bis cod. consumo. In realtà, già i

protagonisti politici di quella vicenda erano ben consapevoli

della natura imperfetta dello strumento processuale122,

tuttavia si ritenne indispensabile, dopo una gestazione

interminabile che aveva impegnato le commissioni

122 Già nel febbraio del 2008 l’allora Ministro Bersani – principale fautore

per l’introduzione dello strumento collettivo risarcitorio- sosteneva che si trattava di una disciplina perfettibile e da migliorare, Il sole24 Ore 26/02/2008.

parlamentari da ben tre legislature, adeguare il nostro

ordinamento colmando la lacuna di una forma di tutela

collettiva risarcitoria.

Certamente vi erano orientamenti che guardavano con

favore al nuovo istituto. Le associazioni del CNCU,

l'indomani della sua introduzione, manifestavano un certo

ottimismo, pur non celando gli aspetti critici di un istituto

che «rappresenta invece un vero e proprio stravolgimento

che ha portato ad una procedura macchinosa, lunga e

scarsamente efficace»123.

La prima opinione generale era costituita da una valutazione

positiva dell'astratta previsione di uno strumento di tutela

collettiva risarcitoria che portava ritenere che: «lo strumento

dovrebbe avere, oltre al valore di opportunità giudiziaria a

disposizione del cittadino, un ruolo preventivo di arma

dissuasiva verso chi viola sistematicamente, o comunque

disinvoltamente, i diritti del consumatore»124.

123 Paolo Landi, Segretario generale ADICONSUM. 124 Mario Finzi, Presidente ASSOUTENTI.

Non poteva, però, negarsi come l'art. 140 bis cod. consumo

prevedeva dei meccanismi processuali così articolati da

rendere di fatto l'istituto non solo poco efficiente, ma anche

poco appetibile per le associazioni dei consumatori, nonché

per gli stessi consumatori e utenti danneggiati. Scoraggiava,

infatti, la previsione di un doppio tempo della tutela, che è

sembrato costituire un forte limite alla praticità di tale

strumento processuale, anche tenuto conto del fatto che

l'ambito di applicazione dell'Istituto si indirizzava a

controversie di modesta entità economica.

Sempre nell'ottica della predisposizione di una soluzione

efficiente e concretamente utilizzabile dai danneggiati, si

poneva l'aspetto che forse più di ogni altro esponeva critiche

la nuova azione collettiva. Da più parti, infatti, si

evidenziava la necessità di un'estensione della

legittimazione ad agire non solo ad enti rappresentativi, ma

direttamente ai singoli consumatori. Accanto a questo

aspetto anche la legittimazione passiva costituiva un

esperire lo strumento collettivo risarcitorio avverso le

condotte illecite poste in essere dalla Pubblica

Amministrazione.

Quanto ai profili più strettamente tecnici, i problemi lasciati

aperti dall'azione collettiva risarcitoria erano innumerevoli.

Tra le carenze più evidenti del nuovo art. 140 bis, si

segnalava125 per la mancanza di alcuna disciplina rispetto al

caso in cui altri enti collettivi, o gli stessi, potessero

promuovere diversi giudizi collettivi per la medesima

condotta illecita del convenuto, contestualmente o in tempi

distinti, ciascuno dei quali concernente gruppi differenti di

diritti126. Da questo punto di vista non vi era alcun criterio di

125 Oltre ad una critica alla disposizione normativa da parte di COSTANTINO

G., La tutela collettiva risarcitoria: note a prima lettura dell’art. 140 bis

cod. consumo, op. cit., p. 17 ss. non solo alla mancata previsione di

meccanismi diretti a paralizzare azioni individuali azionate in pendenza dell’azione collettiva e a realizzare un simultaneus processus, ma anche al fatto che non era attenuata la preclusione ex art. 40 comma 2 c.p.c.; l’A. infine rilevava come non fosse stata prevista la possibilità di esercizio dell’azione collettiva risarcitoria mediante la costituzione di parte civile nel processo penale.

126 Rispetto alla possibilità che lo stesso attore potesse riproporre, in caso

di rigetto della prima, la stessa domanda AMADEI D., L’azione di classe

italiana per la tutela dei diritti individuali omogenei, op. cit., si mostrava

favorevole, ritenendo che l’effetto preclusivo del giudicato investiva soltanto i soggetti aderenti o intervenienti, a meno di non considerare l’espressione del comma 5, secondo cui la sentenza collettiva fa stato “anche”nei confronti dei consumatori o utenti aderenti o intervenienti, come estensione degli effetti preclusivi anche nei confronti dell’associazione o comitato attore (cosa che l’autore, erroneamente,

prevenzione, mentre solo in via interpretativa era possibile

prevedere l'applicazione della disciplina delle connessioni

tra le cause127.

Si sarebbe potuto ipotizzare l'efficacia di un giudicato

secundum eventum litis, rispetto ad altri enti collettivi che

volessero agire per accertare la medesima condotta illecita.

Accanto a questa altre e diverse erano le soluzioni. Altra

parte della dottrina, infatti,128 sosteneva la necessità che il

legislatore negasse l’ammissibilità di più domande,

contestuali o successive, sul presupposto che, secondo le

regole generali, il convenuto vittorioso in un processo

collettivo non avrebbe potuto opporre tale pronuncia ad altri

attori collettivi e, dunque, non sembrava ragionevole

scarta in considerazione del fatto che ritiene l’oggetto del giudizio solo i diritti individuali omogenei e non un peculiare interesse collettivo).

127 Proponeva una interpretazione legata alla connessione di cause

MENCHINI S., La nuova azione collettiva risarcitoria e restitutoria, op.

cit., il quale sosteneva che nel caso di riunione di due processi collettivi, separatamente proposti da associazioni diverse in relazione ai diritti di differenti gruppi di soggetti, ovvero in forza di intervento di un ente collettivo nel giudizio di classe da altri promosso, per mezzo del quale sono fatte valere le pretese seriali di altri consumatori, si sarebbe realizzato un cumulo soggettivo semplice, riconducibile allo schema dell’art. 103 c.p.c., in quanto sarebbero state trattate congiuntamente più cause (collettive), causalmente o impropriamente connesse, riguardanti gruppi di diritti soggettivi distinti, in titolarità di soggetti diversi.

128 Si veda BOVE M., Azione collettiva: una soluzione all’italiana

sottoporre l’impresa a più azioni collettive per lo stesso

illecito. Si trattava di un terreno che richiedeva un

chiarificatore intervento del legislatore.

Mancava, inoltre, una disciplina sulle spese processuali.

Una disciplina di tutela collettiva risarcitoria che non

affiancasse ad una conduzione unitaria, con conseguente

onere finanziario, una disciplina delle spese in grado di

tutelare la prospettiva di una vittoria, con un margine di

vantaggio anche economico, rischiava di disincentivare

l'utilizzo dello strumento processuale. Rispetto ai temi

economici il rischio che si presentava era il medesimo

fallimento dell’azione collettiva francese, basato proprio

sugli enormi costi che le associazioni erano chiamate ad

affrontare, perché «l’anticipazione delle spese da parte

dell’ente che agisce può costituire un freno all’esercizio

della tutela collettiva, atteso che, di frequente, i comitati e le

associazioni non sono dotati di sufficienti risorse

economiche»129.

129 MENCHINI S., La nuova azione collettiva risarcitoria e restitutoria, op.

Si trattava di una tematica che assumeva un notevole peso

per le associazioni dei consumatori, le quali evidenziavano

come ciò comportasse che «il promotore dell’azione

collettiva dovrà assumersi notevoli oneri di natura

organizzativa e finanziaria»130. Si era, tal fine, avanzata la

tesi secondo cui, comunque, l’attore collettivo avrebbe

potuto condizionare la ricezione delle adesioni all’impegno

di corrispondere una percentuale sul ricavato, ma si trattava

pur sempre di una soluzione interpretativa che non trovava

agganci nel testo normativo e necessitava, quindi, di

previsione legislativa in merito. Il testo Manzione – Bordon

colmava, invece, questa lacuna con una disciplina che

prevedeva131, un compenso dei difensori del promotore della

azione collettiva, il quale non poteva superare l’importo

massimo del 10 per cento del valore della controversia (art.

53-bis, comma 12).

Altri aspetti della disciplina sembravano essere apprezzabili,

anche alla luce dei principi che caratterizzano il nostro 130 Mara Colla, Presidente CONFCONSUMATORI.

131 Oltre a stabilire che in caso di soccombenza, anche parziale, del

sistema processuale e che avrebbero costituito dei limiti

all’applicazione di soluzioni di altra matrice giuridica. Non

vi è dubbio, infatti, che il mancato riferimento a forme di

danno punitivo costituiva una soluzione apprezzabile,

ponendosi in linea con i principi del nostro sistema

risarcitorio, poiché «nel vigente ordinamento alla

responsabilità civile, infatti, è assegnato il compito precipuo

di restaurare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subito

la lesione, anche mediante l'attribuzione al danneggiato di

una somma di denaro che tenda a eliminare le conseguenze

del danno subito, mentre rimane estranea al sistema l'idea

della punizione e della sanzione del responsabile civile ed è

indifferente la valutazione a tal fine della sua condotta»132.

Tuttavia, restavano aperti molti aspetti problematici nel

nuovo istituto che nonostante non abbia avuto alcuna

concreta possibilità di utilizzo, si caratterizzava comunque

per la sua natura di soluzione piuttosto incerta e

132 BUFFONE G., Class Action italiana: azione collettiva risarcitoria a

tutela dei consumatori. Ferma la finalità risarcitoria. Respinta l'idea della punizione e della sanzione del responsabile civile,

difficilmente praticabile, specie per le lacune, in taluni casi

determinanti, che ne limitavano fortemente l’appetibilità.