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CAPITOLO 2: L’ESTERNALIZZAZIONE DELL’ATTIVITA’ PRODUTTIVA E IL MADE IN ITALY

2.1. Il concetto di “esternalizzazione” e di “delocalizzazione”

2.1.2. Fattori che favoriscono o sfavoriscono la delocalizzazione

Di seguito verranno enunciati i fattori che portano o meno le aziende italiane a delocalizzare.

Fattori che sfavoriscono la delocalizzazione

Storicamente l’internazionalizzazione dell’industria italiana non ha avuto numeri consistenti, questo per molti fattori che coinvolgono diversi aspetti e caratteristiche intrinseche alla struttura aziendale e all’economia italiana. Innanzitutto si deve far riferimento alla dimensione delle nostre aziende, esse sono infatti classificate come piccole-medie imprese dov’è logico pensare che organizzare su scala internazionale la produzione non sia per niente facile, infatti, interfacciarsi su un panorama globale con la presenza di aziende multinazionali e riuscire ad ottenere una certa rilevanza, non risulta essere un’operazione semplice. Questo perché si necessita di fonti di investimento cospicue, di capacità manageriali ed organizzative specializzate che spesso nelle piccole aziende, che molte volte sono a conduzione familiare, non sono presenti. Tale caratteristica si riferisce quindi alla costituzione della nostra rete produttiva.

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Un altro aspetto che scoraggia la delocalizzazione è la presenza in diverse aree nazionali di economie distrettuali, dove il fatto che ci siano diverse aziende in un territorio limitato è proprio l’elemento chiave che consente di generare un vantaggio competitivo per le stesse aziende appartenenti al distretto, quindi è chiaro come l’organizzazione su scala internazionale non sia conveniente ed attuabile in questo caso. Sono infatti diversi i territori italiani nei quali è presente un distretto per la produzione di uno specifico prodotto, ed in questi territori risiede proprio la forza intrinseca delle aziende che vi operano, poiché la vicinanza tra aziende fornitrice, aziende produttive e clientela, consente di dar vita ad una produzione irriproducibile altrove. Tale forma produttiva e caratteristica della nostra struttura economica ed è diffusa quasi in tutto il territorio nazionale, con una maggior concentrazione al nord, basti pensare al distretto dell’occhiale e del mobile in Veneto, a quello tessile e delle calzature in Toscana, a quello metalmeccanico e della moda in Lombardia, ma anche a quello ortofrutticolo e della ceramica in Sicilia. Si intuisce facilmente come sia una caratteristica intrinseca della nostra organizzazione economica, nonché la fonte di molti vantaggi competitivi sfruttati dalle nostre aziende, per non parlare dell’enorme patrimonio di conoscenze e competenze che risiede in essi.

Non da meno il fattore dell’elevata specializzazione delle aziende italiane contribuisce a scoraggiare l’approdo verso l’estero, perché il segreto del vantaggio generato da una certa produzione sta proprio nell’interazione continua tra i fornitori e l’azienda che mettendo insieme competenze specifiche tramandate nel corso degli anni da artigiani e maestri specializzati riuscendo così a dar vita a prodotti pressoché unici. Diventa quindi chiaro come sia molto difficile assicurare queste condizioni qualora si decidesse di spostare anche solo alcune delle fasi produttive in un altro paese, ma sia invece vantaggioso affacciarsi sul panorama internazionale nella fase di commercializzazione dei prodotti puntando sulla specializzazione come elemento di differenziazione. In questo caso ci si riferisce principalmente alle aziende che rientrano in quel comparto definito “Made in Italy” , in cui si trovano prodotti caratterizzanti delle nostre tradizioni e della nostra storia, di cui parleremo con maggior attenzione in seguito. Un’ulteriore aspetto da considerare è l’inadeguatezza a codificare i passaggi della

catena del valore in territori non predisposti. Può infatti risultare difficile spostare la

produzione e collaborare con le aziende del paese estero se queste non sono in grado di effettuare le lavorazioni e i servizi richiesti, ciò può dipendere dalle caratteristiche delle singole aziende ma anche dalle condizioni poste in essere nei vari paesi.

Come ultimo aspetto scoraggiante si può considerare la convenienza a mantenere la produzione in Italia per la vicinanza e quindi la comodità ad interfacciarsi sia con i

fornitori che con i clienti che si trovano in luoghi limitrofi alla produzione. Questo

sicuramente facilita le relazioni aziendali e consente di mantenere un controllo diretto sia sulla fase di approvvigionamento che su quella di commercializzazione, andando a

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scoraggiare modalità di produzione all’estero. Tale approccio è coerente quando i mercati su cui si interfaccia un’azienda sono prettamente nazionali, ma quando ci si deve rapportare con mercati esteri a causa dei fenomeni di globalizzazione che l’hanno coinvolta, questo approccio risulta limitante.

Fattori che favoriscono la delocalizzazione

Gli aspetti descritti in precedenza hanno da sempre, e continuano ancora oggi, a scoraggiare le aziende a spostarsi, ma nonostante ciò il fenomeno della delocalizzazione si è sempre più diffuso nel corso degli anni. Come abbiamo già detto la data di maggior espansione di questo processo può essere la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni 2000, quando dei cambiamenti a livello internazionale hanno costretto diverse aziende a riorganizzarsi per assicurarsi una posizione sul mercato. Chiaramente sono diversi i vantaggi ai quali vanno incontro le aziende che modificano la loro struttura, è infatti possibile accedere ad una forza lavoro con costi

notevolmente inferiori rispetto a quelli in patria, alla quale affidare però le fasi della

produzione che richiedono poche competenze, infatti le fasi produttive ad alta specializzazione spesso vengono mantenute in patria. Affidare delle fasi produttive che richiedono una certa conoscenza delle materie prime e dei processi a lavoratori stranieri che non hanno il background di conoscenze che invece può essere fornito in patria, è rischioso perché non assicura la riuscita del prodotto come invece accadrebbe nel paese d’origine. Dall’altro lato però questo fa sì che i costi di produzione legati alla manodopera si riducano in modo sostanziale andando ad incidere sul costo finale di produzione. Quando quindi le aziende devono decidere quali fasi delocalizzare possono optare per quelle in cui non sono richieste elevate competenze tecniche. Ciò non è però vero in tutti i settori e per tutti i paesi esteri, può infatti accadere che in certi paesi si possiedano delle competenze specifiche in certi ambiti e sia favorevole per le aziende spostarsi per sfruttarle quando in patria invece non ci sono.

Un altro aspetto che può favorire la delocalizzazione è costituito dalla possibilità di realizzare economie di scala puntando sulla presenza di un solo o di pochi grandi subfornitori esteri piuttosto che su una fitta rete di piccoli fornitori in patria, sfruttando così i benefici e i vantaggi dell’organizzazione in scala. Così è infatti possibile ridurre il costo medio di produzione perché tanto maggiore è la capacità di produzione di un impianto tanto minore è il costo unitario per ciascun prodotto perché nello stesso periodo di tempo l’impianto è in grado di produrre un numero maggiore di prodotti, inoltre consente di ridurre le inefficienze perché gli impianti vengono utilizzati a pieno regime. Tale forma è facilmente attuabile per le aziende con una dimensione maggiore e con margini di produzione maggiori che da piccole imprese. In correlazione alle motivazioni sopra indicate, si può includere come fattore rilevante alla delocalizzazione la possibilità di sviluppare e diffondere innovazioni tecnologiche ed

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la produzione accrescendo i volumi e avere accesso anche ai mercati più lontani, cosa che rimanendo all’interno del territorio nazionale non è possibile.

Un ultimo aspetto da considerare è la possibilità di accedere a competenze e

conoscenze nuove, non è infatti detto che i mercati del lavoro estero siano costituiti

solo da manodopera a basso costo, come abbiamo già accennato, ma può infatti accadere che ci siano conoscenze specifiche in determinati ambiti che invece in patria non si incontrano. Ѐ cosa diffusa che i vari paesi sviluppino abilità in determinati settori piuttosto che in altri, quindi può rivelarsi particolarmente favorevole per le aziende orientare il proprio raggio d’azione in quei paesi in cui le competenze ad esse necessarie sono maggiormente sviluppate, anche se sono differenti dal paese d’origine.