• Non ci sono risultati.

CAPITOLO 2: L’ESTERNALIZZAZIONE DELL’ATTIVITA’ PRODUTTIVA E IL MADE IN ITALY

2.1. Il concetto di “esternalizzazione” e di “delocalizzazione”

2.1.1. Modalità di esternalizzazione messe in atto dalle aziende

Le aziende che decidono di esternalizzare la propria catena del valore o parte di essa possono decidere di farlo attuando sostanzialmente due modalità: le forme equity e quelle non-equity.

Forme equità

Nel primo caso si sta parlando di forme di investimento attuate da aziende nazionali per acquisire quote di partecipazioni durevoli di un’impresa estera o per costituire una filiale all’estero, si presuppone quindi che l’investitore abbia l’intenzione di acquisire un significativo livello si influenza nella gestione dell’impresa all’estero. Gli Investimenti

Diretti Esteri (IDE) si possono distinguere in:

• Investimenti greenfield, ovvero la costituzione di unità produttive ex-novo nei paesi esteri nei quali si è deciso di delocalizzare, vengono poco utilizzati poiché comportano grandi investimenti in termini economici ed organizzativi per replicare l’intera attività o parte di essa in un altro paese.

• Investimenti brownfield, ovvero l’acquisizione o fusione aziendale con realtà già esistenti, essi sono la modalità maggiormente utilizzata dalle aziende perché permettono di penetrare nei mercati senza dover sborsare ingenti somme di denaro.

A loro volta questi possono poi essere distinti in:

• IDE orizzontali, volti a penetrare nei mercati esteri tramite la duplicazione delle attività svolte dalla casa madre nel paese di origine, poiché risulta maggiormente conveniente costituire all’estero un’attività di produzione piuttosto che produrre a livello nazionale e poi esportare, a causa degli elevati costi di trasporto e delle barriere all’ingresso.

50

• IDE verticali, costituiti per ridurre i costi di produzione, si concretizzano quindi nella frammentazione del processo produttivo in più luoghi per sfruttare i minori costi. A seconda infatti della convenienza di un determinato paese in un certo ambito si procederà allo spostamento della fase ad esso correlata e con maggior convenienza. Ciò porta alla distribuzione del processo in più paesi e quindi alla commercializzazione dei prodotti semilavorati per procedere alla produzione e all’ottenimento del prodotto finale.

In generale, questa modalità è preferita in quei settori in cui l’impresa possiede dei vantaggi competitivi rispetto ai concorrenti, basati su caratteristiche che non dipendono dalla sua localizzazione geografica e che possono essere separate dal contesto locale sfruttando anche dei vantaggi propri del paese in cui si delocalizza, come la forza lavoro ad un costo più basso ed un accesso diretto alle materie prime. Oppure vengono favoriti in quei settori in cui i costi di esportazione sono elevati ed è quindi più conveniente operare direttamente nei mercati di distribuzione. Chiaramente questi richiedono un maggior impegno finanziario ed organizzativo da parte della casa madre che deve gestire all’estero una propria filiale.

Forme non-equity

Nel secondo caso si parla invece di differenti forme di partecipazioni con un ventaglio ampio di modalità di attuazione. Una di queste può essere l’esportazione, ovvero quando le aziende producono nel proprio paese d’origine e poi distribuiscono i propri prodotti all’estero stipulando con distributori locali forme di contrattazione di vario genere. In questo caso tale modalità è favorita per quei settori in cui è rilevante la provenienza della merce e in cui l’azienda supporta i costi di produzione centralizzata nel paese d’origine. Sostanzialmente non richiede grossi investimenti da parte delle aziende che spesso decidono di esportare per ampliare il proprio raggio d’azione ed avere accesso ad altri mercati, costituisce quindi un primo passo all’apertura internazionale soprattutto per le aziende di piccole dimensioni che vogliono affacciarsi sul panorama internazionale senza dover sostenere degli elevati costi.

Oppure una seconda modalità è il contratto di subfornitura, in qui un’azienda (definita committente) ha in essere un rapporto contrattuale con terzi per la fornitura di un prodotto e con un’altra impresa (detta subfornitrice) a cui viene attribuita la produzione vera e propria del bene. All’impresa committente fanno capo le decisioni in merito alle caratteristiche del prodotto e alle materie prime da utilizzare, indicazioni a cui la subfornitrice deve sottostare mettendo in atto concretamente il processo produttivo. Quindi la casa madre progetta il prodotto in tutti i suoi elementi e poi demanda ad un’impresa localizzata in un altro paese la produzione vera e propria, sfruttando così i minori costi di produzione e magari anche la vicinanza alle materie prime.

51

Le due modalità sopra descritte (forme equity e non-equity) possono essere collocate agli estremi delle modalità di esternalizzazione che le aziende possono oggi attuare sul panorama internazionale. Infatti è possibile mettere in atto forme ibride di investimento diretto all’estero (come ad esempio le join venture) oppure attuare altre forme di penetrazione nei mercati dettate anche dalla diversa tipologia di aziende che è interessata. Infatti la categoria dell’azienda, la sua dimensione e il settore alla quale essa appartiene fanno si che non si possa generalizzare una forma di esternalizzazione congrua per tutte, ma ognuna di esse deve trovare la modalità che meglio si integra con la propria organizzazione e la propria struttura.

Poiché il tema centrale dell’elaborato non è l’analisi di questo fenomeno, si considererà come forma di esternalizzazione prevalente quella degli IDE e ci si limiterà a descrivere quelli che sono i fattori determinanti di tale avvenimento facendo un breve riferimento al contesto italiano in questo momento storico.

Tra le varie modalità descritte si può notare come abbiano luogo entrambi i fenomeni, quello dell’esternalizzazione, quando ci sia affida a terzi per approdare in mercati esteri (esempio: esportazioni) e quello della delocalizzazione, quando attivamente le aziende si inseriscono all’estero (esempio: IDE), d’ora in poi si procederà considerando il secondo fenomeno per non generalizzare troppo la trattazione ed evitare di esprimersi impropriamente.