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2.4) I FATTORI RILEVANTI DI SCELTA PER IL PRIVATE EQUITY

La finalità dell’attività di investimento del fondo è quella di ottenere elevati tassi di rendimento in un orizzonte temporale di medio periodo incrementando il valore dell’impresa partecipata. Storicamente, le tre differenti leve per la creazione di valore25 sono i multipli, la leva finanziaria e la crescita dell’impresa. Nel tempo si è assistito ad un’evoluzione dei modelli di creazione di valore: negli anni ’80 il rendimento derivava in gran parte dalla differenza tra il prezzo di acquisto e di cessione, negli anni ’90 il valore creato dipendeva dalla capacità di sfruttare le tecniche di ingegneria finanziaria, ma nel nuovo millennio e, soprattutto a seguito della crisi finanziaria ed economica, il valore emerge solo se si creano i presupposti per la crescita futura dell’impresa, intervenendo attivamente nel processo di sviluppo, supportando l’impresa nella definizione degli obiettivi strategici e orientandola verso un maggior impegno nell’attività di ricerca e sviluppo26 . Date queste premesse, è assolutamente essenziale

individuare imprese dinamiche e con elevati tassi di crescita prospettici, anche se il profilo dell’impresa ottimale può variare molto a seconda della tipologia di investimento:

 Operazioni di avvio: si prediligono società giovani, con elevate potenzialità di crescita e operanti in settori innovativi e tecnologici;

 Operazioni di sviluppo: si selezionano società già avviate ma con un chiaro progetto di espansione;

 Operazione di buy out: si continuano a prediligere aziende consolidate, con un buon management team e operanti in settori maturi. Non esiste un profilo valido per tutte le operazioni, ma ci sono alcuni aspetti rilevanti che l’operatore di private equity considera in tutti gli investimenti:

25 Cfr. Caselli S., Private Equity and Venture Capital in Europe-markets, techniques and deal, Oxford, UK, Elsevier, 2010

87 Il business

Il primo elemento di interesse è la tipologia di business e il posizionamento competitivo della target nel mercato. In base ad un’indagine EVCA27 , una delle causa principali di insuccesso dell’operazione è proprio legata alle caratteristiche del mercato e del prodotto. Si cercano imprese che operino in un mercato con significative possibilità di espansione e che offrano un prodotto/servizio caratterizzato da bassa imitabilità o sostituibilità. Sulla base di una ricerca Banca d’Italia28 inoltre, emerge che i fattori più importanti nella scelta dell’investitore

nelle operazioni di early stage ed expansion sono il grado di novità del prodotto e della tecnologia. In ogni caso, anche nella prospettiva delle operazioni condotte in imprese consolidate e con il ricorso alla leva finanziaria, le prospettive industriali sono centrali, in quanto il mancato conseguimento degli obiettivi commerciali renderebbe impossibile mantenere gli impegni assunti verso le banche. L’operatore di private equity non dà normalmente importanza solo al mercato e al prodotto di per sé, ma soprattutto alla difendibilità del posizionamento competitivo. Pertanto, più alte sono le barriere all’ingresso per potenziali concorrenti e più attraente risulterà l’investimento, come ad esempio nei casi in cui vi sono brevetti, licenze e marchi.

Il management

Il fattore umano (imprenditore e management) è insieme l’elemento più importante e più difficile da valutare. Il management ha probabilmente una rilevanza ancora maggiore del business, perché per realizzare una buona idea è necessario un imprenditore in grado di svilupparla. Secondo le ricerche empiriche condotte in letteratura (per fare un esempio italiano la ricerca Banca d’Italia, 2009, op.cit.) appare infatti che il criterio più importante nelle decisioni di investimento sia la qualità del management, più ancora delle caratteristiche del prodotto. Nei casi più estremi, c’è chi sostiene (Sagari e Guidotti, 1992) che il

27 4 EVCA, “Lessons learned from past mistakes”, London, PriceWaterhouseCooper, 1998. 28 Cfr. C. Bentivogli et al., “Il private equity in Italia”, Questioni di Economia e Finanza, n.41, Banca d’Italia, Febbraio 2009.

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private equiter preferisca selezionare imprese con un ottimo management team e un prodotto di seconda scelta, piuttosto che l’inverso. L’imprenditore, spesso anche manager, dovrebbe perseguire obiettivi di sviluppo ambiziosi ma realistici e soprattutto allineati a quelli dell’investitore, tali per cui si generi coerenza tra obiettivi e tipologia di intervento. Le attese delle parti dovrebbero in tal senso essere esplicitate fin dall’inizio e si dovrebbe creare fiducia reciproca e affinità tra il finanziatore e l’imprenditore. Alcuni degli aspetti da valutare o di cui discutere primariamente dovrebbero essere:

 La copertura delle figure manageriali chiavi: accade spesso che nelle imprese a conduzione familiare ad esempio, i ruoli manageriali siano assegnati a persone inadatte e se il private equiter avvia l’operazione, con l’aspettativa di sostituirli in seguito, si potrebbero generare poi degli attriti e il progetto potrebbe fallire29. La possibilità di migliorare i meccanismi di incentivazione: è importante che il management sia adeguatamente incentivato per fargli condividere gli obiettivi del socio finanziario.

- La disponibilità dell’imprenditore ad una giusta apertura per consentire un frequente flusso di informazioni e una proficua collaborazione con il private equiter. Un imprenditore che gestisce l’impresa per “espedienti” e che non è disposto ad avvalersi di adeguati sistemi di pianificazione e controllo e soprattutto che non è disposto a condividere le decisioni strategiche con il fondo e a lavorare in team può seriamente compromettere la buona riuscita anche di un valido progetto imprenditoriale. Infine il private equiter preferisce evitare la situazione del cosiddetto “one man show”, tipica tra l’altro di molte piccole realtà italiane, selezionando imprese con un management team che possieda competenze che coprano tutti gli aspetti gestionali critici. Spesso vengono scartati progetti di “inventori” che pur essendo esperti delle modalità produttive, non considerino aspetti quali i mercati, i canali di vendita e le modalità di

29 Nello studio Ernst&Young “How do private equity investors create vale?” (2012), emerge che i maggiori rendimenti relativi ai disinvestimenti conclusi nel periodo compreso tra il 2005 e il 2012 sono stati realizzati quando il CEO è stato mantenuto per tutta la durata del deal o è stato cambiato fin dall’inizio. I rendimenti sono stati minori per i deal che hanno richiesto un cambiamento del CEO durante il periodo di investimento e sono stati significativamente più bassi nelle imprese che hanno avuto la necessità di cambiare il CEO sia all’inizio che durante l’investimento.

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finanziamento. Dall’altro lato potrebbero essere scartati anche imprenditori che presentino dettagliati piani prospettici, ma che non possiedono competenze sulle modalità di realizzazione del prodotto o sulla sua attitudine a soddisfare dei bisogni.

- La facilità di smobilizzo della partecipazione: altro aspetto cruciale è la possibilità di cedere la partecipazione nei tempi desiderati. Le prospettive di crescita devono dimostrare che la società target, terminato il piano di sviluppo, risulterà appetibile per alcuni offerenti (in caso di trade sales o secondary buy out) o per la Borsa, in modo tale che il fondo possa attendersi ragionevolmente di cedere la partecipazione nei tempi e ad un prezzo che remuneri il rischio assunto. - Aspetti strategici: infine l’investitore istituzionale pone attenzione sulla quota di

mercato attuale per stimare la quota potenziale, sul piano di marketing e sulla strategia di mercato.

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