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3. DESIGN OF EXPERIMENT

3.2 E SPERIMENTO 1

3.2.1 I fattori

Per quanto riguarda il fattore movimento, questo è stato pensato con l’obiettivo di capire la qualità dei dati in condizioni di movimento differenti, in modo da individuare il livello di movimentazione accettabile e misurabile per i futuri esperimenti da condurre sul campo. Per la sua implementazione si è deciso di ricorrere a due diverse condizioni contrapponendo una situazione caratterizzata da movimenti limitati (denominata nel seguito condizione “poco movimento”) a un’altra in cui il movimento risulta invece essere più accentuato (denominata condizione “tanto movimento”).

In particolare, per gestire correttamente tale fattore, si è deciso di procedere con il task sopra riportato, affiancando però alla realizzazione fisica degli aeroplanini (condizione tanto movimento) una versione virtuale (condizione poco movimento), realizzata online tramite un servizio web, Mecabricks12: quest’ultimo permette di costruire modelli 3D realizzati con mattoncini Lego replicando perfettamente la procedura di realizzazione fisica degli aeroplanini ma limitando i movimenti dei partecipanti. Data la natura maggiormente complessa della costruzione virtuale rispetto a quella reale, è però prevista la possibilità di cambiare parzialmente la procedura di realizzazione, facendo costruire ai partecipanti dei semilavorati dell’aeroplanino (ali, voliera…) anziché l’aeroplanino intero. Tale possibilità andrà

12 https://www.mecabricks.com/it/

vagliata e verificata durante uno studio pilota da condurre prima dell’esecuzione delle sessioni sperimentali registrate, mantenendo presente l’importanza di contrapporre condizioni tra loro uguali.

Durante la condizione “tanto movimento”, al partecipante, che assembla pezzi lego da seduto, verrà inoltre chiesto di alzarsi e risedersi con una frequenza prestabilita, al fine di capire come un maggiore movimento (isolabile e analizzabile per via della sua natura puntuale) possa impattare sulla strumentazione.

Per quanto riguarda il fattore stress, questo nasce con l’obiettivo di capire la sensibilità degli strumenti utilizzati, analizzando se e come i parametri fisiologici cambino in situazioni caratterizzate da differenti tipologie di stress. Per la sua implementazione sono state previste quattro diverse condizioni, così denominate:

- Condizione No Stress

- Condizione Stress Endogeno - Condizione Stress Esogeno - Condizione Stress Mix

Il task richiesto al partecipante è sempre il medesimo per tutte le tipologie di stress e coincide con quanto descritto nei paragrafi precedenti.

Per quanto riguarda l’implementazione delle diverse condizioni, il punto di partenza è stata la definizione medica del termine “stress” che, come riportato dall’Enciclopedia Treccani, indica “la risposta funzionale con cui l’organismo reagisce a uno stimolo più o meno violento (denominato stressor) di qualsiasi natura (microbica, tossica, traumatica, termica, emozionale, ecc.)” (Enciclopedia Treccani, Vocabolario online, Definizione 2.a.).

Alla luce di tale definizione e dopo aver considerato diverse tipologie di stressor, si è deciso di utilizzare come stimolo esterno il rumore. Come riportato infatti da Callegari e Franchini (2000):

si ritiene che il rumore agisca come un generico elemento di stress e che come tale possa attivare diversi sistemi fisiologici, provocando modificazioni quali aumento della pressione sanguigna e del ritmo cardiaco e vasocostrizione. Il rumore attiva inoltre il sistema endocrino e simpatico provocando cambiamenti fisiologici acuti che sono identici a quelli che intervengono in risposta a un generico stress (Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente. (2000).

Rassegna degli effetti derivanti dall’esposizione al rumore. [PDF]. p. 18).

In particolare, l’idea è quella di utilizzare un rumore rappresentativo delle condizioni che possono sussistere in un ufficio o un’azienda, al fine di ricreare un contesto quanto più simile a quello lavorativo.

L’ipotesi del rumore come stressor è stata ritenuta significativa anche alla luce di precedenti esperimenti documentati dalla letteratura. A tal proposito, importante è il contributo di Rylander (2004) che, nel suo studio, mette in evidenza la relazione tra l’esposizione al rumore e le risposte fisiologiche allo stress sottolineando come diversi studi professionali e ambientali abbiano dimostrato che, in presenza di rumore, si verificano reazioni di stress. Rylander specifica inoltre come il potenziale dei rumori ambientali di indurre reazioni di stress risulti elevato e che un’esposizione prolungata al rumore è causa del cambiamento di alcuni parametri fisiologici come un aumento della pressione sanguigna.

Nel suo studio vengono inoltre messi in evidenza gli effetti dovuti a un’esposizione acuta e cronica al rumore. Per quanta riguarda l’esposizione acuta, di maggiore interesse per il presente esperimento, gli effetti riportati da Rylander sono l’orienting response, che fa sì che occhi e testa si girino verso la fonte del rumore, lo startle, a cui è associato un frequente battito degli occhi e una contrazione dei muscoli centrali dell’orecchio e dei muscoli degli arti, e soprattutto la fight response, che comporta un aumento della tensione dei muscoli e della frequenza del polso, nonché una respirazione più lenta. Tutte queste reazioni sono inoltre accompagnate da un aumento della pressione sanguigna e della frequenza cardiaca con una secrezione istantanea di corticosteroidi e la fight response è anche accompagnata da una riduzione della secrezione salivare e gastrica.

Un altro contributo importante e a sostegno del rumore come stressor è rappresentato dallo studio di Nketia (1997) in cui viene indagato in che modo situazioni di relax e di stress influenzino alcuni parametri fisiologici quali il volume del sangue venoso e arterioso e la temperatura dei polpastrelli. Anche in questo caso lo stress è stato ricreato attraverso la riproduzione di un rumore (nello specifico, il suono di alcune sirene). Come risultato, si è notato che il volume del sangue venoso, l’ampiezza del volume del sangue arterioso e la temperatura del polpastrello aumentano durante uno stato di rilassamento per poi diminuire durante una condizione di rumore, a simboleggiare la situazione di stress sperimentata dai partecipanti.

Alla luce di queste considerazioni, la condizione di stress legata al rumore è stata pertanto considerata valida anche se, al tempo stesso, non sufficiente. Il rumore rappresenta infatti uno stressor esogeno e non tiene quindi in considerazione un altro tipo di stress, ovvero quello di natura endogena. In particolare, lo stress viene definito esogeno quando i fattori che lo determinano sono esterni al soggetto, mentre si parla di stress endogeno quando i fattori scatenanti sono relativi all’individuo. Per tale motivo, si è ritenuto interessante procedere con la realizzazione di ambedue le condizioni di stress (esogeno ed endogeno), da implementare prima separatamente e poi congiuntamente. Tale decisione è stata considerata rilevante anche al fine di riuscire a distinguere, in esperimenti futuri, le reazioni determinate da diversi fattori di stress: la distinzione permette di raccogliere informazioni preliminari per distinguere, anche sul luogo di lavoro, l’impatto di uno stress esogeno da quello di uno stress endogeno, consentendo così di selezionare e studiare le misure migliori per le differenti cause all’origine dello stress da lavoro correlato.

Per ricreare una condizione di stress endogeno si è deciso di utilizzare la combinazione di due elementi, abbinando un vincolo produttivo all’esecuzione di un task matematico: in particolare, i partecipanti devono produrre il maggior numero possibile di aeroplanini in un certo periodo di tempo e, contemporaneamente, viene loro chiesto di fornire, ogni 30 secondi, il risultato di una semplice operazione matematica, a cui è associata una penalità in caso di errore.

Come ulteriore stressor, il task viene infatti implementato nell’ottica di una sfida, in merito alla quale viene preventivata la possibilità di incorrere in una penalità per i partecipanti che non riescono a raggiungere la realizzazione di un certo numero di aeroplanini.

La scelta dell’operazione matematica da svolgere è stata supportata anche dalla letteratura dove non pochi sono i riferimenti relativi all’utilizzo di un task mentale per la realizzazione di una condizione di stress (Specchia et al., 1984; Noto et al., 2005), spesso adoperato anche in associazione ad altre condizioni stressogene come nel caso del Trier Social Stress Test, uno dei protocolli più utilizzati per ricreare una condizione di stress psicologico e sociale in laboratorio (Kirschbaum, Pirke &

Hellhammer, 1993; Dickerson & Kemeny, 2004).

Sempre relativamente al fattore stress è stata infine ipotizzata una quarta condizione, denominata “stress mix”, che prevede l’implementazione congiunta dello stress endogeno e di quello esogeno; grazie a questo, sarà quindi possibile ottenere un’analisi quanto più completa che tenga conto sia dell’effetto separato che di quello congiunto delle due diverse tipologie di stress.