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4. LA RICERCA QUALITATIVA E QUANTITATIVA SULLO STRESS

4.2 L INEE GUIDA PER UNA CORRETTA ANALISI QUALITATIVA E QUANTITATIVA

4.2.2 I questionari stress lavoro-correlato (Magnavita 2008, Mucci 2015,

(INAIL, 2017). A tal proposito, la definizione di gruppi omogenei di lavoratori permette di impostare un’analisi più approfondita e specifica per gli operatori in questione, evitando di dover ricorrere, al momento della valutazione approfondita, a domande generiche che possono portare a risultati fuorvianti e difficilmente confrontabili. Infine, anche la raccolta e l’analisi degli eventi sentinella e degli indicatori di contenuto e di contesto del lavoro risulta imprescindibile in quanto permette di avere dati oggettivi da accompagnare alle successive informazioni raccolte tramite questionari, focus group o interviste.

4.2.2 I questionari stress lavoro-correlato (Magnavita 2008, Mucci

salute e sul benessere dei lavoratori. Secondo la visione dell’HSE, una gestione non corretta di tali dimensioni, riportate in tabella 3 con le rispettive descrizioni, può infatti generare situazioni di stress lavoro-correlato13.

Tabella 3: Dimensioni HSE

Il Questionario strumento indicatore risulta essere uno strumento particolarmente valido: dopo essere stato sviluppato dall’HSE, il Management Standard Indicator Tool è stato validato attraverso un processo in cui sono stati coinvolti oltre 26.000 lavoratori britannici, per poi venire tradotto in italiano, verificato da esperti madrelingua e sottoposto a una ulteriore doppia validazione (INAIL, 2017).

Numerosi sono però i questionari che indagano lo stress-lavoro correlato, proprio in virtù della difficoltà di analisi di tale fenomeno. A tal proposito, Magnavita (2008) sottolinea che:

la prima difficoltà è semantica: nel linguaggio comune il termine stress viene spesso impiegato sia per indicare le cause (“lo stress professionale”) che le conseguenze patologiche (“essere stressati”). Nel primo caso, è più corretto parlare di “fattori di stress” o, con maggiore precisione, di “fattori di strain”, agenti cioè capaci di mettere sotto tensione l’individuo.

13 https://www.hse.gov.uk/stress/causes.htm

L’evento patologico vero e proprio, ovvero lo “stress” può invece verificarsi solo dopo il superamento delle capacità di opporsi all’agente di rischio (Introduzione, par. 2).

Questo, unito al fatto di dover adattare ogni strumento al proprio contesto di riferimento e all’indagine di aspetti differenti dello stress lavoro-correlato, ha fatto sì che nel corso del tempo siano state sviluppate diverse tipologie di questionario, distinguibili in primo luogo tra quelle finalizzate a indagare le fonti dello stress e quelle mirate a studiarne gli effetti.

Tra i numerosi strumenti di indagine esistenti, proprio la ricerca di Magnavita (2008)viene in soccorso in quanto effettua una revisione di quelli maggiormente utilizzati in Italia per la valutazione dei rischi psicosociali in ambito lavorativo:

poter contare su un’analisi focalizzata sull’ambito italiano è infatti un aiuto importante per capire come sviluppare una nuova analisi dello stress-lavoro correlato e da quale strumento di analisi già esistente partire in quanto, come sottolinea lo stesso Magnavita (2008):

per i ricercatori italiani, si aggiunge un ulteriore problema: i questionari per la misurazione delle variabili psicosociali sono standardizzati nella versione originale in inglese o in altre lingue. Dopo la traduzione in italiano è necessaria, oltre a una verifica di correttezza e coerenza, una nuova standardizzazione (Introduzione, par. 4).

La possibilità di conoscere quali di questi strumenti sono già stati utilizzati e validati rappresenta quindi un’importante base di partenza per svilupparne di nuovi.

Inoltre, come sottolineato sempre da Magnavita (2008), quando si parla di analisi relative allo stress lavoro-correlato “anche l’osservazione più accurata finisce per essere limitata dall’unicità e non casualità del campione” (Conclusioni, par. 4).

Proprio per questo motivo, sarebbe opportuno utilizzare o quantomeno basarsi su

“strumenti di validità internazionale, con una versione nazionale uniformata e con procedure di somministrazione e valutazione rigidamente standardizzate”

(Magnavita, 2008, Conclusioni, par. 4). Di seguito viene fornita una rassegna dei principali questionari riportati da Magnavita (2008).

Per quanto riguarda i questionari che indagano lo stress percepito, uno dei più conosciuti e rilevanti è il Job Content Questionnaire (JCQ) di Karasek (Karasek 1985). Basandosi sul modello demand-control, secondo cui lo stress lavorativo percepito (definito come “job strain” o “perceived job stress”) è determinato dalla relazione tra due variabili indipendenti, ovvero la domanda lavorativa (job demand) e la libertà decisionale (job control o decision latitude), tale strumento consente di catalogare i rispondenti in quattro categorie: lavoratori con alto strain lavorativo percepito (alta demand, basso control), lavoratori attivi (alta demand, alto control), lavoratori passivi (bassa demand, basso control) e lavoratori con basso strain (bassa demand, alto control). Successivamente è stata introdotta una terza variabile indipendente, ovvero il supporto sociale, che ha portato a una rappresentazione dei rispondenti in uno spazio a tre dimensioni(Magnavita, 2008).

La versione estesa è stata usata in numerosi studi nazionali (italiani, olandesi, spagnoli, belgi, finlandesi, lituani, francesi, coreani, polacchi, cechi, ungheresi) ma, contemporaneamente, anche l’utilizzo delle versioni ridotte è stato altrettanto frequente; come riportato da Magnavita (2008):

il JCQ è uno strumento che offre al ricercatore una scelta veramente ampia di opzioni e il cui impiego esteso e prolungato ha consentito di ricavare informazioni relative alle situazioni lavorative più diverse, rendendole in certa misura omogenee e confrontabili nel tempo (Valutazione dello stress percepito, par. 14).

In particolare, il sostegno sociale risulta essere una dimensione fondamentale che aggiunge valore al modello di Karasek. A tal proposito, interessante è il contributo di Batista et al. (2011) che, basandosi sugli studi di Leiter et al. (2010) e Leiter e Harvey (1998), evidenziano l’enorme impatto che i supervisori possono avere sulla salute psicofisica dei loro dipendenti, dato dalla loro capacità di plasmare le percezioni dei lavoratori circa l’ambiente di lavoro e il valore dell’organizzazione, elemento che permette di influire su risultati quali la soddisfazione, l’impegno e la performance lavorativa.

Un altro questionario finalizzato a indagare lo stress percepito è quello basato sul modello di stress Effort-Reward Imbalance (ERI) di Siegrist, secondo cui lo stress lavorativo ha origine dalla mancanza di equilibrio tra l’impegno profuso e le ricompense ricevute: attraverso 23 domande il questionario analizza quindi tali tematiche, concentrandosi parallelamente sul concetto di over committment, inteso come coinvolgimento eccessivo da parte del lavoratore (Magnavita, 2008).

Interessante è il confronto tra l’ERI e il JCQ in quanto diverso ma complementare è il contributo fornito da ciascuno di essi in merito all’analisi dello stress lavoro-correlato, con l’ERI che risulta più adatto a valutare i fattori di stress a livello intellettuale e dirigenziale(Magnavita, 2008). Per questo motivo, come riportato dallo stesso Magnavita (2008), un utilizzo congiunto di entrambi i questionari risulta preferibile dal momento che, anche se determina una maggiore complessità, permette di ottenere una definizione migliore della tematica analizzata; allo stesso tempo non sembra però opportuno cercare di far convergere i due questionari in un solo strumento anche in virtù del fatto che i tentativi condotti in tal senso non hanno portato a risultati utili: il questionario ottenuto dalla combinazione dell’ERI con il JCQ risulta infatti dominato dalla domande provenienti dall’ERI (Magnavita, 2008).

Considerando gli strumenti pensati per analizzare gli effetti dello stress, un possibile questionario è il Subjective Health Complaint Inventory, utilizzato nei paesi scandinavi e composto da un totale di 29 domande volte a indagare la frequenza, negli ultimi 30 giorni, di precisi sintomi relativi all’ambito muscoloscheletrico, pseudo-neurologico, gastrointestinale, allergico e influenzale (Eriksen & Ihlebaek, citati in Magnavita, 2008).

Un ulteriore strumento sono i cosiddetti “indicatori generici di qualità della vita”, di cui un esempio è rappresentato dal questionario SF-36; quest’ultimo, attraverso 36 domande, permette di considerare otto differenti scale ovvero l’attività fisica (10 domande), le limitazioni di ruolo dovute alla salute fisica (4 domande), le limitazioni di ruolo dovute allo stato emotivo (3 domande), il dolore fisico (2 domande), la percezione dello stato di salute generale (5 domande), la vitalità (4 domande), le attività sociali (2 domande), la salute mentale (5 domande) e le

variazioni nello stato di salute (1 domanda). L’SF-36 è stato successivamente ridotto e ne è stata creata una versione a 12 domande (SF-12), utilizzata nel 2000 dall’ISTAT per condurre un’analisi sullo stato di salute degli italiani (Magnavita, 2008), a conferma della sua efficacia e validità. È inoltre interessante notare come le numerose prove effettuate con l’SF-36 abbiano dimostrato la presenza costante di una componente mentale e una componente fisica (Magnavita, 2008), elemento che non dovrebbe pertanto essere ignorato nell’implementazioni di nuovi strumenti di analisi.

Tra gli strumenti da tenere in considerazione vi è anche il Nottingham Health Profile (NHP), un questionario molto semplice e sensibile alle variazioni dello stato di salute che indaga il grado di disagio fisico, emotivo e sociale dei rispondenti attraverso 38 domande relative alle reazioni emotive, al disagio sociale, al grado di energia, alla mobilità fisica, al sonno e al dolore (Magnavita, 2008).

Come sottolineato da Magnavita, all’analisi diretta dello stress da lavoro deve essere affiancata anche una valutazione relativa allo stato psicologico dei rispondenti “sia perché lo stress può indurre problemi psichiatrici sia perché lo stato psichico dei soggetti influenza gli effetti dello stress” (Problemi psichici, ansia, depressione, burn-out, par. 1).

A tal proposito esistono diversi strumenti, tra cui il MiddleSex Hospital Questionnaire, il questionario STAI e il General Health Questionnaire (GHQ). Il MiddleSex Hospital Questionnaire (MHQ) è un questionario auto-valutativo composto da 48 domande volte a indagare le tematiche relative all’ansia, ai comportamenti ossessivo-compulsivi, ai sintomi somatici e depressivi che si è inizialmente dimostrato particolarmente valido per distinguere le persone sane da quelle affette da qualche patologia, prima di diventare obsoleto con l’avvento dei nuovi criteri di classificazione nosografica (Magnavita, 2008).

Il questionario STAI (Spielberger, 1970) permette invece di analizzare contemporaneamente l’ansia di stato, cioè come il soggetto reagisce a un nuovo accadimento e l’ansia di tratto, connessa ai tratti costanti di ogni personalità e la cui versione italiana, come sottolineato da Magnavita, è stata utilizzata da differenti

ricercatori (Dorz, Novara, Sica, Sanavio, 2004; Forcella, Di Donato, Coccia, Tamellini, Di Giampaolo, Grapsi, D’Intino, Pulini, Di Giuseppe, Turano, Boscolo, 2007; Zoni, Albini, Marchetti, Franceschini, Taccia, Trombini, Lucchini, 2007).

Il General Health Questionnaire (GHQ) di Goldberg è un questionario che ha l’obiettivo di analizzare la salute mentale soggettiva chiedendo all'intervistato se ha recentemente sperimentato un sintomo o un comportamento di disturbo psichiatrico (Mucci et al., 2015). Come riportato anche da Magnavita, la sua versione italiana a 12 item risulta essere la più usata e si può trovare, ad esempio, negli studi di Magrini et al. (2015) e Mucci et al. (2015).

In Mucci et al. (2015), è interessante notare l’utilizzo di un altro questionario, il Negative Acts Questionnaire Revised (NAQ -R) (Einarsen et al., 2009), volto ad indagare la presenza, sul luogo di lavoro, di episodi di bullismo personale (esposizione a comportamenti quali pettegolezzi, commenti offensivi, prese in giro e critiche persistenti) o legati al lavoro stesso (scadenze irragionevoli, carichi di lavoro ingestibili, monitoraggio eccessivo, omissioni di informazioni cruciali).

In generale, ciò che emerge dai numerosi questionari esistenti è la necessità di indagare lo stress lavoro correlato soffermandosi sui vari aspetti ad esso correlati in modo da garantire una visione quanto più ampia possibile della tematica analizzata.

A ulteriore sostegno di ciò, si può notare come tale scelta si ritrovi in numerosi studi:

Mucci et al. (2015) nel loro Work-related stress assessment in a population of Italian workers. The Stress Questionnaire fanno contemporaneamente uso del GHQ, del NAQ-R e dello Stress Test mentre Magrini et al. (2015) in La valutazione approfondita dello stress lavoro correlato in una grande azienda in cambiamento utilizzano il General Health Questionnaire 12, l’HSE – Management Standards Indicator Tool e un questionario costruito ad hoc al fine di ottenere una valutazione soggettiva dello stress lavorativo in una grande azienda delle telecomunicazioni e di capire l’impatto psicofisico sui lavoratori dell’attività lavorativa e di cambiamenti lavorativi specifici (taglio dei costi e aumento della produttività). Ma altri casi sono riportati da Magnavita (2008): in uno studio condotto da Marinacci et. al (2005) si può assistere a un utilizzo combinato del modello demand/control con uno strumento di

valutazione della soddisfazione del lavoro e un questionario basato sul modello di Karasek è stato utilizzato unitamente a una versione a 12 domande dell’ERI nel National Population Health Survey (NPHS) condotto in Canada.

Anche Emanuel et al. (2016), al fine di ottenere una valutazione soggettiva dello stress lavoro-correlato all’interno di una azienda farmaceutica italiana, sviluppano un questionario di 58 domande che, per indagare tutte le tematiche coinvolte (esaurimento emotivo, soddisfazione lavorativa, clima di sicurezza, chiarezza dei ruoli, chiarezza e applicabilità delle procedure di lavoro, giustizia dei supervisori, supporto dei colleghi, carico lavorativo, sforzi lavorativi, locus of control, auto-efficienza lavorativa) prende a piene mani dai precedenti studi combinando tra loro svariati questionari (Demerouti, Moster, Bakker, 2010; Cooper, Sloan, Williams, 1988; Neal & Griffin, 2006; Ostrom, Wilhelmsen & Kaplan, 1993; Elovainio, Kivimaki, Vahtera, 2002; Caplan et al., 1975; Pombeni & Guglielmi, 1998; Schwarzer

& Jerusalem, 1995). E ancora Giorgi (2013) (citato in Mucci et al., 2015) ha sviluppato lo Stress Questionnaire (SQ), un bilancio di diversi strumenti di self-report che va ad indagare cinque diversi fattori legati allo stress lavoro correlato ovvero il conflitto di ruolo, il supporto da parte dei colleghi, il supporto da parte dei supervisori, le richieste del lavoro e il controllo sul lavoro.

Alla luce di quanto emerso dallo studio della letteratura, tenere conto di tutte le possibili dimensioni collegate allo stress risulta pertanto fondamentale per l’implementazione di un nuovo strumento di analisi. A tal proposito, è evidente come non soltanto sia opportuno cercare di indagare sia le cause che gli effetti dello stress, ma di estrema importanza sia anche affiancare, a strumenti di natura

“soggettiva”, altri strumenti che permettano di raccogliere dati oggettivi (quali il tasso di infortunio o il tasso di assenteismo) in grado di dare maggiore solidità alle informazioni raccolte.

Come sottolineato da Mucci et al. (2015), la combinazione di più strumenti di analisi quantitativa, se fatta adeguatamente, permette inoltre di ridurre i possibili bias che si possono creare durante la somministrazione di un questionario, come ad esempio il “bias di desiderabilità sociale” (Donaldson & Grant-Vallone), ovvero la tendenza

delle persone intervistate a rispondere in maniera non veritiera preferendo dare la risposta che risulta essere socialmente più accettabile rispetto alle altre.

4.2.3 Gli strumenti per l’analisi qualitativa: focus group e