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Feedback dal pieno impiego protratto nel tempo

Inflazione, salari dei dipendenti pubblici e instabilità finanziaria.

La relazione che lega la disoccupazione al tasso di inflazione è propria di Milton Friedman così come del modello di Samuelson-Solow-Phillips con la famosa “curva di Phillips”.

In quest’ultimo i mercati del lavoro che diventano più stretti sono associati alla crescita dei salari e dei prezzi; ma dal momento che i salari crescono più velocemente dei prezzi, il salario reale aumenta. In questo modo, coloro che avevano già un’occupazione beneficeranno di questa crescita così come i nuovi occupati. Per i già precedenti possessori di lavoro sarà un cambiamento che non costerà loro nulla e anzi positivo, quindi socialmente accettato.

Nel mondo Friedmaniano invece, un eccesso di domanda aggregata farà crescere i prezzi relativamente ai salari, riducendo così il reddito reale. I redditi dei già occupati pagherà un prezzo che i lavoratori non saranno disposti a pagare, i nuovi occupati saranno i beneficiari di questo meccanismo così come i percettori di profitto.

“Dunque la visione che incrementi dei tassi dei salari associati con bassa disoccupazione generano inflazione guarda all’inflazione come socialmente benefica; la visione da inflazione indotta, riguardo al modo in cui sono raggiunti bassi tassi di disoccupazione, vede l’inflazione come socialmente corrosiva”.16

15Minsky (2013), Ending poverty: jobs, not welfare, New York, Levy Economics Institute, p. 140. 16Idem, p. 141.

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Come illustrato precedentemente il reddito include i servizi ricevuti in natura dal settore pubblico. Gran parte di questi servizi possono essere considerati labour- intensive (istruzione, sanità, sicurezza…) e quindi soggetti ad una produttività limitata e una elasticità al reddito. Questo tipo di impieghi, in quanto garantiti anche nei confronti delle depressioni più consistenti, hanno un’utilità maggiore per le famiglie in media anche se garantiscono un salario inferiore ad esempio a lavori stagionali e altamente ciclici. Data l’avversione al rischio delle famiglie, se l’aspettativa che avvengano fluttuazioni cicliche si riduce, allora anche il premio per il “rischio” sui salari verrà meno. Dopo un prolungato periodo di prosperità si potrà assistere ad un adeguamento dei salari, “rischiosi e non”, e dunque la differenza relativa assottigliarsi. Come risultato di questo fenomeno, dopo un prolungato periodo di pieno impiego sono probabili un deterioramento del settore pubblico o un significativo aumento dei costi. Dato l’obiettivo di combattere la povertà con l’occupazione, ostacoli alla produzione di beni pubblici sono un problema che può inficiare l’obiettivo di politica economica.

Le buone aspettative dovute ad un periodo buono tendono a cancellare dalla memoria recessioni e depressioni passate. Ma questi ricordi trovano la loro espressione nella struttura delle passività delle imprese e nei portafogli di attività preferiti sia dalle famiglie che dalle istituzioni finanziarie. Un boom degli investimenti e un incremento dei tassi di interesse le conseguenze. Il primo porterà all’inizio un’espansione accelerata portando la domanda aggregata sopra il livello di pieno impiego causando così pressioni inflazionistiche. Il tentativo di contrastare questi effetti uniti alla struttura endogena del sistema finanziario porteranno ad un rapido declino delle attività e una conseguente crisi di liquidità, con una significativa riduzione della domanda di investimenti.

Quindi può essere vero che le forze esplosive del capitalismo rendono impossibile sostenere periodi prolungati di pieno impiego.

Minsky perciò sostiene che un periodo di pieno impiego non è un punto di naturale equilibrio per un’economia capitalistica. Esso è piuttosto un momento transitorio in un ciclo che porterà un surriscaldamento e un incremento della fragilità finanziaria. In assenza di un intervento del governo il normale processo ciclico dell’economia arriverà al punto di un insostenibile boom caratterizzato da comportamenti finanziari

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speculativi. Il ciclo culminerà in una deflazione da debiti e in una depressione. Ma la depressione stessa crea le basi per il ritorno di una finanza robusta. Così, e qui Minsky è perfettamente d’accordo con Schumpeter e Marx, le depressioni sono funzionali: sono il distruttivo ma necessario meccanismo, (“the slaughtering of capital values”)17

per riportare la struttura finanziaria capitalista in equilibrio.

L’intervento dello stato diventa allora fondamentale per trovare e portare avanti una politica economica efficace alla lotta contro la povertà. Una politica che deve essere compatibile con le sottostanti regole comportamentali dell’economia. Una regola comportamentale è che la disponibilità a pagare le tasse e a sostenere programmi che implicano tasse dipende dai benefici percepiti da coloro che le pagano.

I parchi, la sicurezza pubblica, le strade pulite e persino l’istruzione degli altri determinano benefici percettibili o disponibili per tutti i contribuenti.

Programmi dispendiosi di equalizzazione del reddito non possono dipendere dall’altruismo; i beni pubblici e i beni comuni devono essere il veicolo attraverso il quale l’interesse individuale si trova in accordo con l’equalizzazione del reddito.

Quello che viene suggerito è che il governo diventi datore di lavoro di ultima istanza. In questo tipo di programmi il governo fissa un tasso di salario al quale è disposto ad occupare tutti i lavoratori disponibili, pronti e capaci.

Questo tasso salariale diventa immediatamente il “pavimento” salariale per tutti i settori. Minsky definisce questo tipo di programma, lo stato come datore di lavoro di ultima istanza, come una legge a supporto dei salari. Questa legge può essere vista come stimolante per la produzione di servizi dal settore pubblico e se possibile, vincolante per le industrie ad alto salario. Contemporaneamente la crescita più che proporzionale dei salari dell’industria a basso salario rispetto a quella ad alto salario consentirà ai primi di crescere più velocemente dei prezzi, conseguenza diretta sarà una riduzione del differenziale salariale.

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