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Il pavimento salariale come stabilizzatore esogeno

Il prezzo pagato dal governo per sostenere un programma ELR sarà determinato esogenamente. Il risultato ottenuto consisterà nell’avere una quantità variabile e il prezzo fissato; ovviamente questo non equivale a dire che lo Stato potrà fissare il salario di base a suo piacimento, dovrà, necessariamente, tenere conto delle variabili

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determinanti nella scelta del livello di un salario. I salari esistenti, i benefici derivanti dal welfare e la stima di un salario di sussistenza andranno a quantificare il salario pubblico di base.

Il salario pubblico di base fissato dal governo sarà perfettamente stabile e un benchmark per il prezzo del lavoro. Alcuni lavori potranno continuare a pagare un salario minore se questi saranno particolarmente desiderabili per le caratteristiche intrinseche della posizione stessa. Tuttavia, i lavori il cui salario si posiziona allo stesso livello o al di sotto sperimenteranno un incremento una tantum del prezzo o scompariranno del tutto. I datori di lavoro saranno forzati quindi a coprire questi maggiori costi attraverso una combinazione di un più alto prezzo del prodotto finale, una maggiore produttività del lavoro e minori profitti. Di conseguenza è probabile il verificarsi di un aumento, anche qui una tantum, dei prezzi di alcuni prodotti. In ogni caso, questo salto all’insù, non importa quanto grande, non può essere definito inflazione, tantomeno una pressione che accelera l’inflazione; stando alla definizione fornita dagli economisti, per inflazione si intende un incremento del livello dei prezzi continuativo.

Dato che la relazione tra salari e produttività è persa, può manifestarsi qualche strategia da parte dei lavoratori occupati nel settore privato di ottenere un miglioramento eccessivo delle proprie condizioni lavorative. Dato però che, come per i lavoratori c’è un’alternativa privata all’aderire al programma ELR, anche per i datori di lavoro c’è un’alternativa all’assumere lavoratori troppo pretenziosi in maniera autonoma. Questa che si delinea è la prima caratteristica di “stabilizzatore di prezzo” che ha un programma ELR.

Questo meccanismo aiuterà a controbilanciare le pressioni salariali causate dalla scomparsa della paura di perdere il posto di lavoro.

La riserva dell’ELR opererà come “scorta”, e come ogni scorta di qualunque materia prima può essere usata come stabilizzatore di prezzo, la “scorta di lavoro” statale aiuterà a stabilizzare il prezzo dei non lavoratori BPSE nella misura in cui le riserve dell’ELR sono sostituti per i non lavoratori BPSE.

Alcuni economisti, incluso Keynes, hanno notato che non esiste davvero un mercato del lavoro; il lavoro non è come le altre risorse perché non può essere posseduto, non può essere stoccato e non è così mobile come lo sono gli altri fattori della produzione.

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In aggiunta, ci sono considerevoli costi da asimmetria informativa e incertezza circa l’assunzione dei lavoratori. Un programma che prevede un datore di lavoro di ultima istanza risolve o riduce alcune di queste difficoltà. Il BPSE permette lo “stoccaggio” del lavoro, quando il settore privato o più in generale i settori non-BPSE sono saturi, o per meglio dire non necessitano di ulteriore forza lavoro, questa può essere immagazzinata nel programma. Lo Stato agirà come “market-maker”, creando un mercato del lavoro nel quale è disposto a “comprare” lavoro non impiegato a un prezzo fissato, o a “vendere” forza lavoro ad un mark-up sul salario pubblico di base. L’incremento di quest’ultimo produrrebbe l’effetto di una svalutazione della moneta corrente, effetto simile a quello osservabile sotto il regime del gold standard, dove il governo fisserebbe il valore della moneta relativamente al valore esogeno dell’oro. Lo Stato agirebbe in qualità di market maker per l’oro, utilizzando le riserve d’oro.

L’analogia con un programma che prevede l’ELR è chiara: la svalutazione della moneta alzando il prezzo dell’oro o dei lavoratori aderenti all’ELR può essere una risposta all’inflazione crescente dovuta ad altri fattori.

L’obiettivo di questo ragionamento non è quello di rispondere alla domanda se è meglio avere un “pieno impiego” dell’oro o un “pieno impiego” del lavoro come stabilizzatore dei prezzi, o ancor di più, quale sia il miglior metodo alternativo per stabilizzare il livello dei prezzi. Semplicemente si confuta l’idea che una politica di alto o pieno impiego sia necessariamente inflattiva. Con un programma che prevede un datore di lavoro di ultima istanza viene definito il valore della moneta in relazione al salario pubblico di base corrisposto per una posizione lavorativa standard. Questo, forse, inizialmente svaluterà la moneta causando un salto del livello generale dei prezzi ma non produrrà pressioni inflazionistiche maggiori rispetto all’attuale schema di politica economica.

Tutte le economie moderne hanno abbandonato il sistema gold standard e adottato lo schema della moneta fiat, il quale in maniera evidente concede meno “restrizioni finanziarie”. In questo contesto, ha senso ragionare su un programma per raggiungere il livello di zero disoccupazione attraverso un datore di lavoro di ultima istanza, rappresentato dallo Stato. Questa evidenza diventa più chiara se, come già accennato sopra e com’è intuibile, osserviamo l’ELR come uno strumento anticiclico. L’ELR non elimina completamente il business cycle ma ne attenua le conseguenze negative. Il suo

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ruolo diventa quindi fondamentale nel momento del collasso dell’economia, quando la domanda privata si comprime e migliaia di lavoratori rimarrebbero senza un impiego, senza una fonte di reddito per far fronte agli impegni presi nel periodo florido dell’economia in cui lavoravano e le loro aspettative assumevano sempre più una forma positiva. In momenti come questi l’ELR deve farsi carico di quei posti di lavoro e inevitabilmente aumentare la propria spesa e diventerebbe praticamente improbabile, se non impossibile, mantenere fissi i prezzi di due commodity, l’oro e il lavoro, e simultaneamente mantenere fisso il valore della propria moneta in relazione ai loro prezzi relativi.

Con un programma di ELR, il governo fissa il salario ma permette alla sua spesa di essere endogenamente determinata. Il valore reale della moneta corrente sarà in constante cambiamento così come la produttività media dei lavoratori che fanno parte “dell’esercito” dell’ELR. Quando la domanda privata aumenta, la produttività media dei lavoratori ottenuta dal governo attraverso il datore di lavoro di ultima istanza diminuisce. Al contrario, quando la domanda privata diminuisce la produttività media dei lavoratori a salario pubblico di base aumenta. Questo meccanismo è proporzionale all’ampiezza della domanda privata. La qualità del lavoro ottenuta dallo Stato al salario pubblico di base subirà una fluttuazione marginale continua, causata da una variazione della qualità media. Il pay-off di un’unità di salario in relazione alla qualità del lavoro cambierà in base al momento del ciclo economico in cui ci si trova. Questa fluttuazione della produttività marginale funge da stabilizzatore economico interno.

Un po’ di numeri

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Come già precisato sopra e come si può evincere dalla lettura, lo scopo di questo lavoro non è dimostrare la sostenibilità economico-finanziaria del programma in oggetto. Non ci si può astenere, però, del tutto, dallo sciorinare numeri, dati e grafici per rispondere alla domanda più gettonata giunti a questo punto:

Quanto costa ELR in Italia e non solo?

19 Fonte: Mastromatteo e Esposito (2015), Banking on ELR. How the Ideas of Minsky can Tackle

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Ci sono diversi studi con analisi costi/benefici dei programmi ELR sulla base di una varietà di strumenti. Tutte queste analisi concludono che un programma di ELR comporterebbe oneri che variano tra l'1 e il 3,5 per cento del PIL al suo apice, con un beneficio almeno doppio in termini di PIL, che è anche coerente con i calcoli originali di Minsky.

Pertanto, l'ELR sarebbe più che auto-finanziato. Inoltre, ELR elimina le altre spese dello Stato, alcune dirette, come ad esempio i sussidi di disoccupazione, altre indirette, come i costi legati alla povertà e la disoccupazione in termini di salute, attività criminali e così via. Più in generale, in un modo o nell'altro, i disoccupati sono alimentati da persone impiegate; di conseguenza, i salari ELR non sono un costo sociale aggiunto. Tutte queste idee sono supportate da un caso oggetto di studio molto recente sulla Grecia. Questa lettura approfondita su come affrontare la terribile situazione di disoccupazione in Grecia, dopo anni di austerità, sottolinea che un programma ELR a pieno regime costerebbe tra 1,5 e 5,4% del PIL, il 60% di questo costo sarebbe recuperato dallo Stato in tasse e altro.

Si stima, inoltre, che al salario minimo attuale, per ogni 10 nuovi posti di lavoro ELR, circa altre 4 posizioni lavorative indirette vengono create e che l'aumento del PIL è di 2,3 volte il costo del programma. I risultati delle simulazioni sono basati su tabelle di dati Input-Output (IO) Eurostat del paese.

Confrontando le tavole dell'I/O dei settori specifici usati dallo studio come creatori di lavori di ELR possiamo vedere che vi è una forte somiglianza, nonostante tutte le differenze tra l'economia greca e italiana. Infatti, questi cinque settori (Servizi ambientali; Costruzioni; Servizi di sicurezza e investigazione; Servizi ad edifici e paesaggio; Ufficio amministrativo e supporto; Servizi di istruzione e lavoro sociale.) hanno un peso molto simile nell'economia (12,46% e il 12,59% della produzione totale, rispettivamente, in Grecia e in Italia) e la loro composizione di input è anche simile.

48 Figura 3

Pertanto, si possono tranquillamente utilizzare i moltiplicatori della ricerca originale per simulare il costo di un programma ELR per l'Italia. In particolare, noi basiamo la nostra analisi sui seguenti presupposti:

Figura 4

Utilizzando questi coefficienti siamo in grado di simulare l'impatto dell'impatto ELR. Usiamo i dati 2013 nella seguente tabella:

49 Figura 5

Il costo totale di un programma ELR in Italia è circa il 2% del PIL, vicino alle stime sopra citate. Per inserire questo numero (€ 34 MLD) nel contesto, si deve considerare che, nel 2012, il costo totale delle politiche del lavoro per il governo italiano è stato più di 29 MLD €, di cui € 23MLD per l'indennità di disoccupazione. Ciò significa che il costo del lavoro ELR aumenterebbe il disegno di legge lordo per lo Stato a non più di 5 miliardi di €. Per quanto riguarda il costo netto, considerando solo la crescita del PIL diretta, la situazione sarebbe di gran lunga migliore, dato che ora queste prestazioni sono erogate senza alcun aumento diretto del PIL, mentre la crescita economica generata dal programma ELR potrebbe essere nel range di € 80 miliardi di euro all'anno, il che significa, tra l'altro, oltre 30MLD € di nuove entrate per lo Stato.

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