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CAPITOLO 2 RESTITUZIONE DI UMANITÀ, RESPONSABILITÀ E ABILITÀ

4.2 Il fenomeno in Italia

Come già affermato, in Italia le prime esperienze riconducibili all’Agricoltura sociale hanno un passato che si lega non già ad un rapporto di collaborazione con le istituzioni, ma a modalità e forme di auto mutualismo, maggiormente dirette ad includere persone con disabilità fisico-mentale nelle attività dell’azienda. Le prime esperienze ufficializzate,

inquadrate anche come «fenomeni di controurbanizzazione»395, risalgono agli anni ‘70/’80.

Con un’azione “dal basso”, tali azioni sociali miravano a sopperire il forte divario tra i bisogni sociali emergenti e l’incapacità e l’inconsistenza delle risposte pervenenti dallo Stato. Una svolta importante in tal senso consegue alla chiusura delle strutture manicomiali e all’entrata

in vigore della legge Basaglia396, in seguito alla quale le opportunità dell’agricoltura e della

zootecnica iniziano ad essere formalmente considerate per il trattamento del disagio mentale. Negli anni novanta questi fenomeni vengono regolamentati attraverso l’istituzione della

394 http://agriregionieuropa.univpm.it/system/files/sitecontent/article/field_content_imgs/2013-2582/grafico1-2780.png 395

Di Iacovo F., Agricoltura sociale: la produzione innovativa di salute, in L’agricoltura sociale come opportunità di

sviluppo rurale sostenibile: prospettive di applicazione nel campo della salute mentale, (a cura di) Cirulli F., Berry A.,

Borgi M., Francia N., Alleva E., Rapporti ISTISAN, 11/29, ISSN 1123-3117, p. 13.

396 Per approfondimenti sulla Legge 13 maggio 1978, n. 180, " Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e

obbligatori " pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 16 maggio 1978, n. 133, si veda: http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_normativa_888_allegato.pdf

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cooperazione sociale, con Legge 381/1991397. Nel 2003 su tutto il territorio nazionale si

registrava la presenza di 471 cooperative sociali operanti in ambito agricolo398. La gestione

pubblica del sociale inizia pertanto ad essere affiancata dal privato sociale, e ciò avviene

anche all’interno delle aree rurali, facilitando un dialogo di arricchimento reciproco399

. Le aree rurali iniziano ad accrescere il numero dei servizi alla persona, mentre il welfare vi rivolge attenzione e sostegno. Gli anni tra il ’68 e l’80 del millenovecento, furono anche quelli in cui l’interesse per il contesto agricolo fu così acceso che anche le finalità della PAC (Politica Agricola Comune), rivolte alla sola sicurezza alimentare, si rivelarono inconcludenti. Iniziò ad essere ribaltato il rapporto tra città e campagna, generando una riassegnazione di valore a quest’ultima vista, non più esclusivamente come area produttiva di beni di base, ma

anche sotto un quadro di sviluppo, di innovazione e di benessere sociale400. In questi scenari,

a fare da pioniera è la Toscana che, con l’implementazione di 60 progetti attraverso l’utilizzo di risorse comunitarie appartenenti al PSR 2000/2006, suscita l’interesse nazionale e la ripetizione delle medesime modalità da parte di altre regioni italiane (in primis della Regione Veneto), durante la fase di programmazione 2007/2013. L’accoglimento e il recepimento del sociale negli spazi di agricoltura appare significativo all’interno del Piano Strategico Nazionale (PSN) per lo Sviluppo Rurale 2007/2013. Risulta infatti rilevante il documento redatto dal Ministero delle Politiche Agricole, in quanto per la prima volta i soggetti svantaggiati vengono considerati come possibili attori dello sviluppo rurale, mentre all’azienda agricola viene riconosciuto un possibile ruolo tra gli attori facenti parte delle reti di welfare locale. Nel documento si afferma: «Tra i gruppi target, meritano un’attenzione particolare i giovani, le donne, gli anziani, i lavoratori stagionali ed extra-comunitari, le persone in situazione di disagio e di esclusione sociale. Relativamente a questi ultimi, una tendenza che appare interessante promuovere e sostenere è quella legata alle imprese

397

Per approfondimenti si veda: http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1991-11-08;381

398 Appare imprescindibile citare l’azione sociale portata avanti dall’Associazione Libera fondata da don Luigi Ciotti.

Attraverso una petizione popolare che raccolse un milione di firme, nel 1996 fu presentata in Parlamento la richiesta di utilizzare per finalità sociali i beni confiscati alla mafia, soprattutto terreni e fabbricati rurali poi impiegati anche per l’inclusione socio-lavorativa di persone svantaggiate.

399 «Le prime esperienze di inserimento occupazionale in agricoltura di persone vulnerabili e a rischio di

marginalizzazione nascono in Italia […] dai movimenti per la costituzione di cooperative giovanili e per l’abolizione dei manicomi, dalla lotta alla tossicodipendenza e dalla denuncia della condizione carceraria. Quelle esperienze, laddove si sono sviluppate, si sono rilevate tra le risposte più efficaci al disagio sociale, perché hanno permesso percorsi di riabilitazione e inserimento lavorativo in grado di riconoscere dignità alle persone coinvolte e di tener contro delle esigenze delle loro famiglie», in L’agricoltura sociale: antecedenti socio-culturali e politiche pubbliche, (a cura di) Pasquale A., in Agricoltura biologica e sociale. Strumento del welfare partecipato. (a cura di) Ciaperoni A., Quaderni AIAB, 2008, p. 21.

400 «Era infatti in crisi il tradizionale schema interpretativo città-campagna che separava nettamente le aree urbane da

quelle rurali […]. Le relazioni economiche, sociali e culturali, fino a qualche decennio prima unidirezionali e di dipendenza sull’asse città –campagna diventavano multidirezionali. Esse si realizzavano ad un rapporto di interdipendenza e mutuo scambio di servizi». Ivi, p. 25.

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produttive, anche agricole, e di servizi che operano nel campo della cosiddetta agricoltura sociale, ovvero l’utilizzo dell’azienda agricola per il soddisfacimento di bisogni sociali quali il

recupero e l’inserimento di soggetti svantaggiati, attività didattiche per la scuola»401

. Nello specifico, le Misure del PSR, inerenti l’Asse III, all’interno delle quali viene fatta rientrare l’Agricoltura sociale sono:

- la Misura 311, «Diversificazione in attività non agricole»;

- la Misura 321, «Servizi essenziali per l’economia e la popolazione rurale»; - la Misura 331, Formazione ed informazione.

La prima prevede interventi in favore delle fattorie sociali e finanzia operazioni strutturali o l’acquisto di attrezzature per lo svolgimento delle attività di Agricoltura sociale. In alcuni casi, le risorse vengono erogate anche per il finanziamento delle attività di consulenza e progettazione per le stesse iniziative. Tra i beneficiari rientrano gli imprenditori agricoli e i componenti della famiglia agricola e, solo per alcune regioni, i finanziamenti vengono estesi anche alle cooperative sociali agricole. La percentuale media degli aiuti si mantiene sul 50%. La Misura 321, invece, include le attività di Agricoltura sociale solo in base a quanto esse trovano riconoscimento, rispetto all’erogazione di servizi indirizzati alla popolazione rurale, all’interno del PSR. Tra le attività finanziate, anche al 100%, prevede oltre agli aiuti per l’avvio di servizi di utilità sociale, le dotazioni infrastrutturali su piccola scala, la riattivazione e rifunzionalizzazione di immobili, l’acquisto di macchine e di attrezzature. Tra i beneficiari, in questo caso rientrano in particolare le strutture e gli enti pubblici, tra cui i Comuni, i

Consorzi di Comuni, le Province e spesso le ASL. Ancora i GAL402, associazioni del terzo

settore e partenariati pubblico-privato. La Misura 331, infine, viene attivata come misura complementare alla Misura 311 sulla Diversificazione, attraverso il finanziamento delle attività formative per lo sviluppo di abilità e competenze nelle attività di agricoltura sociale, che spesso sono gestite da organismi di formazione pubblici e privati, spesso accreditati

presso la Regione. L’ammontare dell’aiuto è in questi casi sempre pari al 100%403.

401 Sezione «Sviluppo Rurale», in www.politicheagricole.it. Ivi, p. 41.

402 I GAL (Gruppo di Azione Locale) sono costituiti da un insieme di partner pubblici e privati rappresentanti le varie

componenti socio-culturali del territorio e sono titolari della programmazione dal basso, lavorano alla valorizzazione delle potenzialità di un territorio favorendo lo sviluppo sostenibile e il miglioramento del livello socio-economico delle zone rurali. Inoltre, tra i loro compiti rientra l’elaborazione e l’esecuzione di un Piano di Sviluppo Locale (PSL).

403 Per approfondimenti, si rimanda ai paragrafi 4 e 5 del capitolo L’agricoltura sociale: antecedenti socio-culturali e

politiche pubbliche, (a cura di) Pasquale A., in Agricoltura biologica e sociale. Strumento del welfare partecipato, (a cura di) Ciaperoni A., Quaderni AIAB, 2008, pp. 26-37.

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Le prime ricerche404 sulle realtà italiane di Agricoltura sociale fanno emergere l’esistenza di

contesti molto variegati e difformi tra loro, tutti con altissimo grado di efficienza nel rispondere alle problematiche delle persone in esse coinvolte. Via via, il fenomeno diventa sempre più consistente tanto da essere incluso nelle agende politiche, sia a livello nazionale che regionale. Tra le istituzioni pubbliche, il Ministero di Grazia e Giustizia è tra i primi a mostrare forte interesse. Infatti, all’interno di alcune strutture penitenziarie e, in particolare, presso le Colonie agricole trovavano già avvio attività di produzione agricola, e successivi corsi professionalizzanti.

4.3 Breve escursus sull’evoluzione del rapporto tra agricoltura e