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Fermo amministrativo

Nel documento Il debito fiscale nel fallimento (pagine 51-55)

1. Premessa

2.3 Azioni individuali dell’Erario

2.3.2 Fermo amministrativo

L’art. 69, comma sesto, del regio decreto n. 2440 del 18 novembre 1923 afferma quanto segue: «Qualora un’amministrazione dello Stato che abbia, a qualsiasi titolo, ragione di credito verso aventi diritto a somme dovute da altre amministrazioni, richieda

150 FERRO M., La legge fallimentare. Commentario teorico-pratico, cit., p. 355

151 SANDULLI M. – D’ATTORRE G., Manuale delle procedure concorsuali, cit., p. 153. Fanno eccezione

la chiusura del fallimento con conseguente apertura di concordato e l’attribuzione del beneficio dell’esdebitazione al fallito. Mediante l’istituto dell’esdebitazione, l’imprenditore, portatore di determinati requisiti soggettivi ed oggettivi, è liberato dai creditori insinuatisi nel fallimento e rimasti insoddisfatti e dai creditori non concorrenti. Questi ultimi potranno infatti intentare azioni esecutive sui beni del fallito, tornato in bonis e coperto dall’esdebitazione, per la sola parte del proprio credito riconosciuta in sede fallimentare a creditori di pari grado.

152 Come richiamato da ESPOSITO R., La sorte delle misure cautelari e conservative in relazione

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la sospensione del pagamento, questa deve essere eseguita in attesa del provvedimento definitivo». La previsione del seguente disposto è sempre stata ritenuta contrastante con il divieto indicato all’art. 51 L. fall. poiché la misura che l’Amministrazione Finanziaria attua in questo caso viola il principio della par condicio dei creditori. La ratio di tale istituto è quella di tutelare l’Amministrazione che, in via cautelativa, può dunque disporre un fermo delle somme da essa dovute, nella previsione di una successiva compensazione delle medesime con poste che essa vanta a credito153. È tuttavia da evidenziare come la norma non faccia specifico riferimento alla compensazione ex art. 1243 c.c., concessa qualora il credito sia di facile e pronta liquidazione, pur non essendo immediatamente liquidabile. La norma invero menziona in maniera più generica le “ragioni di credito” a qualsiasi titolo vantate dall’Amministrazione, estendendo l’applicazione del fermo amministrativo anche in prospettiva di crediti la cui esistenza può risultare incerta154. In questa prospettiva è dunque compito dell’Amministrazione pubblica chiedere l’accertamento del proprio credito al fine di operare la compensazione col debito in capo ad essa, già liquido ed esigibile. Si rammenti infatti che il fermo amministrativo viene disposto in via cautelare fintantoché non vi sia una successiva pronuncia con la quale venga revocato o sia disposto che il debito dell’amministrazione sia ritenuto per essere successivamente compensato155. Per tali premesse, è stato sempre

153 DENORA B., Ma il fermo amministrativo non violava la par condicio creditorum?, in Riv. dir. trib.,

Pacini Giuridica, 28 ottobre 2016. Anche la sentenza Cass. civ., 21 maggio 2003, n. 7945 osserva che «lo scopo per cui il potere di fermo è attribuito alla pubblica amministrazione statale è di permetterle di estinguere il suo debito mediante il proprio credito, evitando di essere condannata a pagare perché il proprio credito non è ancora liquido». Si veda anche FILOCAMO F. S., Fermo amministrativo, inFERRO

M., Le insinuazioni al passivo, III, Padova, 2010, CEDAM, p. 538

154 Così: Cass. civ., 29 dicembre 2011, n. 29565 richiamando a sua volta Cass. civ., 24 gennaio 2007,

n. 1602 ove si sostiene che «L’istituto del fermo, previsto dalla legge sulla contabilità generale dello Stato, può essere utilizzato dalla Amministrazione anche a difesa di un proprio credito che sia né liquido né esigibile, ma unicamente assistito dal fumus boni iuris in relazione alla pendenza di un qualsiasi procedimento dal cui esito deriverà il suo accertamento». BANA M., Nel fallimento, legittimo il fermo amministrativo del rimborso IVA, 30 settembre 2016, in http://www.eutekne.it/ sostiene che il fermo

amministrativo si identifica come espressione del potere di autotutela dell’Amministrazione Finanziaria che salvaguardi l’eventuale compensazione di un suo debito con uno del suo creditore che, anche se attualmente illiquido, l’Amministrazione ha o ipotizza di avere.

155 Cass. civ., 21 maggio 2003, n. 7945. FILOCAMO F. S., Fermo amministrativo, inF

ERRO M., Le

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pacificamente ritenuta non ammissibile nel fallimento l’applicazione del fermo amministrativo delle somme di cui l’Amministrazione è debitrice, trattandosi di misura cautelare espressamente vietata dal R.D. n. 267 del 1942156.

Tuttavia recentemente i giudici di legittimità hanno modificato l’orientamento giurisprudenziale sulla questione con la sentenza n. 19335 del 29 settembre 2016. Il caso riguardava il fermo amministrativo – opposto all’istanza di rimborso Iva proposta dal fallimento – disposto dall’Agenzia delle Entrate in ragione del proprio credito ammesso in via chirografaria, avendo avuto l’autorizzazione dal giudice delegato a compensare il proprio debito con la sola quota privilegiata dei crediti erariali ammessi al passivo della procedura157. In questo caso la Corte di Cassazione è giunta a conclusioni diverse, pur ammettendo in primis la natura cautelare del fermo amministrativo. Il ragionamento dei giudici muove proprio dalle peculiarità di tale provvedimento, invero argomentano il nuovo orientamento definendo innanzitutto le caratteristiche di «provvisorietà e strumentalità anticipata rispetto alla futura ed eventuale operatività della compensazione». Come già sostenuto precedentemente158, i giudici giustificano l’uso del fermo amministrativo nella possibilità di differire il pagamento di un debito già liquido ed esigibile, quale forma di cautela ed in via totalmente provvisoria, fino alla simultanea esistenza di somme a credito e a debito legittimamente compensabili. La Suprema Corte ha quindi precisato che il fermo amministrativo non può ritenersi generalmente contrastante con il divieto di intraprendere o proseguire azioni individuali cautelari nel corso del fallimento, giacché è da considerarsi censurabile nella sola eventualità questo sia «volto a “prenotare” una frazione del patrimonio del fallito».

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In giurisprudenza si veda Cass. civ., 13 gennaio 2011, n. 711, Cass. civ., 3 settembre 1996, n. 8053

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Nell’analisi della sentenza di DENORA B., Ma il fermo amministrativo non violava la par condicio

creditorum?, cit. e BANA M., Nel fallimento, legittimo il fermo amministrativo del rimborso IVA, cit.

158 Con la sentenza Cass. civ., 28 marzo 2014, n.7320 e meno recentemente Cass. civ., 23 dicembre

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Infatti, in sede fallimentare è riconosciuta piena validità alla compensazione, meccanismo mediante il quale i creditori possono diminuire od estinguere i propri debiti col fallito riducendo il credito, vantato nei confronti del medesimo, insinuato nella procedura. La relazione tra fermo amministrativo e compensazione in sede fallimentare risulta dunque molto stretta e nulla sembra nuocere al trattamento di par condicio garantito ai creditori, a meno che con il provvedimento di fermo non venga destinata una quota di patrimonio fallimentare all’eventuale, incerta e futura emersione di un credito nei confronti della pubblica amministrazione compensabile. Nella sentenza in esame si rileva inoltre come il credito in questione dell’Amministrazione finanziaria ammesso al passivo non era stato oggetto di contestazione, motivo per cui il provvedimento di fermo amministrativo aveva in realtà già esaurito la funzione di autotutela dell’Erario159

.

È da concludersi dunque che questa sentenza si è posta in netto contrasto con gli orientamenti dottrinario e giurisprudenziale che parevano sino ad allora consolidati, ponendo una nuova visione dell’Erario come creditore del fallito. Il provvedimento di fermo amministrativo sarà ammesso case by case160, riconoscendo ai creditori, fra cui l’Erario, la possibilità concessa dall’art. 56 L. fall. di derogare alla par condicio creditorum operando la compensazione dei propri debiti con i propri crediti vantati nei confronti del fallito. Sono gli stessi giudici a richiamare espressamente l’articolo della legge fallimentare appena menzionato ed a qualificarlo fra le ipotesi di deroga al vincolo del concorso formale, permettendo al creditore di autotutelarsi161.

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BANA M., Nel fallimento, legittimo il fermo amministrativo del rimborso IVA, cit., DENORA B., Ma

il fermo amministrativo non violava la par condicio creditorum?, cit. entrambi riferendosi al dettato della

sentenza Cass. civ., 29 settembre 2016, n. 19335.

160 DENORA B., Ma il fermo amministrativo non violava la par condicio creditorum?, cit. 161

La stessa sentenza Cass. civ., 29 settembre 2016, n. 19335 richiama la sentenza Cass. civ., 10 maggio 2002, n. 6728 nella quale si afferma che «il titolare di un credito ammesso in via definitiva al passivo fallimentare, se convenuto in giudizio dal curatore per far valere un credito nel fallimento, può, ai sensi del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, opporre la compensazione, fino a concorrenza, del proprio credito con quello vantato nei suoi confronti dal fallimento».

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