Definizione 2.1.1. Un fibrato ξ `e una terna (E, π, B), in cui E = E(ξ), B = B(ξ) sono spazi topologici e π = πξ : E → B un’applicazione continua. Chiamiamo B base, E spazio totale e π proiezione di ξ.
Per ogni punto b di B, la Fb= Fb(ξ)= π−1(b) si dice la fibra di ξ su b. Possiamo pensare un fibrato come un insieme di fibre, parametrizzate dai punti di B e legate tra loro dalla topologia di E.
Esempio 2.1.2. Il fibrato banale con fibra tipica F e base B ha come spazio totale E il prodotto topologico B × F e come proiezione quella sul primo fattore π : B × F 3 (b, v) → b ∈ B.
Definizione 2.1.3. Diciamo che il fibrato η `e un sottofibrato di ξ se E(η) ⊂ E(ξ), B(η) ⊂ B(ξ) e πη= πξ B(η) E(η).
Definizione 2.1.4. Una sezione di ξ `e un’applicazione continua s : B(ξ) → E(ξ) tale che πξ◦ s= idB. Indicheremo conΓξ(B, E) l’iniseme delle sezioni di ξ.
Osservazione 2.1.5. Le sezioni di un fibrato banale (B× F, π, B) con fibra tipica Fsi possono identificare alle funzioni continue di B in F.
Definizione 2.1.6. Un morfismo f : ξ → η `e il dato di una coppia di applica-zioni continue ( fE, fB) : (E(ξ), B(ξ)) → (E(η), B(η)) che rendano commutativo il diagramma (2.1) E(ξ) −−−−−→ E(η)fE πξ y y πη B(ξ) −−−−−→ B(η).fB
Proposizione 2.1.7. Se le mappe fE, fBdi un morfismo di fibrati f : ξ → η sono omeomorfismi, allora la coppia( fE−1, f−1
B ) : (E(η), B(η)) → (E(ξ), B(ξ)) definisce
ancora un morfismo di fibrati f−1: η → ξ.
Definizione 2.1.8. Un morfismo di fibrati f : ξ → η per cui fE, fB siano omeomorfismi si dice un isomorfismo di fibrati e la f−1: η → ξ la sua inversa.
Proposizione 2.1.9. La composizione di morfismi di fibrati `e ancora un
morfi-smo di fibrati.
32 II. FIBRATI TOPOLOGICI Queste osservazioni si possono riassumere nella:
Proposizione 2.1.10. I fibrati e i loro morfismi formano gli oggetti e le frecce,
o morfismi, di una categoria.
Indicheremo conF(dall’inglese bundle) la categoria dei fibrati.
Ricordiamo che una categoria C consiste dei dati di una famiglia di insiemi ob(C), gli oggetti di C, e per ogni coppia (a, b) di oggetti, di un insieme homC(a, b) di frecce da a a b. Per ogni tripla (a, b, c) di oggetti c’`e una composizione homC(a, b) × homC(b, c) → homC(a, c) che si suppone associativa. Inoltre, si richiede che per ogni a ∈ ob(C) vi sia un’identit`a 1a ∈ homC(a, a) per cui
f ◦1a= f per ogni f ∈ homC(a, b) ed 1a◦ g= g per ogni g ∈ hom(b, a).
Esempio 2.1.11. Sia Snla sfera unitaria in Rn+1. Allora TSn= {(x, v) ∈ Sn
× Rn+1| (x|v)= 0}
`e lo spazio totale di un fibrato di base Sn, sottofibrato del fibrato banale Sn× Rn+1 e che si dice fibrato tangente di Sn. Le sue fibre sono spazi vettoriali reali di dimensione n.
Esempio 2.1.12. Con la proiezione
π : Rn+1\ {0} 3 x −→ x kxk ∈ S
n
la terna τ= (Rn+1\ {0}, π, Sn) `e un fibrato, che si dice anche intorno tubolare di Sn in Rn+1.
Si pu`o identificare τ al fibrato banale (Sn× R, π, Sn). mediante l’isomorfismo di fibrati descitto da fE : Sn× R 3 (x, t) → et· x ∈ Rn\{0} ed fB= idSn.
Esempio 2.1.13. Il fibrato ξ = τk(Sn) dei k-riferimenti ortonormali sulla sfera Sn(con 1 ≤ k ≤ n) `e il sottofibrato del fibrato banale (Sn× [Sn]k, πξ, Sn) con spazio totale
E(ξ)= {(v0, v1, . . . , vk) ∈ [Sn]k+1| (v
i|vj)= δi, j, i, j = 0, . . . , k}, base B(ξ)= Sne proiezione πξ(v0, v1, . . . , vk)= v0.
Esempio 2.1.14. Consideriamo la variet`a di Grassmann Grn,m(R) (vedi §4.2) dei k-piani lineari di Rn. Il fibrato tautologico γ(Grn,m(R)) `e il fibrato vettoriale di rango m che possiamo definire come il sottofibrato diGrn,m(R) × Rn che ha come spazio totale
E= {(α, v) ∈ Grn,m(R) × Rn| v ∈ α}
e baseGrn,m(R). Possiamo considerare anche il suo ortogonale, con spazio totale E⊥= {(α, v) ∈ Grn,m(R) | v ⊥ α}.
L’applicazione (α, v) → (α⊥, v) definisce un isomorfismo tra il fibrato ortogonale ed il fibrato tautologico diGrn,n−m(R).
Possiamo definire in modo analogo i fibrati tautologici associati alle grassman-niane di m-piani complessi o quaternionici.
Lo spazio tangente, l’intorno tubolare ed il fibrato canonico sono tutti esempi di fibrati vettoriali, cio`e fibrati le cui fibre sono spazi vettoriali in cui le operazioni vettoriali si possono descrivere come morfismi di fibrati.
2.2. PRODOTTI 33 2.2. Prodotti
Definizione 2.2.1. Il prodotto ξ1 × ξ2 di due fibrati `e il fibrato che ha come spazio totale E(ξ1 × ξ2) il prodotto E(ξ1) × E(ξ2) degli spazi totali, come base B(ξ1× ξ2) il prodotto B(ξ1) × B(ξ2) delle basi, e come proiezione il prodotto delle proiezioni πξ1×πξ2 : E(ξ1) × E(ξ2) 3 (v1, v2) → (πξ1(v1), πξ2(v2)) ∈ B(ξ1) × B(ξ2).
Il prodotto di fibrati cos`ı definito `e il prodotto nella categoriaF.
Ad uno spazio topologico fissato B possiamo associare la sottocategoria FB diF, i cui oggetti sono i fibrati sulla base B e le cui frecce sono i morfismi che inducono l’identit`a su B.
Definizione 2.2.2. Un isomorfismo di due fibrati sulla stessa base, che induca l’identit`a sulla base, si dice un’equivalenza.
Scriveremo ξ1 ≈ ξ2per indicare che i due fibrati ξ1, ξ2sulla stessa base B sono equivalenti.
Chiamiamo trivializzabile un fibrato equivalente ad un fibrato banale.
Il prodotto inFBsi dice prodotto fibrato. Diamone la definizione esplicita. Definizione 2.2.3. Se ξ1, ξ2sono due fibrati di base B, chiamiamo loro prodotto fibrato, o somma di Whitney, il fibrato ξ di base B con spazio totale
(2.2) E(ξ)= E(ξ) ×BE(ξ)= {(v1, v2) ∈ E(ξ1) × E(ξ2) | πξ1(v1)= πξ2(v2)} e proiezione πξ(v1, v2)= πξ1(v1)= πξ2(v2).
Useremo, per indicare il prodotto fibrato, le notazioni ξ1×Bξ2, oppure ξ1⊕Bξ2 (la seconda soprattutto per i fibrati vettoriali).
Proposizione 2.2.4. Se ξ1, ξ2 ∈FBsono fibrati banali con fibre F1, F2, rispet-tivamente, allora ξ1×Bξ2 `e ancora banale con fibra F1× F2. Proposizione 2.2.5. Le sezioni della somma di Whitney ξ1 ⊕B ξ2 di due fi-brati di base B sono tutte e sole le sezioni della forma b → (s1(b), s2(b)), con
si ∈Γξi(B(ξi), E(ξi)).
Esempio 2.2.6. Una somma di Whitney di fibrati non banali pu`o essere bana-le. Ad esempio, questo `e il caso dei fibrati tangente e normale di una sfera di dimensione n ≥ 2.
Esempio 2.2.7. Sia RPnlo spazio proiettivo reale di dimensione n. Indichiamo con τ il suo fibrato tangente. Possiamo identificare il suo spazio totale all’insieme
E(τ)= T(RPn)= {[x, y] | x, y ∈ Rn+1, x , 0, (x|y) = 0} ⊂ RP2n+1. Denotiamo con γ il suo fibrato tautologico, di spazio totale
E(γ)= {([x], a x) | x ∈ Rn+1\ {0}, a ∈ R} ⊂ RPn× Rn+1.
Il fibrato in rette banale θ1su RPnsi pu`o anche rappresentare con lo spazio totale E(θ1)= {[x, a · x] | x ∈ Rn+1\ {0}, a ∈ R}.
34 II. FIBRATI TOPOLOGICI
Nel caso della retta proiettiva (n= 1) il fibrato tautologico `e un fibrato in rette il cui spazio totale `e omeomorfo al nastro di Moebius senza bordo e non `e quindi isomorfo al fibrato in rette banale il cui spazio totale `e il cilindro circolare retto.
La somma di Whitney (n+1)γ di (n+1) copie del fibrato tautologico `e equivalente alla somma di Whitney τ ⊕RPnθ1del fibrato tangente e del fibrato in rette banale.
Possiamo rappresentare gli spazi totali dei due fibrati nel modo seguente: E((n+1)γ) = {([x], a0x, . . . , anx) | x ∈ Rn+1, x , 0, a0, . . . , an∈ R} ⊂ RPn×R(n+1)2, E(τ ⊕RPnθ1)= {[x, y, ax] | x, y ∈ Rn+1, x , 0, (x|y) = 0, a ∈ R} ⊂ RP3n+2.
Ad un vettore non nullo x di Rn+1associamo le proiezioni ortogonali
πx: Rn+13 y → (x| y)
kxk2x ∈ Rn+1 e σx : Rn+13 y → y − πx(y) ∈ Rn+1 sulla retta di x e sull’iperpiano ad essa ortogonale. L’equivalenza si pu`o allora descrivere, al livello degli spazi totali, mediante l’applicazione
fE : ([x], a0x, . . . , anx) −→ [x/kxk2, σx(a0, . . . , an), πx(a0, . . . , an)]. 2.3. Restrizioni e fibrati indotti
Definizione 2.3.1. Dato un fibrato ξ ed un sottospazio topologico A della sua base B(ξ), la restrizione di ξ ad A `e il fibrato ξ|Acon
E(ξ|A)= π−1
ξ (A) ⊂ E(ξ), B(ξ|A)= A, πξ|A : E(ξ|A) 3 v → πξ(v) ∈ A. Chiamiamo ξ|Arestrizione ad A del fibrato ξ.
Si verifica facilmente che, se A ⊂ B, la restrizione FB → FA `e un funtore di categorie e che per le restizioni di fibrati vale la propriet`a transitiva.
Siano A, B due spazi topologici e φ : A → B un’applicazione continua. Dato un fibrato ξ di base B, poniamo
E(φ∗ξ)= {(x, v) ∈ A × E | πξ(v)= f (x)}, πφ∗ξ(x, v)= x, ∀(x, v) ∈ E(φ∗ξ). (2.3)
Definizione 2.3.2. φ∗ξ = (E(φ∗ξ), πφ∗ξ, A) `e un fibrato di base A, che si dice indotto su A da φ. Chiamiamo φ∗ξil pullback di ξ su A, ovvero il fibrato su A indotto dall’applicazione φ.
La f : φ∗ξ → ξcon fE(x, v)= v ed fB = φ `e il morfismo canonico del fibrato indotto. In questo caso si usa indicare con ˜φ(sollevamento di φ) l’applicazione tra gli spazi totali.
Sia f : ξ → η un morfismo di fibrati. Il pullback fB∗η`e un fibrato di base B(ξ) e la
E(ξ) 3 v −→ (πξ(v), fE(v)) ∈ E(φ∗η)
definisce un morfismo f! : ξ → fB∗η di fibrati di base B = B(ξ). Il morfismo assegnato f si pu`o scrivere come la sua composizione con il morfismo canonico
2.4. FIBRATI LOCALMENTE BANALI 35 2.4. Fibrati localmente banali
Definizione 2.4.1. Due fibrati ξ ed η sulla stessa base B si dicono localmente equivalentise, per ogni punto b di B possiamo trovare un intorno aperto Ubdi b in Btale che ξ|Ub ed η|Ub siano equivalenti.
Definizione 2.4.2. Un fibrato ξ si dice localmente banale con fibra tipica F se `e localmente equivalente al fibrato banale (B(ξ) × F, πB(ξ), B(ξ)).
Proposizione 2.4.3. I pullback e le restrizioni di fibrati (localmente) equivalenti
sono (localmente) equivalenti.
Sia ξ = (E −→ B) un fibrato localmente banale con fibra tipica F e {Bπ i} un ricomprimento fondamentale della sua base B = B(ξ) mediante sottospazi di tri-vializzazione. Per ogni indice i sia φi : Bi× F → Ei = π−1(Bi) un omeomorfismo di trivializzazione, che renda commutativo il diagramma
Bi× F φi // πBi ##F F F F F F F F F Ei π ~~}}}} }}} Bi.
Se Bi, j = Bi∩ Bj , ∅, per ogni b ∈ Bi, jl’applicazione φi, j(b) : F → F definita da
(2.4) (b, φi, j(b)(v))= φ−1
i ◦ φj(b, v), ∀v ∈ F.
`e un omeomorfismo della fibra. La φ−1i ◦ φj : Bi, j× F → Bi, j × F definisce un automorfismo del fibrato banale.
Definizione 2.4.4. Chiamiamo A = {(Bi, φi)} un atlante di trivializzazione del fibrato ξ e le {φi, j} le sue funzoni di transizione.
Le funzioni di transizione φi, j di un fibrato localmente banale su B, con fibra tipica F, sono caratterizzate dalle propriet`a:
φi,i = idBi, (i) φi, j◦ φj,k(b)= φi,k(b), ∀b ∈ Bi, j,k= Bi∩ Bj∩ Bk, (ii) Bi× F 3 (b, v) −→ φi, j(b)(v) ∈ F `e continua. (iii)
Viceversa, queste propriet`a caratterizzano le funzioni di transizione di un fibrato localmente banale:
Proposizione 2.4.5. Siano B, F spazi topologici e {Bi} `e un ricoprimento fon-damentale di B. Data una famiglia {φi, j} di funzioni definite sulle intersezioni Bi, j, a valori negli omeomorfismi di F, che soddisfino le propriet`a(i), (ii) ed (iii), vi `e, a meno di equivalenza, un unico fibrato localmente banale con fibra tipica F di cui esse siano le funzioni di transizione.
Dimostrazione. Il fibrato ξ si costruisce incollando i fibrati localmente banali
36 II. FIBRATI TOPOLOGICI 2.5. Un lemma di trivializzazione
Lemma 2.5.1. Sia ξ un fibrato localmente banale, con fibra tipica F e siano B1, B2 due sottoinsiemi chiusi della sua base B = B(ξ), tali che B1 ∪ B2 = B e B1 ∩ B2 sia un retratto1 di B2. Se i fibrati ξ|B1 e ξ|B2 sono trivializzabili, allora anche ξ `e trivializzabile.
Se φ1 : B1× F → E|B1definisce una F-trivializzazione di di ξ su B1, `e possibile trovare una trivializzazione di ξ su B definita da una φ: B×F → E che estenda φ1. Dimostrazione. Siano ρ ∈ C (B2, B1∩ B2) una retrazione e φi: Bi× F → E|Bi per i= 1, 2, omeomorfismi di trivializzazione.
La funzione di transizione φ1,2verifica la
φ1(b, v)= φ2(b, φ1,2(b)(v)), ∀b ∈ B1∩ B2, ∀v ∈ F. Dico che la φ : B × F → E, definita da
φ(b, v)= φ1(b, v), se b ∈ B1, v ∈ F, φ2(b, φ1,2(ρ(b))(v)), se b ∈ B2, v ∈ F, `e una trivializzazione di ξ su B. Infatti l’inversa
φ−1(σ)= φ−1 1 (σ), se π(σ) ∈ B1, (π(σ), φ−12,1(π(σ))(v)), se π(σ) ∈ B2,
`e ancora un morfismo di fibrati.
Possiamo ora dimostrare
Lemma 2.5.2. Ogni fibrato localmente banale su [0, 1]n `e trivializzabile. Dimostrazione. Sia ξ un fibrato localmente banale su [0, 1]n, con fibra tipica F. Per un intero positivo ν sufficientemente grande possiamo suddividere [0, 1]n in νnipercubi di lato 1/ν, su ciascuno dei quali ξ sia trivializzabile. Ordiniamo gli νnipercubi Q1, . . . , Qνn in ordine lessicografico. In questo modo, per ogni h con 2 ≤ h ≤ νn l’ipercubo Qh si retrae per deformazione sulla sua intersezione con S
i<hQi. La tesi segue allora per ricorrenza, utilizzando il Lemma 2.5.1.
2.6. Prolungamento di sezioni
Teorema 2.6.1. Siano ξ un fibrato localmente banale con fibra tipica F e base B, A = ¯A ⊂ B e (B, A; K ) uno spazio cellulare relativo. Ciascuna delle due seguenti condizioni `e sufficiente affinch´e ogni sezione di ξ|Asi estenda ad una sezione di ξ:
(1) F `e m-connesso per ogni m < dim(B, A;K );
(2) vi `e una coppia cellulare relativa (Y, X;K0) tale che B = B × I ed A = (X × I) ∪ (Y × {0}).
1Questo significa che esiste un’applicazione continua ρ ∈C (B2, B1∩ B2) tale che ρ(p)= p per ogni p ∈ B1∩ B2.
2.7. ESEMPI 37 Dimostrazione. La prima `e un’ipotesi sulla fibra, la seconda sulla base. Supponiamo valga la (1) e dimostriamo per ricorrenza che, data una sezione di ξ|A, si pu`o costruire una sequneza {sm} di sezioni, definite su ξ|A∪Bm, dove A ∪ Bm `e lo scheletro m-dimensionale di (B, A;K ) (unione di A e delle celle di dimensione minore o uguale ad m di B \ A), con sm|A= s ed sm|A∪Bm−1 = sm−1se m ≥ 1.
Poich´e A ∪ B0 `e unione di A e di un sottospazio discreto disgiunto da A, possia-mo definire il prolungamento s0 ∈ Γξ(A ∪ B0, E) di s assegnando arbitrariamente i valori di s0nei punti di (A ∪ B0) \ A. Proseguiamo la dimostrazione ragionando per ricorrenza. Supponiamo sia 1 ≤ m ≤ dim(B, A) e che il teorema valga per coppie cellulari relative di dimensione minore di m ed, in particolare, di aver defi-nito sm−1 ∈ Γξ(A ∪ Bm−1, E). Osserviamo che, se {(Li, A; K(i))}i∈I `e una catena di sottospazi cellulari relativi di (A ∪ Bm, A; Km), ordinati mediante inclusione e con-tenenti (A ∪ Bm−1, A; Km−1), e per ogni i sia definito un prolungamento s(i)di sm−1 la cui restrizione a ciascun Lj ⊂ Lisia s( j), allora risulta definito un prolungamento ˜s di s suSLi, con ˜s|Li = s(i). Per il lemma di Zorn ci sar`a quindi un sottospazio massimale L, con A ∪ Bm−1 ⊆ L ⊆ A ∪ Bmsu cui la sezione sm−1si estende ad una sezione sL. Dimostriamo che L = A ∪ Bm. Se cos`ı non fosse, potremmo trovare una cella m-dimensionale di (B, A;K ) non contenuta in L. Possiamo supporre la cella definita da una mappa φ : Im → B, dove abbiamo posto I = [0, 1], che si restringe ad un omeomorfismo su (0, 1)m. Possiamo suddividere Imin νmcubi m-dimensionali di lato 1/ν e considerare su φ(Im) la struttura cellulareKφ, in cui le immagini degli νmcubi sono le celle chiuse di dimensione m. Scegliendo ν abba-stanza grande, possiamo supporre che la restrizione del fibrato a ciascuna di queste νmcelle sia banale. Per l’ipotesi di ricorrenza, applicata a (φ(Im), A ∩ φ(Im);Kφ), la sezione definita su L si estende ad una sezione s0definita su A ∪ L ∪ φ(Im)m−1. Per l’ipotesi che F sia (m − 1)-connesso, la s0, definita sul bordo dei cubetti, si estende ad un’applicazione continua sui cubetti. Otteniamo in questo modo un prolunga-mento di sLad A ∪ L ∪ φ(In). Questo contraddice la massimalit`a di L. Quindi deve essere L = A ∪ Bm. Le {sm}, ottenute per ricorrenza, ci danno una sezione ˜s che estende s su B.
La dimostrazione del teorema sotto l’ipotesi (2) si fa estendendo la sezione alle celle relative di (B, A), dopo averle ordinate in modo che ciascuna corrisponda a un ipercubo che ha una retrazione sulla parte della sua frontiera coperta da A e dalle celle precedenti. Utilizzando la trivializzazione data dal Lemma 2.5.2, si ottiene
l’estensione.
2.7. Esempi
Esempio 2.7.1. Sulle sfere di dimensione dispari S2n−1 `e possibile definire un campo analitico di vettori tangenti X con kXk ≡ 1.
Consideriamo S2n−1come una sottovariet`a analitica reale di Cn e descriviamo il suo spazio tangente T S2n−1come un sottofibrato del fibrato banale:
TS2n−1= {(z, w) ∈ S2n−1
38 II. FIBRATI TOPOLOGICI
Allora X(z) = iz `e un campo analitico di vettori tangenti ad S2n−1che ha in ogni punto lunghezza 1.
Esempio 2.7.2. Su S4n−1`e possibile definire un campo analitico (X1, X2, X3) di terne di vettori tangenti ortonormali in ogni punto. In particolare, T S3 `e trivializ-zabile.
Possiamo considerare S4n−1 come un sottospazio analitico dello spazio Hn, dove H `e l’algebra associativa dei quaternioni di Hamilton. Allora
TS4n−1= {(q, ξ) ∈ S4n−1× Hn|Re(ξ∗q)= 0}.
Se i, j , k sono le unit`a immaginarie di H, allora X1(q) = q · i, X2(q) = q · j ed X3(q)= q · k definiscono la terna desiderata.
Esempio 2.7.3. Il pullback ad Sndel fibrato tangente di Sn+m `e equivalente alla somma di Whitney del fibrato tangente di Sne del fibrato banale (Sn×Rm πSn
−−−→ Sn). 2.8. Fibrati di Serre
Indichiamo con I l’intervallo chiuso [0, 1] ⊂ R. Per ogni coppia di interi po-sitivi m < n, consideriamo Imcome il sottospazio di In che consiste delle n-uple (t1, . . . , tn) di Incon ti = 0 per i > m. Conveniamo che I0= {0}.
Definizione 2.8.1. Chiamiamo di Serre2un fibrato ξ che soddisfi la condizione (S) per ogni intero positivo n e per ogni coppia di applicazioni continue
f : In → B(ξ) ed ˜f0: In−1 → E(ξ), con πξ◦ ˜f0(t)= f (t), ∀t ∈ In−1⊂ In, esiste un’applicazione continua ˜f : In → E(ξ) che renda commutativo il diagramma (2.5) In−1 f˜0 // E(ξ) πξ In f˜ 77o o o o fOO''O O O O O B(ξ).
Una ˜fche renda commutativo il diagramma (2.5) si dice un sollevamento o rialza-mentodi f .
Osservazione 2.8.2. Prodotti e restrizioni di fibrati di Serre sono ancora fibrati di Serre.
Esempio 2.8.3. Il fibrato ξ, con E(ξ) = I, B(ξ) = I e πξ(x)= x/2 non `e di Serre: le sue fibre sopra i punti b ∈ (12, 1] sono vuote e quindi la f : I1 → I= B(ξ) definita da f (b)= b, ˜f0(0)= 0 non ammette una sollevamento.
Il fibrato ξ, con E(ξ) = I, B(ξ) = I e πξ(x) = 4x(1 − x) non `e localmente banale, perch´e la sua fibra `e {12} sul punto 1, mentre consiste dei due punti x± = 2Jean-Pierre Serre (n. 1926) `e un matematico francese che ha dato contributi fondamentali alla topologia e alla geometria algebriche, e alla teoria algebrica dei numeri. Medaglia Fields nel 1954, ha ricevuto il premio Wolf nel 2000 ed il premio Abel nel 2003.
2.8. FIBRATI DI SERRE 39 (1 ± √1 − b)/2 se b , 1. Qui la condizione di Serre non `e soddisfatta per n = 2: se f (t1, t2) = 4t1(1 − t1)(1 − t2) per 0 ≤ t1, t2 ≤ 1 ed ˜f0(t1) = t1, non ci pu`o essere un sollevamento ˜f di f ad I2 con dato iniziale ˜f0. Infatti, f (0, I) = {0} e quindi dovrebbe essere ˜f(0, t)= 0 ed ˜f(1, t) = 1 per ogni t ∈ I. `E poi f (I, 1) = {0} e quindi
˜
f(t, 1) sarebbe un cammino, sulla fibra di ξ su 0, che congiunge 0 a 1; questo non `e possibile perch´e la fibra consiste dei due punti 0, 1.
Lemma 2.8.4 (Localit`a della condizione di Serre). Sia ξ un fibrato. Se per ogni punto b della base B(ξ) possiamo trovare un intorno aperto Updi p in B(ξ) per cui ξ|Up sia di Serre, allora ξ `e di Serre.
Dimostrazione. Sia n un intero positivo ed ( f, ˜f0) ∈ C (In, In−1; B(ξ), E(ξ)), con πξ◦ ˜f0 = f |In−1. L’immagine f (In) `e compatta e pu`o quindi essere ricoperta con un numero finito di aperti di B(ξ) su cui la restrizione di ξ sia un fibrato di Serre. Potremo quindi trovare un intero positivo ν, sufficientemente grande, tale che ciascun ipercubo Q di lato 1/ν contenuto in Inabbia immagine f (Q) su cui la restrizione ξ|Qsia di Serre. Quadrettiamo Inin νnipercubi
Qi1,...,in = {ik− 1 ≤ tk ≤ ik, 1 ≤ k ≤ n}, per 1 ≤ i1, . . . , in≤ ν,
ordinati lessicograficamente rispetto agli indici. Per ogni (i1, . . . , in) indichiamo con Q0i
1,...,in l’unione di In−1e di tutti i Qj1,..., jn con ( j1, . . . , jn) ≺ (i1, . . . , in). L’os-servazione fondamentale `e che tutte le coppie (Qi1,...,in, Qi1,...,in∩Q0i
1,...,in) sono omeo-morfe alla coppia (In, In−1). Infatti Qi1,...,in∩Q0i
1,...,in `e un connesso non vuoto, unione di facce dell’ipercubo Qi1,...,in, che si retrae in ∂Qi1,...,in su una delle facce dell’iper-cubo. Questo di permette di costruire per ricorrenza la ˜f, estendendo prima ˜f0 ad un sollevamento su In−1∪ Q1,...,1, utilizzando il fatto che (Q1,...,1, Q1,...,1∩ In−1) `e omeomorfa ad (In, In−1) e ξ|f(Q1,...,1) `e di Serre. Dopo aver esteso ˜f0 ad un solleva-mento su In−1 ∪ Q0i
1,...,in, con (i1, . . . , in) (ν, . . . , ν), si ottiene la sua estensione a un sollevamento su In−1 ∪ Q0i
1,...,in ∪ Qi1,...,in, utilizzando il fatto che la coppia (Qi1,...,in, Qi1,...,in ∩ Q0i
1,...,in) `e omeomorfa alla coppia (In, In−1) e che ξ|f(Qi1,...,in) `e di
Serre.
Corollario 2.8.5. Ogni fibrato localmente banale `e di Serre.
Dimostrazione. Per il Lemma 2.8.4, `e sufficiente verificare che ogni fibrato banale `e di Serre. Consideriamo un fibrato banale (B × F −−→ B) e, per un interoπ n > 0, siano f ∈ C (In, B) ed ˜f0 ∈ C (In−1, B × F) due applicazioni continue con π ◦ ˜f0= f |In−1. Osserviamo che si pu`o scrivere ˜f0(t)= ( f (t), φ(t)), per ogni t ∈ In−1, per un’applicazione continua φ ∈C (In−1, F). Baster`a porre
˜
f(t1, . . . , tn)= ( f (t1, . . . , tn), φ(t1, . . . , tn−1)).
La dimostrazione `e completa.
Esempio 2.8.6. Fissiamo due funzioni continue φ1 ≤ φ2 ∈ C (I, R) e siano E = {(x, y) ∈ R2 | φ1(x) ≤ y ≤ φ2(x)}, B = I e π(x, y) = x. Allora (E −−π→ B) `e sempre un fibrato di Serre, anche se non `e localmente banale quando
∅ ( {x ∈ I | φ1(x)= φ2(x)} ( I.
Teorema 2.8.7 (di omotopia del sollevamento). Siano ξ un fibrato di Serre ed (X, A) una coppia cellulare relativa. Allora, per ogni applicazione ˜f : X → E(ξ) ed
40 II. FIBRATI TOPOLOGICI
ogni omotopiaΦ ∈ C (X×I, B(ξ)) di f = πξ◦ ˜f ed ogni omotopiaΨ ∈ C (A×I, E(ξ)) di ˜f |A che sollevaΦ|A×I, possiamo trovare un’omotopia ˜Φ ∈ C (X × I, E(ξ)) di ˜f che sollevaΦ ed estende Ψ.
A ×I Ψ ++W W W W W W W W W W W W W W W W W W W W W W W W W W W A // aaCCCC CCCCC X f˜ // wwoooooooo oooooo f N N N N N N N &&N N N N N E(ξ) πξ X ×I ˜ Φ g g g g g g g 33g g g g g g g Φ //B(ξ)
Dimostrazione. Per ogni intero m ≥ 0 indichiamo con A ∪ Xm l’unione di A e delle celle di dimensione minore o uguale di m di X \ A. Dimostriamo per ricorrenza su m che, per ogni intero m ≥ 0, `e possibile costruire un’omotopia
˜
Φm ∈ C ((A ∪ Xm) × I, E(ξ)) con ˜Φm|A×I = Ψ, ˜Φm|(A∪Xm−1)×I = ˜Φm−1 se m > 0, ˜
Φm(x, 0)= ˜f(x) su A ∪ Xme πξ◦ ˜Φm= Φ|(A∪Xm)×I.
Per m = 0, le celle di dimensione zero di (X, A) formano un sottoinsieme discreto disgiunto da A. Se {x} `e una di queste celle, per la propriet`a di Serre l’applicazione I 3 t → Φ(x, t) ∈ B(ξ) ha un sollevamento I 3 t → ˜Φ0(x, t) con Φ0(x, 0)= ˜f(x). Definendola uguale a Ψ su A × I, otteniamo cos`ı la ˜Φ0.
Sia ora m > 0 e supponiamo di aver gi`a costruito Φm−1. Consideriamo la famiglia delle coppie (L,ΨL) in cui L `e unione di A ∪ Xm−1e di celle di dimensione mdi X \A eΨLun’omotopia di ˜f |Lche coincide con ˜Φm−1su (A∪Xm−1)×I e solleva Φ|L×Icon valore iniziale ˜f. Semiordiniamo questa famiglia mediante la relazione (L0, ΨL0) ≺ (L,ΨL) se L0 ⊂ L eΨL = ΨL0 su L0× I. Poich´e ogni catena massimale ammette un maggiorante, per il lemma di Zorn c’`e un (L,ΨL) massimale. Basta verificare che L= A ∪ Xm. Infatti, se (L,ΨL) `e una coppia con L $ A ∪ Xm, vi `e una cella di dimensione m di X \ A non contenuta in L. Possiamo descriverla come una ψ ∈C (Im, X) la cui restrizione ad ˚Im `e un omeomorfismo con ψ(˚Im) ⊂ X \ A. Per composizione con laΨLotteniamo un’applicazione che `e definita su tutte le facce dell’ipercubo Im+1, tranne che sulla
{(t1, . . . , tm, 1) | 0 < ti< 1, 1 ≤ i ≤ m},
corrispondente a tm+1 = 1. Detto ∂0Im+1tale insieme, osserviamo che la coppia (Im+1, ∂0Im+1) `e omeomorfa alla coppia (Im+1, Im). Per la propriet`a di Serre, pos-siamo allora prolungare il sollevamento dell’omotopiaΨLad (L ∪ ψ(Im)) × I, con valore iniziale ˜f su L ∪ ψ(Im). Quindi, per la massimalit`a, deve essere L= A ∪ Xm e possiamo allora definire ˜Φm= ΨL.
Otteniamo il sollevamento dell’omotopia cercato ponendo ˜Φ = ˜Φmsu A ∪ Xm,
per ogni intero m ≥ 0.
Definizione 2.8.8. Un fibrato ξ si dice un rivestimento generalizzato se `e local-mente banale con fibre discrete. Togliamo l’aggettivo generalizzato se richiediamo che E(ξ) e B(ξ) siano connessi e non vuoti.
2.8. FIBRATI DI SERRE 41 Lemma 2.8.9 (unicit`a del sollevamento). Siano ξ un rivestimento generalizzato, X uno spazio connesso ed ˜f0, ˜f1 ∈ C (X, E(ξ)) due applicazioni continue, a valori nello spazio totale, che inducono una stessa applicazione a valori nella base: tali cio`e cheπξ◦ f0 = πξ◦ f1. Se ˜f1(x0)= ˜f2(x0) per un punto x0di X, allora ˜f0= ˜f1.
Dimostrazione. Punti distinti sulla stessa fibra di un rivestimento generalizza-to hanno ingeneralizza-torni aperti disgiunti: infatti, se b ∈ B(ξ) ed indichiamo con F la fibra tipica di ξ in un intorno di b, possiamo trovare un intorno aperto U ed un omeo-morfismo φ : U × F → π−1ξ (U) con πU = πξ◦ φ. Sev1 ev2sono punti distinti di π−1
ξ (b), allora φ(U × {v1}) e φ(U × {v2}) sono intorni disgiunti div1ev2in E(ξ). Da questo segue che sia l’insieme {x ∈ X | f0(x)= f1(x)} in cui f0ed f1assumono lo stesso valore, sia il suo complementare {x ∈ X | f0(x) , f1(x)} sono aperti. Se X `e connesso, uno dei due deve essere vuoto e l’altro uguale ad X. Proposizione 2.8.10. Siano ξ un rivestimento generalizzato, X uno spazio cel-lulare connesso ed x0un punto di X corrispondente ad una sua cella di dimensione zero. Siano ˜f0, ˜f1 ∈C (X, E(ξ)) con ˜f0(x0)= ˜f1(x0). Se f0 = πξ◦ f0ed f1= πξ◦ f1 sono {x0}-omotope, allora anche ˜f0e ˜f1lo sono.
Dimostrazione. Per il teorema sul rialzamento dell’omotopia, una {x0 }-omo-topiaΦ tra f0ed f1si rialza ad una {x0}-omotopia ˜Φ di ˜f0. Per il Lemma 2.8.9, `e
˜
Φ(x, 1) = ˜f1(x) perch´e ˜Φ( · , 1) `e un rialzamento di f1che ha in x0lo stesso valore
di ˜f1.
Pi`u in generale, per un fibrato di Serre qualsiasi diversi sollevamenti con lo stesso dato iniziale sono omotopi.
Teorema 2.8.11 (di omotopia del sollevamento). Siano ξ un fibrato di Ser-re,(X, A) una coppia cellulare relativa, ˜f0, ˜f1 ∈ C (X, E(ξ)) due applicazioni con
˜
f0|A = ˜f1|A. Se f0 = πξ◦ ˜f0 ed f1 = πξ◦ ˜f1sono A-omotope, anche ˜f0e ˜f1sono A-omotope.
Dimostrazione. Sia f ∈ C (X × I, B(ξ)) una A-omotopia tra f0 ed f1. Poich´e anche (X × I, (A × I) ∪ (X × {0, 1})) `e una coppia cellulare relativa, per il teorema di sollevamento dell’omotopia, l’omotopia costanteΦ ∈ C ((X × I) × I, B(ξ)), definita da
Φ(x, t; s) = f (x, t), ∀(x, t) ∈ X × I, ∀s ∈ I. si rialza ad un’omotopia ˜Φ ∈ C ((X × I) × I, E(ξ)) con
πξ◦ ˜Φ = Φ, ˜ Φ(x, t; 0) = ˜f0(x)= ˜f1(x), ∀x ∈ A, ∀t ∈ I, ˜ Φ(x, 0; 0) = ˜f0(x), ∀x ∈ X, ˜ Φ(x, 1; 0) = ˜f1(x), ∀x ∈ X.
42 II. FIBRATI TOPOLOGICI 2.9. Condizione di Serre forte
Definizione 2.9.1. Diciamo che il fibrato ξ soddisfa la condizione di Serre forte se, per ogni spazio topologico X ed ogni applicazione continua ˜f ∈C (X, E(ξ)) di Xnel suo spazio totale, ogni omotopiaΦ di f = πξ◦ ˜f si rialza ad un’omotopia ˜Φ di ˜f. E(ξ) πξ X ˜ f 11 // f --X ×I ˜ Φ n 77n n n n n n ΦPPPPP ''P P P P P P P P B(ξ)
Una classe importante di fibrati che soddisfano la condizione di Serre forte `e associata alla nozione topologica di cofibrazione.
Definizione 2.9.2. Una coppia topologica (X, A) si dice una cofibrazione, o coppia di Borsuk3se X × I ammette una retrazione su (X × {0}) ∪ (A × I).
Questa condizione `e equivalente al fatto che per ogni spazio topologico Y, ogni omotopiaΦA della restrizione ad A d’un’applicazione continua f ∈ C (X, Y) si estende ad un’omotopia di f . La possiamo rappresentare con il diagramma:
A // fA X f ''O O O O O O O O O O O O O O X ×I_ _ _Φ_ _ //_Y. A ×I ::v v v v v v v v v ΦA 44h h h h h h h h h h h h h h h h h h h h h h h
Siano infatti Y uno spazio topologico, f ∈C (X, Y) e ΦA ∈ C (A × I, Y) un’o-motopia di fA = f |A. Se ρ : X × I → (X × {0}) ∪ (A × I) `e una retrazione, la Φ = ΦA◦ ρ ∈C (X × I, Y) `e un’omotopia di f che estende la ΦA.
Viceversa, possiamo considerare l’immersione
ρA : A × I 3 (a, t) → (a, t) ∈ ([A × I] ∪ [X × {0}]) come un’omotopia della restrizione ad A dell’applicazione
f : X 3 x → (x, 0) ∈ ([A × I] ∪ [X × {0}]). L’estensione ρ della ρAad un’omotopia di f `e la retrazione cercata.
3Karol Borsuk (1905-1982), topologo polacco. A lui si devono diverse nozioni sulle retrazioni e l’introduzione, insieme a Spanier, dei gruppi di coomotopia, da cui `e derivata l’omotopia stabile. Introdusse inoltre una teoria delle forme. Il teorema di Borsuk-Ulam dice che, per ogni applicazione continua f di Sn
2.9. CONDIZIONE DI SERRE FORTE 43 Se (X, A) `e una coppia topologica ed Y uno spazio topologico, possiamo defi-nire un fibratoΞ = Ξ(X, A; Y) ponendo
E(Ξ) = C (X, Y), B(Ξ) = C (A, Y), πΞ( f )= f |A, ∀ f ∈ C (X, Y).
Proposizione 2.9.3. Se (X, A) `e una cofibrazione con X di Hausdorff localmente compatto ed Y un qualsiasi spazio topologico, alloraΞ soddisfa la condizione di Serre forte.
Dimostrazione. Sia Z uno spazio topologico, ˜f ∈ C (Z, C (X, Y)) un’applica-zione continua eΦ0 ∈C (Z × I, C (A, Y)) un’omotopia della πΞ◦ ˜f. Poich´e abbiamo supposto che X fosse di Hausdorff e localmente compatto, le applicazioni