Ricordiamo che un’algebra `e uno spazio vettoriale A su un camp k, su cui `e definita un’applicazione bilineare
(9.1) A × A 3 (a, b) −→ a · b ∈ A.
Diciamo che A `e unitaria se contiene un elemento 1 con la propriet`a che
(9.2) 1 · a= a · 1 = a, ∀a ∈ A.
Ogni algebra A `e sottoalgebra di un’algebra unitaria A0 = A ⊕ k, in cui il prodotto `e definito da
(λ+ a)(µ + b) = λµ + λb + µa + ab, ∀a, b ∈ A, ∀λ, µ ∈ k.
Notazione 9.1.1. Se a1, . . . , aksono elementi di un’algebra reale unitaria A su k, indichiamo con k[a1, . . . , ak] la sottoalgebra unitaria di A generata da a1, . . . , ak, cio`e la pi`u piccola sottoalgebra unitaria di A che li contiene.
Algebre di divisione.
Definizione 9.1.2. Chiamiamo di divisione un’algebra unitaria A in cui gli endomorfismi lineari di A definiti dalle moltiplicazioni a destra e a sinistra per elementi diversi da zero siano invertibili.
Lemma 9.1.3. Un’algebra unitaria A di dimensione finita `e di divisione se e soltanto se
a, b ∈ A, ab = 0, a , 0 =⇒ b = 0.
Dimostrazione. Le traslazioni a sinistra La : A 3 x → a · x ∈ A e a destra Ra : A 3 x → x · a ∈ A sono morfismi R-lineari di A. Se A ha dimensione finita, Laed Rasono isomorfismi lineari se e soltanto se sono iniettive. La condizione che non vi siano divisori sinistri o destri di zero non banali ci dice che sia Lache Ra
sono iniettive, e quindi isomorfismi, quando a , 0.
Osservazione 9.1.4. In un’algebra di divisione ogni elemento non nullo ha in-versi destro e sinistro, ma questi possono essere distinti se l’algebra non `e n´e asso-ciativa n´e commutativa. Inoltre, ci sono esempi di algebre unitarie non associative in cui per ogni elemento non nullo a si possono trovare elementi b, c con ab = 1, ca= 1, ma a `e un divisore di 0.
182 IX. OTTONIONI Algebre normate.
Definizione 9.1.5. Chiamiamo normata un’algebra reale unitaria A su cui sia definita una norma A 3 a → kak ∈ R per cui valgano:
k1k= 1 e ka · bk ≤ kak kbk, ∀a, b ∈ A.
Algebre commutative, associative, alternative. Su un’algebra A possiamo definire
[a, b]= a · b − b · a (il commutatore),
[a, b, c]= (a · b) · c − a · (b · c) (l’alternatore). Definizione 9.1.6. Un’algebra A si dice
• commutativa, se il commutatore `e identicamente nullo; • associativa, se l’alternatore `e identicamente nullo; • alternativa se l’alternatore `e una 3-forma alternata. L’alternativit`a1equivale cio`e alla validit`a delle identit`a
(a · a) · b= a · (a · b), (a · b) · a = a · (b · a), a · (b · b) = (a · b) · b, ∀a, b ∈ A. Lemma 9.1.7 (Identit`a di Moufang2). In un’algebra alternativa A valgono, per ogni a, b, x, y ∈ A, le identit`a3 (xax)y= x(a(xy)), (9.3) y(xax)= ((yx)a)x, (9.4) (xy)(ax)= x(ya)x (9.5)
[y, xa, x]= −[y, x, a]x. (9.6)
Dimostrazione. Abbiamo
(xax)y − x(a(xy))= ((xa)x)y − (xa)(xy) + (xa)(xy) − x(a(xy)) = [xa, x, y] + [x, a, xy] = −[x, xa, y] − [x, xy, a] = −(x(xa))y + x((xa)y) − (x(xy))a + x((xy)a)
= −(x2a)y − (x2y)a+ x((xa)y + (xy)a)
= −[x2, a, y] − [x2, y, a] − x2(ay+ ya) + x((xa)y + (xy)a) = x − x(ay) − x(ya) + (xa)y + (xy)a
= x [x, y, a] + [x, a, y] = 0. 1Per le algebre alternative vedi:
E. Artin: Geometric Algebra, Interscience Publishers, New York, 1957,
R.D. Schafer, On the algebras formed by the Cayley-Dickson process. Amer. J. Math. 76 (1954), pp. 435-446.
2Ruth Moufang (1905-1977), prima matematica tedesca ad ottenere una cattedra di professore ordinario (nel 1957). Ha dimostrato nel 1933 che nel piano proiettivo di Cayley non vale il teorema di Desargues. (Alternativk¨orper und der Satz von vollst¨andigen Vierseit, Abh. Math. Sem. Hamburg 9 (1933), pp.207-222.) Nel 1935 (Zur Struktur von Alternativkrpern, Math. Ann. 110 (1935), pp. 416-430) introdusse e studi`o una nozione di quasi-gruppo (Moufang loops), in cui all’associativit`a sono sostituite le identit`a di Moufang (9.3), (9.4), (9.5).
9.1. RICHIAMI SULLE ALGEBRE 183 Questo dimostra la (9.3). La (9.4) si dimostra in modo del tutto analogo. Utiliz-zando la (9.3) otteniamo poi
(xy)(ax) − x(ya)x= [x, y, ax] + x((y(ax)) − x(ya)x) = −[x, ax, y] − x[y, a, x] = −(xax)y + x (ax)y − [y, a, x]) = −x(a(xy) + x((ax)y − [y, a, x]) = x([a, x, y] − [y, a, x]) = 0.
Questo dimostra (9.5). Per concludere, mostriamo che la (9.4) e la (9.6) sono equivalenti. `E infatti
[y, xa, x]+ [y, x, a]x = (y(xa))x − y((xa)x) + ((yx)a − y(xa))x = (yx)a)x − y((xa)x) e nell’ultimo membro dell’uguaglianza possiamo scrivere (xa)x = xax perch´e
abbiamo supposto che A fosse alternativa.
Dati degli elementi a1, . . . , ak di un’algebra A, definiamo per ricorrenza i mo-nomidi grado minore o uguale ad m di a1, . . . , akmediante
Mon0(a1, . . . , ak)= k, Monm(a1, . . . , ak)=[k i=1ai·Monm−1(a1, . . . , ak) ∪[k i=1Monm−1(a1, . . . , ak) · ai ∪Monm−1(a1, . . . , ak), se m > 0, e poniamo Mon(a1, . . . , ak)=[ m≥0Monm(a1, . . . , ak).
Osserviamo che, se A non `e associativa, (a · b) · (a · b) potrebbe non essere un monomio di a, b.
Lemma 9.1.8. Siano a1, . . . , ak elementi di un’algebra alternativa A. Allora, per ogni coppia di interi non negativi m1, m2,
c ∈Monm1(a1, . . . , ak), d ∈Monm2(a1, . . . , ak)=⇒ c · d ∈ hMonm1+m2(a1, . . . , ak)i. Dimostrazione. Ragioniamo per ricorrenza su µ = inf{m1, m2}. Se µ ≤ 1, l’affermazione si riduce alla definizione dei monomi di grado minore o uguale ad m1+m2. Supponiamo µ > 1 e l’affermazione vera per prodotti di monomi di cui uno almeno abbia grado minore di µ. Supponiamo che m1≤ m2. Se c= ai· a, con a ∈Monµ−1(a1, . . . , ak), allora
c · d= (ai· a) · d= ai· (a · d)+ [ai, a, d] = ai· (a · d) − [ai, d, a] = ai· (a · d) − (ai· d) · a+ ai· (d · a)
d · c= d · (ai· a)= (d · ai) · a − [d, ai, a] = (d · ai) · a+ [ai, d, a] = (d · ai) · a+ (ai· d) · a − ai· (d · a).
Per l’ipotesi di ricorrenza, otteniamo che sia (c · d) che (d · c) sono combinazioni lineari di elementi diMonm1+m2(a1, . . . , ak). Infatti a · d ∈ hMonm1+m2−1(a1, . . . , ak)i per l’ipotesi induttiva perch´e a ∈ Monµ−1(a1, . . . , ak) e d ∈ Monm2(a1, . . . , ak) e quindi ai· (a · d) ∈ hMonm1+m2(a1, . . . , ak)i. Si ragiona in modo analogo per gli altri addendi nelle uguaglianze finali.
Supponiamo ora sia c= a · ai. Allora
184 IX. OTTONIONI = a · (ai· d)+ (ai· d) · a − ai· (d · a),
d · c= d · (a · ai)= (d · a) · ai− [d, a, ai]= (d · a) · ai− [ai, d, a] = (d · a) · ai− (ai· d) · a+ ai· (d · a),
e ancora si vede che tutti gli addendi delle ultime uguaglianze appartengono allo spazio vettoriale hMonm1+m2(a1, . . . , ak)i generato dai monomi di grado minore o
uguale ad m1+m2.
Teorema 9.1.9 (Artin). L’algebra A `e alternativa se e soltanto se, per ogni coppia di elementi a, b ∈ A, la sua sottoalgebra k[a, b] `e associativa.
Dimostrazione. Possiamo supporre senz’altro che A sia unitaria.
Se k[a, b] `e associativa per ogni a, b ∈ A, allora l’alternatore si annulla quan-do due dei suoi argomenti sono uguali ed `e perci`o una forma alternata. Quindi l’algebra A `e alternativa.
Dimostriamo ora l’implicazione opposta.
Fissiamo due elementi a, b di A. Per il Lemma 9.1.8, sar`a sufficiente dimostra-re che l’alternatodimostra-re si annulla sui monomi di a, b.
Siano p= p(a, b), q = q(a, b), r = r(a, b) ∈ Mon(a, b), di gradi, rispettivamen-te, minori o uguali a dp, dq, dr. Sar`a sufficiente dimostrare che l’alternatore [p, q, r] `e nullo per ogni scelta di monomi p, q, r, con gradi dp, dq, drmaggiori o uguali ad uno. Ragioniamo per ricorrenza sulla somma d = dp+ dq+ dr ≥ 3. Due dei tre monomi p, q, r hanno l’ultimo fattore uguale. Possiamo supporre che questo sia a. Esaminiamo dapprima il caso in cui per uno il fattore sia a sinistra e per l’altro a destra. Poich´e l’alternatore `e una forma alternata, possiamo supporre che i mo-nomi col fattore uguale siano il primo e l’ultimo. Utilizzando l’ipotesi induttiva (e ponendo uguale ad 1 il monomio di grado 0), possiamo scrivere p = ap0 ed r = r0a, con p0ed r0monomi in a, b, di gradi ≤ dp− 1 e ≤ dr− 1 rispettivamente. Allora, utilizzando (9.5) ed evitando di scrivere le parentesi per prodotti di monomi la somma dei cui gradi sia strettamente inferiore a d, otteniamo, per la (9.5),
[p, q, r]= [ap0, q, r0
a]= (ap0
q0)(r0a) − (ap0)(q0r0a)= a(p0
q0r0)a − a(p0q0r0)a= 0. Mostriamo che possiamo sempre ricondurci a questo caso. Se fosse p = a · p0, r= a · r0, allora
[ap0, q, ar0
]= (ap0
q) · (ar0) − (ap0)(qar0)= −[ap0q, a, r0
]+ (ap0
qa)r0− (ap0)(qar0) = −[ap0q, a, r0
]+ [ap0, qa, r0 ].
Analogamente, se fosse p= p0a, r= r0a, allora [p0a, q, r0
a]= (p0
aq)(r0a) − (p0a)(qr0a)= [p0, aq, r0 a]+ p0
(aqr0a) − (p0a)(qr0a) = [p0, aq, r0a] − [p0, a, qr0a].
Possiamo dunque ricondurci al caso in cui due monomi abbiamo lo stesso ulti-mo fattore, uno a sinistra, l’altro a destra. Come abbiaulti-mo visto in questo caso
9.1. RICHIAMI SULLE ALGEBRE 185 ?-algebre.
Definizione 9.1.10. Un coniugio su un’algebra A su k `e un’involuzione A 3 a → a∗∈ A
che gode delle propriet`a
(9.7) a∗∗= a, (λa + µb)∗= λa∗+ µb∗, (ab)∗= b∗
a∗, ∀a, b ∈ A, ∀λ, µ ∈ k. Chiamiamo ?-algebra un’algebra A su cui sia fissato un coniugio.
Diciamo che una ?-algebra reale A ammette una norma compatibile (con il coniugio) se
a+ a∗, a · a∗
∈ R, ∀a ∈ A ed a·a∗> 0, se a , 0. In questo caso definiamo4
Re(a)= 1 2(a+ a∗
), Im(a)= 1
2(a − a∗), kak= √a · a∗≥ 0, ∀a ∈ A. Osservazione 9.1.11. In una ?-algebra di divisione con una norma compatibile il reciproco di un elemento non nullo a `e a−1= a∗/kak2.
Lemma 9.1.12. In una ?-algebra reale alternativa A con norma compatibile vale l’uguaglianza
ka · bk= kak kbk, ∀a.b ∈ A.
Se, inoltre, A ha dimensione finita, allora A `e un’algebra di divisione.
Dimostrazione. Se a, b ∈ A, allora a, a∗, b, b∗ appartengono alla sottoalgebra unitaria di A generata da Im(a) ed Im(b). Per ipotesi R[Im(a), Im(b)] `e associativa. Abbiamo quindi ka · bk2= (a · b)(a · b)∗= (a · b) · (b∗ · a∗) = a · (b · b∗ ) · a∗= a · kbk2· a∗= (a · a∗ )kbk2= kak2kbk2.
Questo dimostra che in A non ci sono divisori destri o sinistri di 0 non banali, e quindi, se A ha dimensione finita, `e un’algebra di divisione.
Ad una norma compatibile sulla ?-algebra A `e associato il prodotto scalare
(9.8) (a|b)= 1
2(ab∗+ ba∗
), ∀a, b ∈ A. Se A `e alternativa, abbiamo anche
(9.9) ka∗k= kak, (a|b) = 1
2(a∗b+ b∗
a), ∀a, b ∈ A.
4Richiamiamo l’attenzione sul fatto che questa notazione differisce dalla convenzione usuale per i numeri complessi di definire parte immaginaria il coefficiente reale y nella decomposizione x+ iy di un numero complesso nella somma di un numero reale x e di un immaginario puro iy.
186 IX. OTTONIONI
9.2. La costruzione di Cayley-Dickson In questo paragrafo consideriamo soltanto algebre reali.
La costruzione di Cayley-Dickson5consiste nell’estendere una ?-algebra ag-giungendole un’unit`a immaginaria.
Data una ?-algebra A, definiamo la sua estensione A0nel modo seguente. Sia j un elemento che non appartiene ad A. Poniamo
(9.10) A0= {a + jb | a, b ∈ A} ' A ⊕ A,
e definiamo su A0una struttura di ?-algebra mediante le (a+ jb)(c + jd) = (ac − db∗ )+ j(a∗ d+ cb), ∀a, b, c, d ∈ A, (9.11) (a+ jb)∗= a∗ − jb, ∀a, b ∈ A. (9.12)
Lemma 9.2.1. Le (9.11) e (9.12) definiscono una struttura di ?-algebra su A0, che estende quella di A.
Dimostrazione. Le prime due relazioni nella (9.7) sono facilmente verificate. Basta verificare che vale la terza, cio`e che ? `e un’anti-isomorfismo dell’algebra A0. Siano a, b, c, d ∈ A. Abbiamo [(a+ jb)(c + jd)]∗= [(ac − db∗ )∗− j(a∗d+ cb)]∗= (c∗ a∗− b d∗) − j(a∗d+ cb), (c+ jd)∗ (a+ jb)∗= (c∗ − jd)(a∗− jb)= (c∗ a∗− b d∗)+ j(−cb − a∗ d).
Questo completa la dimostrazione.
Osserviamo che la struttura di ?-algebra di A0 si pu`o anche riassumere nella tabella di moltiplicazione e coniugazione:
a(jb)= j(a∗
b), (ja)b= j(ba), (ja)(jb) = −ba∗, j2 = −1, j∗= −j. (9.13)
L’ultima relazione ci dice che j non `e n´e divisore destro n´e sinistro di zero, perch´e 0= (x + jy)j = jx∗
− y∗=⇒ x∗= 0, y∗= 0 ⇔ x = 0, y = 0, 0= j(x + jy) = jx − y =⇒ x = 0, y = 0.
Osservazione 9.2.2. Per dare un’altra interpretazione della costruzione di A0, introduciamo le traslazioni a sinistra e a destra rispetto agli elementi di A0
La: A03 x → ax ∈ A0, Ra: A03 x → xa ∈ A0, ∀a ∈ A0. Nel caso in cui A sia associativa, allora
(9.14) La◦ Ljb= Ljb◦ La∗, Ra◦ Rjb= Rjb◦ Ra∗, ∀a, b ∈ A. e le regole che definiscono il prodotto in A0sono conseguenza delle (9.14).
Lemma 9.2.3. Se valgono le (9.14), allora A0 si ottiene da A per mezzo della costruzione di Cayley-Dickson.
5Leonard E. Dickson, On quaternions and their generalization and the history of the eight square theorem, Ann. Math, 20 (1919), pp. 155-171.
9.2. LA COSTRUZIONE DI CAYLEY-DICKSON 187 Dimostrazione. Supponiamo che j2 = −1 e valgano le (9.14). Allora, per ogni a, b ∈ A, abbiamo: aj= La◦ Lj(1)= Lj◦ La∗(1)= ja∗, a(jb)= La◦ Lj(b)= Lj◦ La∗(b)= j(a∗ b), (ja)b= (a∗ j)b= Rb◦ Rj(a∗)= Rj◦ Rb∗(a∗)= (a∗ b∗)j= j(ba), (ja)(jb)= (ja)(b∗ j)= Lja◦ Lb∗(j)= Lb◦ Lja(j)= b((ja)j)) = b(Rj◦ Ra(j))= b(Ra∗◦ Rj(j))= −ba∗. Consideriamo su una ?-algebra la propriet`a seguente:
(P) (a+ a∗
)b= b(a + a∗
), ∀a, b ∈ A, aa∗= a∗
a, ∀a ∈ A.
Proposizione 9.2.4. Supponiamo che il campo k abbia caratteristica zero6. Siano A una ?-algebra ed A0la?-algebra da essa ottenuta con la costruzione di Cayley-Dickson. Allora:
(1) Condizione necessaria e sufficiente affinch´e A0 sia commutativa `e che x∗= x per ogni x ∈ A.
(2) Condizione necessaria e sufficiente affinch´e A0
sia associativa `e che A sia associativa e commutativa.
(3) Se A ha la propriet`a (P), allora anche A0ha la propriet`a(P), e viceversa. (4) Se A ed A0 hanno la propriet`a(P), allora condizione necessaria e
suffi-ciente affinch´e A0
sia alternativa `e che A sia associativa.
Dimostrazione. (1). Se A0 `e commutativa, allora xj = jx∗ = x∗j per ogni x ∈ A e quindi x = x∗per ogni x ∈ A.
(2). Supponiamo che A0sia associativa. Allora, per ogni a, b ∈ A, j ·(ab)= ( ja) · b = j · (ba) ⇒ ab = ba, perch´e j non `e divisore di zero, e quindi A `e commutativa.
Viceversa, se A `e associativa e commutativa, allora, essendo (a1+ jb1)[(a2+ jb2)(a3+ jb3)]= (a1+ jb1)[(a2a3− b3b∗2)+ j(a∗
2b3+ a3b2)] = a1a2a3− a1b3b∗2− a∗2b3b∗1− a3b2b∗1
+ j(a∗
1a∗2b3+ a∗
1a3b2+ a2a3b1− b3b∗2b1), [(a1+ jb1)(a2+ jb2)](a3+ jb3)= [a1a2− b2b∗1+ j(a∗
1b2+ a2b1)](a3+ jb3) = a1a2a3− b2b∗1a3− b3b∗2a1− b3b∗1a∗2
+ j(a∗
2a∗1b3− b1b∗2b3+ a3a∗1b2+ a3a2b1), ne segue che A0 `e associativa.
(3). Poich´e il coniugio su A0estende quello su A, `e chiaro che, se vale (P)su A0, allora vale a maggior ragione su A.
188 IX. OTTONIONI
Per verificare l’implicazione opposta, basta osservare che, se vale la propriet`a (P) per A, allora, utilizzando le (9.13), abbiamo, per ogni a, b ∈ A,
(a+ a∗ )(jb)= j[(a + a∗ )b]= (jb)(a + a∗ ), (a+ jb)(a + jb)∗= (a + jb)(a∗ − jb)= a · a∗+ b · b∗+ j(a∗ · b − a∗· b)= a · a∗+ b · b∗, (a+ jb)∗ (a+ jb) = (a∗ − jb) · (a∗− jb)∗= a∗ · a+ b · b∗.
Se a · a∗= a∗· a, i prodotti nelle ultime due righe sono uguali. Questo completa la dimostrazione della (3).
(4). Supponiamo che A0sia alternativa. Allora 0= [a, b + jc, b + jc] = a · b + j(a∗ · c) · (b+ jc) − a · b2− c · c∗+ j((b∗+ b) · c) = (a · b) · b − c · (c∗ · a) − a · b2+ a(c · c∗ ) + j (a · b)∗ · c+ b · (a∗ · c) − (a∗· ((b+ b∗ ) · c) = [a, b, b] + [c, c∗, a] + j (b∗ · a∗) · c+ b · (a∗ · c)+ [a∗, b + b∗, c] − ((b + b∗ ) · a∗) · c
perch´e a · (c · c∗)= (c · c∗) · a ed a∗· (b+ b∗)= (b + b∗) · a∗per la propriet`a (P) = [c, c∗, a] + j [a∗, b + b∗, c] − [b, a∗, c] = [c, c∗, a] + j[a∗, 2b + b∗, c]
ove abbiamo utilizzato il fatto che A, essendo una sottoalgebra di A, `e alternativa, ⇒ [a∗, 2b + b∗, c] = 0, ∀a, b, c ∈ A.
Se siamo su un campo k di caratteristica diversa da tre, l’equazione 2b+ b∗= x ha soluzione b = 1
3(2x − x∗). Vale quindi [a.b.c]= 0 per ogni a, b, c ∈ A e quindi A `e associativa.
Mostriamo che, viceversa, se A `e associativa e vale la propriet`a (P), allora A0 `e alternativa. Dobbiamo verificare che l’alternatore si annulla quando due dei suoi argomenti sono uguali. Possiamo limitarci a considerare elementi in A ∪ (j · A). Abbiamo [a, a, jb]= a2· jb − a · (a · jb)= j · a∗2 · b − a∗· (a∗· b), [a, jb, a]= (a · jb) · a − a · (jb · a) = j a · (a∗ · b − a∗· (a · b) [jb, a, a]= [j(a · b)] · a − (jb) · a2= j(a · (a · b) − a2· b), [a, jb, jb]= (j(a∗ · b)) · jb+ a · (b · b∗ )= −b(b∗ · a)+ a · (b · b∗ ), [jb, a, jb]= (j(ab)) · (jb) − (jb) · (j(a∗ b))= −b · (b∗ a) − (a∗b) · b∗, [jb, jb, a]= −(b · b∗ ) · a − (jb) · (j(ab))= −(b · b∗ )a+ (ab) · b∗, [ja, jb, jc]= j((c · b∗ ) · a − (a · b∗) · c.
Il primo ed il terzo si annullano per l’associativit`a; per il secondo, quarto, quinto e sesto dobbiamo utilizzare anche la propriet`a (P); infine, per l’associativit`a
(9.15) [ja, jb, jc]= j c · b∗
9.3. UN TEOREMA DI HURWITZ 189 che si annulla senz’altro per a = c, mentre per a = b o b = c dobbiamo utilizzare
la propriet`a (P).
I numeri reali R costituiscono una ?-algebra di divisione normata reale, in cui cio`e a∗ = a per ogni elemento a. Osserviamo che, per le ?-algebre A che si costruiscono successivamente a partire da R ed iterando la costruzione di Cayley-Dickson, xx∗ `e un numero reale ed `e il quadrato della norma, associata al prodotto scalare reale (x|y)= 1
2(xy∗+ yx∗), e la propriet`a (P) `e equivalente al fatto che x+ x∗
∈ R, xx∗= kxk2, ∀x ∈ A.
Al primo passo, otteniamo il campo C dei numeri complessi: come ?-algebra di divisione normata `e commutativa e associativa, ma non reale. Il passo successivo d`a C0 = H, il corpo non commutativo dei quaternioni. Abbiamo ottenuto una ?-algebra di divisione normata associativa, ma non commutativa. A partire dai quaternioni, otteniamo C0 = O, l’algebra di divisione degli ottonioni (o ottave di Cayley), che `e una ?-algebra normata che non `e n´e associativa, n´e commutativa, ma alternata.
Osservazione 9.2.5. Iterando il processo di Cayley-Dickson otteniamo una se-quenza di ?-algebre normate, di dimensioni 16, 32, 64, . . ., che non sono n´e reali, n´e commutative, n´e alternative e non sono pi`u algebre di divisione, sebbene ogni elemento non nullo abbia un inverso moltiplicativo. L’algebra di dimensione 16, dei sedenioni (e quindi a maggior ragione anche le successive) ha degli elementi che sono divisori di zero7. Quelli di norma uno formano un sottospazio omeomorfo al gruppo speciale compatto G2.
9.3. Un teorema di Hurwitz
La classificazione delle algebre di divisione reali normate `e dovuta ad Hurwi-tz8. Le algebre di divisione reali normate coincidono con quelle alternate.
Ci sono esempi di algebre di divisione reali che non sono n´e normate, n´e alter-native. Nei lavori di Kervaire, Bott, e Milnor citati nella nota si dimostra comunque che tutte le algebre di divisione reali hanno dimensioni 1, 2, 4, 8.
Diamo qui una dimostrazione del teorema di classificazione per algebre reali alternate, che utilizza le algebre di Clifford ed alcune considerazioni elementari di algebra lineare.
7G. Moreno, The zero divisors of the Cayley-Dickson algebras over the real numbers, Bol. Soc. Mat. Mexicana (3) 4 (1998), pp.13-28.
8Adlof Hurwitz ¨Uber die Composition der quadratischen formen von beliebig vielen Variabeln, Nachr. Ges. Wiss. G¨ottingen (1898), 309-316, per il caso delle algebre normate.
Michel Kervaire, Non-parellalizability of the n sphere for n > 7, Proc. Nat. Acad. Sci. USA 44 (1958), pp. 280-283 e
Raoul Bott, John Milnor, On the parellalizability of the spheres, Bull. Amer. Math. Soc. 64 (1958), pp. 87-89,
190 IX. OTTONIONI
Se A `e un’algebra reale, possiamo associare ad ogni a ∈ A le applicazioni lineari
La: A 3 x −→ ax ∈ A, Ra : A 3 x −→ xa ∈ A. Otteniamo in questo modo due applicazioni lineari
L: A 3 a −→ La∈EndR(A), R: A 3 a −→ Ra∈EndR(A).
Lemma 9.3.1. Sia A un’algebra di divisione reale, di dimensione finita n. Per ogni elemento di a che non sia multiplo dell’identit`a sono univocamente determi-nati due numeri reali λ0, λ1ed un elementojadi A tali che
(9.16) a= λ01+ λ1ja, j2a= −1, ove λ0= 1
ntraccia(La).
Dimostrazione. Sia a un elemento di A. Se Laha un autovalore reale λ0, allora c’`e in A un elemento x , 0 per cui ax = λ0x. Da (a − λ0)x= 0 segue che a = λ0, perch´e abbiamo supposto che A fosse di divisione. Quindi, se a non `e un numero reale, l’endomorfismo Laha solo autovalori non reali. Sia λ0+ iλ1, con λ0, λ1 ∈ R, λ1 , 0, un autovalore di La. Allora −λ21 `e un autovalore di L2a−λ
0. Possiamo quindi trovare un x , 0 in A per cui
(a − λ0)[(a − λ0)x]= −λ2 1x=⇒ a − λ0 λ1 ! + a − λ0 λ1 !−1 x= 0. Poich´e abbiamo supposto che A sia di divisione,
ja= a − λ0 λ1 ! soddisfa ja+ j−1 a = 0 e quindi j2 a= −1. `
E dunque a= λ0+λ1ja. Osserviamo che Lja ha autovalori ±i ed `e un endomorfismo reale. Ha quindi traccia nulla. La traccia di La `e allora uguale a nλ0, ove n `e la dimensione di A come spazio vettoriale reale. La dimostrazione `e completa. Corollario 9.3.2. Sia A un’algebra di divisione reale di dimensione n. Allora (9.17) V = Im(A) = {a ∈ A | traccia(La)= 0}.
`e un’ipersuperficie in A, trasversale ad R e (9.18) (λ+ v | µ + w) = λµ − 1
2ntraccia(L(vw+wv)), ∀λ, µ ∈ R, ∀v, w ∈ V `e un prodotto scalare su A, con la propriet`a che
(9.19) L2v = −kvk2IA, ∀v ∈ V.
Dimostrazione. Per il Lemma 9.3.1, il quadrato di un elemento di V `e un nu-mero reale negativo. Quindi la forma bilineare simmetrica (9.18) `e un prodotto scalare su A. Anche la (9.19) segue subito dal Lemma, perch´e v2 = −kvk2per ogni
v ∈ V.
Lemma 9.3.3. Sia A un’algebra di divisione reale alternata e V il sottospazio dei suoi elementi immaginari, definito dalla(9.17). Allora l’applicazione
(9.20) ? : A = R ⊕ V 3 (λ + v) −→ λ − v ∈ A
9.3. UN TEOREMA DI HURWITZ 191 Dimostrazione. Per la (9.19), la V 3 v → Lv ∈ EndR(A) si estende ad una rappresentazione su A dell’algebra di Clifford C`(V) (il prodotto scalare `e la restrizione a V del prodotto scalare (9.18)).
In particolare, se e1, e2 ∈ V sono ortogonali tra loro, con e21= −1, e2
2= −1, da Le1◦ Le2+ Le2◦ Le1 = 0 ricaviamo che e1e2+e2e1= 0. Infatti e1e2+e2e1 `e il valore in 1 dell’endomorfismo (Le1 ◦ Le2 + Le2 ◦ Le1) di A. Dico che e1e2 ∈ V. Infatti, poich´e R[e1, e2] `e associativa per il Teorema di Artin, (e1e2)−1 = e2e1 = −e1e2ci dice che (e1e2)2= −1 e quindi che Le1e2 non ha autovalori reali.
Per dimostrare che (xy)∗ = y∗x∗ per ogni x, y ∈ A, `e sufficiente considerare il caso in cui x e y siano due elementi linearmente indipendenti di V. Fissiamo allora una base ortonormale e1, e2del sottospazio generato da x, y con x= λ1e1ed y= λ2e1+ λ3e2, con λ1, λ2, λ3∈ R. Abbiamo
xy= λ1e1(λ2e1+ λ3e2)= −λ1λ2+ λ1λ3(e1e2). Poich´e abbiamo verificato che e1e2∈ V ed e2e1= −e1e2, troviamo che
(xy)∗= −λ1λ2− λ1λ3(e1e2)= −λ1λ2+ λ1λ3(e2e1)= y∗ x∗.
La dimostrazione `e completa.
Vale il
Teorema 9.3.4 (Hurwitz, Kervaire, Bott, Milnor). Esistono, a meno di iso-morfismi, esattamente quattro algebre reali di divisione alternate, di dimensioni 1, 2, 4, 8 rispettivamente.
Dimostrazione. Sia A un’algebra di divisione alternata.
Poich´e per la (9.19) la V 3 v → Lv ∈ EndR(A) si estende ad una rappresen-tazione su A dell’algebra di Clifford C`(V), la dimensione n dev’essere tale che C`(Rn−1) abbia una rappresentazione non banale di dimensione n. Considerando la prima tabella in §8.9, si vede che questo `e possibile solo se n= 1, 2, 4, 8.
Resta da verificare l’unicit`a. A questo fine mostreremo che le algebre di di-visione normate formano una catena in cui ciascuna si ottiene dalla precedente mediante la costruzione di Cayley-Dickson.
Sia A sia un’algebra di divisione e B una sua sottoalgebra unitaria. La B `e anch’essa di divisione. Infatti, se x `e un elemento non nullo di B, `e Lx−1 = (Lx)−1. Infatti,
y= (Lx)−1(z) ⇔ z= Lx(y)= xy ⇔ y = x−1z= Lx−1(z).
Quindi Lx−1 ∈ R[Lx]. Se f (λ) `e un polinomio tale che f (Lx)= Lx−1, abbiamo x−1= Lx−1(1)= f (Lx)(1)= f (x),
e perci`o x−1∈ R[x] ⊂ B.
Se B , A, allora gli elementi dell’ortogonale B⊥ di B in A sono immaginari e possiamo fissare j ∈ B⊥con j2 = −1. Poich´e L : V → EndR(A) si estende ad un omomorfismo di C`(V) in EndR(A), abbiamo Lj ◦ Lw+ Lw◦ Lj = 0 se w ∈ Im(B) = B ∩ Im(A) e quindi, pi`u in generale, che Lj◦ Lx= Lx∗◦ Ljper ogni x ∈ B. Applicando questi endomorfismi ad 1 otteniamo la formula di commutazione
jx= x∗
192 IX. OTTONIONI
Questo ci permette di calcolare il prodotto in B[j] a partire dal prodotto in B. Infatti, se x, y ∈ B, otteniamo le formule:
x(jy)= Lx◦ Lj(y)= Lj◦ Lx∗(y)= j(x∗ y), (jx)y= (x∗ j)y= Ry◦ Rj(x∗)= Rj◦ Ry∗(x∗)= (x∗ y∗)j= j(yx), (jx)(jy)= (jx)(y∗ j)= Ljx◦ Ly∗(j)= Ly◦ Ljx(j) = y((jx)j) = y((x∗j)j)= y(R2
j(x∗))= −yx∗.
Nel derivare la seconda formula abbiamo utilizzato il fatto che anche la traslazione a destra definisce un’applicazione lineare V 3 v → Rv ∈ EndR(A) che verifica la condizione R2v = −kvk2IA e si estende quindi ad un omomorfismoC`(V) → EndR(A).
Nel derivare la terza, abbiamo utilizzato il fatto che, se x ∈ B, allora jx `e ortogonale a B e verifica quindi (jx)y = y∗(jx) per ogni y di B.
Da queste otteniamo
(a+ jb)(c + jd) = (ac − db∗ )+ j(a∗
d+ cb), ∀a, b, c, d ∈ B,
formula che dimostra che B[j] si ottiene a partire da B per mezzo della costruzione di Cayley-Dickson.
Poich´e la sola algebra di divisione reale di dimensione uno `e R, l’esistenza e
unicit`a `e conseguenza della costruzione di Cayley-Dickson.
9.4. Gli ottonioni
Abbiamo esaminato in precedenza la struttura del corpo non commutativo dei quaternioni. In questo paragrafo discutiamo quella dell’algebra di divisione rea-le di dimensione otto, alternativa ma non associativa, che abbiamo costruito in precedenza con il metodo di Cayley-Dickson.
Definizione 9.4.1. L’algebra di division normata di dimensione otto si indica con O e si dice degli ottonioni, od ottave di Cayley.
La costruzione di Cayley-Dickson ci d`a:
Lemma 9.4.2. (1) Se e1`e un qualsiasi ottonione immaginario, la sottoal-gebra unitaria R[e1] di O `e isomorfa a C.
(2) Fissati due ottonioni immaginari e1, e2ortogonali tra loro la sottoalgebra R[e1, e2] `e isomorfa ad H.
(3) Possiamo trovare tre ottonioni immaginari e1, e2, e3, ortogonali tra loro, tali che e2 < R[e1] ' C, e3< R[e1, e2] ' H, R[e1, e2, e3]= O.
(4) Per ogni tripletta e1, e2, e3 di ottonioni immaginari ortogonali tra loro, tali che e2 < R[e1] ' C, e3< R[e1, e2] ' H, risulta R[e1, e2, e3]= O. Definizione 9.4.3. Una tripletta e1, e2, e3di ottonioni immaginari, con
(9.21) e2i = −1, i = 1, 2, 3, eiej+ ejei= 0, ∀1 ≤ i < j ≤ 3, e3< R[e1, e2] si dice generatrice.
9.5. G2 193 Il Lemma 9.4.2 ci dice che esistono triplette generatrici. Si pu`o completare la tripletta generatrice aggiungendo le quattro radici di −1:
(9.22) e4= e1e2, e5= e2e3, e6= e3e4, e7 = e4e5.
Per calcolare la tabella di moltiplicazione di queste unit`a immaginarie possiamo pensare che O `e stata ottenuta da H = R[e1, e2]= h1, e1, e2, e4i con il procedimento di Cayley-Dickson per la scelta j= e3. Dobbiamo quindi esprimere e5, e6, e7come prodotto di e3 per un quaternione. Ricordiamo che, se q ∈ H = R[e1, e2], allora qe3 = e3q∗. Otteniamo quindi:
e5= e2e3 = −e3e2, e6= e3e4,
e7= e4e5 = −e4(e3e2)= e3(e4e2)= −e3e1.
Possiamo quindi ricavare la tabella di moltiplicazione delle unit`a immaginarie e1, . . . , e7dalle e1e2= −e2e1= e4, e2e4= −e4e2= e1, e4e1= −e1e4= e2, e5= −e3e2= −e2e3, e6= e3e4= −e4e3, e7= −e3e1= e1e3.
La seguente tabella riporta alla i-esima riga e j-esima colonna il prodotto dell’ele-mento che sta nella i-esima riga per quello che sta nella j-esima colonna.
1 e1 e2 e3 e4 e5 e6 e7
e1 −1 e4 e7 −e2 e6 −e5 −e3
e2 −e4 −1 e5 e1 −e3 e7 −e6
e3 −e7 −e5 −1 e6 e2 −e4 e1
e4 e2 −e1 −e6 −1 e7 e3 −e5
e5 −e6 e3 −e2 −e7 −1 e1 e4
e6 e5 −e7 e4 −e3 −e1 −1 e2
e7 e3 e6 −e1 e5 −e4 −e2 −1
Ciascun prodotto si pu`o calcolare a partire dalle identit`a stabilite sopra. Ad esempio,
e5e4 = (−e3e2)e4= (j(−e2))e4 = j[(e4)(−e2)]= je1= e3e1= −e7.
Osservazione 9.4.4. L’insieme {±1} ∪ {±ei | 1 ≤ i ≤ 7}, con la restrizione del prodotto in O, costituisce un esempio di Moufang loop finito, di ordine 16.
9.5. G2 ´
Elie Cartan9osserv`o, nel 1914, che il pi`u piccolo dei gruppi semplici eccezio-nali scoperti da Killing10si pu`o identificare col gruppo degli automorfismi di O. Utilizziamo questo risultato di Cartan come una definizione.
9Les groupes r´eels simples et continus, Ann. Sci. ´Ecole Norm. Sup. 31 (1914), pp. 255-262.
10Wilhelm Killing, Die Zusammensetzung der stetigen/endlichen Transformationsgruppen, Mathematische Annalen, vol. 31, 2, (1888) pp. 252-290 , vol. 33, 1 (1888), pp.1-48 vol. 34, 1, (1889), pp. 57-122, vol. 36, 2 (1890), pp. 161-189.
194 IX. OTTONIONI
Definizione 9.5.1. Indichiamo con G2il gruppo degli automorfismi di O: (9.23) G2= {φ ∈ GLR(O) | φ(ab) = φ(a)φ(b), ∀a, b ∈ O}.
Proposizione 9.5.2. G2 `e un gruppo di Lie compatto, connesso e semplicemen-te connesso, di dimensione14. La sua algebra di Lie
(9.24) g2 = der(O) = {X ∈ glR(O) | X(ab) = (X(a))b + a(X(b)), ∀a, b ∈ O} `e l’algebra delle derivazioni di O.
Dimostrazione. G2 `e un sottogruppo chiuso di GLR(O) e quindi un gruppo di Lie. La sua algebra di Lie `e quella delle derivazioni11di O.
Gli elementi di G2 operano in modo semplicemente transitivo sulle triplette generatrici. Fissata come punto base una tripletta generatrice (e1, e2, e3), possiamo identificare un elemento φ ∈ G2 con la tripletta generatrice (φ(e1), φ(e2), φ(e3)). La G2 3 φ → φ(e1) `e una fibrazione di G2 sulla sfera unitaria S6 dello spazio R7 degli ottonioni immaginari. Sia F1= {φ ∈ G2| φ(e1)= e1} la fibra su e1. Abbiamo allora una fibrazione F13 φ → φ(e2) ∈ S5di F1sulla sfera unitaria S5dello spazio R6degli ottonioni immaginari perpendicolari ad e1.
La fibra F2 = {φ ∈ F1 | φ(e2) = e2} `e diffeomorfa alla sfera S3 nello spazio R4degli ottonioni immaginari ortogonali ad H = R[e1, e2]. Questo mostra che G2 `e connesso, semplicemente connesso, compatto, di dimensione 6+ 5 + 3 = 14. La semplice connessione segue dalle successioni esatte di Serre:
0= π2(S5) −−−−−→ π1(F2) −−−−−→ π1(F1) −−−−−→ π1(S5)= 0, 0= π2(S6) −−−−−→ π1(F1) −−−−−→ π1(G2) −−−−−→ π1(S6)= 0,
perch´e π1(F2)= π1(S3)= 0.
9.5.1. Trialit`a. Siano dati tre spazi vettoriali reali V1, V2, V3 di dimensione finita ed un’applicazione trilineare
(9.25) t: V1× V2× V3 3 (v1, v2, v3) −→ t(v1, v2, v3) ∈ R. Per ogni permutazione (i, j, k) ∈ S3consideriamo l’applicazione bilineare
mi, j: Vi× Vj3 (vi, vj) −→ mi, j(vi, vj)= {Vk 3 vk → t(v1, v2, v3) ∈ R} ∈ V∗ k. Definizione 9.5.3. Diciamo che la (9.25) `e una trialit`a se, per ogni coppia (i, j) con 1 ≤ i < j ≤ 3 ed ogni scelta di vi ∈ Vi\ {0}, vj ∈ Vj\ {0}, il funzionale lineare mi, j(vi, vj) `e diverso da zero.
Consideriamo il prodotto m= m1,2. Per ogni v1, 0 fissato, l’applicazione V23 v2−→ m(v1, v2) ∈ V3∗
`e un isomorfismo lineare. Analogamente, per ogni v2 , 0 fissato, la V13 v1−→ m(v1, v2) ∈ V3∗
11L’algebra di Lie del gruppo degli automorfismi di un’algebra reale `e quella delle sue derivazioni.
9.5. G2 195 `e un isomorfismo lineare. Quindi, se fissiamo due elementi non nulli 1 ∈ V1 ed 2 ∈ V2, otteniamo delle identificazioni di V1 e V2 con il duale V = V∗
3 di V3. In particolare, se i tre spazi hanno dimensione finita, alla trialit`a ed alla scelta di 1, 2 risulta associato un prodotto
(9.26) m: V × V 3 (v, w) −→ v × w ∈ V.
Osserviamo che 1, 2 ed 1 × 2 definiscono lo stesso elemento e di V. Poich´e la moltiplicazione a destra e a sinistra per un elemento di V `e un’applicazione invertibile, la V, con la moltiplicazione (9.26), `e un’algebra di divisione. Viceversa, il prodotto in un’algebra di divisione definisce una trialit`a.